peer gynt
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lunedì 28 marzo 2022
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il trionfo del film-fotocopia
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Cominciamo subito ad affermare che questo non è un brutto film, tutt'altro. Ben girato, ben montato, ben recitato, coinvolgente e anche, in qualche momento, commovente. Sembra naturale che vinca anche il premio Oscar. Va tutto bene? Non proprio, perché questo film non è un'opera originale, ma è il remake (in questo caso potremmo dire la fotocopia, o forse meglio dire la traduzione americana) di un film originale francese del 2014, "La famiglia Bélier", direttore Eric Lartigau, idea originale Victoria Bedos, sceneggiatura della Bedos e di Stanislas Carré de Malberg. Per cui verrebbe da dire che l'Oscar l'hanno vinto loro. Il film di Sian Heder traduce, con molta accuratezza, tutto, anche i personaggi (fisicamente i genitori della ragazza protagonista sono quasi due cloni degli originali attori francesi), ovviamente anche le scene principali (due su tutte, entrambe commoventi: il padre sordomuto che ascolta la canzone della figlia mettendole una mano sulla gola, per sentire col tatto le vibrazioni, e il saggio finale quando la ragazza canta illustrando ai genitori il testo della canzone con il linguaggio dei segni).
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Cominciamo subito ad affermare che questo non è un brutto film, tutt'altro. Ben girato, ben montato, ben recitato, coinvolgente e anche, in qualche momento, commovente. Sembra naturale che vinca anche il premio Oscar. Va tutto bene? Non proprio, perché questo film non è un'opera originale, ma è il remake (in questo caso potremmo dire la fotocopia, o forse meglio dire la traduzione americana) di un film originale francese del 2014, "La famiglia Bélier", direttore Eric Lartigau, idea originale Victoria Bedos, sceneggiatura della Bedos e di Stanislas Carré de Malberg. Per cui verrebbe da dire che l'Oscar l'hanno vinto loro. Il film di Sian Heder traduce, con molta accuratezza, tutto, anche i personaggi (fisicamente i genitori della ragazza protagonista sono quasi due cloni degli originali attori francesi), ovviamente anche le scene principali (due su tutte, entrambe commoventi: il padre sordomuto che ascolta la canzone della figlia mettendole una mano sulla gola, per sentire col tatto le vibrazioni, e il saggio finale quando la ragazza canta illustrando ai genitori il testo della canzone con il linguaggio dei segni). Nulla è originale nel film americano per cui il premio Oscar come dobbiamo intenderlo? Evidentemente il premio al miglior film tradotto, nuova categoria che sarebbe ormai opportuno che l'Academy introducesse. Perché se basta tradurre un ottimo film in lingua/cultura americana per vincere un Oscar, allora chi ci dice che l'anno prossimo non troveremo, a concorrere per gli Oscar, il Settimo sigillo dei fratelli Coen oppure La corazzata Potemkin di Michael Bay?g
Un'ultima considerazione, una cosa originale c'è nel film americano, ed è il titolo. Sì, perché i francesi lo hanno intitolato alla famiglia di personaggi, a sottolineare la loro unità malgrado le difficoltà provocate dalla loro disabilità, mentre il film americano ha usato l'acronimo CODA, ovvero Children of deaf adults, a sottolineare fin dal titolo che protagonista è la disabilità. Viene il sospetto che lo abbiano fatto per accattivarsi la simpatia e il favore del pubblico, insomma un fatto di marketing. Pensiamo male? Forse, ma a pensar male spesso ci s'azzecca!
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paolp78
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sabato 26 marzo 2022
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piacevolmente diverso
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Il film racconta una classica storia di formazione con protagonista una giovane ragazza e la sua particolare famiglia, composta da sordomuti, tranne lei. La pellicola segue un copione consolidato, già molte volte visto in film per teenager come questo, con la protagonista che deve superare varie difficoltà per riuscire ad imboccare la sua strada; ciò che invece distingue quest’opera è l’idea di mettere al centro della narrazione l’handicap del sordomutismo, che il bravo regista americano Sian Heder, qui alla sua seconda opera, riesce intelligentemente ad utilizzare in modo funzionale alla narrazione e sempre molto piacevole, mai pietoso.
Oltre a questo aspetto centrale, Heder riserva molta importanza anche all’esplorazione del rapporto sentimentale tra la protagonista e la sua famiglia, descrivendolo in modo emotivamente intenso e molto coinvolgente, tanto da riuscire a più riprese, ed in particolare nel finale, a suscitare emozioni genuine nello spettatore.
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Il film racconta una classica storia di formazione con protagonista una giovane ragazza e la sua particolare famiglia, composta da sordomuti, tranne lei. La pellicola segue un copione consolidato, già molte volte visto in film per teenager come questo, con la protagonista che deve superare varie difficoltà per riuscire ad imboccare la sua strada; ciò che invece distingue quest’opera è l’idea di mettere al centro della narrazione l’handicap del sordomutismo, che il bravo regista americano Sian Heder, qui alla sua seconda opera, riesce intelligentemente ad utilizzare in modo funzionale alla narrazione e sempre molto piacevole, mai pietoso.
Oltre a questo aspetto centrale, Heder riserva molta importanza anche all’esplorazione del rapporto sentimentale tra la protagonista e la sua famiglia, descrivendolo in modo emotivamente intenso e molto coinvolgente, tanto da riuscire a più riprese, ed in particolare nel finale, a suscitare emozioni genuine nello spettatore.
La protagonista è la britannica Emilia Jones, che nonostante la giovane età ha già partecipato a numerose pellicole e che qui viene particolarmente valorizzate grazie anche alla possibilità di esibire le sue non comuni doti canore. Riguardo al resto del cast va segnalata la particolarità di avere utilizzato attori realmente sordomuti per interpretare i componenti della famiglia della protagonista: tra questi c’è anche la famosa Marlee Matlin, vincitrice forse dell’Oscar meno meritato della storia, come dimostrato poi dalla ben modesta carriera della Matlin che anche in questo caso non brilla particolarmente; bravissimo invece Troy Kotsur autore di una performance molto divertente nei panni dello strampalato padre della protagonista.
A parte la famiglia protagonista, gli altri personaggi funzionano poco, a cominciare dall’insegnante di canto, che nonostante alcune particolarità del personaggio non riesce a lasciare il segno; altrettanto anonimo il boyfriend della protagonista, il cui rapporto sentimentale con quest’ultima passa in secondo piano rispetto ai legami familiari, descritti in modo ben più toccante e riuscito.
Molto carine le parti cantate.
La pellicola è un remake di un film francese di pochi anni prima.
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