Linfa

Un sunto di cultura pop "underground" che pretende di parlare di arte contemporanea ma parla a mala pena l'italiano. La qualità artistica delle performances riprese sembra davvero bassa, tuttavia non c'è modo di giudicarla dato che l'intenzione della regista sembra più quella di fare un affresco sociologico un po' glamour e un po' falso e non gia di mostrare l'arte di cui parla. I protagonisti sono infatti le artiste, e non la loro arte, e va benissimo. Il problema però è che se pure le opere fossero belle e interessanti, le loro creatrici non lo sono affatto, e la regista sembra non accorgersene. Ad ogni modo non si può fare a meno di rimanere sconsolati se davvero è questo l'attuale panorama artistico underground romano. L'immagine che traspare è quella di un gruppo di persone che si appropria del solito linguaggio e dei soliti stili di vita per credersi bohemien e proporre un marketing da "ribelle che lotta contro l'omologazione dell'arte" (questo certamente il contenuto del 60 % dei testi prodotti a scopo promozionale o di autodefinizione dai protagonisti del documentario e dalla gente dell'"ambiente") quando al contrario non vi è alcuna riflessione o impegno politico, ne una ricerca estetica che vada oltre il canto libero di cui è capace una buona metà del mondo fricchettone musicolfilo, la musica lettronica più insulsa, lo strumento a corda suonato fecendo tre note atmosferiche per due ore talvolta in accompagnamento a non esilaranti battute o aneddotii, etc etc. I discorsi e le riflessioni delle intervistate sono nei migliori casi non interesanti e nei pwggiori vuote di concetti e con composti di parole pescate qua e là da un risicatissimo vocabolario tascabile di lessico artisotide alternativo