La douleur |
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Un film di Emmanuel Finkiel.
Con Mélanie Thierry, Benoît Magimel, Benjamin Biolay, Shulamit Adar.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 127 min.
- Francia, Belgio, Svizzera 2017.
- Wanted
uscita giovedì 17 gennaio 2019.
MYMONETRO
La douleur
valutazione media:
3,93
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Elogio dell'attesa
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Quasi due film in uno, ma che film!, tratti da due racconti di Marguerite Duras. L'epoca è la stessa e così il tema, anche se scalato da diversi versanti. È l'inverno del 1944, nella Francia occupata dei nazisti una giovane scrittrice, la Duras, militante della Resistenza, cerca disperatamente notizie del marito deportato, Robert Antelme. Nei suoi angosciosi andirivieni si imbatte in un poliziotto untuoso e massiccio che la riconosce, la lusinga, si offre di aiutarla, probabilmente ne è attratto. Fra appuntamenti per strada e cene affogate nel sordido lusso dei collaborazionisti, inizia un gioco di seduzione e manipolazione reciproca che scavalca tutti i codici della spy-story per avventurarsi nella terra senza nome della più pura, ineffabile, umanissima ambivalenza. Esistenziale e sentimentale. I compagni di Marguerite sono terrorizzati da quel rapporto. Solo il più felpato del gruppo, tale François Morland, alias Mitterrand, ne coglie i potenziali vantaggi. Nel secondo capitolo, alla Liberazione, il film si concentra sull'attesa e il ritorno. Ma l'essenziale non sono le azioni, sono i sentimenti di quella scrittrice che non smette di soffrire, anche perché in cuor suo sa di non amare più il marito, e insieme di creare grazie a quel dolore. Quarant'anni dopo, rileggendo i diari (il libro uscirà solo nel 1985), la Duras si dirà stupefatta da quel "fenomenale disordine del pensiero e dei sentimenti". Che Finkiel e i suoi attori (prodigiosi Mélanie Thierry e Benoît Magimel) ricreano con precisione ambientale e adesione intima senza eguali. Tra sfocature, sdoppiamenti, uso geniale della voce narrante e del contrasto fra testo e immagini (Resnais non è passato invano), mai forse il cinema aveva colto il nucleo più straziante di quell'epoca in una prospettiva così personale e insieme dolorosamente rivelatrice.
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