rongiu
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sabato 1 settembre 2018
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la stoltezza governa il mondo.
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Dover reprimere i propri sentimenti per volontà altrui è quanto di peggio possa capitarci ed a tutte le latitudini; in particolare, poi, quando questo avviene nei paesi cosiddetti “civili”, “democratici”, dove l’uomo se non vive in un certo modo è bollato come “diversamente orientato”, significa che in questi paesi, il cammino della civiltà è lento, molto lento. Perché? Perché è molto più facile interconnettere macchine pensanti che esseri umani.
Qual è la base emotiva di questo film? La pulizia,ovviamente emotiva.
Nel senso che…
Nel senso che… la cartella (Kiron da piccolo), lo zaino (Kiron adolescente), la bisaccia (Kiron adulto) che costituiscono, la sua memoria emotiva… sono svuotati dell’intera dannosa zavorra; ovvero (insoddisfazioni, frustrazioni, mortificazioni, insolenze, attacchi, oltraggi, umiliazioni, insulti, rancori, acredini, odio, dolore…) insomma tutti i parassiti che l’umano amore malato, inietta, poco per volta e silenziosamente, giorno dopo giorno, nella vittima scelta dal branco.
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Dover reprimere i propri sentimenti per volontà altrui è quanto di peggio possa capitarci ed a tutte le latitudini; in particolare, poi, quando questo avviene nei paesi cosiddetti “civili”, “democratici”, dove l’uomo se non vive in un certo modo è bollato come “diversamente orientato”, significa che in questi paesi, il cammino della civiltà è lento, molto lento. Perché? Perché è molto più facile interconnettere macchine pensanti che esseri umani.
Qual è la base emotiva di questo film? La pulizia,ovviamente emotiva.
Nel senso che…
Nel senso che… la cartella (Kiron da piccolo), lo zaino (Kiron adolescente), la bisaccia (Kiron adulto) che costituiscono, la sua memoria emotiva… sono svuotati dell’intera dannosa zavorra; ovvero (insoddisfazioni, frustrazioni, mortificazioni, insolenze, attacchi, oltraggi, umiliazioni, insulti, rancori, acredini, odio, dolore…) insomma tutti i parassiti che l’umano amore malato, inietta, poco per volta e silenziosamente, giorno dopo giorno, nella vittima scelta dal branco. Il piacere di dominare, il piacere di far soffrire, l’invidia, l’intolleranza, gli stili educativi… sono la miscela esplosiva di uno o più capi del branco.
Si, sono svuotati, ma come? attraverso cosa? Il Perdono ed Il ritrovarsi.
“Moonlight”, a mio parere, non è stato ben esplorato, assaporato; né nella sua eloquenza né nella sua bellezza straziante. Barry Jenkins (regia – co-sceneggiatura) e Tarell McCraney (sceneggiatura) offrono un piatto non da Sublimotion, Ibiza, Spagna – ma da trattoria, con “piatto unico cubano”, ovvero il meglio dello chef (André Holland ) accompagnato con degustazione di rossi, probabilmente non dei migliori.
Pur trattandosi di temi universali, identità, sessualità, famiglia e compagnia bella non vuole, a mio parere dare pareri morali. La profondità dei temi, comunque si focalizza tutta sui personaggi e sul loro carattere. Le musiche (Nicholas Britell), le performance Alex Hibbert (Chiron da piccolo) – Ashton Sanders (Chiron adolescente) – Trevante Rhodes (Chiron adulto) ed ancora Mahershala Ali (Juan) – Naomie Harris (Paula) – Janelle Monáe (Teresa); le ambientazioni, i dialoghi sono tutti piccoli pezzi di significativa non violenza.
Il film ha inizio con Chiron da ragazzo, definito dal branco “Little” che corre, cercando riparo in un appartamento chiuso perché altri bimbi branco vogliono picchiarlo. Di lì a poco si accorge di lui un trafficante di droga locale. Juan porta prima a pranzo il bambino e poi a casa sua, dove incontra la sua compagna Teresa.Viene, così a formarsi, una famiglia tutta improvvisata. Ma proprio perché improvvisata, cosa potrà fare? Il padre naturale di Chiron si è volatilizzato e sua madre sembra proprio essere uno dei migliori clientei di Juan. Ma può un “tipo” come Juan aiutare questo silenzioso bimbo dagli occhi grandi come la Luna piena? Proprio lui che “traffica” con materiale rovina famiglie?
“Moonlight” continua con altre tappe della vita di Chiron; adolescente prima ed adulto poi. Che ne sarà di lui? E la mamma, la famiglia “adottiva” e l’amico Kevin?
Dover reprimere i propri sentimenti per volontà altrui è quanto di peggio possa capitarci ed a tutte le latitudini; in particolare, poi, quando questo avviene nei paesi cosiddetti “civili”, “democratici”,dove l’uomo se non vive in un certo modo è bollato come “diversamente orientato”, significa che in questi paesi, il cammino della civiltà è lento, molto lento. Perché? Perché è molto più facile interconnettere macchine pensanti che esseri umani.
Mettetevi comodi e buona visione; durante la pausa leggete la massima che segue, se vi va.
“Avere sempre ragione, farsi sempre strada, calpestare tutto, non avere mai dubbi: non sono forse queste le grandi qualità con le quali la stoltezza governa il mondo?”
WILLIAM MAKEPEACE THACKERAY
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lunedì 12 marzo 2018
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tre oscar buttati
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Film noioso, inconcludente, sopravvalutato. Una storia prevedibile che non lascia nulla dietro di sé. Non riesco ancora a credere che sia stato premiato!!!
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emanuele1968
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domenica 5 novembre 2017
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bello
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Bello, commuovente, difficile.
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l''uomodellasala
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sabato 23 settembre 2017
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bel film, ma l'oscar...
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Che dire...
I segmenti iniziali ( sopratutto il primo) sono molto belle, una storiadi ribellione, di sofferenza, con una bella atmosfera e con un Ali molto bravo. C'è, secondo me, un calo nella terza parte, ma comunque è un bel film, uno di quelli che, per dire, vedrei benissimo su sky cinema cult.
Ma da qui all'oscar...
Secondo me, tutti tendono a confondere il vero significato di miglior film, cale a dire il miglior film dell'anno, una pellicola da far ricordare ai posteri.
Non Moonlight.
Se anche quelli dell'accademy non volevano far vincere La La Land ( a mio avviso, un capolavoro) ma volevano puntare sul politicaly correct, perché non darlo a Barriere o a Manchester bay the sea? Questa vittoria sa un sacco di beffa a Trump, uno risposta della sua politica da parte di quelli dell'accademy.
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Che dire...
I segmenti iniziali ( sopratutto il primo) sono molto belle, una storiadi ribellione, di sofferenza, con una bella atmosfera e con un Ali molto bravo. C'è, secondo me, un calo nella terza parte, ma comunque è un bel film, uno di quelli che, per dire, vedrei benissimo su sky cinema cult.
Ma da qui all'oscar...
Secondo me, tutti tendono a confondere il vero significato di miglior film, cale a dire il miglior film dell'anno, una pellicola da far ricordare ai posteri.
Non Moonlight.
Se anche quelli dell'accademy non volevano far vincere La La Land ( a mio avviso, un capolavoro) ma volevano puntare sul politicaly correct, perché non darlo a Barriere o a Manchester bay the sea? Questa vittoria sa un sacco di beffa a Trump, uno risposta della sua politica da parte di quelli dell'accademy.
Che però, sono riusciti a beffare in primis La La Land, ma anche lo stesso Moonlight.
Perché così lo hanno fatto passare, come per Gente Comune o Kramer contro Kramer, da un gran bel film d'esordio allo scippa oscar. Così l'accademy, come certi professori, non si accorge che fare facoritismi non aiuta, ma fa solo attirare il veleno dagli altri.
Alla fine, il fatto è uno solo: se il film di Chazelle è già entrato bella storia, la meritevole pellicola di Jankins, il capolavoro dell'accademy, verrà presto simenticato per essere ricordato solo come "il film che non meritava l'oscar". Il che è un peccato.
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pinoorta
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martedì 25 luglio 2017
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delusione
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Candidato a 8 premi Oscar , nonostante, quindi, le buone premesse, il film risulta piatto e sterile e la storia del protagonista non mostra nessuna originalità.Delusione totale.
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pinobalestrieri
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martedì 25 luglio 2017
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delusione
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Film del giorno: Moonlight. Candidato a 8 premi Oscar , nonostante, quindi, le buone premesse, il film risulta piatto e sterile e la storia del protagonista non mostra nessuna originalità.Delusione totale. VOTO 4
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ggbike
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martedì 11 luglio 2017
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non e' bello e manco balla!!!
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Non vi racconto la trama, a differenza di come fanno altri (sbagliando);
Vi dico solo che il film e' la storia del solito sfigato afroamericano che vive nel solito ghetto di periferia che c'ha i soliti problemi in famiglia e che e' pure Gay.
Magari il soggetto poteva essere anche interessante ma il Tutto e' bloccato da una regia mooolto lenta e sonnacchiosa.. alla continua ricerca di un messaggio o un "qualcosa" che cmq non arrivera' mai.
Diciamo che l'oscar che ha ricevuto, essendo un valore aggunto, in modo subdolo ha condizionato alcuni pareri.. e nello stesso modo, ha spinto tante persone ad interessarsi della pellicola.
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Non vi racconto la trama, a differenza di come fanno altri (sbagliando);
Vi dico solo che il film e' la storia del solito sfigato afroamericano che vive nel solito ghetto di periferia che c'ha i soliti problemi in famiglia e che e' pure Gay.
Magari il soggetto poteva essere anche interessante ma il Tutto e' bloccato da una regia mooolto lenta e sonnacchiosa.. alla continua ricerca di un messaggio o un "qualcosa" che cmq non arrivera' mai.
Diciamo che l'oscar che ha ricevuto, essendo un valore aggunto, in modo subdolo ha condizionato alcuni pareri.. e nello stesso modo, ha spinto tante persone ad interessarsi della pellicola.. come si dice: "fatte na buona fama e va' a sfascia' le chiese"
Saluti
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ggbike
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lunedì 10 luglio 2017
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da evitare
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cari colleghi non so voi, ma io ringrazio solamente il fatto di non essere andato al cinema a regalare 18 euro (2 persone)
per vedere questa storiellina.
Per carita', faccio i miei complimenti agli attori, all regista, al messaggio filosofico e a tutte le varie diavolerie che quelli bravi associeranno a questa pellicola, pero' il sottoscritto
c'ha speso 2 poveri euro.. e va bene cosi'. MI SO SALVATO !
Francamente mi attendevo qualcosa di meglio.. ma di molto meglio!!!
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elisa
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mercoledì 5 luglio 2017
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alla ricerca dell'identità
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Al sole pieno le cose appaiono con una sola faccia, ma la sottile luce lunare le rivela altre, sfumate e cangianti: così, in una battuta del film, i neri alla luce della luna appaiono blu. Sul discrimine apparenza/ realtà profonda si gioca tutto il film, una riflessione sul tema dell'identità. Dai tre episodi del film, un trittico in cui il protagonista si presenta in modo spiazzante non solo con un volto irriconoscibile ma con tre nomi diversi (il soprannome "piccolo", affibbiatogli dai compagni che lo disprezzano perché debole e indifeso; il vero nome Chiron, nell'adolescenza; il nome di Black quando, divenuto spacciatore, ha reso il suo corpo di nero un ammasso di muscoli levigati e pronti a scattare) scaturisce la domanda, quanto di quei tre volti contrastanti del personaggio possa essere ricondotto a una sola identità.
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Al sole pieno le cose appaiono con una sola faccia, ma la sottile luce lunare le rivela altre, sfumate e cangianti: così, in una battuta del film, i neri alla luce della luna appaiono blu. Sul discrimine apparenza/ realtà profonda si gioca tutto il film, una riflessione sul tema dell'identità. Dai tre episodi del film, un trittico in cui il protagonista si presenta in modo spiazzante non solo con un volto irriconoscibile ma con tre nomi diversi (il soprannome "piccolo", affibbiatogli dai compagni che lo disprezzano perché debole e indifeso; il vero nome Chiron, nell'adolescenza; il nome di Black quando, divenuto spacciatore, ha reso il suo corpo di nero un ammasso di muscoli levigati e pronti a scattare) scaturisce la domanda, quanto di quei tre volti contrastanti del personaggio possa essere ricondotto a una sola identità. In realtà il protagonista ha solo scelto tre modi per tentare di sfuggire a un mondo di emarginazione in cui non sembrano esserci molte alternative al ruolo di vittima: da piccolo la fuga dai compagni bulli, da cui viene salvato da Juan, uno spacciatore che assume con lui un ruolo paterno; da adolescente l'esplosione di violenza dopo anni di angherie, da adulto la scelta di diventare spacciatore, e quindi forte in un mondo di deboli. Eppure, dietro la maschera muscolare e indifferente dell'adulto, qualcosa del bambino vulnerabile ma vitale è rimasta, e la porta alla luce l'incontro con l'amico Kevin, che significativamente (è divenuto cuoco in un locale) gli offre del cibo, come un tempo lo spacciatore Juan, quasi a colmare la fame di affetto lasciata inappagata dalla madre drogata e frustrante. La cifra del film, sensibile e raffinato, è l'ellissi, che accentua nel procedere della storia il senso della discontinuità (ad esempio non ci viene detto come e perchè Juan muoia), a cui fa da contraltare l'impronta fortemente soggettiva (quasi tutto è visto dalla prospettiva di Chiron, di cui ci sembra di vivere le sensazioni, culminanti nella splendida scena dell'infanzia in cui, immerso nel mare di Miami, impara a nuotare, sorretto da Juan). Dunque un racconto di formazione, in cui il ragazzo piano piano si libera dall'etichetta affibbiatagli dai compagni diversi da lui e dalla madre che lo accusa di essere "frocio" e perciò perseguitato, per intraprendere un percorso che, al di là delle metamorfosi esterne, senza paure e senza inibizioni, lo riporti in contatto con il più profondo se stesso.
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laurence316
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mercoledì 5 luglio 2017
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nulla di speciale, film deludente e sopravvalutato
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Esageratamente acclamato dalla critica d'oltreoceano, Moonlight arriva in Italia con qualche mese di ritardo quando l’hype è stato ormai alimentato a dismisura e quando è già giunta la notizia della candidatura del film a ben 8 premi Oscar. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare le aspettative che, inevitabilmente, date le promesse, finiranno per venir almeno in parte deluse al momento della visione.
Moonlight è infatti un film appena discreto scambiato per un quasi capolavoro da molti critici, e l’esagerato numero di candidature agli Oscar più che un reale apprezzamento nei confronti del film appare più che altro come un tentativo da parte dei soci dell’Academy di smarcarsi dalle accuse di scarsa rappresentanza di minoranze etniche all’interno della cerimonia che gli avevano colpiti durante la precedente edizione.
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Esageratamente acclamato dalla critica d'oltreoceano, Moonlight arriva in Italia con qualche mese di ritardo quando l’hype è stato ormai alimentato a dismisura e quando è già giunta la notizia della candidatura del film a ben 8 premi Oscar. Tutto ciò ha contribuito ad alimentare le aspettative che, inevitabilmente, date le promesse, finiranno per venir almeno in parte deluse al momento della visione.
Moonlight è infatti un film appena discreto scambiato per un quasi capolavoro da molti critici, e l’esagerato numero di candidature agli Oscar più che un reale apprezzamento nei confronti del film appare più che altro come un tentativo da parte dei soci dell’Academy di smarcarsi dalle accuse di scarsa rappresentanza di minoranze etniche all’interno della cerimonia che gli avevano colpiti durante la precedente edizione. L’effetto di ciò è che un film non particolarmente eclatante come quest’opera seconda di Jenkins ha finito per ottenere una visibilità e un riconoscimento che non si merita.
Non fosse per il fatto che è narrata dal punto di vista di una comunità di emarginati, la storia è una di quelle che si sono già viste un centinaio, un migliaio di volte. E Moonlight è un film estremamente semplice, fin troppo talvolta, fino ad arrivare a sfiorare il semplicismo, che non è mai una cosa raccomandabile in questi casi. Non succede molto di realmente stimolante o che porti effettivamente a riflettere circa le tematiche trattate. Il film, e dispiace dirlo, è uno di quelli che, fondamentalmente, si trascinano stancamente (soprattutto nell’ultima parte, la peggiore) fino ai titoli di coda, dilatando inutilmente una storia che, probabilmente, sarebbe stata più adatta e sarebbe risultata più efficace sotto forma di cortometraggio. Infatti, dopo una buona prima parte (che però si conclude troppo in fretta e a seguito della quale uno dei personaggi più interessanti scompare) il film va progressivamente in calando, fino ad arrivare ad un finale deludente e sottotono.
Moonlight non è un film particolarmente innovativo o coinvolgente ed anzi procede linearmente attraverso diversi cliché (il ragazzino emarginato vittima di bullismo, la situazione famigliare difficile con una madre dipendente dal crack, l’arresto e la trasformazione in carcere da timido ragazzino pelle e ossa a robusto e muscolo spacciatore con tanto di collane, anelli e denti d’oro, l’amico in libertà vigliata che ha finito per redimersi e ritrovare la “retta via”, e via di questo passo).
Se poi l’intento dell’opera era mostrare come l’atteggiamento da “gangsta” carico di stereotipi e testosterone non sia spesso altro che una maschera per celare debolezze o istinti sessuali repressi, il tutto è molto meglio raccontato, ad esempio, in una serie TV come The Wire.
Certo, le interpretazioni degli attori sono spesso ottime (in testa Ali e la Harris) ma questo e la buona fotografia di Laxton non bastano a risollevare le sorti di un film che ottiene comunque un ottimo successo di pubblico e si guadagna due immeritati Oscar al miglior film e alla miglior sceneggiatura non originale, mentre assolutamente meritato è il premio al miglior attore non protagonista ad Ali.
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