antonio miredi
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sabato 12 marzo 2022
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un oscar conteso
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Ci voleva anche il clamoroso errore nella lettura della premiazione del film Oscar 2017, per rendere la contesa tra “La la Land” e “Moonlight” ancora più falsata da spostamenti di attenzione e facili giudizi (o piuttosto pregiudizi) politici. Peccato, perché ha sicuramente oscurato il film legittimamente uscito vincitore, “Momlight” di Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio, già ampiamente penalizzato dalla lettura critica anti Truman. Alla luce di un distacco da una lettura “politica” così condizionata dalla cronaca, invece, resta la convinzione che il pluripremiato e acclamato, “La la Land” di Damien Chazelle, non vada oltre il perfetto prodotto hollywoodiano, che si autocelebra e si commuove.
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Ci voleva anche il clamoroso errore nella lettura della premiazione del film Oscar 2017, per rendere la contesa tra “La la Land” e “Moonlight” ancora più falsata da spostamenti di attenzione e facili giudizi (o piuttosto pregiudizi) politici. Peccato, perché ha sicuramente oscurato il film legittimamente uscito vincitore, “Momlight” di Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio, già ampiamente penalizzato dalla lettura critica anti Truman. Alla luce di un distacco da una lettura “politica” così condizionata dalla cronaca, invece, resta la convinzione che il pluripremiato e acclamato, “La la Land” di Damien Chazelle, non vada oltre il perfetto prodotto hollywoodiano, che si autocelebra e si commuove. Certo, realizzato con una padronanza registica davvero magica, ricco di citazioni filmiche e inserimenti sapientemente orchestrati, e una colonna sonora dove non mancano spunti originali e toccanti. L’impressione tuttavia è quella di una favola “classica” sull’amore e sul successo che non arriva a creare serie riflessioni sulle contraddizioni che distinguono la nostra epoca dove leggerezza e superficialità abbondano. Il film convince per quel suo sottotraccia di disamina e distanziamento dalle facili illusioni, quel retrogusto amaro che lascia e che è proprio ciò che non riconosce il pubblico contribuiendo al suo spettacolare trionfo. Ben diversa la poetica cinematografica di “Monlight” un film capace di fare del “”nero” (tutti gli attori sono di colore e la notte è grande protagonista) un archetipo ideologico, sociale, culturale ed artistico. Un film sulla violenza dominante nel mondo, fatta soprattutto di periferie urbane e mentali, e che smonta la convinzione che sulle libertà, anche di identità, si siano fatte molte conquiste. La storia non racconta infatti un problema di identità irrisolta del protagonista, quanto una idea di cultura introiettata e capace di snaturare ogni possibile libera costruzione di identità diverse e legittime. E questo spiega come la comunità LGBT non si sia sentita particolarmente coinvolta. Soprattutto per quel finale ambiguo in cui la presenza del silenzio di sguardi, nella dissolvenza sul mare, si apre a quelle contraddizioni irrisolte e che le luci artificiali del Musical tendono invece a spegnere. (Antonio Miredi)
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antonio miredi
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sabato 12 marzo 2022
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l''oscar conteso di antonio miredi
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Ci voleva anche il clamoroso errore nella lettura della premiazione del film Oscar 2017, per rendere la contesa tra “La la Land” e “Moonlight” ancora più falsata da spostamenti di attenzione e facili giudizi (o piuttosto pregiudizi) politici.
Peccato, perché ha sicuramente oscurato il film legittimamente uscito vincitore, “Momlight” di Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio, già ampiamente penalizzato dalla lettura critica anti Truman.
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Ci voleva anche il clamoroso errore nella lettura della premiazione del film Oscar 2017, per rendere la contesa tra “La la Land” e “Moonlight” ancora più falsata da spostamenti di attenzione e facili giudizi (o piuttosto pregiudizi) politici.
Peccato, perché ha sicuramente oscurato il film legittimamente uscito vincitore, “Momlight” di Barry Jenkins, al suo secondo lungometraggio, già ampiamente penalizzato dalla lettura critica anti Truman.
Alla luce di un distacco da una lettura “politica” così condizionata dalla cronaca, invece, resta la convinzione che il pluripremiato e acclamato, “La la Land” di Damien Chazelle, non vada oltre il perfetto prodotto hollywoodiano, che si autocelebra e si commuove.
Certo, realizzato con una padronanza registica davvero magica, ricco di citazioni filmiche e inserimenti sapientemente orchestrati, e una colonna sonora dove non mancano spunti originali e toccanti. L’impressione tuttavia è quella di una favola “classica” sull’amore e sul successo che non arriva a creare serie riflessioni sulle contraddizioni che distinguono la nostra epoca dove leggerezza e superficialità abbondano.
Il film convince soprattutto per quel suo sottotraccia di disamina e distanziamento dalle facili illusioni, quel retrogusto amaro che lascia e che è proprio ciò che non riconosce il pubblico contribuendo al suo spettacolare trionfo. Ben diversa la poetica cinematografica di “Monlight” un film capace di fare del “”nero” (tutti gli attori sono di colore e la notte è grande protagonista) un archetipo ideologico, sociale, culturale ed artistico. Un film sulla violenza dominante nel mondo, fatta soprattutto di periferie urbane e mentali, e che smonta la convinzione che sulle libertà, anche di identità, si siano fatte molte conquiste. La storia non racconta infatti un problema di identità irrisolta del protagonista, quanto una idea di cultura introiettata e capace di snaturare ogni possibile libera costruzione di identità diverse e legittime. E questo spiega come la comunità LGBT non si sia sentita particolarmente coinvolta. Soprattutto per quel finale ambiguo in cui la presenza del silenzio di sguardi, nella dissolvenza sul mare, si apre a quelle contraddizioni irrisolte e che le luci artificiali del Musical tendono invece a spegnere.(Antonio Miredi)
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tunaboy
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martedì 29 giugno 2021
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recensione moonlight
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Tre momenti, tre persone, tre racconti.
È questo ciò che basta a raccontare la storia e il dramma di una vita umana?
Per Barry Jenkins è abbastanza: è proprio con questi pochi elementi che riuscirà a farci entrare nello spaventoso mondo di Chiron Harris, giovane afroamericano obbligato a cancellare la propria natura omosessuale e a diventare ciò che tutti si aspettavano che un giovane afro-americano sarebbe diventato.
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Tre momenti, tre persone, tre racconti.
È questo ciò che basta a raccontare la storia e il dramma di una vita umana?
Per Barry Jenkins è abbastanza: è proprio con questi pochi elementi che riuscirà a farci entrare nello spaventoso mondo di Chiron Harris, giovane afroamericano obbligato a cancellare la propria natura omosessuale e a diventare ciò che tutti si aspettavano che un giovane afro-americano sarebbe diventato.
Come già detto, seguiremo la crescita di Chiron in tre momenti fondamentali della sua vita: l’infanzia, l’adolescenza e la maggiore età.
Il nostro protagonista sarà sempre tormentato dalla cultura omofoba dei sobborghi-ghetto della Miami afro-americana: gli sfottò e i pestaggi saranno all’ordine del giorno fin dalla tenera età. Questo, sommato ad una problematica situazione familiare (un padre che lo ha abbandonato da piccolissimo e una madre dipendente da droghe pesanti), modelleranno e segneranno la personalità di Chiron, rendendolo estremamente timido e fragile. Solo tre persone lo accetteranno per quello che è: il gangsta Juan, che assumerà un ruolo paterno nell’infanzia del piccolo, la moglie di Juan, Teresa, e l’amico d’infanzia Michael. Con quest’ultimo svilupperà qualcosa di più che una semplice amicizia, culminando nella loro prima e unica notte d’amore.
Nel terzo e ultimo atto incontreremo un Chiron ormai ventenne che, seguendo le orme di Juan, è diventato tutto quello che non ci saremmo mai aspettato da lui, ovvero un gangsta. Scopriremo, però, che oltre le apparenze è rimasto il timido e insicuro ragazzo che avevamo lasciato pochi minuti prima. Dopo una inaspettata chiamata ricevuta da Michael, i due si rincontreranno dopo anni, culminando in uno struggente finale.
Jenkins riesce ad immergerci totalmente in un racconto così inedito e struggente, portavoce di una comunità ferita e obbligata a nascondersi. È strepitoso, infatti, quanto il racconto appaia realistico fino all’ultimo frame, contribuendo a rendere ancora più drammatico una storia che già da sé lo era.
Bisogna notare, però, che la narrazione è spesso interrotta da brevi momenti di pura poesia visiva, trasformando i corpi dei protagonisti in millenarie statue bronzee e le palustri coste della Florida in idilliaci quadretti illuminati dalla flebile luce del crepuscolo: è così che Jenkins riesce a rendere lo spettatore partecipe del travaglio interiore del protagonista.
Infine, credo che quello che ci offre “Moonlight” non sia solo un ineccepibile dramma fine a sé stesso, ma che riesca a farsi portavoce di una condizione sociale troppo spesso ignorata: il mondo intero è conoscenza della gravissima cultura razzista diffusa negli Stati Uniti d’America e delle problematiche che essa genera nei confronti delle comunità nere. In pochi sono, però, a conoscenza di problemi di segregazione interni alla comunità afro-americana: così “Moonlight” si erge a manifesto e grido d’aiuto di queste non-comunità, obbligate fino ad ora a vivere nell’ombra. Proprio per questo motivo considero così importante il prestigioso premio per il miglior film assegnatogli dalla Academy.
Voto: 5/5
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enzo70
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sabato 5 giugno 2021
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un film asciutto, essenziale sopravvalutato
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Con Moonlight Barry Jenkins affronta in maniera intelligente il tema della diversità, portando sullo schermo un testo teatrale che racconta la storia di Little, un bambino di colore e omosessuale che cresce nel degrado della periferia di Miami. Il tratto del racconto è sicuramente particolare perché non c’è nessun estremismo, bastano gli estremi della vita. E la decisione del regista di scandire la storia di Little in tre tempi, che rispecchiano tre diversi momenti della crescita del bambino divenuto uomo, è premiante. Moonlight è un film duro, proprio nella sua essenzialità, asciutto al punto da diventare cinico. Ma sicuramente un bel film.
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Con Moonlight Barry Jenkins affronta in maniera intelligente il tema della diversità, portando sullo schermo un testo teatrale che racconta la storia di Little, un bambino di colore e omosessuale che cresce nel degrado della periferia di Miami. Il tratto del racconto è sicuramente particolare perché non c’è nessun estremismo, bastano gli estremi della vita. E la decisione del regista di scandire la storia di Little in tre tempi, che rispecchiano tre diversi momenti della crescita del bambino divenuto uomo, è premiante. Moonlight è un film duro, proprio nella sua essenzialità, asciutto al punto da diventare cinico. Ma sicuramente un bel film.
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nanobrontolo
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domenica 7 febbraio 2021
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chi lo dice? la gente!
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Come al solito quando più critiche sono concordi è proprio così! Si tratta di un buon film sul tema dell'omosessualità ma se è stato così tanto premiato allora "chiamami col tuo nome" di Luca guadagnino dovrebbe aver ricevuto premi da tutti i pianeti del sistema solare!!!
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fabio 3121
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sabato 19 dicembre 2020
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i premi e troppe aspettative per un piccolo film.
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Leggendo i tanti premi che questa pellicola ha ricevuto negli USA ci si avvicina alla sua visione in Italia con troppe aspettative. La sceneggiatura, tratta da un'opera teatrale, è riproposta sul grande schermo in 3 capitoli: piccolo, chiron, black, ovverosia infanzia, adolescenza ed età adulta di Chiron, ragazzino nero gay bullizzato a scuola e con una madre tossicodipendente. Gli stati d'animo, le paure e il disagio di Chiron vengono raccontati con un ritmo un pò lento dove spesso gli sguardi e i silenzi prevalgono sulle parole. In una Miami di periferia dove ci sono tutti afroamericani è quindi raccontata una storia drammatica in modo discreto senza troppi eccessi e con un bel finale.
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Leggendo i tanti premi che questa pellicola ha ricevuto negli USA ci si avvicina alla sua visione in Italia con troppe aspettative. La sceneggiatura, tratta da un'opera teatrale, è riproposta sul grande schermo in 3 capitoli: piccolo, chiron, black, ovverosia infanzia, adolescenza ed età adulta di Chiron, ragazzino nero gay bullizzato a scuola e con una madre tossicodipendente. Gli stati d'animo, le paure e il disagio di Chiron vengono raccontati con un ritmo un pò lento dove spesso gli sguardi e i silenzi prevalgono sulle parole. In una Miami di periferia dove ci sono tutti afroamericani è quindi raccontata una storia drammatica in modo discreto senza troppi eccessi e con un bel finale. È un piccolo film con attori semisconosciuti che comunque si può vedere ma che effettivamente non meritava il premio principale agli Oscar 2017 del miglior film tenuto conto delle altre pellicole che avevano la nomination (tra queste LION, tratto da una storia vera avrebbe meritato l'ambito premio). Voto finale 6-.
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andrea s.
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venerdì 13 novembre 2020
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storia di una vita
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Moonlight: la formazione/deformazione di un fragile bambino omosessuale di colore nella sbandata e tossica periferia statunitense, dall'infanzia all'adolescenza fino all'età adulta. Famiglie perdute, famiglie trovate. La discesa agli inferi di un'anima candida e una sola certezza: gli sguardi dei veri amanti sono destinati a cercarsi e a incontrarsi di nuovo negli anni e nei secoli.
Attori bravissimi, momenti di grande impatto emotivo.
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Moonlight: la formazione/deformazione di un fragile bambino omosessuale di colore nella sbandata e tossica periferia statunitense, dall'infanzia all'adolescenza fino all'età adulta. Famiglie perdute, famiglie trovate. La discesa agli inferi di un'anima candida e una sola certezza: gli sguardi dei veri amanti sono destinati a cercarsi e a incontrarsi di nuovo negli anni e nei secoli.
Attori bravissimi, momenti di grande impatto emotivo. Oscar meritato.
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cinephilo
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lunedì 22 luglio 2019
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imbarazzo
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fabio
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martedì 12 febbraio 2019
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banale
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Non meritava di vincere l'Oscar come miglior film. Tratta l'argomento in modo scontato e monotono.
Bravi tutti gli attori e buona la fotografia (ma è davvero il minimo sindacale).
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marcloud
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mercoledì 17 ottobre 2018
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se non fosse un premio oscar
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Alla fine del film ti chiedi: "perchè mi hai portato qui Barry Jenkins?". Pensi che ha vinto l'Oscar come miglior film e ti chiedi: "ma che film hanno fatto nel 2016?". Poi ti ricordi che tra gli altri candidati, c'era un film come La La Land e tutto assume un senso. Apparte gli scherzi, Moonlight è una storia che, tolte le aspettative, riescie a gettare uno sguardo su tematiche complesse, senza lasciare quel giudizio morale di fondo che solitamente le rovina.
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