Howard Inlet gestisce un' importante agenzia di pubblicità nella New York dei nostri tempi, insieme ai fidati amici (e soci) With, Claire e Simon. Leader carismatico e principale azionista della società, dopo anni di successi sul lavoro come nel privato, subisce il più tremendo dei drammi possibili: perde sua figlia. A due anni di distanza dal lutto, Howard è ormai un uomo senza più scopi nella vita e preda della depressione che lo porta a trascurare affetti, se stesso e gli affari. Intanto With, anche suo migliore amico, vede allontanarsi sempre più sua figlia Allison che lo incolpa (con giusta ragione) della fine del matrimonio con sua mamma mentre Claire, scapola incallita impaurita dal tempo che corre, è alla disperata ricerca di un donatore che possa renderla madre dopo un accanito carrierismo e Simon, infine, sta combattendo in solitudine contro la malattia che lo ha colpito per la terza volta, perseguendo l'unico scopo rimastogli, ovvero non lasciare la sua famiglia nella fame. L'azienda è infatti in enormi difficoltà economiche visto che i principali clienti erano contatti di Howard, ragion per cui i tre soci di minoranza puntano alla sua vendita, che però non può realizzarsi senza il consenso di quest'ultimo. With, inseguendo un'attrice di terz'ordine inspiegabilmente andata via da un casting, fa la conoscenza di un terzetto di teatranti di cui la medesima provinante fa parte: saranno loro ad ispirare l'intuizione che rivoluzionerà lentamente gli eventi, in una storia dove poco (o nulla) è come ci appare e nella quale i figli, avuti, persi o desiderati, ne sono il perno.
Collateral Beauty (USA, 2016) è un'opera appartenente al filone del dramma che si fonde col fantastico; ci si chiede se i 3 "attori" che aiutano, sottoforma di Tempo, Morte e Amore (le tre entità a cui il protagonista si rivolge inviando delle lettere) i compagni di Howard a far uscire dal tunnel quest'ultimo, siano essi stessi i fautori dell'intuizione di With. Il loro intento, in ogni caso, sarà quello di aiutare -dietro lauto compenso- quattro brave persone a risolvere i propri guai sotto Natale. Non proprio una novità...
Pellicola corale, questa, che vanta diversi attori di rilievo, come Michael Peña, al suo ennesimo film in stile Crash, che ancora una volta si dimostra valido; Edward Norton fa il suo, come sempre, pur non aiutato -in questo caso- dai dialoghi; Kate Winslet realizza una prova soddisfacente ma inferiore ad occasioni migliori nelle quali ha potuto mostrare la sua straordinaria bravura; Helen Mirren è imbattibile come al solito, sempre in tiro e calata nella parte. Altro discorso, invece, per la Knightley, che appare svogliata, fuori tema e truccata malissimo oltre che per Will Smith, personaggio principale: l'ex Fresh Prince ha il difetto di aver cominciato la sua carriera nel rap sperperando i soldi in case e gioielli, salvo poi fare l'incontro giusto subito dopo (quel Medina che gli produsse la nota sit-com e che lo tolse dai guai). In America sono molti a non perdonargli quel passo falso, ma nel tempo ha avuto modo di dimostrare il suo innegabile valore, confermandolo in questo film nel quale risulta molto convincente. Nella speranza che un giorno Smith scelga un soggetto non ambientato nella Grande Mela (esistono altre città, Willie!) credo che questa sia una delle sue performance migliori.
Considerando l'argomento trattato ed un casting dall'inusuale melting pot, è venuta fuori un' opera delicata che non cede alla tentazione del fazzoletto facile, anzi: si ride con alcune battute riuscite ("Lei è ricco?", "Sono divorziato...") e ci si commuove solo verso la fine allorquando Howard è costretto ad affrontare la realtà decidendo, tra l'altro, di avvicinare Madeleine, nel cui ruolo troviamo l'efficacissima Naomie Harris.
Film del genere, a mio modesto avviso, andrebbero sempre sostenuti, perché fungono da terapia per tante persone che attraversano una fase difficile.
Bene il regista, ma poteva fare molto meglio.
Voto: 7
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