elgatoloco
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sabato 16 gennaio 2016
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troppo "turistico"e non sempre efficace
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QUesto">Two faces of January"risulta, premettendo che non conosco l'opera della Highsmith da cui il libro è tratto, ma molte opere della grande autrice, complessivamente"deludente"rispetto all'opera, sia per le improvvide"pause di riflessione"(fatte di sguardi, ammiccamenti etc.)che invece nella scrittrice sono vere e proprie"epifanie", che per es. Alfred Hitchock nella sua trasposizione di"Strangers on a Train"("Delitto per delitto"o"L'altro uomo", in italiano...)era riuscito a rendere in pieno, ma anche di per sé, volendo, ossia come"thriller", senza confrontarlo con la fonte letteraria(grande, essenso la Highsmith un'autrice la cui scrittura vale di per sé, a prescindere dai generi letterari, in particolare da quello"thriller", una definizione che rischirebbe di imbrigliarne le opere in una sorta di "camicia di forza".
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QUesto">Two faces of January"risulta, premettendo che non conosco l'opera della Highsmith da cui il libro è tratto, ma molte opere della grande autrice, complessivamente"deludente"rispetto all'opera, sia per le improvvide"pause di riflessione"(fatte di sguardi, ammiccamenti etc.)che invece nella scrittrice sono vere e proprie"epifanie", che per es. Alfred Hitchock nella sua trasposizione di"Strangers on a Train"("Delitto per delitto"o"L'altro uomo", in italiano...)era riuscito a rendere in pieno, ma anche di per sé, volendo, ossia come"thriller", senza confrontarlo con la fonte letteraria(grande, essenso la Highsmith un'autrice la cui scrittura vale di per sé, a prescindere dai generi letterari, in particolare da quello"thriller", una definizione che rischirebbe di imbrigliarne le opere in una sorta di "camicia di forza"...), in quanto il ritmo è spesso inutilmente franto, "fiacco", interrotto da inutili contemplazioni"greche"troppo insistite(dove sorge il sospetto, a voler essere"cattivi", che ciò sia stato fatto ad usum turistorum...). Particolarmente fiacca, poi, l'interpretazione di Viggo Mortensen, protagonista"più in età": MOrtensen è "statico", non cambia quasi mai espressione, risulta complessivamente "troppo chiuso"nel ruolo, senza avere e voler avere la capacità di rendere la diversità degli stati d'animo, il climax della paura e della tensione, il senso d'accerchiamento etc... Decisamente meglio OScar Isaac, "attor giovane", ma anche Kirsten Dunst, certo sacrificata, eprò, da un ruolo che invece avrebbe dovuto porsi ben più problematicamente. El Gato
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dario
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giovedì 24 dicembre 2015
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inconsistente
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Sceneggiatura sfiatata, regia zoppicante e recitazione senza sangue.
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andrea alesci
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giovedì 15 ottobre 2015
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appiattiti in una fuga color caramello
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Il sottotesto di Patricia Highsmith (suo il romanzo breve del 1964 dal quale è tratta la storia) è l’ossatura di un racconto che l’esordiente regista Hossein Amini cerca di trasformare in un raffinato film d’altri tempi. Ed è come se ci calassimo realmente in quel 1962 greco che fa da sfondo alle triangolari vicende di due uomini e una donna: non solo possiamo respirare l’atmosfera d’inizio anni ’60, ma abbiamo la sensazione che lo stesso film sia stato girato con la delicatezza di mezzo secolo fa.
Un placido sopore da vacanza nel cuore del Mediterraneo ci avvolge sin dalle prime inquadrature fra le bianche rovine del Partenone e, pur se nello svolgersi del film è quel clima turistico a fare da oleoso sfondo, ben presto siamo portati verso i ritmi da noir con protagonisti tre americani: l’affarista Chester MacFarland (Viggo Mortensen), sua moglie Colette (Kirsten Dunst), la giovane guida turistica Rydal (Oscar Isaac).
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Il sottotesto di Patricia Highsmith (suo il romanzo breve del 1964 dal quale è tratta la storia) è l’ossatura di un racconto che l’esordiente regista Hossein Amini cerca di trasformare in un raffinato film d’altri tempi. Ed è come se ci calassimo realmente in quel 1962 greco che fa da sfondo alle triangolari vicende di due uomini e una donna: non solo possiamo respirare l’atmosfera d’inizio anni ’60, ma abbiamo la sensazione che lo stesso film sia stato girato con la delicatezza di mezzo secolo fa.
Un placido sopore da vacanza nel cuore del Mediterraneo ci avvolge sin dalle prime inquadrature fra le bianche rovine del Partenone e, pur se nello svolgersi del film è quel clima turistico a fare da oleoso sfondo, ben presto siamo portati verso i ritmi da noir con protagonisti tre americani: l’affarista Chester MacFarland (Viggo Mortensen), sua moglie Colette (Kirsten Dunst), la giovane guida turistica Rydal (Oscar Isaac).
Hossein Amini tenta di gettarci nel gorgo di un thriller che ha origine in un crimine (la truffa surrettiziamente perpetrata alle “persone sbagliate” dal gestore di fondi MacFarland), passa per le sue conseguenze (l’invio di un detective per regolare i conti) e si scatena nell’imprevisto che unisce i destini dei tre personaggi in campo (l’involontaria uccisione dell’ispettore proprio da parte di MacFarland). Ma quello del regista rimane un tentativo, poiché nell’intrecciarsi delle vicende personali di Rydal e dei coniugi MacFarland si avvertono quei vuoti che non fanno decollare la storia.
Una storia che vorrebbe essere vertiginosa come gli intrighi di Hitchcock, ma nell’avvitarsi di una fuga su sponde cretesi e nei recessi mitici del labirinto di Cnosso rimane prigioniera di quell’atmosfera forzosamente rétro che abbraccia ogni cosa. Preda di suggestioni che vorrebbero dare compimento materiale al classico triangolo di amori e invidie, ma casca nel vuoto delle ire sbandate di Chester/Mortensen, unico a credere a una liaison amoreuse fra la moglie Colette e Rydal.
Il sospetto di un tradimento che fa avvertire tutta la sua inconsistenza proprio nel buio delle rovine di Cnosso, dove Rydal viene stordito e dove le mani di Chester MacFarland si macchiano – ancora incidentalmente – di un altro delitto: quello della moglie Colette. Ma è proprio nella trasformazione della forma-racconto (da triangolare a rettilinea) che il film acquista quello spessore rimasto incatenato per troppo tempo nella maglia di vaporose allusioni passionali.
È nell’uno-contro-uno che la fuga (e il film) trovano la propria identità, nel rush finale di un ragazzo e un adulto che scappano entrambi da un passato che vorrebbero cancellare; e da un futuro che hanno paura di affrontare. S’incontreranno nell’umido presente di una strada di Istanbul, nel punto in cui MacFarland cercherà di ricomporre (vanamente) i propri errori, dove Rydal verserà quelle lacrime che non seppe trovare per la morte del padre ma che ora lo uniscono all’uomo che ha tentato di incastrarlo.
Come ha tentato di fare il regista iraniano Amini, intrappolando l’occhio dello spettatore nella trama di un film che lascia smarriti quanto il suo titolo (“I due volti di Gennaio”), strizzando l’occhio all’ingannevole identità del mitico Giano bifronte ma rivelando soltanto le intenzioni felpate di un thriller che vibra nei suoi pochi attimi conclusivi. Dentro l’elegante cornice, una storia sbiadita: come lustrini ritrovati sul pavimento di un vecchio cinema.
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ginopeloso
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giovedì 17 settembre 2015
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un film che sembra più di quello che è in realtà..
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Il trailer e quasi tutto il film sembrano nascondere chissà quale mistero, sembra che prima o poi si assisterà al colpo di scena, che i personaggi nascondono qualcosa che prima o poi verrà rivelato. Alla fine del film ci si rende conto che non c'era niente di più di quello che si è visto... Ho visto thriller migliori (decisamente).
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j kudo
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venerdì 28 agosto 2015
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i due volti del film
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Film elegante e raffinato con ambiantazione di eccezione , immergendoci nella bellissima Grecia. Il thriller, adattamento del romanzo scritto dalla Highsmith e diretto da Amini , poggia soprattutto su questa accuratezza anche se la trama risulta un pò prevedibile per essere appunto un noir . Il film segue la fuga di una coppia di americani , Chester e Colette ,per via degli inganni di cui si è macchiato il primo ,che si incrocia sulla via del giovane Rydal , anch'egli americano , guida e truffatore per ingenui turisti, in susseguirsi di scelte sbagliate , tensioni e gelosie . Gli attori si immedesimano perfettamente nella loro parte , il cast gode della presenza dell'ottimo Viggo Mortensen e della bella Kirsten Dunst , anche se vorrei sottolineare anche la performance di Oscar Isaac .
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Film elegante e raffinato con ambiantazione di eccezione , immergendoci nella bellissima Grecia. Il thriller, adattamento del romanzo scritto dalla Highsmith e diretto da Amini , poggia soprattutto su questa accuratezza anche se la trama risulta un pò prevedibile per essere appunto un noir . Il film segue la fuga di una coppia di americani , Chester e Colette ,per via degli inganni di cui si è macchiato il primo ,che si incrocia sulla via del giovane Rydal , anch'egli americano , guida e truffatore per ingenui turisti, in susseguirsi di scelte sbagliate , tensioni e gelosie . Gli attori si immedesimano perfettamente nella loro parte , il cast gode della presenza dell'ottimo Viggo Mortensen e della bella Kirsten Dunst , anche se vorrei sottolineare anche la performance di Oscar Isaac .Film che ti affascina molto ma non ti sorprende abbastanza .
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rescart
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venerdì 21 agosto 2015
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ma la madre degli amini è sempre in cinta?
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Il film più famoso ispirato a un giallo di Patricia Highsmith (pseudonimo di M. P. Plungman) è stato “L'altro uomo” (Strangers on a Train), del 1951, diretto da Alfred Hitchcock. Per Hitchcock fu il grande ritorno al consenso del grande pubblico. Il fiuto del grande regista di thriller, oltre che il suo stesso talento, furono alla base del successo del film. Da allora la Highsmith ha sfornato numerosi altri libri gialli, che hanno riscosso successo sia tra i lettori che tra i registi. Chi non ricorda “Il Talento di Mr. Ripley” di Anthony Mingella? In quel caso l'ambientazione era italiana, a Napoli, come nel caso di “Il gioco di Ripley” (Ripley's Game) del 2002, di Liliana Cavani, tratto dall'omonimo romanzo (pubblicato in Italia come “L'amico americano”) e ambientato questa volta nel Veneto delle ville palladiane.
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Il film più famoso ispirato a un giallo di Patricia Highsmith (pseudonimo di M. P. Plungman) è stato “L'altro uomo” (Strangers on a Train), del 1951, diretto da Alfred Hitchcock. Per Hitchcock fu il grande ritorno al consenso del grande pubblico. Il fiuto del grande regista di thriller, oltre che il suo stesso talento, furono alla base del successo del film. Da allora la Highsmith ha sfornato numerosi altri libri gialli, che hanno riscosso successo sia tra i lettori che tra i registi. Chi non ricorda “Il Talento di Mr. Ripley” di Anthony Mingella? In quel caso l'ambientazione era italiana, a Napoli, come nel caso di “Il gioco di Ripley” (Ripley's Game) del 2002, di Liliana Cavani, tratto dall'omonimo romanzo (pubblicato in Italia come “L'amico americano”) e ambientato questa volta nel Veneto delle ville palladiane. Dallo stesso libro nel 1977 Wim Wenders aveva tratto “L'amico americano”. Quindi diciamo che la Cavani, al di là delle stroncature del Mereghetti, è andata sul sicuro. Cosa che non fecero né Minghella né tanto meno Hitchcock, che accettò, anzi sarebbe meglio dire 'colse al volo', la sfida di una scrittrice ancora sconsociuta e al suo primo romanzo. E così fa Hossein Amini, esordiente regista turco, già sceneggiatore di Drive. Amini quindi rischia maggiormente della Cavani, ma non per questo è destinato a ricevere l'approvazione della critica. Nel mio caso, vale a dire dalla parte del pubblico, concordo solo in parte con chi ha stigmatizzato la scelta dell'attore protagonista, troppo legato al personaggio di Aragorn nel Signore degli Anelli. Ma tant'è, avendo comunque scelto di lavorare sul romanzo di un'autrice molto nota, che male c'è a ricorrere ad un volto ancora più noto? Noto per noto uguale noto al quadrato. E nella trama del film tutto quadra, sin dalle prime scene quando il regista solleva impercettibile nel pubblico una domanda, che si farà sempre più chiara nel corso del film. Perchè mai un facoltoso turista americano dovrebbe preoccuparsi di un volto che sembra seguirlo dalle rovine del Partenone ai tavoli di un bar di Atene? In fondo non si tratta di un importante uomo politico accompagnato dalla consorte e costretto a girare con la scorta, seppure la Grecia del 1962 non sia certo la coeva Italia, con il Pci a fare da contraltare alla Dc in un clima geopolitico caratterizzato dalla guerra fredda. Il dubbio rimane, e sarà risolto solo a metà del film, quando la donna confesserà al malcapitato accompagnatore dei due, ex presunto stalker, gli inganni e le truffe finanaziarie del consorte, aspirante astuto Ulisse. “E' proprio vero che la madre dei cretini è sempre in cinta” aveva detto profeticamente il finto uomo d'affari alla moglie in visita alle rovine del Partenone. E di sicuro a un tipo così si addicono maggiormente le stanze segrete dei palazzi minoici di Creta nei pressi di Eraclion, dove si venerava il toro come divinità, che le ampie vedute dell'Acropoli. Da una parte la voglia di arricchirsi e di superare la propria condizione sociale ha generato un mostro incapace di reggere sul capo le stesse corna del mostruoso essere che abitava lil labiranto di Minosse. Dall'altra la partenza da una posizione sociale priviligiata, in quanto figlio di un professore di Harvard, ha generato buone conoscenze artistiche ma scarsa conocenza dell'animo umano. E molta ingenuità, che comunque, forse grazie a qualche santo in Paradiso, tornerà buona per catturare un'opportuna confessione sul punto di morte.
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toty bottalla
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giovedì 28 maggio 2015
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thriller ambiguo di tensione stabile!
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Due coniugi in viaggio e in fuga nella grecia dei primi anni sessanta, lui ex militare attempato, lei bella e seducente incrociano le loro vite con un giovane che li aiuterà a sfuggire alla cattura per truffa e l'omicidio involontario di un detective, inizia così un'avventura di tensione costante per l'evidente interesse che il giovane rydal mostra per colette moglie non troppo convinta di chester, per l'atmosfera un pò surreale ed alcune similitudini psicologiche dei personaggi il film ricorda "il tè nel deserto" di bertolucci, anche qui, la storia è amara e la fase thriller non riserva sussulti di rilievo piuttosto si accentra in un finale drammatico e logico, buona e convincente la prova dei tre protagonisti.
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Due coniugi in viaggio e in fuga nella grecia dei primi anni sessanta, lui ex militare attempato, lei bella e seducente incrociano le loro vite con un giovane che li aiuterà a sfuggire alla cattura per truffa e l'omicidio involontario di un detective, inizia così un'avventura di tensione costante per l'evidente interesse che il giovane rydal mostra per colette moglie non troppo convinta di chester, per l'atmosfera un pò surreale ed alcune similitudini psicologiche dei personaggi il film ricorda "il tè nel deserto" di bertolucci, anche qui, la storia è amara e la fase thriller non riserva sussulti di rilievo piuttosto si accentra in un finale drammatico e logico, buona e convincente la prova dei tre protagonisti. Saluti.
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lindo
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martedì 26 maggio 2015
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scialbo
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Nom mi ha entusiasmato a dovere!
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sabrina lanzillotti
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venerdì 13 marzo 2015
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un thriller elegante e sofisticato
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Atene, 1962. Chester e Colette MacFarland sono due americani che hanno deciso di visitare tutta l’Europa nel tentativo di depistare la polizia che sta indagando sugli affari tutt’altro che puliti dell’uomo. Durante la loro permanenza ad Atene, un detective privato ingaggiato da alcune vittime del truffatore riesce ad individuare le tracce della coppia, ma perde la vita a seguito di una colluttazione con Chester. Privi di passaporti e di documenti, i coniugi MacFarland sono costretti a fuggire ancora, cercando il modo di farsi una nuova identità. Soli, in un paese di cui non conoscono neanche la lingua, si rivolgono a Rydal, una giovane guida statunitense che da anni vive in Grecia e si mantiene mettendo in scena piccole truffe ai danni dei turisti.
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Atene, 1962. Chester e Colette MacFarland sono due americani che hanno deciso di visitare tutta l’Europa nel tentativo di depistare la polizia che sta indagando sugli affari tutt’altro che puliti dell’uomo. Durante la loro permanenza ad Atene, un detective privato ingaggiato da alcune vittime del truffatore riesce ad individuare le tracce della coppia, ma perde la vita a seguito di una colluttazione con Chester. Privi di passaporti e di documenti, i coniugi MacFarland sono costretti a fuggire ancora, cercando il modo di farsi una nuova identità. Soli, in un paese di cui non conoscono neanche la lingua, si rivolgono a Rydal, una giovane guida statunitense che da anni vive in Grecia e si mantiene mettendo in scena piccole truffe ai danni dei turisti. Da questo momento sarà un susseguirsi di intrighi, bugie e passioni che porteranno ad un epilogo per niente scontato.
Questa la trama de “I due volti di gennaio”, tratto dall’omonimo libro di Patricia Highsmith ed opera prima di Hossein Amini, con protagonisti Kirsten Dunst, Oscar Isaac e Viggo Mortensen.
Quello di Hossein è un film caldo e passionale e allo stesso tempo un thriller ricco di suspense, nonostante la presenza qua e là di scene un po’ troppo lente.
Il sole, le rovine e le piccole stradine greche sono la sceneggiatura naturale perfetta per questa storia in cui si intrecciano sentimenti contrastanti.
La scelta migliore di Hossen è sicuramente quella del cast. Kirsten Dunst nel ruolo della signora MacFrland è perfetta, la sua interpretazione è elegante e mai eccessiva, un’autentica lady anni ’60. Interessante è anche l’interpretazione di Chester affidata al poliedrico artista Viggo Mortensen, il quale riesce a rendere con maestria la complessità del suo personaggio, un truffatore invaso da mille paure e rimorsi, che emergono soprattutto nel suo rapporto con Rydal, interpretato egregiamente dall’attore guatemalteco Oscar Isaac.
“I due volti di gennaio” è un noir d’altri tempi, una storia sofisticata e frustrante al tempo stesso, un film che non delude alcuna aspettativa.
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liuk!
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domenica 8 marzo 2015
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poca suspance
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Pellicola che si regge sul cast e sull'ambientazione mentre latita dal lato narrativo. Per essere un thriller è veramente troppo scontato e senza alcuna suspance.
Si poteva fare di meglio.
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