David Fincher sta al thriller come Stephen King sta all'horror.
I campi sono diversi ( seppure in "Gone Girl" troviamo anche della cruda violenza, che tinge di noir l'intreccio), ma il genio dei due autori non differisce.
Tale genio, tale follia creativa, sta nel non limitarsi ad un unico genere, nel non confinarsi dietro delle regole imposte dall'ambito in cui si opera, ma nel crearne di nuove. E cosi, in questo caso, parlare di thriler, è decisamente riduttivo.
L'acclamato regista statunitense non mette in scena una semplice indagine, ma dipinge davanti agli occhi dello spettatore un disarmante, paradossale, ma duramente vero spaccato della nostra società.
Indaga egli stesso i risvolti che si nascondono dietro ogni crimine, sbattendo in faccia al pubblico temi quali la commercializzazione delle tragedie, che diventano eventi di catarsi collettiva, più che di sincero dolore. Lacrime che diventano banconote, giornalismo sfrenato e colmo d'ipocrisia, e un'opinione pubblica che si lascia trascinare da questo fiume in piena, lobotomizzata dai social media, dai giornali e dalla televisione, una massa in balia degli eventi. A tal proposito sono significative le riprese con cui si apre la pellicola, che per qualche secondo lasciano un vago affresco di una cittadina vuota, sonnecchiante, immersa in un torpore surreale, che si sveglia improvvisamente, quasi con ferocia, allo scoppiare dello scandalo.
Fincher si apre poi ad una riflessione più intimista, sul matrimonio, sul legame sentimentale, su come questo si basi spesso su apparenze, su mera ostentazione, e su come anche il sentimento più puro, sia talmente potente da scuotere le fondamenta dell'animo umano, portandolo alla follia, all'esasperazione e alla più totale disillusione.
E infine quello che è la realtà. O meglio che non è. Perchè dall'"Amore Bugiardo" traspare che la realtà non esiste. In un gioco di immagini, apparenze, di idee e preconcetti che corrompono il nostro giudizio su persone, cose e avvenimenti, l'oggetività di fatto non sussiste. Quindi come lontani e distaccati spettatori di questa bizzarra, crudele, ma bellissima messa in scena che è la vita, osserviamo, non limitiamoci a guardare, non giudichiamo un amore da un anello, una persona dal suo stato sul social network ( Fincher sempre presente), o da ciò che ci viene detto su di lei, perseguiamo la verità, se ve ne è una. Come recitava la locandina di uno dei più grandi capolavori cinematografici contemporanei, American Beauty: "guarda da vicino". E forse, chissà, troverai un barlume di bellezza. In mezzo all'umana incomunicabilità.
"Cosa stai pensando? Come ti senti? Cosa ci siamo fatti l'un l'altro?"
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