flyanto
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martedì 26 novembre 2013
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come le azioni influiscano in modo determinante
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Film in cui si racconta di una donna che si rincontra in Francia con l'ex marito iraniano, ormai ritornato nel suo paese di origine, al fine di firmare le carte definitive per il loro divorzio. La donna, che ha due figlie da una precedente relazione a questo suo passato matrimonio con un uomo ora in Belgio, nel frattempo si è rifatta una vita legandosi nuovamente ad un uomo marocchino con un bambino e la moglie in coma in ospedale. Quando l'ormai ex-marito soggiorna brevemente nell' abitazione dell'ex-moglie come ospite, non può fare a meno di constatare e soprattutto di venire coinvolto nella grande confusione di sentimenti e rapporti per lo più ostili, almeno sino a quel momento, che vigono nella casa Le figlie, soprattutto la maggiore, si rivelano ancora affettuosamente molto legate all'ex-marito della madre, il bambino del nuovo compagno, invece, con una sorta di rabbia e rancore nei confronti di tutti per la lontananza forzata dalla propria madre che deve subire, si dimostra in un primo momento ostile ed in un secondo conquistato.
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Film in cui si racconta di una donna che si rincontra in Francia con l'ex marito iraniano, ormai ritornato nel suo paese di origine, al fine di firmare le carte definitive per il loro divorzio. La donna, che ha due figlie da una precedente relazione a questo suo passato matrimonio con un uomo ora in Belgio, nel frattempo si è rifatta una vita legandosi nuovamente ad un uomo marocchino con un bambino e la moglie in coma in ospedale. Quando l'ormai ex-marito soggiorna brevemente nell' abitazione dell'ex-moglie come ospite, non può fare a meno di constatare e soprattutto di venire coinvolto nella grande confusione di sentimenti e rapporti per lo più ostili, almeno sino a quel momento, che vigono nella casa Le figlie, soprattutto la maggiore, si rivelano ancora affettuosamente molto legate all'ex-marito della madre, il bambino del nuovo compagno, invece, con una sorta di rabbia e rancore nei confronti di tutti per la lontananza forzata dalla propria madre che deve subire, si dimostra in un primo momento ostile ed in un secondo conquistato. Insomma, una moltitudine di incomprensioni, rancori, ripicche e rinfacciamenti che sicuramente minano fortemente la serenità della futura nuova famiglia, peraltro in fase di ingrandirsi per la futura nascita del bimbo che la protagonista aspetta dal nuovo compagno. E da qui,attraverso le vicende presenti e soprattutto passate la storia si dipana portando alla luce le azioni ed i reali episodi accaduti all'interno di quella famiglia allargata. Questa pellicola costituisce la terza opera (almeno a noi giunta) cinematografica del regista iraniano Asghar Farhadi dopo l'egregio "About Elly" ed il giustamente premiato conl'Oscar "Una separazione". Ed anche qui, come in quest'ultimo, ma con un'ambientazione diversa (nel precedente la trama si svolgeva in Iran e qui invece in Francia) e con una inizialmente più complicata struttura familiare, il regista rappresenta nuovamente la tematica del divorzio e di quello che comporta su tutti i familiari, figli in primis. Infatti, egli pone sempre l'accento sul disagio e sulla sofferenza e su eventuali squilibri che i bambini od adolescenti devono subire e soffrire a seguito delle discordie dei propri genitori e del loro conseguente divorzio. Farhadi non condanna i genitori le cui motivazioni della propria separazione sembra comprendere e comunque profondamente analizzare attraverso i minuziosi e ben costruiti dialoghi, ma ovviamente non può fare a meno di non porre loro tutta la gravosa responsabilità del disagio e del malessere provocati alla propria prole. Ed ancora una volta egli si dimostra non solo acuto osservatore delle dinamiche sentimentali di coppia ma soprattutto profondo psicologo nel sapere cogliere l'essenza degli animi, della natura, delle personalità e delle debolezze degli individui, in particolare, appunto, di un uomo e di una donna che non andando più d'accordo decidono di lasciarsi definitivamente. E per tutte le situazioni, i suoi protagonisti dovranno fare i conti, come tutti gli esseri umani del resto, con le proprie azioni e comportamenti passati che costituiscono ciò che determina il presente e la sua responsabilità. Insomma, "Il Passato" costituisce un' ulteriore conferma della maestria di Farhadi, contribuendo a candidare la sua opera nuovamente all'Oscar come miglior film straniero nel 2014 ed un encomio deve essere sicuramente indirizzato anche ai tutti gli eccellenti protagonisti della pellicola. Bérénice Bejo in primis che si conferma l' ottima attrice già conclamata in "The Artist", Tahar Rahim, già notevolmente apprezzato ne "Il Profeta", nella parte del nuovo compagno, ed Ali Mosaffa in quello dell'ex-marito. Da non sottovalutare nemmeno deve essere la giovane Pauline Burlet nel ruolo della disagiata e tormentata figlia maggiore Lucie. Insomma, se non un capolavoro (per i più esigenti), quasi. E comunque, da non perdere assolutamente.
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pasquiota
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giovedì 5 dicembre 2013
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l'esasperante fluire del passato
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Dove la firma per acconsentire a un divorzio diviene uno spiazzante percorso à rebours nel proprio matrimonio e nella propria esistenza, alla ricerca di una verità terribile, cui nessuno dei protagonisti è permesso accedere in via definitiva. Con lo sguardo velato e opprimente dei bambini, che attraversano la pellicola come dei fantasmi.
Il soggetto del film, di lodevole intenzione, viene vanificato da una regia volutamente scarna, assolutamente priva di ritmo e con un montaggio anch’esso ridotto al minimo. Ne risulta una visione straniante e spiazzante, che ha l’effetto (voluto) di allontanare lo spettatore anziché coinvolgerlo.
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Dove la firma per acconsentire a un divorzio diviene uno spiazzante percorso à rebours nel proprio matrimonio e nella propria esistenza, alla ricerca di una verità terribile, cui nessuno dei protagonisti è permesso accedere in via definitiva. Con lo sguardo velato e opprimente dei bambini, che attraversano la pellicola come dei fantasmi.
Il soggetto del film, di lodevole intenzione, viene vanificato da una regia volutamente scarna, assolutamente priva di ritmo e con un montaggio anch’esso ridotto al minimo. Ne risulta una visione straniante e spiazzante, che ha l’effetto (voluto) di allontanare lo spettatore anziché coinvolgerlo.
A questo si aggiungono i dialoghi a volte irreali, ma soprattutto le riprese degli interni su abitazioni grigie e disadorne, fino all’esasperazione; e anche gli esterni, soprattutto nella casa di periferia, cui quasi si sovrappone la linea della ferrovia, simbolo estremo della degradazione suburbana.
Il fluire della narrazione ne risente, attraverso un procedere esasperatamente lento e dilatato dei tempi, mentre cresce nello spettatore il senso di disagio, che non viene sciolto nemmeno nel finale, totalmente privo di qualsiasi tragica catarsi. Nessuno è totalmente colpevole, ma l’innocenza non esiste più.
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[+] finale, privo di qualsiasi tragica catarsi?
(di herry)
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diomede917
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martedì 26 novembre 2013
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gli effetti domino del dolore
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CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: IL PASSATO
Ashgar Farhadi si sta specializzando un regista di Thriller interiori……di quei tormenti sopiti pronti ad esplodere come un colpo di scena che trasformeranno per sempre la vita dei suoi protagonisti.
Lo è stato About Elly, lo è stato Una separazione lo è ancora di più questa sua trasferta francese Il Passato.
Al centro, come il film precedente, c’è l’ufficializzazione della fine di un matrimonio……un marito che arriva dall’Iran apposta per firmare l’atto e una moglie pronta a rifarsi la vita con un nuovo compagno e il figlio di lui….
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CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: IL PASSATO
Ashgar Farhadi si sta specializzando un regista di Thriller interiori……di quei tormenti sopiti pronti ad esplodere come un colpo di scena che trasformeranno per sempre la vita dei suoi protagonisti.
Lo è stato About Elly, lo è stato Una separazione lo è ancora di più questa sua trasferta francese Il Passato.
Al centro, come il film precedente, c’è l’ufficializzazione della fine di un matrimonio……un marito che arriva dall’Iran apposta per firmare l’atto e una moglie pronta a rifarsi la vita con un nuovo compagno e il figlio di lui…..questa situazione iniziale crea scompiglio e tormento nella figlia maggiore avuta da una precedente unione……un malessere interiore che sarà causa scatenante dell’affiorare dei segreti e bugie su cui si regge il precario equilibrio emotivo dei protagonisti del film.
Il film procede lentamente ambientato in una Francia plumbea sempre piovosa quasi a dimostrare un nesso tra le nuvole nere in cielo e quelle dell’anima…….gli attori vivono in una casa in via di ricostruzione con una vernice che ti brucia gli occhi e porte scrostate chiaro segno di una fase in evoluzione ma sicuramente molto labile…….
Poi all’improvviso scoppia tutto, la ricerca di capire cosa ci sia dietro il suicidio della moglie del nuovo uomo della protagonista provoca una sorta di effetto domino sentimentale che coinvolgerà tutti i protagonisti della storia mettendoli davanti ai propri doveri, paura e responsabilità.
Ashgar Farhadi sceglie un cast ad hoc per rappresentare questo dramma Berenice Bejo (premiata a Cannes per l’interpretazione) ha una fisicità di perfetta donna della periferia limando la sua bellezza a favore della sua sofferenza come si può vedere nella scena molto fisica del conflitto con la figlia…..anche Tahar Rahin e Ali Mossafa si ritagliano il loro spazio in un’interpretazione in levare quasi a voler reprimere il proprio dolore……
Ma la vera fortuna del regista sono i due giovani attori che interpretano Lucie e Fuad che con i loro occhi ci trasmettono tutto il loro malessere che questa situazione al limite del paradossale li espone…..sfoghi, pianti, urla ma anche rumorosi silenzi coinvolgono lo spettatore a questo autentico drammone…..
Ciò che limita Il passato a essere “solo” un bel film e non un grandissimo film (come la Vita di Adele) è quella strana sensazione che alcune situazioni siano un po’ troppo studiate a tavolino…..forse per colpa della mia aspettativa……ma mi è mancato il colpo d’ala del regista che rimedia con l’intenso e bellissimo ultimo fotogramma su cui partono i titoli di coda
Voto 7,25
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theophilus
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martedì 26 novembre 2013
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non esistono fatti, ma solo interpretazioni...
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LE PASSÉ
Prima ancora che come film – senza dubbio riuscito e incalzante – Le passé può essere visto con il filtro di una considerazione filosofica sul senso, la potenzialità e l’inafferrabilità del tempo.
Sin dall’inizio della storia, girata dal regista iraniano Asghar Farhadi (About Elly, Una separazione), si può intuire il clima di ambiguità e d’instabilità che non solo non cesserà mai, ma continuerà a crescere fino alla fine, a tutti gli effetti un nulla di fatto.
Possiamo cogliere subito una nascosta capacità d’intesa fra Marie e Ahmad - perfetti nelle loro parti Bérénice Bejo e Ali Mosaffa. I due, però, non riescono a vederla, perdendo quella che è probabilmente l’ultima possibilità loro concessa.
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LE PASSÉ
Prima ancora che come film – senza dubbio riuscito e incalzante – Le passé può essere visto con il filtro di una considerazione filosofica sul senso, la potenzialità e l’inafferrabilità del tempo.
Sin dall’inizio della storia, girata dal regista iraniano Asghar Farhadi (About Elly, Una separazione), si può intuire il clima di ambiguità e d’instabilità che non solo non cesserà mai, ma continuerà a crescere fino alla fine, a tutti gli effetti un nulla di fatto.
Possiamo cogliere subito una nascosta capacità d’intesa fra Marie e Ahmad - perfetti nelle loro parti Bérénice Bejo e Ali Mosaffa. I due, però, non riescono a vederla, perdendo quella che è probabilmente l’ultima possibilità loro concessa. Separati da un vetro che annulla il suono delle loro parole, l’uomo e la donna sembrano capirsi perfettamente. Noi non sentiamo nulla, loro non sentono nulla. Poco dopo, però, si ritrovano entrambi fuori dell’aeroporto di Parigi dove Marie è andata a prendere Ahmad, momentaneamente rientrato in Francia dall’Iran. Il giorno dopo dovranno trovarsi davanti ad un giudice per dare seguito al loro proposito di divorziare.
Il passato non si cancella. E non lo si può fare - sembra affermare il film - perché non si conosce. Per quanto i protagonisti sperino di andare avanti, sono costretti a rivolgersi perennemente a quanto si trova dietro le loro spalle. Il passato è sfaccettato, pieni di punti oscuri, mai risolto, ti rincorre. È un conto che non puoi chiudere. È un’eterna e irresolubile fatica di Sisifo. Probabilmente è questa la generale sostanza di cui sono fatti i rapporti umani e, per quanto indaghiamo e ci sforziamo, non ne veniamo a capo.
Ahmad, persona lucida, pacata e razionale affronta e analizza momento per momento quello che sta accadendo a lui, a Marie e a tutti gli altri protagonisti della storia. Ma non risolverà nulla. Né gli altri lo potranno. Ognuno resterà incasellato in un’incognita spazio temporale, un futuro non preventivabile, un ritorno ad un passato di cui resteranno oscuri gli aspetti, un presente destinato a ripetersi sempre uguale.
Inutile elencare tutto il reticolato di sentimenti, fatti, ipotesi e mancata realizzazione di desideri, peraltro mai chiari. Il film è drammatico. Tiene avvinta la platea come un poliziesco. Lascia aperta la porta ad ogni possibile scenario, ovvero a nessuno.
Se questi sono i suoi notevoli pregi, celano, però, l’insidia dell’artificio. L’ambientazione, gli avvenimenti e i personaggi di Le passé sono quanto di più concreto ci si possa immaginare. Non c’è alcuna fumisteria intellettualistica che possa far storcere il naso. Ma, a lungo andare, la mano del regista e dello sceneggiatore fa sentire in modo pesante il suo intervento. Quello che potrebbe assomigliare ad un esperimento neorealistico, rischia talora di apparire cervellotico, cerebrale, artificioso. La mutabilità d’intreccio di avvenimenti che prendono di continuo strade diverse e sfuggenti, illuminate come sono di sbieco, non appare sempre convincente e riuscita. Il tentativo di tenere insieme il dramma esistenziale e le esigenze narrative a volte non raggiunge l’esatto punto di fusione. Il cinema è arte. Arte e artificio hanno la medesima derivazione semantica. Ma l’artificio, come il trucco nelle donne, non si deve notare, altrimenti perde d’efficacia.
Enzo Vignoli
25 novembre 2013
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