Il passato |
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Un film di Asghar Farhadi.
Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis.
continua»
Titolo originale Le passé.
Drammatico,
durata 130 min.
- Francia, Italia 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 21 novembre 2013.
MYMONETRO
Il passato
valutazione media:
3,74
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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NON ESISTONO FATTI, MA SOLO INTERPRETAZIONI...di THEOPHILUSFeedback: 7548 | altri commenti e recensioni di THEOPHILUS |
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martedì 26 novembre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LE PASSÉ Prima ancora che come film – senza dubbio riuscito e incalzante – Le passé può essere visto con il filtro di una considerazione filosofica sul senso, la potenzialità e l’inafferrabilità del tempo. Sin dall’inizio della storia, girata dal regista iraniano Asghar Farhadi (About Elly, Una separazione), si può intuire il clima di ambiguità e d’instabilità che non solo non cesserà mai, ma continuerà a crescere fino alla fine, a tutti gli effetti un nulla di fatto. Possiamo cogliere subito una nascosta capacità d’intesa fra Marie e Ahmad - perfetti nelle loro parti Bérénice Bejo e Ali Mosaffa. I due, però, non riescono a vederla, perdendo quella che è probabilmente l’ultima possibilità loro concessa. Separati da un vetro che annulla il suono delle loro parole, l’uomo e la donna sembrano capirsi perfettamente. Noi non sentiamo nulla, loro non sentono nulla. Poco dopo, però, si ritrovano entrambi fuori dell’aeroporto di Parigi dove Marie è andata a prendere Ahmad, momentaneamente rientrato in Francia dall’Iran. Il giorno dopo dovranno trovarsi davanti ad un giudice per dare seguito al loro proposito di divorziare. Il passato non si cancella. E non lo si può fare - sembra affermare il film - perché non si conosce. Per quanto i protagonisti sperino di andare avanti, sono costretti a rivolgersi perennemente a quanto si trova dietro le loro spalle. Il passato è sfaccettato, pieni di punti oscuri, mai risolto, ti rincorre. È un conto che non puoi chiudere. È un’eterna e irresolubile fatica di Sisifo. Probabilmente è questa la generale sostanza di cui sono fatti i rapporti umani e, per quanto indaghiamo e ci sforziamo, non ne veniamo a capo. Ahmad, persona lucida, pacata e razionale affronta e analizza momento per momento quello che sta accadendo a lui, a Marie e a tutti gli altri protagonisti della storia. Ma non risolverà nulla. Né gli altri lo potranno. Ognuno resterà incasellato in un’incognita spazio temporale, un futuro non preventivabile, un ritorno ad un passato di cui resteranno oscuri gli aspetti, un presente destinato a ripetersi sempre uguale. Inutile elencare tutto il reticolato di sentimenti, fatti, ipotesi e mancata realizzazione di desideri, peraltro mai chiari. Il film è drammatico. Tiene avvinta la platea come un poliziesco. Lascia aperta la porta ad ogni possibile scenario, ovvero a nessuno. Se questi sono i suoi notevoli pregi, celano, però, l’insidia dell’artificio. L’ambientazione, gli avvenimenti e i personaggi di Le passé sono quanto di più concreto ci si possa immaginare. Non c’è alcuna fumisteria intellettualistica che possa far storcere il naso. Ma, a lungo andare, la mano del regista e dello sceneggiatore fa sentire in modo pesante il suo intervento. Quello che potrebbe assomigliare ad un esperimento neorealistico, rischia talora di apparire cervellotico, cerebrale, artificioso. La mutabilità d’intreccio di avvenimenti che prendono di continuo strade diverse e sfuggenti, illuminate come sono di sbieco, non appare sempre convincente e riuscita. Il tentativo di tenere insieme il dramma esistenziale e le esigenze narrative a volte non raggiunge l’esatto punto di fusione. Il cinema è arte. Arte e artificio hanno la medesima derivazione semantica. Ma l’artificio, come il trucco nelle donne, non si deve notare, altrimenti perde d’efficacia. Enzo Vignoli 25 novembre 2013
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