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Per ogni bravo cantante che ce la fa a sfondare, quanti ce ne sono, magari altrettanto bravi e di talento, che inseguono il successo e la notorietà senza riuscirci? Questa domanda se la sono posta i fratelli Coen e hanno risposto con questo ritratto malinconico e agrodolce (più agro che dolce a dire il vero) di un cantautore folk somigliante a Bob Dylan che però non è Bob Dylan. Llewyn Davis è ispirato e sensibile ma tutto ciò che gli può andar male a lui va malissimo, a cominciare dal suicidio del suo partner con cui era in duo finendo per vedere l'amore della sua vita tra le braccia del suo migliore amico. Nella Greenwich degli anni '60 rivista dai Coen in un film dalla sceneggiatura di ferro e dalla colonna sonora tra le migliori dell'anno, si susseguono vita, canzoni e disavventure tra divani scomodi, un gatto, relazioni fallite e contratti discografici...mai firmati di un personaggio assolutamente coeniano, un perdente involontariamente comico e struggente sempre presente nei film dei fratelli registi. Pellicola costruita in maniera circolare, evidente lo stile dei brothers, nulla è lasciato al caso, la cura per i dettagli è maniacale e ogni personaggio ha un ruolo fondamentale, anche il più piccolo. E' la storia di un perdente, è nostalgia per un'epoca indimenticabile, è un'opera non surreale (come lo sono sempre i loro film) ma perfettamente reale che passa dall'onirico allo struggente in un attimo e svela la sua vera anima dopo il viaggio a Chicago di Davis. Film ricco di svolte, che però, portano sempre altrove e così deve essere, altrimenti questa pellicola non avrebbe ragione d'essere. Ispirato a Dave Van Ronk, folksinger morto nel 2002, sconosciuto da noi e dimenticato negli States.
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