paride86
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domenica 16 dicembre 2012
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profondamente coinvolgente
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Con gli anni il regista del celebre "Festen" è migliorato. Abbandonati i dettami del Dogma 95, Vinterberg realizza un film asciutto, sobrio e ben girato, con un gran protagonista.
Il merito più interessante de "Il sospetto" - brutta traduzione dell'originale "La caccia" - è di mostrare che non sempre l'equazione bambini uguale innocenza e verità è affidabile, anzi. Sfatando questo luogo comune il regista ci descrive come un microcosmo fatto di solidarietà, in cui il vicino di casa è anche tuo amico e compagno, possa trasformarsi nel peggiore degli incubi.
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Con gli anni il regista del celebre "Festen" è migliorato. Abbandonati i dettami del Dogma 95, Vinterberg realizza un film asciutto, sobrio e ben girato, con un gran protagonista.
Il merito più interessante de "Il sospetto" - brutta traduzione dell'originale "La caccia" - è di mostrare che non sempre l'equazione bambini uguale innocenza e verità è affidabile, anzi. Sfatando questo luogo comune il regista ci descrive come un microcosmo fatto di solidarietà, in cui il vicino di casa è anche tuo amico e compagno, possa trasformarsi nel peggiore degli incubi. Sfruttando la metafora della caccia, "Il sospetto" racconta e illustra i meccanismi sociali umani in tutta la loro bestialità.
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ashtray_bliss
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sabato 23 febbraio 2013
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il potere di una bugia puo' distruggere una vita.
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Guardando questo film possono venire a galla molti, anche contrastanti, sentimenti ma quello che si avverte durante tutta la sua durata e' un senso di fastidio, di rabbia e di disagio nell'assistere alla progressiva condanna morale nei confronti di un uomo innocente da parte di un'intera cittadina.
E' un film che ti smuove, non ti lascia assistere passivamente o indifferentemente alle vicende di Lucas; perche' Lucas e' una persona, un volto e un nome come tutti noi, quello che capita a lui potrebbe capitare a chiunque, la nostra vita potrebbe cambiare radicalmente da un momento all'altro per la sola ma devastante forza delle parole.
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Guardando questo film possono venire a galla molti, anche contrastanti, sentimenti ma quello che si avverte durante tutta la sua durata e' un senso di fastidio, di rabbia e di disagio nell'assistere alla progressiva condanna morale nei confronti di un uomo innocente da parte di un'intera cittadina.
E' un film che ti smuove, non ti lascia assistere passivamente o indifferentemente alle vicende di Lucas; perche' Lucas e' una persona, un volto e un nome come tutti noi, quello che capita a lui potrebbe capitare a chiunque, la nostra vita potrebbe cambiare radicalmente da un momento all'altro per la sola ma devastante forza delle parole. Parole come le bugie, che anche se dette inconsciamente da una bambina, ignara delle conseguenze che avra' la cosiddetta ''innocente'' bugia perche' quest'ultima e' in grado di spargere il panico e la confusione in una societa' cieca e chiusa, che preferisce condannare anziche' interrogare e cercare la verita'.
Questo e' cio' che accade a Lucas, uomo divorziato e padre premuroso di un'adolescente -Markus-, nonche' maestro in un asilo. Nella piccola cittadina danese, Lucas conosce ed e' consciuto da tutti, stimato dai suoi amici e amato dai bambini dell'asilo e specialmente da Klara, la figlia del suo migliore amico, Leo. Ma Klara e' anche una bambina dalla fervida immaginazione, cosa che sanno tutti, e le piace stare al centro dell'attenzione degli adulti, sia che si tratti dei propri genitori sia dei maestri all'asilo. Ecco dunque che dopo essere stata moderatamente rimproverata da Lucas per avergli dato un bacino e regalato un oggetto a forma di cuore ; lei si arrabbia, si sente rifiutata e decide di vendicarsi a modo suo. Raccontera' ad una delle maestre particolari sessualmente espliciti che coinvolgono proprio Lucas.
E da li a breve, la bugia di una bambina in cerca di attenzioni, si trasforma in dubbio, in panico ed infine in isteria che si diffondera' con la velocita' del suono in tutta la comunita', mettendola sotto shock e destabilizzando la apparente calma e armonia che tiene unita una societa' ipocrita e ottusa.
Il Sospetto che grava su Lucas riguarda tutti quanti nella sua citta', tranne che egli stesso e gli spettatori i quali, pur sapendo la verita', pur conoscendo l'innocenza di Lucas, assistono alla sua condanna, incapaci di reagire. Ecco da dove deriva il senso di asfissia che ti prende durante la visione del film.
Lo spettatore pone a se stesso domande: com'e' possibile che nessuno, improvvisamente, voglia credergli ? Perche' dare ciecamente retta ad una bambina sensibile e fragile, quando tutti sanno che puo' aver mentito? Com'e' possibile voltare le spalle alla perona che e' il tuo migliore amico ?
Ma lo spetro di un crimine tanto grave quanto brutale piega tutto e fa venire a galla il marcio della comunita' : le persone preferiscono nascondersi dietro la certezza inesistente delle parole e del fatto che "i bambini non mentono mai, non su questo". Le ombre dei sospetti fanno cadere le maschere dell'ipocrisia e chi prima si presentava come amico di Lucas ora lo insulta, lo picchia, lo minaccia e scatena tutta la sua violenza anche contro un essere veramente innocente come Funny, il suo cane.
Lucas e' ormai un capro espiatorio sul quale far ricadere colpe, commesse e non, per lavare via i peccati di una comunita' corrotta. Ormai completamente solo, avendo al suo fianco solo il figlio adolescente e il suo padrino, Lucas dara' la sua battaglia per riconquistare la fiducia dei suoi concittadini e riguadagnarsi la dignita' persa. Continuera' a muoversi a testa alta in una societa' che lo sta cacciando e stigmatizzando, incolpandolo di crimini mai commessi.
The Hunt, e' del resto il titolo originale, e di caccia e' proprio quello che tratta il film: sia in senso metaforico per quel che riguarda il protagonista principale, che in senso reale, perche' una delle scene iniziali -proprio come quella finale- riguarda la caccia. Il gruppo di amici pratica la caccia come hobby ed infatti la scena dove il cervo viene cacciato e ucciso e' tra le sequenze iniziali della pellicola, mentre quella finale e' di nuovo incentrata sulla caccia, ma questa volta caccia al cervo e all'uomo si intrecciano quasi si confondono.
Cinema essenziale e sobrio quello che Vitenberg porta sullo schermo, ma che solleva tematiche importanti e cruciali (anche se gia' visitate dalla cinematografia) quali la antitesi tra la presunta innocenza dei bambini e il fatto che siano sempre onesti e sinceri, incapaci di raccontare menzogne.
Il film interroga inoltre la questioni di quanto devastanti possano essere le conseguenze di questa bugia per la vita di una persona, di un uomo. Della determinazione a riguadagnare la dignita' persa e far emergere la verita' (Lucas viene assolto, sia dai giudici che dalla comunita', solo alla fine del racconto) durante un lungo e impervio percorso fatto di stigmatizzazione, diffidenza, sospetti e violenza. Inoltre e' ben evidente la critica aspra verso una societa' chiusa che condanna ciecamente uno dei suoi membri, senza avere nessuna certezza o prova concreta dei crimini che gli vengono attribuiti e che solo alla fine tentera' di tornare sui suoi passi e chiedere in qualche modo 'perdono'.
Molto interessante l'analogia tra vittima e carnefice, dove la presunta vittima si rivela essere (a suo malgrado) il carnefice e viceversa.
Ottima la costruzione psico-antropologica dei personaggi, specialmente di Lucas e delle persone che lo circondano. Il Sospetto e' una critica alla falsita' e la ipocrisia che regna nei piccoli nuclei sociali e del microcosmo che essi costituiscono nonche' della fragilita' che costituisce i legami tra i componenti di questo microcosmo, di questo nucleo, pronto a implodere grazie alla sola ma devastante forza delle parole.
Prodotto altamente istruttivo che porta a pensare, a riflettere. Unico neo della pellicola e' la lentezza con la quale la storia ci viene raccontata; ma per il resto e' un film validissimo.
Consigliato.
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renato volpone
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domenica 25 novembre 2012
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leggerezza del pensiero, pesantezza delle parole
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I buoni propositi, se non sono supportati da prove ed evidenze oggettive, portano inesorabilmente alla diceria e alla maldicenza fino alla più totale e incontrollabile violenza. Il semplice sospetto, su una frase distorta o anche ingenuamente, ma falsamente argomentata, si trasforma in una crudele verità. Sfuggire dal vortice in cui si cade, anche se si affronta la realtà a muso duro, é praticamente impossibile. Questo é ciò che ci racconta con maestria Vinterberg in questo film. Di primo acchito ti viene da pensare che i metodi utilizzati per interrogare Clara, la bambina oggetto della presunta violenza, siano troppo lontani dalla realtà di una moderna e progredita Danimarca, ma a pensarci bene sono le reazioni tipiche della gente comune ad un fatto estraneo, improvviso e traumatico.
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I buoni propositi, se non sono supportati da prove ed evidenze oggettive, portano inesorabilmente alla diceria e alla maldicenza fino alla più totale e incontrollabile violenza. Il semplice sospetto, su una frase distorta o anche ingenuamente, ma falsamente argomentata, si trasforma in una crudele verità. Sfuggire dal vortice in cui si cade, anche se si affronta la realtà a muso duro, é praticamente impossibile. Questo é ciò che ci racconta con maestria Vinterberg in questo film. Di primo acchito ti viene da pensare che i metodi utilizzati per interrogare Clara, la bambina oggetto della presunta violenza, siano troppo lontani dalla realtà di una moderna e progredita Danimarca, ma a pensarci bene sono le reazioni tipiche della gente comune ad un fatto estraneo, improvviso e traumatico. Le difese psicologiche che si attuano prevedono l'attacco inderogabile ed un caprio espiatorio. Le famiglie si sentono oggetto fragile e ferito, anche se di fatto non lo sono, e proiettano la loro reazione per contrastare il senso di colpa sulla mancata difesa del piccolo innocente. Senso di colpa che non permetterà mai loro, nemmeno di fronte all'evidenza della verità di ritornare sui propri passi e non chiedere soltanto scusa, ma implorare il perdono. Così la società civile si trasforma in un tribunale dove l'accusato, seppure ingiustamente, subirà la peggiore delle condanna, il ludibrio a vita. É un film che si soffre in ogni minuto, ma é una grande verità su come le parole dette possano essere usate e distorte. In una società basata sulla comunicazione l'uso delle parole é indispensabile e diviene quanto mai pericolosa la leggerezza del pensare. Fatevi forza e andatelo a vedere.
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[+] finale
(di eles )
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melania
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sabato 24 novembre 2012
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un film che fa pensare
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Film che fa pensare perchè è realistico.Molto ben fatto,ti induce a riflettere su quanto la fantasia di un bambino possa portare alla rovina un adulto."I bambini non mentono"....ma non sempre è esattamente cosi'.Il povero Lucas viene poi dichiarato innocente ma,al di là delle apparenze,il sospetto su di lui rimane,come una macchia indelebile.Nel film parlano più le immagini che le parole,ma si segue con interesse fino alla fine.
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giulio vivoli
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sabato 1 dicembre 2012
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il sospetto di un gran film
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Più che il sospetto, una certezza: un gran film dalle notevoli ambivalenze e dalle mille sfumature, duro, spietato, amaro e nello stesso tempo umano, dolce, commuovente. Ambientato in un tranquillo paese della provincia danese, racconta la vicenda di un uomo onesto e mite accusato ingiustamente di pedofilia e messo ai margini della comunità; riuscirà faticosamente a riscattare la sua reputazione, con suspence finale..
Vinterberg ritorna dopo molti anni sul tema scottante che fu già di Festen e rinnova la narrazione asciutta e lo stile essenziale tipico del cinema Dogma 95 e del maestro Lars Von Trier. Non e' facile mettere insieme il mondo dei bambini e quello degli adulti in un evento così devastante per l'individuo e per la collettività senza mai trascendere i toni: il regista resta e fa restare lucidi e composti tutti i personaggi della vicenda, facendoli recitare in modo spontaneo ma rigoroso, in perfetta armonia con l'estetica comportamentale nord europea.
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Più che il sospetto, una certezza: un gran film dalle notevoli ambivalenze e dalle mille sfumature, duro, spietato, amaro e nello stesso tempo umano, dolce, commuovente. Ambientato in un tranquillo paese della provincia danese, racconta la vicenda di un uomo onesto e mite accusato ingiustamente di pedofilia e messo ai margini della comunità; riuscirà faticosamente a riscattare la sua reputazione, con suspence finale..
Vinterberg ritorna dopo molti anni sul tema scottante che fu già di Festen e rinnova la narrazione asciutta e lo stile essenziale tipico del cinema Dogma 95 e del maestro Lars Von Trier. Non e' facile mettere insieme il mondo dei bambini e quello degli adulti in un evento così devastante per l'individuo e per la collettività senza mai trascendere i toni: il regista resta e fa restare lucidi e composti tutti i personaggi della vicenda, facendoli recitare in modo spontaneo ma rigoroso, in perfetta armonia con l'estetica comportamentale nord europea.
Tutto ruota sul tema della suggestione collettiva che, alimentata dall' atroce sospetto della direttrice dell'asilo,trasforma un gioioso maestro nel mostro del paese, azzerando in un giorno i valori di reputazione, amicizia e rispettabilità costruiti in mezza vita. Improvvisamente quest'uomo si ritrova senza piu' nulla nella sua più totale ingenuità e incredulità, che è anche la sua forza che gli permette di non sprofondare nel baratro dell'isolamento e dell'umiliazione.
La situazione è resa ancora più crudele dalla circostanza che tutto nasce dalla fantasia di una bambina figlia del suo più caro amico, la quale inventa l'episodio della molestia un po' per gioco un po' per vendetta, quasi a significare che la crudelta' degli adulti nasce nell'età dell'innocenza.
Anche grazie alle inquadrature in primo piano dritte negli occhi, che rendono espressiva la recitazione in particolare della bambina protagonista e all'uso delle riprese a spalla, che conferiscono ancora più realismo alle scene, lo spettatore ha la sensazione di trovarsi tra i personaggi e inevitabilmente conteso tra le ragioni del povero perseguitato e la pietà per la bambina, entrambi vittime dell'ipocrisia, dei pregiudizi e delle paure sociali verso l'ignoto (nel film è la molestia), che in questo caso neppure esiste nella realtà.
La conclusione di Vintenberg e' che il tempo guarisce la ferita ma la cicatrice resta; che la macchia si può pulire, ma resterà sempre un' ombra nel tessuto di una società chiusa nella difesa delle sue certezze, anche quando sbagliate: la scena con cui si chiude il film con lo sguardo angosciato dell'uomo riabilitato, lascia questo inquietante verdetto.
E Il Sospetto resta dentro di noi anche il giorno dopo.
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pepito1948
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lunedì 10 dicembre 2012
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il virus-pensiero
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Lucas, educatore di un asilo infantile si trova coinvolto, sulla base della falsa accusa di una delle bambine, in una spaventosa caccia alle streghe da parte dell’intera comunità in cui risiede. La presunzione di innocenza, principio-cardine delle moderne democrazie, viene stracciata ed il sospetto si espande, contagiando come peste gli abitanti della cittadina: maestri, genitori, negozianti e, quel che è peggio, gli amici più vicini e la propria compagna. Lucas è (quasi) solo, e non c’è modo di riportare alla ragione gli accusatori, accomunati in un’isteria collettiva che li ha indotti ad emettere una sentenza di condanna senza appello e senza prove concrete.
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Lucas, educatore di un asilo infantile si trova coinvolto, sulla base della falsa accusa di una delle bambine, in una spaventosa caccia alle streghe da parte dell’intera comunità in cui risiede. La presunzione di innocenza, principio-cardine delle moderne democrazie, viene stracciata ed il sospetto si espande, contagiando come peste gli abitanti della cittadina: maestri, genitori, negozianti e, quel che è peggio, gli amici più vicini e la propria compagna. Lucas è (quasi) solo, e non c’è modo di riportare alla ragione gli accusatori, accomunati in un’isteria collettiva che li ha indotti ad emettere una sentenza di condanna senza appello e senza prove concrete. Mite ma determinato, Lucas non accetta l’emarginazione e lotta finchè il caso viene risolto, ma……
Il danese Thomas Vinterberg, co-ispiratore con Lars von Trier del disciolto Dogma 95, riferisce di essersi ispirato ad alcuni documenti consegnatigli anni fa da un noto psicologo infantile, che vi aveva raccolto alcune storie sconvolgenti, traendone la teoria secondo la quale “il pensiero è un virus”. Non sono molti i film che affrontano direttamente la pedofilia (vera o, come in questo caso, presunta) ma il regista ha solo preso spunto dall’argomento per soffermarsi sulla follia contagiosa che spinge una piccola comunità a schierarsi irrazionalmente ed in modo compatto contro un apprezzato insegnante, sulla base del principio che “i bambini hanno sempre ragione”. Non bastano un curriculum umano senza macchia, non bastano consolidati rapporti affettivi o manifestazioni di stima; il sospetto per il fatto stesso di circolare diviene certezza, ogni dichiarazione di innocenza è respinta a prescindere da qualsiasi ipotesi contraria, il colpevole non ha vie di fuga, la sentenza è peggiore di ogni giudizio penale: l’isolamento, il marchio di infamia, il logoramento psicologico minacciano la stessa sopravvivenza, il mostro è moralmente, umanamente, mentalmente ucciso, come un cervo in una battuta di caccia. La storia recente (anche italiana) è piena di casi simili in cui l’opinione pubblica si è schierata in modo preconcetto contro qualcuno, o almeno si è divisa tra pro e contro a prescindere dalla verità provata; i tanti casi giudiziari eclatanti (pompati dai media) lo attestano drammaticamente. Il caso tutto italico di Mia Martini –non giudiziario ma contrassegnato dalla stessa dinamica omicida- è stato uno dei punti più bassi raggiunto dall’ignoranza e la stupidità di casa nostra, aggravate da una becera quanto odiosa superstizione. Nel film Vinterberg affronta un caso esemplare in cui l’onda del pregiudizio si propaga a tutto campo, stritolando la vittima in una morsa apparentemente senza scampo, in cui l’aspetto più inquietante è che tutti i rapporti umani anteriori al fatto sembrano evaporare senza lasciare scie che possano spingere ad un ripensamento. Solo una vecchia amicizia -rimasta sotto traccia- può fare il miracolo, spezzando la catena incantata e facendo affiorare il grande assente, il dubbio, che risveglierà finalmente le menti obnubilate dal sonno del pregiudizio. O forse non del tutto.
Tutto questo il regista ci racconta in un crescendo emotivo montante come una valanga, anche se la storia è nota e l’esito è ampiamente prevedibile. L’atmosfera cupa e crepuscolare del Nord accresce la tensione che trova il suo apice nel faccia a faccia drammatico tra la vittima e il suo principale carnefice. Ma la svolta buonista del finale non convince; la tabula rasa che tutto cancella dopo l’inferno è poco credibile e forzata, forse per accentuare il contrasto con l’imprevedibile scena di chiusura del film. Peccato, perché il tema sviluppato dall’autore è di grande ed attuale interesse, in una società fragile che tende a perdere facilmente il senso critico e l’autonomia del pensiero. Che spesso, appunto, più che strumento di conoscenza e guida comportamentale, si rivela un pericoloso virus.
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laurence316
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giovedì 7 settembre 2017
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il tribunale popolare: un sospetto è già colpevole
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L'ex-enfant prodige del cinema danese alla Dogma 95 (che ha diretto un film, Festen, che è molto più apprezzabile di tanti polpettoni sfornati dal più famoso Lars Von Trier), dirige questo Il sospetto (La caccia, in originale) che è probabilmente il suo film più riuscito da quel lontano 1998.
Come quel film, anche questa sua ultima fatica ha a che fare con gli abusi sui minori, ma in maniera differente. Qui, infatti, non si tratta di un uomo che denuncia le violenza subite da bambino (senza essere particolarmente creduto), ma di una bambina che allude a degli abusi nei suoi confronti (a cui tutti credono, sulla base del presupposto che "i bambini non mentono mai").
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L'ex-enfant prodige del cinema danese alla Dogma 95 (che ha diretto un film, Festen, che è molto più apprezzabile di tanti polpettoni sfornati dal più famoso Lars Von Trier), dirige questo Il sospetto (La caccia, in originale) che è probabilmente il suo film più riuscito da quel lontano 1998.
Come quel film, anche questa sua ultima fatica ha a che fare con gli abusi sui minori, ma in maniera differente. Qui, infatti, non si tratta di un uomo che denuncia le violenza subite da bambino (senza essere particolarmente creduto), ma di una bambina che allude a degli abusi nei suoi confronti (a cui tutti credono, sulla base del presupposto che "i bambini non mentono mai").
Inoltre, lo spettatore è messo sin da subito nella condizione di sapere che Lucas, il protagonista, è del tutto innocente. Ma questo non toglie assolutamente forza ad un film, diretto con stile preciso e rigoroso da Vinterberg, fondamentalmente inquietante e capace di far riflettere (merce sempre più rara negli ultimi tempi). In barba al concetto di "presunzione d'innocenza", tutta la comunità (salvo poche eccezioni) finisce ben presto per credere Lucas colpevole, a dispetto dell'evidenza, ed è rapida a crescere una sorta di isteria e paranoia collettiva che porta anche tanti altri genitori, sull'onda della suggestione, a denunciare presunti maltrattamenti nei confronti dei propri figli. E questo concorre (insieme alla descrizione delle reazioni via via sempre più violente dei concittadini) a disegnare un quadro agghiacciante e terribile della debolezza umana, della fragilità dei valori borghesi e dell'idea di unione, comunità e fratellanza, che viene rapidamente spazzata via più che dall'insinuarsi del sospetto, dal formarsi dell’idea collettiva che considera certamente colpevole un uomo che da amico e benvoluto da tutti diventa improvvisamente un mostro a cui è lecito riservare i trattamenti più disumani (di cui fanno le spese anche il figlio e la cagnetta).
Il sospetto è un film amaro e desolante, non particolarmente originale, ma potente e coinvolgente, che riserva una conclusione da vero pungo nello stomaco, nonostante la breve (ed illusoria) parentesi di riconciliazione quasi idilliaca. Eccellente prova di Mikkelsen (premiato a Cannes). Presentato al suddetto festival francese e candidato all’Oscar per il miglior film straniero, gli viene preferito l’italico La grande bellezza di Paolo Sorrentino (ingiustamente).
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derriev
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venerdì 23 novembre 2012
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un teorema in veste di film
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Un film asciutto ed essenziale, come ci si aspetta da una produzione nordica, che certo non indulge troppo sui dialoghi e sulle parole.
La trama: in un paesino della Danimarca un insegnante d'asilo è accusato, ingiustamente, da un'alunna di averla molestata sessualmente. Si scatena la rabbia dell'intera comunità, che renderà la vita impossibile all'uomo.
"Il sospetto" è un "film di trama", nel senso che i protagonisti sviscerano poco, o nulla, del dramma in cui sono immersi perché lo fa la sceneggiatura; lo stesso protagonista a volte risulta fin fastidioso nella sua impassibilità, nella sua freddezza, e nella sua tolleranza anche nei confronti della bambina che pure lo ha trascinato nel gorgo dell'infamia.
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Un film asciutto ed essenziale, come ci si aspetta da una produzione nordica, che certo non indulge troppo sui dialoghi e sulle parole.
La trama: in un paesino della Danimarca un insegnante d'asilo è accusato, ingiustamente, da un'alunna di averla molestata sessualmente. Si scatena la rabbia dell'intera comunità, che renderà la vita impossibile all'uomo.
"Il sospetto" è un "film di trama", nel senso che i protagonisti sviscerano poco, o nulla, del dramma in cui sono immersi perché lo fa la sceneggiatura; lo stesso protagonista a volte risulta fin fastidioso nella sua impassibilità, nella sua freddezza, e nella sua tolleranza anche nei confronti della bambina che pure lo ha trascinato nel gorgo dell'infamia.
Riuscitissima la capacità di ambientare tutto in poche location, spaziali o umane: l'asilo, le abitazioni, la bottega, la chiesa, luoghi che rimandano sempre ad un microcosmo di persone.
Un Cinema dell'essenziale, ma senza "poco" e senza "troppo"; più un teorema esplicativo, che una discesa nel tormento.
Potrebbe sembrare una critica, questa, ma invece è tutto bilanciato, al punto che la sanguigna ed intensa scena nella chiesa, quasi un'esplosione in una pellicola così cerebrale, risulta perfettamente integrata, quasi "dovuta".
Bellissima la scena finale, che ribadisce il titolo scelto per la versione italiana, il quale altrimenti sembrerebbe solo banale.
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ennas
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domenica 2 dicembre 2012
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cacciatori di teste e bugie
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L’inizio del film ci mostra un gruppo di amici che si sfida ad un tuffo fuori stagione : un dettaglio nordico in una storia che tocca le persone di ogni latitudine.
Si staglia da subito il profilo del protagonista: è colui che si tuffa ad aiutare l’amico in difficoltà.
Lucas è un maestro d’asilo per necessità, la scuola dove lavorava ha chiuso e non gli mancano altri guai: un divorzio con relativo tira e molla del figlio di cui ha molta nostalgia.
Sembra che le cose per Lucas si stiano appianando - un nuovo amore , l’arrivo del figlio- quando prende corpo la vicenda che demolirà il suo mondo rischiando di mandare lui stesso in frantumi.
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L’inizio del film ci mostra un gruppo di amici che si sfida ad un tuffo fuori stagione : un dettaglio nordico in una storia che tocca le persone di ogni latitudine.
Si staglia da subito il profilo del protagonista: è colui che si tuffa ad aiutare l’amico in difficoltà.
Lucas è un maestro d’asilo per necessità, la scuola dove lavorava ha chiuso e non gli mancano altri guai: un divorzio con relativo tira e molla del figlio di cui ha molta nostalgia.
Sembra che le cose per Lucas si stiano appianando - un nuovo amore , l’arrivo del figlio- quando prende corpo la vicenda che demolirà il suo mondo rischiando di mandare lui stesso in frantumi. Come emerge dal tessuto apparentemente omogeneo di una comunità, la figura perturbante del “mostro” ?. Il regista con grande maestria ci mostra questo processo, con un cast di attori eccezionale: meritatissima la palma d’oro del superbo protagonista affiancato da altri fantastici attori a partire dalla piccola Klara.
Nell’asilo dove Lucas lavora , la regia mette ulteriormente a fuoco le sue caratteristiche: Lucas ha con i bambini un rapporto immediato di “ fisicità spontanea” che ne fa il loro beniamino: Questo dettaglio mi è parso molto importante rispetto all’economia della vicenda : in questi tempi terrorizzanti di pedofilia vera e falsa, dopo fatti di cronaca tristemente noti, quanti insegnanti , quante persone hanno eretto intorno ai gesti diretti ai bambini dei veri e propri tabù? Forse tanti, evitando di esprimere con il corpo impulsi affettivi e di calore umano. Questa è una perdita per tutti, a prescindere da vere esecrabili vicende di abusi.
La piccola Klara, colpita dal suo maestro di cui vorrebbe tutta l’attenzione, delusa nelle sue aspettative, pronuncia la bugia enorme che metterà in moto la reazione degli adulti. Nel farlo ripete parole udite dal fratello: lo ha visto eccitato pronunciarle con in mano foto pornografiche.
“ I bambini non mentono mai” dice la preside, un falso vecchio luogo comune: la bugia nei bambini è spesso modalità di facile affermazione di sè. Ecco quindi all’opera il meccanismo di costruzione del mostro: non un sospetto ma una certezza senza fondamento dilaga nella comunità messa al corrente dalla preside. Persino “l’esperto” convocato per accertare, mette in bocca alla
bimba, in un interrogatorio penoso , le prove che ci si aspetta. Questa bolla condivisa, evitando agli adulti troppe domande su se stessi e sul loro rapporto con i propri figli, scatena una violenza gratuita e feroce contro Lucas, come la caccia al cervo che da il titolo originale al film. Non risparmia nemmeno il figlio: essendo convinto dell’innocenza del padre viene marchiato a fuoco anch’esso dal livore scatenato nella comunità.
Splendidi gli esterni del film che insieme al ritmo serrato degli avvenimenti tengono concentrato lo spettatore dall’inizio alla fine: il cinema da maestri è veramente l’atre più espressiva del nostro tempo.
Geniale anche il finale a sorpresa, dopo le “pacificazioni” - la messa di Natale, l’ingresso del figlio nella comunità dei “cacciatori”- lo sparo mancato ci sveglia dalle cortesie rituali: il “mostro” rimane sempre tale nell’immaginario dei “cacciatori”? - “Se dobbiamo cambiare opinione su una persona gli faremo pagare duramente il disagio che ci procura “ questo lo diceva un vecchio filosofo.
“Il sospetto”( il titolo originale “la caccia” sarebbe stato secondo me più azzecato) mi sembra un film da non perdere, un pezzo d’autore di grande cinema.
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angelo umana
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sabato 15 dicembre 2012
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la caccia della gente perbene
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Una piccola comunità danese dove le amicizie e l’unità sono – fino a prova contraria – forti; una bambina di 5 anni, Klara, che rivela qualcosa di “stupido” (parole sue) sul suo maestro alla direttrice dell’asilo Grethe, questa che mette subito in atto la “procedura della municipalità”, in ciò assistita dallo psicologo che conosce da anni e che svolge una sommaria indagine preliminare con la piccola, ragione per cui la direttrice assume serissimamente il ruolo di difensore dei bambini perché essi “non mentono”; la comunità che ha finalmente qualcuno da designare come mostro pedofilo, da isolare perché lontano dalla presunta moralità comune, quella che serve a far sentire migliori i “normali”: ecco come comincia una caccia al diverso, l’assedio che estrania il malcapitato.
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Una piccola comunità danese dove le amicizie e l’unità sono – fino a prova contraria – forti; una bambina di 5 anni, Klara, che rivela qualcosa di “stupido” (parole sue) sul suo maestro alla direttrice dell’asilo Grethe, questa che mette subito in atto la “procedura della municipalità”, in ciò assistita dallo psicologo che conosce da anni e che svolge una sommaria indagine preliminare con la piccola, ragione per cui la direttrice assume serissimamente il ruolo di difensore dei bambini perché essi “non mentono”; la comunità che ha finalmente qualcuno da designare come mostro pedofilo, da isolare perché lontano dalla presunta moralità comune, quella che serve a far sentire migliori i “normali”: ecco come comincia una caccia al diverso, l’assedio che estrania il malcapitato.
Vittima di questa emarginazione è il maestro Lucas, 42enne separato dalla moglie e dal figlio adolescente Marcus, che con pochi altri crede in lui e vorrebbe stargli vicino. Già lo status di separato può, nel sentire comune, giustificare ancor più “il sospetto” di cui al titolo italiano, titolo troppo didascalico e semplificativo, perché di assedio si tratta in realtà, una canea latrante impegnata in una caccia più o meno peggiore di quella al cervo a cui il gruppo di amici, con Lucas, si dedicava.
Le indagini sommarie non toccano minimamente il legame che i bambini hanno instaurato col ricercatissimo maestro Lucas e nemmeno la belligeranza dei genitori di Klara, che può avere suscitato le sue “stranezze” e la sua mania di evitare le righe sul suolo quando cammina. Le rivelazioni che Klara fa sono sfoghi di una bambina – il regista Vinterberg espone chiaramente il ruolo delle varie parti in gioco – che mette insieme parole sentite dal fratello maggiore, non può saperne nemmeno il significato, potrebbe trattarsi di un richiamo agli adulti per avere maggiori attenzioni. Pure i suoi compagni dell’asilo, che trovavano in Lucas il compagno di giochi ideale, si uniformano al sospetto emulandosi a vicenda, ripetendo dicerie.
E’ un film d’accusa alle nostre comunità “linde e pinte”, animate da buoni sentimenti e da amicizie tra uguali, dai riti natalizi in cui si è “tutti più buoni”, solo che si lasci fuori un nemico, di questa distanza “la gente perbene” ha quasi bisogno. E’ facile per i genitori di Klara individuare un colpevole esterno, non si guardano dentro né pensano a che rapporti tra loro due la bambina osservava.
Dopo un anno dai fatti tutto si è ricomposto e chiarito, Lucas è stato pienamente riaccettato dalla comunità, non fosse che in uno sguardo alla bambina (meritatissima la palma di Cannes al miglior attore) pare rivivere le angosce da questa provocate. Era stato pure uno sguardo intenso di Lucas a Theo, suo ex miglior amico e padre di Klara, che un anno prima alla messa di Natale aveva fatto vacillare in quest’ultimo le certezze di colpevolezza. In una battuta di caccia, quella in onore di suo figlio Marcus che con essa viene ammesso tra gli adulti, un colpo di fucile sembra abbatterlo. La sagoma, nella controluce dorata del bosco, fa pensare a uno sparatore giovane (il fratello di Klara?), è il rumore del sospetto che permane o il rammentarci la necessità di un “mostro” nemico della collettività?
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