L’inizio del film ci mostra un gruppo di amici che si sfida ad un tuffo fuori stagione : un dettaglio nordico in una storia che tocca le persone di ogni latitudine.
Si staglia da subito il profilo del protagonista: è colui che si tuffa ad aiutare l’amico in difficoltà.
Lucas è un maestro d’asilo per necessità, la scuola dove lavorava ha chiuso e non gli mancano altri guai: un divorzio con relativo tira e molla del figlio di cui ha molta nostalgia.
Sembra che le cose per Lucas si stiano appianando - un nuovo amore , l’arrivo del figlio- quando prende corpo la vicenda che demolirà il suo mondo rischiando di mandare lui stesso in frantumi. Come emerge dal tessuto apparentemente omogeneo di una comunità, la figura perturbante del “mostro” ?. Il regista con grande maestria ci mostra questo processo, con un cast di attori eccezionale: meritatissima la palma d’oro del superbo protagonista affiancato da altri fantastici attori a partire dalla piccola Klara.
Nell’asilo dove Lucas lavora , la regia mette ulteriormente a fuoco le sue caratteristiche: Lucas ha con i bambini un rapporto immediato di “ fisicità spontanea” che ne fa il loro beniamino: Questo dettaglio mi è parso molto importante rispetto all’economia della vicenda : in questi tempi terrorizzanti di pedofilia vera e falsa, dopo fatti di cronaca tristemente noti, quanti insegnanti , quante persone hanno eretto intorno ai gesti diretti ai bambini dei veri e propri tabù? Forse tanti, evitando di esprimere con il corpo impulsi affettivi e di calore umano. Questa è una perdita per tutti, a prescindere da vere esecrabili vicende di abusi.
La piccola Klara, colpita dal suo maestro di cui vorrebbe tutta l’attenzione, delusa nelle sue aspettative, pronuncia la bugia enorme che metterà in moto la reazione degli adulti. Nel farlo ripete parole udite dal fratello: lo ha visto eccitato pronunciarle con in mano foto pornografiche.
“ I bambini non mentono mai” dice la preside, un falso vecchio luogo comune: la bugia nei bambini è spesso modalità di facile affermazione di sè. Ecco quindi all’opera il meccanismo di costruzione del mostro: non un sospetto ma una certezza senza fondamento dilaga nella comunità messa al corrente dalla preside. Persino “l’esperto” convocato per accertare, mette in bocca alla
bimba, in un interrogatorio penoso , le prove che ci si aspetta. Questa bolla condivisa, evitando agli adulti troppe domande su se stessi e sul loro rapporto con i propri figli, scatena una violenza gratuita e feroce contro Lucas, come la caccia al cervo che da il titolo originale al film. Non risparmia nemmeno il figlio: essendo convinto dell’innocenza del padre viene marchiato a fuoco anch’esso dal livore scatenato nella comunità.
Splendidi gli esterni del film che insieme al ritmo serrato degli avvenimenti tengono concentrato lo spettatore dall’inizio alla fine: il cinema da maestri è veramente l’atre più espressiva del nostro tempo.
Geniale anche il finale a sorpresa, dopo le “pacificazioni” - la messa di Natale, l’ingresso del figlio nella comunità dei “cacciatori”- lo sparo mancato ci sveglia dalle cortesie rituali: il “mostro” rimane sempre tale nell’immaginario dei “cacciatori”? - “Se dobbiamo cambiare opinione su una persona gli faremo pagare duramente il disagio che ci procura “ questo lo diceva un vecchio filosofo.
“Il sospetto”( il titolo originale “la caccia” sarebbe stato secondo me più azzecato) mi sembra un film da non perdere, un pezzo d’autore di grande cinema.
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