writer58
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domenica 28 ottobre 2012
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equilibri instabili
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Ho letto, in un commento al film scritto dalla Aspesi, che Bertolucci è da anni immobilizzato su una carrozzella elettrica. Al di là del dispiacere provato nell'immaginare un gigante del cinema moderno che perde l'uso delle gambe, questa notazione mi è parsa illuminante rispetto ad alcune sequenze del suo ultimo lavoro, "Io e te", tratto da un romanzo di Ammanniti. Ci sono scene, infatti, in cui il regista sembra voler travalicare la sua condizione e riprende le inquadrature da posizioni impossibili, come nella sequenza in cui Sonia Bergamasco e il suo compagno si abbracciano su un pavimento di cristallo. Le immagini, viste da sotto, assumono quasi caratteristiche incorporee, come se i due fossero delle proiezioni oniriche che perdono i loro confini individuali per diventare un oggetto unico dai contorni indistinti.
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Ho letto, in un commento al film scritto dalla Aspesi, che Bertolucci è da anni immobilizzato su una carrozzella elettrica. Al di là del dispiacere provato nell'immaginare un gigante del cinema moderno che perde l'uso delle gambe, questa notazione mi è parsa illuminante rispetto ad alcune sequenze del suo ultimo lavoro, "Io e te", tratto da un romanzo di Ammanniti. Ci sono scene, infatti, in cui il regista sembra voler travalicare la sua condizione e riprende le inquadrature da posizioni impossibili, come nella sequenza in cui Sonia Bergamasco e il suo compagno si abbracciano su un pavimento di cristallo. Le immagini, viste da sotto, assumono quasi caratteristiche incorporee, come se i due fossero delle proiezioni oniriche che perdono i loro confini individuali per diventare un oggetto unico dai contorni indistinti. Più in generale, tutto il film è fondato su un finissimo lavoro di regia che alterna primi piani,ambienti claustrofobici che paiono diventare rappresentazioni di spazi interiori, dialoghi più "veri" di quelli reali, corpi piagati dal dolore o dal male di vivere, esplosioni repentine di rabbia e sofferenza. Ho trovato in questo film molti legami con "The dreamers", l'opera precedente del maestro, al di là delle differenze dei tempi e dei contesti: lo stesso scavo della condizione adolescenziale, la stessa ricchezza visiva quasi sovrabbondante, quasi l'occhio del regista fosse un prisma che riflette e sfaccetta le immagini e gli ambienti secondo una modulazione personale. La vicenda narrata è semplice: Lorenzo è un adolescente scontroso e antisociale di 14 anni. Finge di partecipare a una settimana bianca con la sua scuola, ma si organizza per restare nella cantina di casa. Su di lui irrompe la sorellastra Olivia, fotografa di talento, tossicodipendente e in cerca di un posto dove "scoppiare la carenza". Lo spazio della cantina diventerà un ambito di scontro, confronto e occasione di ristrutturazioni personali.
Bertolucci è un genio del cinema, la sua carriera è costellata da capolavori (dal "Conformista" ad "Ultimo tango a Parigi", da "Novecento" a "Il tè nel deserto"). Devo tuttavia confessare che ho apprezzato maggiormente i suoi due ultimi film rispetto a "kolossal" perfetti nell'impostazione, ma forse percorsi da uno sguardo troppo ambizioso. "Io e te" si avvale di un cast eccellente (molto buona la performance del giovane Antinori, della Falco in un ruolo estremamente difficile e della Bergamasco), ma soprattutto è un'opera segnata da un approccio attento alle sfumature, ai chiaroscuri, alla ricchezza e alla miseria della condizione giovanile. L' abbandono del registro epico e della grandiosità che ha segnato la produzione precedente dell'autore appare come una prova di maturità. Ci dice che il cervello e il cuore di un regista sono più importanti delle gambe e che la capacità di narrazione non risente della forzata immobilità a cui il maestro è sottoposto.
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remo valitutto
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giovedì 1 novembre 2012
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bentornato, bernardo bertolucci!
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In bilico tra l'illusione e la realtà, tra la poesia e il cinema stesso, il ritorno dietro la m.d.p. di Bertolucci scardina ogni volontà di resistenza critica.
Lorenzo (Jacomo Olmo Antinori), quattordicenne introverso e solitario, dal volto devastato dai brufoli, compie la sua ennessima fuga dalla vita, trincerandosi in cantina,mentre, racconta ai genitori di essere partito in settimana bianca con la classe.
Tutto scorre secondo i piani dell'adolescente fino a quando non irrompe Olivia (Tea Falco), la sorellastra siciliana drogata che ottiene ospitalità nella cantina.
Inizia, tra i due, una specie di passo a due, inizialmente, segnato dai contrasti e dalla palesata diffidenza reciproca che si trasformeranno, in seguito, in volontà di conoscersi per ritrovare il naturale e profondo amore fraterno che li lega.
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In bilico tra l'illusione e la realtà, tra la poesia e il cinema stesso, il ritorno dietro la m.d.p. di Bertolucci scardina ogni volontà di resistenza critica.
Lorenzo (Jacomo Olmo Antinori), quattordicenne introverso e solitario, dal volto devastato dai brufoli, compie la sua ennessima fuga dalla vita, trincerandosi in cantina,mentre, racconta ai genitori di essere partito in settimana bianca con la classe.
Tutto scorre secondo i piani dell'adolescente fino a quando non irrompe Olivia (Tea Falco), la sorellastra siciliana drogata che ottiene ospitalità nella cantina.
Inizia, tra i due, una specie di passo a due, inizialmente, segnato dai contrasti e dalla palesata diffidenza reciproca che si trasformeranno, in seguito, in volontà di conoscersi per ritrovare il naturale e profondo amore fraterno che li lega.
Senza ambiguità, questa volta, la m.d.p.conduce la sua indagine sui corpi in modo lieve, avvalendosi di una lenta e costante mobilità, che ci permette di cogliere nella loro totalità il corpo dei protagonisti, senza alcun intento meramente voyeuristico.
Nel complesso, Io e te, diventa rara testimonianza di come il cinema di Bertolucci, seppur densamente ricco di implicazioni semantiche, nella sua essenzialità emotiva riesca ad irradiare allo spettatore l'amore profondo che vi è alla base dell'atto creativo stesso.
Bentornato, Bernardo Bertolucci!
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marylene
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domenica 4 novembre 2012
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grande regia
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Ma quanto si vede quando dietro ad una macchina da presa c'è un grande professionista della regia, uno che riesce a dare dinamismo, ritmo, vivacità e colore ad una storia che in altre mani sarebbe stata banale e scontata!
Quanto si vede la maestria di un regista capace di prendere due ragazzi sconosciuti e plasmarli a suo piacimento riuscendo a ricavarne due interpretazioni degne di attori dalla consumata esperienza!
E quanto si vede la classe, autentica, vera di chi riesce a dire mille cose con l’eleganza delle immagini senza bisogno di verbosi dialoghi e superflue spiegazioni!
Non c’è sfruttamento emotivo in questo film, ma l’emozione viene da se, spontanea, naturale.
E’ nei volti, nei movimenti, nel dolore e nella solitudine di queste due anime che traggono forza dalle loro reciproche fragilità.
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Ma quanto si vede quando dietro ad una macchina da presa c'è un grande professionista della regia, uno che riesce a dare dinamismo, ritmo, vivacità e colore ad una storia che in altre mani sarebbe stata banale e scontata!
Quanto si vede la maestria di un regista capace di prendere due ragazzi sconosciuti e plasmarli a suo piacimento riuscendo a ricavarne due interpretazioni degne di attori dalla consumata esperienza!
E quanto si vede la classe, autentica, vera di chi riesce a dire mille cose con l’eleganza delle immagini senza bisogno di verbosi dialoghi e superflue spiegazioni!
Non c’è sfruttamento emotivo in questo film, ma l’emozione viene da se, spontanea, naturale.
E’ nei volti, nei movimenti, nel dolore e nella solitudine di queste due anime che traggono forza dalle loro reciproche fragilità.
Le loro inquietudini esistenziali non restano certo nella polverosa cantina ma cominciare ad affrontarle e cercare di superarle con l’aiuto di un nuovo affetto tenero e complice anche perché fraterno, è già un buon inizio.
Bella e suggestiva la scena del ballo.
David Bowie che canta in italiano è stata per me una piacevole scoperta.
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pressa catozzo
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lunedì 29 ottobre 2012
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la luna
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Dopo trenta anni il magico Bertolucci ritorna su una storia di tossicodipendenza e problemi dell'anima. Gli anni passano le storie cambiano ma i sentimenti e il dramma di una società sempre più affaticata a cercare felicità e solidità nell'effimero si rivolge alle droghe e al ìisolamento. Un padre inesistente la madre la nonna e la sorella che usao il sonnifero come via di fuga al loro isolamento. Forse perchè nei sogni troviamo quello che non abbiamo da svegli. Il nostro fanciullo si isola con le cuffie e trova protezione nella cantina. La testa del duce campeggia sopra il divano chissà se ci vuole dire qualche cosa il nostro maestro Bertolucci?
Ottima fotografia montaggio colonna sonora e le musiche completano un lavoro assolutamente da non perdere.
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Dopo trenta anni il magico Bertolucci ritorna su una storia di tossicodipendenza e problemi dell'anima. Gli anni passano le storie cambiano ma i sentimenti e il dramma di una società sempre più affaticata a cercare felicità e solidità nell'effimero si rivolge alle droghe e al ìisolamento. Un padre inesistente la madre la nonna e la sorella che usao il sonnifero come via di fuga al loro isolamento. Forse perchè nei sogni troviamo quello che non abbiamo da svegli. Il nostro fanciullo si isola con le cuffie e trova protezione nella cantina. La testa del duce campeggia sopra il divano chissà se ci vuole dire qualche cosa il nostro maestro Bertolucci?
Ottima fotografia montaggio colonna sonora e le musiche completano un lavoro assolutamente da non perdere.
Grazie maestro Bertolucci.
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pier70
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lunedì 26 novembre 2012
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crescendo nel buio
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Un ragazzino problematico per evitare la fatica sociale della settimana bianca si chiude in cantina. Fuori dal mondo, in pace, solo lui, tanto narcisista ''da non avere bisogno degli altri'', qualche libro, un adorato terrario di formiche. Ma il mondo (la vita, la realtà, gli altri) lo scova perfino là sotto, nella persona della sorellastra, instabile, sgradevole, ''malata'', ma anche ricca di colori e palpiti. Proprio come la vita. Lei provoca lui, lo investe dei suoi bisogni, si scontrano, lui ne è geloso. La cantina/caverna, ma anche crisalide, margine, ''cura'' per un poco entrambi dalle malattie del mondo, per poi restituirli ad esso, più rinfrancati, centrati, lucidi. Con un linguaggio delicato ma vigoroso - memorabili alcune inquadrature dal basso - Bertolucci elogia l'ombra come necessaria via al mutamento.
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tiziana mercurio
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martedì 6 novembre 2012
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ragazzo solo, ragazza sola
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Possono due giovani attori esordienti tenere viva l'attenzione, emozionare e coinvolgere il pubblico, chiusi per tutta, o quasi, la durata del film, in una cantina? se sono guidati da Bernardo Bertolucci sì.
In quella cantina, grande e piena di oggetti stravaganti, in una protettiva penombra, trova rifugio Lorenzo, un adolescente lontano dalla realtà dei suoi coetanei. Un giovane ragazzo che sceglie la musica nelle cuffie nei corridoi della scuola invece di fumarsi una canna con i compagni in cortile, che sceglie il silenzio invece di parlare sapendo di non essere ascoltato, che sceglie di non trascorrere la settimana bianca a sciare con gli amici ma di rifugiarsi in solitudine nella cantina del suo palazzo.
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Possono due giovani attori esordienti tenere viva l'attenzione, emozionare e coinvolgere il pubblico, chiusi per tutta, o quasi, la durata del film, in una cantina? se sono guidati da Bernardo Bertolucci sì.
In quella cantina, grande e piena di oggetti stravaganti, in una protettiva penombra, trova rifugio Lorenzo, un adolescente lontano dalla realtà dei suoi coetanei. Un giovane ragazzo che sceglie la musica nelle cuffie nei corridoi della scuola invece di fumarsi una canna con i compagni in cortile, che sceglie il silenzio invece di parlare sapendo di non essere ascoltato, che sceglie di non trascorrere la settimana bianca a sciare con gli amici ma di rifugiarsi in solitudine nella cantina del suo palazzo. Fingendo con la madre di partire per la vacanza, trova l'alibi per allontanarsi dalla realtà e organizza nei minimi dettagli il suo soggiorno nascosto, scegliendo come unica compagnia un formicaio per studiarne le modilità di comportamento. Proprio un formicaio, che è l'emblema della vita sociale, della cooperazione e delle attività condivise attraverso ruoli ben definiti.
Ma in questo piano così perfettamente elaborato arriva come un tornado Olivia, la sorellastra di Lorenzo, e scombina completamente l'ordine del tempo e delle giornate.
Due fratelli diversi, per età, per origine geografica, per estrazione sociale, per scelte di vita, estranei da tanti anni. Si r-incontrano nel luogo meno probabile e ne fanno prima una tana forzatamente condivisa e poi una culla di rinascita condivisa. C'è un percorso che in questi sette giorni Lorenzo e Olivia fanno insieme, sostenendosi nella loro fuga dal vivere comune e al tempo stesso aiutandosi nella riapertura verso il mondo "là fuori". Un percorso di vita che vale mille volte di più di una terapia dallo psicologo o di una dose di "indifferenza", un percorso che ha come colonna sonora David Bowie e la sua Ragazzo solo, ragazza sola, che tira fuori con forza il dolore che c'è nelle loro vite, lo descrive in musica e coinvolge tutti noi che capiamo col cuore le sue parole. Ma la canzone di Bowie è colma di speranza e colmo di speranza rimane il finale del film, aperto e indefinito, bloccato in movimento sul sorriso sincero di Lorenzo.
Una particolarità da sottolineare è la scelta di sovrapporre le doti di artista di Olivia con le reali esperienze dell'attrice che la interpreta, Tea Falco. Le stesse foto mostrate nel film sono state create da Tea Falco, artista catanese che utilizza la fotografia come mezzo per vedere ed esplorare il mondo. Tea Falco ha vinto il Premio Basilio Cascella 2011 e ha realmente esposto le sue fotografie a Los Angeles, come Olivia racconta a Lorenzo nel film, oltre che in Italia e in Grecia. Esordiente sul grande schermo, ha convinto con la sua performance di attrice, intensa e disperata, sicura e fragile. Sicuramente la sua bravura le ha aperto le porte del grande cinema e, c'è da scommetterci, la rivedremo presto in un film italiano con un ruolo da protagonista.
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euler23
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sabato 27 ottobre 2012
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la vita in cantina
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Bertolucci torna, e lo fa con la storia di una doppia, tentata, cura. Lorenzo è un quattordicenne con problemi nel relazionarsi con i suoi coetanei e per questo va da uno psicologo che dovrebbe "curarlo". Olivia è invece la sorellastra di Lorenzo, venticinquenne, tossicodipendente, che cerca di ripulirsi ed è in piena crisi d'astinenza. Si ritrovano insieme, in una cantina, a convivere col loro "mal di mondo"; entrambi infatti, rifiutano la società : Lorenzo scappa da essa, preferendo la solitudine, Olivia, dopo essersi fatta distruggere, cerca di rinascere da sola. Entrambi cercano la guarigione nella solitudine. Eppure ecco la sorpresa : ambedue trovano la propria cura non nella solitudine, come credevano, ma nell'aiutarsi reciproco, nella "coppia".
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Bertolucci torna, e lo fa con la storia di una doppia, tentata, cura. Lorenzo è un quattordicenne con problemi nel relazionarsi con i suoi coetanei e per questo va da uno psicologo che dovrebbe "curarlo". Olivia è invece la sorellastra di Lorenzo, venticinquenne, tossicodipendente, che cerca di ripulirsi ed è in piena crisi d'astinenza. Si ritrovano insieme, in una cantina, a convivere col loro "mal di mondo"; entrambi infatti, rifiutano la società : Lorenzo scappa da essa, preferendo la solitudine, Olivia, dopo essersi fatta distruggere, cerca di rinascere da sola. Entrambi cercano la guarigione nella solitudine. Eppure ecco la sorpresa : ambedue trovano la propria cura non nella solitudine, come credevano, ma nell'aiutarsi reciproco, nella "coppia". In una sola settimana, il rapporto si rafforza in modo esponenziale, seppur tra contrasti e malintesi. Ma, alla fine, come suggellato da una dolce e quasi infantile promessa, lui ha "curato" lei e lei ha "curato" lui. Sta poi allo spettatore decidere quale cura possa essere la più duratura; pare infatti che Olivia, apparentemente la più bisognosa di un aiuto, abbia curato Lorenzo più di quanto abbia fatto lui. Una menzione particolare per la colonna sonora, semplicemente fantastica.
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tad56
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giovedì 1 novembre 2012
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un film giovane, di un regista "giovane".
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Finalmente un film giovane, diretto da un grande maestro del cinema, ancora giovane. I ritmi del rock sbalordiscono chi entra in sala e sente la canzone prima del film, che accende un insolito entusiasmo. Finalmente siamo al passo con il tempo e con il ritmo del Mondo. I due ragazzi risolvono i loro problemi, da soli, in cantina, che sembra migliore degli appartamenti di lusso dei piani superiori... senza l'aiuto di chi ha veri problemi esistenziali e mai potrebbe risolvere quelli degli altri. Giovani che, alla fine, dalla cantina escono per vivere la loro città e la loro vita. Un bel film davvero.
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giulio vivoli
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sabato 3 novembre 2012
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ancora bertolucci
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Il grande regista si riconosce non solo quando racconta i grandi accadimenti storici come in L'Ultimo Imperatore o Novecento, ma soprattutto nella capacita' di restare ad alto livello in storie piu' quotidiane non sorrette da un contesto di per sè sovrastante.
E' il caso di Io e Te, in cui Bernardo Bertolucci si conferma a suo perfetto agio nell'ambientazione chiusa a quattro mura: come gia' in Ultimo Tango a Parigi e The Dreamers, il regista supera i rischi claustofobici con una narrazione proiettata alla risoluzione dei conflitti verso l'io e verso il mondo esterno da parte dei due protagonisti, entrambi adolescenti problematici e chiusi in se' stessi.
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Il grande regista si riconosce non solo quando racconta i grandi accadimenti storici come in L'Ultimo Imperatore o Novecento, ma soprattutto nella capacita' di restare ad alto livello in storie piu' quotidiane non sorrette da un contesto di per sè sovrastante.
E' il caso di Io e Te, in cui Bernardo Bertolucci si conferma a suo perfetto agio nell'ambientazione chiusa a quattro mura: come gia' in Ultimo Tango a Parigi e The Dreamers, il regista supera i rischi claustofobici con una narrazione proiettata alla risoluzione dei conflitti verso l'io e verso il mondo esterno da parte dei due protagonisti, entrambi adolescenti problematici e chiusi in se' stessi.
La convivenza settimanale costretta e casuale tra fratello e sorella di medesimo padre svela problematiche adolescenziali irrisolte, ma si rivela terapeutica e funzionale al recupero di entrambi alla vita normale una volta tornati in superficie dalla cantina-appartamento fatiscente vintage.
I lati patologici e paranoici sono resi spesso con carica ironica e paradossale, che smorza e allegerisce la tensione narrativa e strappa perfino qualche risata spontanea.
A parte la concessione allo stereotipo dei genitori borghesi pariolini affettivamente assenti, i profili dei due protagonisti sono credibili e veri, insieme alla recitazione degli attori curata fino all'impeccabile linguaggio gestuale del corpo.
Fa da sfondo una fotografia illuminante e artisica specialmente negli interni da sottoscala, con cornice una colonna sonora ritmata e un inedito duo Bowie-Mogol.
Anche stavolta il Maestro non stecca al contrario di altri colleghi illustri ultimamente sottotono.
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boccaccio2012
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sabato 3 novembre 2012
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m'illumino di estraneo
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Un maestro non è tale se non è capace di offrire una spiegazione nuova, diversa dell'evolversi del suo percorso.
Bertolucci in questo senso non sorprende lo spettatore giacchè conferma, sempre, le sue qualità di cineasta e pensatore sopraffino.
forse la malattia che gli impone una visuale forzata dell'evoluzione della scena o forse, chissà, la maturità dell'artista che un pò claustrofobicamente traghetta un giovane quattordicenne da i turbe adolescenziali (non del tutto comun) verso una catartica liberazione che passa per le angustie di una cantina.
il tema dell'improviso, del nuovo rappresentato dalla bravissima Tea Falco irrompe con tutta la sua carica negativa di figlia abbandonata e tossicomane ma nello stesso tempo capace di offrire un sentimento, dapprima troppo coperto di solitudine per essere compreso dallo spettatore, che esplode sottolineato dalla splendida - strana canzone firmata bowie-mogol.
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Un maestro non è tale se non è capace di offrire una spiegazione nuova, diversa dell'evolversi del suo percorso.
Bertolucci in questo senso non sorprende lo spettatore giacchè conferma, sempre, le sue qualità di cineasta e pensatore sopraffino.
forse la malattia che gli impone una visuale forzata dell'evoluzione della scena o forse, chissà, la maturità dell'artista che un pò claustrofobicamente traghetta un giovane quattordicenne da i turbe adolescenziali (non del tutto comun) verso una catartica liberazione che passa per le angustie di una cantina.
il tema dell'improviso, del nuovo rappresentato dalla bravissima Tea Falco irrompe con tutta la sua carica negativa di figlia abbandonata e tossicomane ma nello stesso tempo capace di offrire un sentimento, dapprima troppo coperto di solitudine per essere compreso dallo spettatore, che esplode sottolineato dalla splendida - strana canzone firmata bowie-mogol.
bertolucci riesce a scuotere le certezze che sedimentano la quotidianeità dell'essere umano non senza attraversare difficoltà. il protagonista passa da una volontaria clausura (ribellione sommessa avverso uno status di asocialità cosciente) a una liberazione dal tugurio con quella sorella - sconosciuta che risocializza, a forza, il "ragazzo solo" che aveva trovato in un lugubre seminterrato lo sfogo alle sue angherie esistenziali.
allo spettatore resta un speranza e un'ambizione: non affermare l'attualità come certezza e cercare nelle cantine dell'anima la Olivia che ci ispirerà.
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