Ruggine |
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Un film di Daniele Gaglianone.
Con Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino, Giampaolo Stella.
continua»
Drammatico,
durata 109 min.
- Italia 2011.
- Fandango
uscita venerdì 2 settembre 2011.
MYMONETRO
Ruggine
valutazione media:
3,16
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Si può morire e far morire d’amor_4di Paolo CastellaniFeedback: 200 | altri commenti e recensioni di Paolo Castellani |
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lunedì 12 settembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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E poi, il mostro già nel suo personale crepuscolo, con il castello di ruggine alle spalle, i pantaloni a mezza gamba che sono segno della violenza e dell’ultima barriera abbattuta, senza più difese e senza più perdono, Filippo-dottorboldrini consegna l’ultimo sacrificio umano dell’abiezione a un monologo di onnipotenza, in piedi sopra le rovine. Ma il suo tempo sta per finire. Il drago ha ucciso ma morirà. L’uomo nero di questa storia, raccontata e vista come una fiaba, ha i caratteri forti, ruvidi, feroci di Filippo Timi quando Filippo vuole essere, ed è, quell’uomo nero. Di qui l’esasperazione della sua prova d’attore, necessaria, connaturata alla rappresentazione di un’ossessione, del male dentro quell’uomo, dentro l’uomo. E nessuno come lui avrebbe potuto rappresentarla esattamente così. La scelta di Gaglianone è andata nella direzione, giusta, dell’attore che “vive” dentro quel corpo e quell’anima che pensa e genera il male; che è cosa opposta alla rassicurante recita di un interprete dai mezzi toni, che forse sarebbe piaciuta più ai critici.
Suggestioni, atmosfera, tracce, ferite. Ruggine. Il film di Gaglianone va oltre il testo, si serve della ruggine per portare la fiaba nera al di là, nella storia, nella vita dei protagonisti diventati adulti. I bambini che avevano condiviso “quel” mondo ora non si incontrano più, come invece accadeva ai personaggi del libro (Sandro e Cinzia), che si ritrovavano, un po’ semplicisticamente forse, tramite un contatto-mail. No, restano distanti, divisi per sempre. E quel vagone della metropolitana che ne unisce per qualche minuto i destini ci sussurra che percorreranno la stessa strada separati, anche se con la stessa ruggine addosso. La ruggine è quel mostro, che in Sandro, rimasto sempre bambino, riaffiora quando meno se lo aspetta, come una voce muta dell’animo, nella lotta simulata, nella caccia al drago con il figlio. In Carmine il drago è l’incapacità di vivere, di strapparsi una volta per tutte da dentro il sangue di quel carnefice (nel film Carmine uccide il dottorboldrini, che invece moriva accidentalmente nel romanzo), di accettare una sorte, di essere libero di scegliere. Per Cinzia il drago sono gli altri, quelli vicini a lei, i suoi colleghi di lavoro, insegnanti che normalizzano e giustificano con bavosa acquiescenza la violenza sessuale subita da una loro allieva in casa. Combattono quel tormento, in forme diverse, tutti e tre. E la ruggine ci resta attaccata addosso. Nei titoli di coda, quando il film lascia spazio ai nostri pensieri, e al male che li colora.
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