scarabocio
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mercoledì 18 dicembre 2013
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quando lo sport diventa riflessione sulla vita
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'L'arte di vincere', pellicola con una solida sceneggiatura, a tratti scontata, che tuttavia non fa pesare questo difetto alternando la narrazione lineare di una stagione di baseball americana a scene riflessive, romantiche, comunque lontane, almeno visivamente, dal campo e dagli spogliatoi.
Prima di tutto menziono con grande sorpresa Jonah Hill, che interpreta con intelligienza un laureato in economia a Yale, assunto dall'allenatore degli Oakland Athletics (Brad Pitt) in qualità di esperto di compravendita di giocatori. Espressivo, calato perfettamente nella parte, c'é da chiedersi se non sia stato veramente lui stesso a inventare la teoria del Moneyball, in quel di Oakland nel 2002.
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'L'arte di vincere', pellicola con una solida sceneggiatura, a tratti scontata, che tuttavia non fa pesare questo difetto alternando la narrazione lineare di una stagione di baseball americana a scene riflessive, romantiche, comunque lontane, almeno visivamente, dal campo e dagli spogliatoi.
Prima di tutto menziono con grande sorpresa Jonah Hill, che interpreta con intelligienza un laureato in economia a Yale, assunto dall'allenatore degli Oakland Athletics (Brad Pitt) in qualità di esperto di compravendita di giocatori. Espressivo, calato perfettamente nella parte, c'é da chiedersi se non sia stato veramente lui stesso a inventare la teoria del Moneyball, in quel di Oakland nel 2002. Ottima scelta dunque del regista, che decide coraggiosamente di affidare un ruolo tanto importante all'interno della vicenda a un 'nuovo arrivato' del grande schermo internazionale.
E' allo stesso tempo un peccato dover parzialmente rinunciare alle capacità interpretative di P.S. Hoffmann, cui siamo stati felicemente abituati negli ultimi anni. L'allenatore Art Howe è statico, prevedibile e la sua personalità e figura non vengono mai analizzate o approfondite. Ragionandoci bene siamo davanti a una sfida nella sfida per Hoffmann: essere capaci di interpretare non solo l'eccentricità umana (I love Radio Rock) o la dedizione coesistente all'utilitarismo nel lavoro (The Ides of March) ma anche l'asciuttezza, la ricerca di stabilità di un allenatore timoroso della società che lo circonda. Visto da questa angolazione, anche il suo ruolo acquista interesse.
Ma veniamo a Pitt, protagonista assoluto del film, nonché divo holliwoodiano di fama planetaria.
Non è una delle sue migliori apparizioni, sicuramente anche a causa della parziale mancanza di slanci che una vicenda quasi interamente sportiva ha potuto offrirgli. Sfrutta tuttavia nella giusta maniera, mostrando grande esperienza, i segmenti chiave del piano sequenza: i primi piani in automobile, i frenetici susseguirsi di telefonate manageriali, le riflessioni serali domestiche. Laddove lo stress e l'impegno del manager sportivo addicono alla sua recitazione, a mio avviso, i comportamenti e movimenti del padre single separato a tempi alterni dalla figlia non sono nemmeno parzialmente credibili. Il Pitt padre di 'The Tree of Life', seppur con le differenze di età, esperienza ed epoca, era riuscito in maniera più convincente a rappresentare il profondo legame affettivo di un genitore nei confronti di un figlio.
Partendo dal presupposto a mio parere limitativo che questa è una trasposizione cinematografica non di un romanzo inventato ma di una storia vera (sceneggiatura prefissata, luoghi a cui adeguarsi, dialoghi da prendere spesso per quelli che sono) è un film piacevole, istruttivo e stimolante. Dà a noi spettatori la possibilità di osservare da una insolita e innovativa angolazione uno sport, quello del baseball, che non smette mai di incuriosire, americani e non.
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jacopo b98
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martedì 8 ottobre 2013
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un ottima commedia sportiva con dei bravi attori
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2001. Gli Oakland Athletichs sono sconfitti in finale dai New York Yankees. Il general manager della squadra Billy Beane (Pitt) per il nuovo anno, per quanto riguarda la scelta dei giocatori, decide di affidarsi ai maldestri calcoli scientifici del neolaureato in economia Peter Brand (Hill). La stagione inizia malissimo ma gli Athletics riescono a risollevarsi e addirittura a battere il record di tutti i tempi di venti vittorie consecutive. Arrivata in finale la squadra è battuta. Pochi anni dopo un’altra squadra, usando lo stesso metodo usato da Brand e Beane, vince il campionato. È un film sul baseball la seconda regia di Miller, autore proveniente dalla pubblicità, già regista del bellissimo Truman Capote: A sangue freddo.
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2001. Gli Oakland Athletichs sono sconfitti in finale dai New York Yankees. Il general manager della squadra Billy Beane (Pitt) per il nuovo anno, per quanto riguarda la scelta dei giocatori, decide di affidarsi ai maldestri calcoli scientifici del neolaureato in economia Peter Brand (Hill). La stagione inizia malissimo ma gli Athletics riescono a risollevarsi e addirittura a battere il record di tutti i tempi di venti vittorie consecutive. Arrivata in finale la squadra è battuta. Pochi anni dopo un’altra squadra, usando lo stesso metodo usato da Brand e Beane, vince il campionato. È un film sul baseball la seconda regia di Miller, autore proveniente dalla pubblicità, già regista del bellissimo Truman Capote: A sangue freddo. Presentato a vari piccoli e grandi festival americani ha scalato Hollywood arrivando a collezionare sei nomination agli Oscar, tra cui miglior film. È un film su un perdente e uno dei cardini del film è la fortuna. Fortuna che manca a Billy, cha, nonostante sia un grande GM, non riesce mai a portarsi a casa il titolo. Tratto dal romanzo Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game di Michael Lewis, a sua volta tratto da una storia vera, sceneggiato splendidamente da Steven Zaillian (Oscar per Schindler’s List) e Aaron Sorkin (Oscar per The Social Network) è un film di personaggi, e ce ne sono di memorabili: il GM perdente Pitt, i vari giocatori-rottami selezionati da Brand e Brand stesso. E se questi ritratti sono così riusciti è indubbiamente merito dei vari attori, tutti bravissimi, tra cui spiccano Pitt e Hill, precedentemente etichettato come attore di serie B, da commediola americana. La forza del film sta nel rileggere politicamente le previsioni azzardate eppure corrette di Brand e Beane e nel rileggerle in forma politico-economica. Oltre agli attori e agli sceneggiatori importante è anche il contributo di Miller e del cast tecnico, tutto di serie A, capitanato dal direttore della fotografia Wally Pfister (Oscar per Inception). Si ride, ci si commuove, si ragiona e si rimane profondamente soddisfatti da questa ottima pellicola indipendente americana.
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sirelis31
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giovedì 25 luglio 2013
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un film da guardare ma troppo sopravvalutato
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un bel film ma non eccezionale.
l'inizio è molto lento, non cattura la massima attenzione dello spettatore.. la prima volta mi son distratta tante di quelle volte che ho dovuto fermarlo e riniziare a vederlo...
senza la bellissima interpretazione di brad pitt le critiche non sarebbero state cosi clementi, la trama è carina, ma insomma, diciamoci la verità, in italia non siamo appassionati di baseball quindi il nostro coinvolgimento sentimentale sarà minore rispetto a quello degli americani che hanno dato 4stelle a questo film.
un film da vedere, meglio se in tranquillità.
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tom87
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giovedì 14 marzo 2013
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il vero senso della partita
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Ispirato al libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis che tratta la vera storia di una squadra di baseball, gli Oakland Athletics, "L’arte di vincere" è uno dei migliori film d’argomento sportivo che riesce a coniugare una precisa ricostruzione storica con l’analisi di certe trame esistenziali. Concentrandosi sull’emblematica figura dell’ex giocatore e manager Billy Beane la pellicola riesce ad emozionare e far riflettere lo spettatore su come anticonformismo e genialità possano diventare degli antidoti nei periodi di crisi. Deciso a dirigere le sorti di una squadra poco finanziata, Billy intuisce che non servono singoli talenti strapagati, bensì una squadra motivata e ben amalgamata.
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Ispirato al libro “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis che tratta la vera storia di una squadra di baseball, gli Oakland Athletics, "L’arte di vincere" è uno dei migliori film d’argomento sportivo che riesce a coniugare una precisa ricostruzione storica con l’analisi di certe trame esistenziali. Concentrandosi sull’emblematica figura dell’ex giocatore e manager Billy Beane la pellicola riesce ad emozionare e far riflettere lo spettatore su come anticonformismo e genialità possano diventare degli antidoti nei periodi di crisi. Deciso a dirigere le sorti di una squadra poco finanziata, Billy intuisce che non servono singoli talenti strapagati, bensì una squadra motivata e ben amalgamata. Così dando l’opportunità ad alcuni giocatori secondari di puntare sulle loro potenzialità, la fiducia ad un metodo rivoluzionario di calcoli e numeri ideato dal giovane collaboratore Brand e alle dimenticate teorie statistiche di Bill James, riuscirà a raggiungere l’obiettivo: gli Athletics infilano 20 vittorie consecutive (un record nella storia del baseball). Il film, candidato a 6 premi oscar, è molto riuscito. Il merito principale è di un cast di attori azzeccati ed efficaci; oltre che ben caratterizzati nei loro interessanti ritratti; ma poi anche di un plot curato, equilibrato e coinvolgente. Dal punto di vista formale è impreziosito, inoltre, da una fotografia dai colori spenti, in sintonia con lo stato d’animo del protagonista e col grigiore quotidiano e ordinario della provincia. Da un montaggio calibrato nel ritmo e nei toni; e da una musica di vibrante drammaturgia. La pellicola però va oltre il semplice film sullo sport. Nell’esaltazione dell’American Dream, si riflette piuttosto su passato e futuro, e sulla vita come attaccamento alle proprie radici, ma anche sfida verso il rinnovamento. Alla pari dell’incredibile vicenda di Beane che ha sfidato le tradizionali regole dello sport rivoluzionando il baseball, anche la regia di Bennett Miller (“Capote”; altro film su un personaggio eccezionale) rispetta la tradizione classica della messa in scena, ma ne oltrepassa i limiti con alcune distintive innovazioni: inquadrature lunghe e meditative, trovate ironiche nei raccordi, momenti senza sonoro, infusione di humour in alcune scene. Passato e futuro si ritrovano anche nel mix d’immagini sportive d’epoca con quelle di oggi. Il tocco della regia è ancora rinvenibile quando dà vita ad una serie di perdenti che malgrado tutto continuano ostinatamente a restare idealisti e ambiziosi. E’ nella cronica insoddisfazione di Billy che questo si esprime: egli pur desiderando un riscatto, sa che purtroppo la sconfitta è sempre dietro l’angolo. Malgrado il record di vittorie, gli Athletics, infatti, non riusciranno a vincere la stagione! Qui si svela però il senso più vero del film: Billy avrà sempre bisogno della sua condizione di perdente, perché egli non vive per il successo, ma per la lotta che conduce ad esso. L’unica arte di vincere è allora nel continuare orgogliosamente a non darsi per vinti, e ritrovare sempre il coraggio di osare, sfidare e sperimentare, per battere limiti e superare ostacoli. Il valore di quest’opera, dunque, è nell’invitare l’uomo non solo a ritrovare fiducia nelle sue potenzialità, ma soprattutto, a ricordarsi del vero senso della partita che si gioca dentro e fuori il campo di gioco: non è per la quantità di vittorie che si è vincenti!
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paolo_89
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martedì 26 febbraio 2013
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l'arte di vincere, va a vincere
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È possibile ingabbiare il baseball in una griglia di statistiche, equazioni, software che cacciano i giocatori secondo le loro reali prestazioni in campo, mettendo da parte scout esperti e la passione per il gioco e lo spettacolo? Questa è la domanda che sembra non trovare una risposta fino alla fine, riuscendo ad appassionare e tenere alta la tensione per oltre due ore, e che attraversa la vicenda di Brad Pitt / Billy Beane, General Manager degli Oakland Athletics. Squadra che, come lui stesso ammette, è venti metri di merda sotto le squadre povere, ogni anno derubata dei propri talenti dalle grandi potenze economiche del campionato.
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È possibile ingabbiare il baseball in una griglia di statistiche, equazioni, software che cacciano i giocatori secondo le loro reali prestazioni in campo, mettendo da parte scout esperti e la passione per il gioco e lo spettacolo? Questa è la domanda che sembra non trovare una risposta fino alla fine, riuscendo ad appassionare e tenere alta la tensione per oltre due ore, e che attraversa la vicenda di Brad Pitt / Billy Beane, General Manager degli Oakland Athletics. Squadra che, come lui stesso ammette, è venti metri di merda sotto le squadre povere, ogni anno derubata dei propri talenti dalle grandi potenze economiche del campionato. Stufo di ascoltare i suoi collaboratori, che non centrano il problema e cercano di sostituire i loro migliori talenti con delle copie imperfette, Billy adotta un metodo che lascia tutti perplessi e che, inizialmente, gli dà torto: si affida a un giovane laureato in economia e appassionato di statistiche che applica al baseball la sua ossessione per i numeri, seguendo pedissequamente un metodo di analisi freddo e razionale. Perché comprare un giocatore osservandone solo la faccia, il prestigio, quando le statistiche e il suo reale rendimento premiano altri sconosciuti, sottovalutati instancabili operai? Non si può competere, su questo piano, con squadre che hanno un budget tre volte o più superiore al proprio, ed ecco che si reclutano ex giocatori, appena guariti da un infortunio; stelle sulla via del tramonto; nomi sottovalutati e relegati sempre in squadre di bassa classifica: si ridà loro un’opportunità che li valorizzi, che premi le qualità che nemmeno loro pensano di avere. Da uno scouting che più freddo non sarebbe possibile, dunque, si arriva a riaccendere la fiducia in se stessi che quei giocatori non hanno più, o non hanno mai avuto. C’è poi un motivo che spinge Billy alla sua scelta; un ricordo che riaffiora ogni volta che i risultati non arrivano e i suoi scout, il suo allenatore lo criticano e fanno di testa propria, credendo di avere a che fare con un pazzo o con un incompetente: lo stesso che gli impedisce di assistere dal vivo alle proprie partite ma che sarà la fonte della più grande rivincita della sua carriera, fatta propria dello spettatore che ha tifato tutto il tempo per lui, testardo e un po’ spaccone, ma che non si può fare a meno di sostenere.
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martino76
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sabato 3 novembre 2012
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baseball...e matematica...
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Classico film sul baseball basato su una storia vera. Fondamentalmente nulla di particolare ma ben interpretato da tutti gli attori e da un bravissimo Brad Pitt.
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kondor17
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giovedì 16 agosto 2012
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per addetti ai lavori
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Un Pitt in stato di grazia interpreta il ruolo di Billy Bean, general manager degli A's (Auckland Athletics), squadra di prima lega di baseball. E' la storia (vera) di Billy, ex grande promessa del baseball americano, che scelse di diventare professionista rinunciando all'università, coinvolge e affascina, commuove anche. E' uno spaccato dello sport nazionale americano, dove gli ingaggi rasentano la follia e dove le strategie commerciali dei procuratori la fanno da padrone. Costretto a rinunciare ai suoi pezzi migliori, Bill si trova costretto ad inventarsi qualcosa. Conosce a Philadelphia un ragazzo neo laureato in economia, col pallino della statistica e col suo aiuto costruisce una squadra con "ex perdenti", ripudiati per vari motivi e quindi a buon prezzo.
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Un Pitt in stato di grazia interpreta il ruolo di Billy Bean, general manager degli A's (Auckland Athletics), squadra di prima lega di baseball. E' la storia (vera) di Billy, ex grande promessa del baseball americano, che scelse di diventare professionista rinunciando all'università, coinvolge e affascina, commuove anche. E' uno spaccato dello sport nazionale americano, dove gli ingaggi rasentano la follia e dove le strategie commerciali dei procuratori la fanno da padrone. Costretto a rinunciare ai suoi pezzi migliori, Bill si trova costretto ad inventarsi qualcosa. Conosce a Philadelphia un ragazzo neo laureato in economia, col pallino della statistica e col suo aiuto costruisce una squadra con "ex perdenti", ripudiati per vari motivi e quindi a buon prezzo. Pur avendo tutti contro, stampa, scout, dirigenza interna, ma con la fiducia del capo, i due proseguono nella strada intrapresa e, dopo un inizio disastroso, inanellano la serie di vittorie più lunga nella storia del baseball (20), vicendo la west Division e qualificandosi per i play offs, dove però vengono subito eliminati, risvegliando la stampa ed i vari detrattori. Ma la sua battaglia, in fondo, l'ha vinta. E' riuscito, nonostante tutto e tutti e con un budget irrisorio, a fare quanto squadre ben più riiche e blasonate non erano mai riuscite a fare. Riceve così una proposta da favola dei Boston Red Sox, che gli offrono (nel 2004) un ingaggio di 12.500.000 USD annui, proposta che rifiuta, per attaccamento alla figlia ed alla squadra di casa. Billy Bean, classe 1962, è ancora GM degli A's.
Bel film. Per addetti ai lavori.
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folsom
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mercoledì 15 agosto 2012
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è difficile non essere romantici col baseball
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Gli Oakland Athletic's squadra minore della Major League hanno appena perso le finali dell American League contro i New York Yankees.A fine stagione la squadra vende i suoi pezzi migliori a squadre con un budget di tre volte superiore.Questo fatto si ripete ciclicamente e spinge Billy Bean (Brad Pitt) eccentrico e stralunato Genaral Manager di Oakland a cercare nuove soluzioni per rendere la squadra vincente con i soldi di cui dispone.Fondamentale sarà l'incontro casuale a Cleeveland con Peter Brand,neo Laureato a Yale che aprirà gli occhi a Billy su una nuova concezzione del gioco attraverso un calcolo statistico.
Il film che inizialmente può risultare lento e poco vivace,diventa in realtà un crescendo di emozioni minuto dopo minuto.
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Gli Oakland Athletic's squadra minore della Major League hanno appena perso le finali dell American League contro i New York Yankees.A fine stagione la squadra vende i suoi pezzi migliori a squadre con un budget di tre volte superiore.Questo fatto si ripete ciclicamente e spinge Billy Bean (Brad Pitt) eccentrico e stralunato Genaral Manager di Oakland a cercare nuove soluzioni per rendere la squadra vincente con i soldi di cui dispone.Fondamentale sarà l'incontro casuale a Cleeveland con Peter Brand,neo Laureato a Yale che aprirà gli occhi a Billy su una nuova concezzione del gioco attraverso un calcolo statistico.
Il film che inizialmente può risultare lento e poco vivace,diventa in realtà un crescendo di emozioni minuto dopo minuto.Nel suo scorrere deciso e coraggioso il regista Bennet Miller da vita ad una storia realmente accaduta donandole quel tocco di romanticismo necessario per rendere il tutto un film di successo. Affronta le problematiche dello sport della vita,attraverso lo scontro tra ricchi e poveri evidenzia come con il coraggio e le idee si possa essere vincenti anche senza essere i migliori o i meglio retribuiti.
Stupenda la colonna sonora, in sostanza Money Ball è un classico esempio sulla forza della passione,un film che stupisce,colpisce,piace. Semplicemente quattro stelle.
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cenox
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lunedì 6 agosto 2012
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vincere senza soldi
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Tratto dalla vera storia della squadra americana di baseball degli Athletics, questo film ne traccia le linee generali che l'hanno portata a sfiorare il campionato e a scrivere un record di vittorie. Il protagonista (Pitt) è un general manager ed ex giocatore promessa che non ha mai sfondato, che sa assumersi le proprie responsabilità fino in fondo, nache quando tutto e tutti sembrano contro di te. La squadra sebbene fosse vincente ogni anno perdeva i propri migliori giocatori a discapito delle squadre più ricche, così, per poter allestire una squadra nuovamente competitiva, il protagonista decide di assumere un giovane economista che lo aiuterà a selezionare i giocatori tramite un complesso schema di statistiche, secondo la miglior qualità-prezzo! Mai nella storia si era visto applicare allo sport e all'aspetto manageriale una simile teoria, ma anche i più scettici dovranno ricredersi.
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Tratto dalla vera storia della squadra americana di baseball degli Athletics, questo film ne traccia le linee generali che l'hanno portata a sfiorare il campionato e a scrivere un record di vittorie. Il protagonista (Pitt) è un general manager ed ex giocatore promessa che non ha mai sfondato, che sa assumersi le proprie responsabilità fino in fondo, nache quando tutto e tutti sembrano contro di te. La squadra sebbene fosse vincente ogni anno perdeva i propri migliori giocatori a discapito delle squadre più ricche, così, per poter allestire una squadra nuovamente competitiva, il protagonista decide di assumere un giovane economista che lo aiuterà a selezionare i giocatori tramite un complesso schema di statistiche, secondo la miglior qualità-prezzo! Mai nella storia si era visto applicare allo sport e all'aspetto manageriale una simile teoria, ma anche i più scettici dovranno ricredersi.
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kalamaius
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venerdì 1 giugno 2012
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obiettivamente un gran film
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Obiettivamente un gran film in tutti gli aspetti, regia e cast soprattutto. Soggettivamente ho visto il film con delle aspettative, che sono la rovina del cinema per chi va a vedere un film la prima volta. A parte tutto comunque il film è di qualità tralasciando alcuni elementi soggettivi che non mi hanno soddisfatto al 100%. Brad Pitt si dimostra un grande attore, uno dei pochi attori che andando avanti con l'età non perde il suo talento recitativo a discapito della bella vita. Forse avrei preferito qualche introspezione in più sui protagonisti principali, ma questa è una mia richiesta, il film al contrario non richiedeva alcun tipo di introspezione, le quali avrebbero forse trasformato il film nel solito film hollywoodiano da incasso.
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Obiettivamente un gran film in tutti gli aspetti, regia e cast soprattutto. Soggettivamente ho visto il film con delle aspettative, che sono la rovina del cinema per chi va a vedere un film la prima volta. A parte tutto comunque il film è di qualità tralasciando alcuni elementi soggettivi che non mi hanno soddisfatto al 100%. Brad Pitt si dimostra un grande attore, uno dei pochi attori che andando avanti con l'età non perde il suo talento recitativo a discapito della bella vita. Forse avrei preferito qualche introspezione in più sui protagonisti principali, ma questa è una mia richiesta, il film al contrario non richiedeva alcun tipo di introspezione, le quali avrebbero forse trasformato il film nel solito film hollywoodiano da incasso. Film sobrio, senza esagerazioni, senza eccessi, scelta sicuramente vincente per la qualità. Il baseball visto dalle statistiche, lontano dallo sport vissuto in modo emozionale, politico ed economico. Lontano dallo strapotere delle grandi squadre, ricche e viziate, una storia che tutti avrebbero voluto vedere con un finale diverso, con la vittoria degli Oakland Athletics, ma la storia non si può cambiare. Billy Beane, un esempio vivente che i soldi non sono tutto nello sport, lontano dal merceraniato globale che non smetterà mai fino a quando la stragrande maggioranza dei lavoratori del mondo dello sport capirà che che i soldi non creano i campioni e non creano il talento, ma creano solo delle società per azioni. Il film tratta di tutto questo, tratta di statistica nel mondo dello sport, statistica e sport, equazioni matematiche e lanci o battute, apparentemente distanti anni luce, ma forse non è così. Se la statistica serve a interrompere, anche se per mezza stagione, la rovina dello sport made in dollarandia, ben venga la statistica, ben venga un film che tratta di sport e non sport, di vivere lo sport e di calcolare lo sport. Molti pensano che lo sport non possa essere spiegato con un numero, io forse la penso così in parte, perchè onestamente noi italiani non riusciamo a non vivere lo sport, se non ci ubrichiamo di esso non siamo contenti. Però occorre qualcuno con lo sguardo scientifico, qualcuno come Peter Brand che con qualche statistica è riuscito a stravolgere la politica alla Zio Paperone degli Yankees. Questa non è una vera e propria critica al film, risulta più un introspezione nel mondo dello sport. Questa scelta è stata fatta perchè il mio sogno è vedere nella realtà quello che ho visto nel film, ma non come eccezione, ma come regola.
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