reservoir dogs
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giovedì 9 giugno 2011
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le vie sono anche distanti dalla chiesa
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Marta (Vianello) ha 13 anni, si è appena trasferita alla periferia di Reggio Calabria dopo aver abitato in Svizzera per circa dieci anni dove i genitori erano immigrati per lavoro.
Il luogo da poco ritrovato è sospeso però tra falso ed affannoso modernismo e arcaico ancora ben radicato; Marta ha l'età per cresimarsi e il percorso prima del rito è l'occassione per la ragazza di fare amicizie ed integrarsi nel nuovo "ispido" habitat.
Ma gli abitanti, così come il posto, non trovano un proprio equilibrio se non "nascondendosi" in una grande istituzione come la Chiesa e Marta, giovane anima celeste nuovamente trapiantata nell'entroterra calabrese non trova certo delle risposte in quel teatrino in cui ognuno recita il proprio ruolo inconsapevole dei fili a cui sono legati.
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Marta (Vianello) ha 13 anni, si è appena trasferita alla periferia di Reggio Calabria dopo aver abitato in Svizzera per circa dieci anni dove i genitori erano immigrati per lavoro.
Il luogo da poco ritrovato è sospeso però tra falso ed affannoso modernismo e arcaico ancora ben radicato; Marta ha l'età per cresimarsi e il percorso prima del rito è l'occassione per la ragazza di fare amicizie ed integrarsi nel nuovo "ispido" habitat.
Ma gli abitanti, così come il posto, non trovano un proprio equilibrio se non "nascondendosi" in una grande istituzione come la Chiesa e Marta, giovane anima celeste nuovamente trapiantata nell'entroterra calabrese non trova certo delle risposte in quel teatrino in cui ognuno recita il proprio ruolo inconsapevole dei fili a cui sono legati.
Una piacevole sorpresa a Cannes, quella di Alice Rohrwacher (sorella minore di Alba), unica italiana nella sezione Quinzaine des realisateurs, nonostante qualche iniziale scetticismo la "sorella d'arte" esordisce con un lungometraggio che non mira ad avere simpatia dal pubblico ma decide invece a descrivere i problemi che affliggono il Sud senza troppi orpelli attraverso la giovane Yle Vianello, non addita colpe a nessuno dei personaggi descritti: dal parroco dedito al clientelismo alla catechista ingenua ed ignorante al sacrestano butterato ed insensibile alla vita, ma li inserisce tutti in un meccanismo più grande ed incomprensibile di cui anche Marta e la sua famiglia fanno inconsapevolmente parte.
Lo spaesamento di Marta dovuto non solo al trasferimento ma anche ad un mutamento fisico: le prime perdite mestruali, l'ingrossamento del seno, la scoperta della propria femminilità, è lo spaesamento dunque anche di se stessi e del proprio corpo, dove solo un parroco "asceta" in un paese fantasma saprà dare forse risposte togliendo a Marta "l'innocente" benda che il catechismo le aveva messo.
La pellicola però scivola talvolta in un esagerato simbolismo troppo didascalico che per fortuna non compromette particolarmente l'opera, come ad esempio la sorella minore di Marta succube della televisione e potenziale futura subrettina.
Il Cristo morente è ben diverso da come era stato fatto conoscere al catechismo e Marta nel vedere il polveroso crocefisso instaura ben presto un contatto "fisico" a dimostrazione che "Le vie del Signore sono infinite" e dunque le vie sono anche distanti dalla Chiesa.
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laulilla
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martedì 21 giugno 2011
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i turbamenti della giovane marta
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Opera prima di Alice Rohrwacher, tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Annamaria Ortese, questo film ci descrive la difficile adolescenza di una ragazzina, Marta, appena arrivata dalla Svizzera in Calabria. La vicenda ci introduce subito nella brutta realtà della periferia del capoluogo calabro, stretto d’assedio da immondizia e tronconi abbandonati di lavori pubblici, altamente deturpanti.
Marta ha solo tredici anni e stenta a inserirsi nella periferia degradata di Reggio, dove la madre è tornata con le due figliolette, che, come tutte le sorelle, poco si amano e molto litigano.
Sua madre, che invece la ama e cerca di comprenderla, ha deciso di iscriverla alle lezioni di catechismo, per prepararla alla Cresima, momento che ritiene importante per inserirla compiutamente fra gli abitanti del luogo.
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Opera prima di Alice Rohrwacher, tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Annamaria Ortese, questo film ci descrive la difficile adolescenza di una ragazzina, Marta, appena arrivata dalla Svizzera in Calabria. La vicenda ci introduce subito nella brutta realtà della periferia del capoluogo calabro, stretto d’assedio da immondizia e tronconi abbandonati di lavori pubblici, altamente deturpanti.
Marta ha solo tredici anni e stenta a inserirsi nella periferia degradata di Reggio, dove la madre è tornata con le due figliolette, che, come tutte le sorelle, poco si amano e molto litigano.
Sua madre, che invece la ama e cerca di comprenderla, ha deciso di iscriverla alle lezioni di catechismo, per prepararla alla Cresima, momento che ritiene importante per inserirla compiutamente fra gli abitanti del luogo. La realtà della Chiesa locale è però orripilante: un parroco, che fa l’affittacamere, e che, incassando i lauti affitti, distribuisce i “santini” del notabile candidato alle elezioni, facendo anche firmare una specie di impegno a votarlo; una insegnante di catechismo che più ignorante non potrebbe essere, che non ama Martina perché la ritiene un po’ troppo impertinente e curiosa; una popolazione conformista e rassegnata che non tenta neppure di vivere in modo più autonomo dai modelli subalterni che la televisione propone e che vengono adottati persino dalla catechista, per preparare la festicciola della Cresima.
Ai turbamenti adolescenziali di Martina, che tutto vede silenziosamente, si aggiungono il disagio e il senso di solitudine che la porterà a cercare le risposte ai problemi tipici dell’adolescenza in uno sperduto paesetto, dove un prete burbero, solitario, ma pieno di spiritualità le comunicherà alcune verità non conformiste su Cristo e sul senso della vita. Il film delinea con attenta e delicata partecipazione una vicenda gracile, ma interessante, in cui l’indagine di Martina alla ricerca del suo equilibrio e del suo “ubi consistam”, difficile da individuare, è narrata con maestria. L’attenzione alla problematica religiosa, tuttavia, mi pare eccessivamente insistita, quasi che l’ambiente religioso, sia pure autenticamente cristiano, fosse l’unico in grado di offrire risposte alle inquietudini dell’adolescenza. Io non credo che sia così, neppure in questa decaduta e deturpata Reggio Calabria. Ottima prova d’attore quella della giovanissima Yle Vianello, che con molta verità ha fatto vivere Martina, con le sue ansie, i suoi dubbi, i suoi silenzi, la sua solitudine. Il film è stato selezionato, da una giuria internazionale, fra migliaia di altri, per partecipare alla “Quinzaine des Realisateurs” del Festival di Cannes appena concluso.
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goldy
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domenica 29 maggio 2011
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i limiti dei film di denuncia
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Estremamente apprezzabile l'attenzione sui dettagli che denunciano il degrado culturale che caratterizza certi luoghi del Sud . Scoraggiante la degenerazione divulgativa dell'insegnamento della religione cattolica priva di qualsiasi spiritualità. Mortificante il comportamento dei vertici religiosi da sempre attenti agli equilibri politici mafiosi del luogo piuttosto che alla preoccupazione di operrare per la diffusione di un credo virtuoso. Tutto così credibile, così vero, così autentico nell'individuare i segni che lasciano tracce indelebili nella formazione degli individui . . Eppure il fil film passerà senza lasciare traccia e rimarrà chiuso nella sua nicchia come tanti altri .
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Estremamente apprezzabile l'attenzione sui dettagli che denunciano il degrado culturale che caratterizza certi luoghi del Sud . Scoraggiante la degenerazione divulgativa dell'insegnamento della religione cattolica priva di qualsiasi spiritualità. Mortificante il comportamento dei vertici religiosi da sempre attenti agli equilibri politici mafiosi del luogo piuttosto che alla preoccupazione di operrare per la diffusione di un credo virtuoso. Tutto così credibile, così vero, così autentico nell'individuare i segni che lasciano tracce indelebili nella formazione degli individui . . Eppure il fil film passerà senza lasciare traccia e rimarrà chiuso nella sua nicchia come tanti altri . Uno spaccato di denuncia che sarebbe perfetto per un documentario, perde la sua forza se usato nel mondo dello spettacolo perchè, il cinema è da sempre accompagnato da un'idea di sogno di evasione di narrazione di una storia che ha un inizio, uno svolgimento, e una fine. I finali aperti, che dovrebbero indurre alla riflessione individuale convincono solo chi già convvinto e avvertito è, e non catturano l'attenzione di coloro che invece avrebbero il diritto di essere indotti ad adeguate occasioni di riflessione.
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viva_la_vida
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domenica 23 ottobre 2011
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grottesco a parte
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Il debutto della Rohrwacher non fa che confermare le tendenze del cinema contemporaneo italiano. Buone idee, poca arte. Il tema di per sé appare sicuramente interessante, l'ignorante bigottismo di alcune comunità parrocchiali meridionali e i suoi effetti su una tredicenne. Un tema che emerge chiaro e potente dalle grottesche "gesta" dei personaggi, da cui appare nettamente estraniata e disillusa la ragazza. La bambina che balla inconsapevole motivetti a sfondo sessuale assurdamente travestita da "santa", i genitori appagati e soprattutto Santa, il personaggio più riuscito, la classica signorina devota e tuttofare delle parrocchie, appaiono personaggi di un angoscioso dramma vestito di sorrisetti e applausi, eroi ed eroine improvvisati.
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Il debutto della Rohrwacher non fa che confermare le tendenze del cinema contemporaneo italiano. Buone idee, poca arte. Il tema di per sé appare sicuramente interessante, l'ignorante bigottismo di alcune comunità parrocchiali meridionali e i suoi effetti su una tredicenne. Un tema che emerge chiaro e potente dalle grottesche "gesta" dei personaggi, da cui appare nettamente estraniata e disillusa la ragazza. La bambina che balla inconsapevole motivetti a sfondo sessuale assurdamente travestita da "santa", i genitori appagati e soprattutto Santa, il personaggio più riuscito, la classica signorina devota e tuttofare delle parrocchie, appaiono personaggi di un angoscioso dramma vestito di sorrisetti e applausi, eroi ed eroine improvvisati. Le basi per un buon film ci sono tutte, se non fosse per l'inesorabile vizio del cinema italiano contemporaneo di prendere belle storie e farci brutti film. I dialoghi sono superficiali e scontati, le scene si accavallano pesanti, la colonna sonora è inesistente. La storia si nutre di silenzi e gesti, versi di una poesia ormai superata, di un'arte poco interessante. Ben riuscita a tratti è la nota grottesca dei personaggi, la caduta di Santa, il crocifisso in mare. Di simbolico bastava questo. Poi, accantonata la poesia, sarebbe stato necessario pensare al film, ad esempio dando ai personaggi più opportunità per esprimersi, crear loro una vita intorno che non sia solo quella parrocchiale, farli venir fuori e non lasciarli chiusi in silenzi di vaga interpretazione.
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