la nera
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venerdì 31 luglio 2020
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assolutamente sì
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paolomiki
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mercoledì 28 maggio 2014
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la frequenza di radio gesù
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Incredibile storia che vorrebbe essere una finestra sul mondo ecclesiastico della provincia italiana e non solo.Sappiamo tutti benissimo che proprio le persone che frequentano le chiese sono i peggiori peccatori, e sappiamo tutti benissimo che se è difficile fare un percorso didattico (di qualsiasi tipo e specialmente in chiesa per un bambino,figuriamoci per degli adolescenti che hanno ben altre distrazioni. In questo film l'unica cosa che a mio modesto parere è apprezzabile rimane la volontà della regista di trasmettere allo spettatore un certo tipo di angoscia ,(la stessa che avevamo tutti noi da piccoli quando non dicevamo le preghiere prima di addormentarci o prima di pranzare.
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Incredibile storia che vorrebbe essere una finestra sul mondo ecclesiastico della provincia italiana e non solo.Sappiamo tutti benissimo che proprio le persone che frequentano le chiese sono i peggiori peccatori, e sappiamo tutti benissimo che se è difficile fare un percorso didattico (di qualsiasi tipo e specialmente in chiesa per un bambino,figuriamoci per degli adolescenti che hanno ben altre distrazioni. In questo film l'unica cosa che a mio modesto parere è apprezzabile rimane la volontà della regista di trasmettere allo spettatore un certo tipo di angoscia ,(la stessa che avevamo tutti noi da piccoli quando non dicevamo le preghiere prima di addormentarci o prima di pranzare.Sensazione che Marta sembra non avere) Lasciando all'immaginazione tutto ciò che riguarda il resto della giornata trascorsa dalla protagonista che non sia all'interno della chiesa. .La ragazzina vuole semplicemente sapere tanti perchè e per come,come se volesse prima assaggiare e poi mangiare.Volenterosissimo lavoro che vale la pena di vedere almeno una volta anche solo per ridere guardando recitare in modo indegno tutti ma proprio tutti gli attori e quando i ragazzini cresimandi intonano la canzoncina che dice:Mi sintonizzo sull'onda di Gesù nella frequenza giusta!!! ha ragione un utente che ha recensito qualche tempo fa il film scrivendo che se questo è il cinema italiano siamo veramente messi male!!!
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angelo umana
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lunedì 26 maggio 2014
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religione personalizzata
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La stessa delicatezza di "Le meraviglie" è usata da Alice Rohrwacher nel film del 2011, Corpo Celeste, un film decisamente migliore di quello nuovo e premiato a Cannes 2014, almeno perché prende posizione contro l’interpretazione a proprio uso e consumo e riti e autorità inamovibili della religione nel ventre italico profondo, con corredo di santini elettorali spacciati dal prete (l’indimenticato sarto Salvatore Cantalupo di Gomorra) ai propri fedeli. Anche qui il film è fatto dagli occhi dell’adolescente 13enne Marta, trasferitasi in Calabria dalla Svizzera: si tratta anche in questo caso delle storture o ottusità dei grandi viste dagli occhi di bambini.
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La stessa delicatezza di "Le meraviglie" è usata da Alice Rohrwacher nel film del 2011, Corpo Celeste, un film decisamente migliore di quello nuovo e premiato a Cannes 2014, almeno perché prende posizione contro l’interpretazione a proprio uso e consumo e riti e autorità inamovibili della religione nel ventre italico profondo, con corredo di santini elettorali spacciati dal prete (l’indimenticato sarto Salvatore Cantalupo di Gomorra) ai propri fedeli. Anche qui il film è fatto dagli occhi dell’adolescente 13enne Marta, trasferitasi in Calabria dalla Svizzera: si tratta anche in questo caso delle storture o ottusità dei grandi viste dagli occhi di bambini. Grottesca l'ottusità di far imparare il catechismo a dei ragazzi per la prima comunione o per la cresima, che a quell'età hanno tutt'altro e più importante per la testa: più produttivo sarebbe far considerare e scegliere una religione in età adulta.
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eugenio
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domenica 5 gennaio 2014
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formazione spirituale al sud
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Opera prima presentata al festival di Cannes 2011, quello che ha consacrato Habemus papam di Moretti nella Quinzaine des Réalisateurs, Corpo celeste costituisce un interessante esordio della attrice-regista Alice Rohrwacher
E’ un film che dà fiducia e speranza nel cinema italiano, che sa affrontare con coraggio delicate questioni quali possono essere la crescita adolescenziale e il cammino verso la maturità contestualizzandolo a una realtà povera. degradata e moralmente squallida del sud Italia, un territorio ahimè dimenticato,spazzato dalla mafia, dagli abusi edilizi e purtroppo dall’ignoranza.
Ci troviamo al limite della penisola, nel punto dove il sud sembra finire specchiandosi nell’azzurro mare cristallino della costa sicula, in uno scenario turistico stupendo con panorami e paesini dimenticati immersi nella cornice caratteristica mediterranea.
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Opera prima presentata al festival di Cannes 2011, quello che ha consacrato Habemus papam di Moretti nella Quinzaine des Réalisateurs, Corpo celeste costituisce un interessante esordio della attrice-regista Alice Rohrwacher
E’ un film che dà fiducia e speranza nel cinema italiano, che sa affrontare con coraggio delicate questioni quali possono essere la crescita adolescenziale e il cammino verso la maturità contestualizzandolo a una realtà povera. degradata e moralmente squallida del sud Italia, un territorio ahimè dimenticato,spazzato dalla mafia, dagli abusi edilizi e purtroppo dall’ignoranza.
Ci troviamo al limite della penisola, nel punto dove il sud sembra finire specchiandosi nell’azzurro mare cristallino della costa sicula, in uno scenario turistico stupendo con panorami e paesini dimenticati immersi nella cornice caratteristica mediterranea. Dinanzi a quel mare così vicino ma per converso inviolabile, si svolge il cammino di formazione di Marta (Yile Vianello) “gettata” dal profondo Nord della Svizzera nel ancor più profondo Sud di Reggio Calabria dove ha trascorso la sua infanzia, luogo irenico ma confuso, detrito inviolabile della sua esistenza.
Il ritorno non ha nulla di proustiano ma, al contrario è ricerca e soprattutto contemplazione. In quella parrocchia di Reggio Calabria dove Marta dovrà frequentare l’importante corso di catechismo per la preparazione alla cresima, spartiacque tra infanzia e maturità nell’accettazione del corpo del Signore, Marta, da spigliata ragazzina comprende e capisce, osserva la sua nuova esistenza da partecipe passivo in terza persona subendo conseguenze e azioni imposte dall’alto: il mare di immondizia dell’oramai secco fiume tramutato a discarica, le litanie paesane, l’abusivismo edilizio e soprattutto la visione “disgregata” della chiesa.
Una chiesa che da luogo di raccoglimento delle anime e di aiuto verso il prossimo è amministrata a mo’ di azienda dal parroco che si preoccupa piuttosto della salvezza delle sue anime smarrite al più “prosaico” e quotidiano presente, promovendo e recuperando i voti elettorali dei fedeli nel suoi peripatetici giri tra le casette della città. Attorno a questa gretta figura amministratrice politica del presente, si muovono i fervori religiosi delle catechiste, i desueti canti gregoriani ora sostituiti dal refrain “Mi sintonizzo con Dio”, grottesco atto di fede verso l’onnipotente, riducendo la Cresima a un atto vuoto di ogni significato che dovrebbe avvicinare al mistero della creazione finendo per sollevare dubbi sulle imposizioni, il radicamento dei valori (sacri o profani) e il modo di trasmetterli.
Con la sua precisa macchina da presa che scandaglia con profondità le sfaccettatura dell’anima della giovane Marta, Rohrwacher analizza con taglio realista l’ambiente della comunità di provincia, non esaltandone lo spirito grottesco quanto la veridicità di fatti e azioni, non cercando quindi il compatimento nello spettatore quanto la sua riflessione in una storia di formazione silenziosa e dubbiosa senza prediche che evita soprattutto l’anticlericalismo ma invita alla discussione.
Con frequenti primi piani che scavano nell’intimità di Marta, la regista ci guida in un cammino contorto, in un amalgama di spiritualità e sentimenti contrastanti, grazie a immagini talvolta forti (l’attacco di menopausa, lo schiaffo della catechista e il glaciale primo piano di Marta) o intime (la figura del prete eremita in uno sperduto paesino di collina portatore del vero sentimento di umiltà cristiana) che comunicano il disorientamento spirituale della pubertà. Marta assurge a simbolo della scoperta del senso divino, della ricerca di sé ed il suo smarrimento ben trasposto sullo schermo rimane purtroppo invischiato tra le trame di un didascalismo un po’ troppo ridondante che la regista enfatizza in più occasioni (estenuante ricerca degli emblemi, rigore stilistico e provincialismo). Un esordio alla Dardenne. Ben vengano!
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rescart
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lunedì 22 luglio 2013
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togli prima la trave dal tuo occhio
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La pagliuzza qui prende corpo e si materializza alla fine quando il ragazzino mostra alla protagonista coetanea, mancata cresimanda, l’unico vero miracolo che oggi la chiesa cattolica sembra (o sembrava “mutatis mutandis” ai suo massimo vertice) essere in grado di fare. La coda tagliata di una lucertola si muove di moto proprio. Viene in mente, vista la presenza nel film dell’episodio del crocifisso perduto in mare, il tanto discusso crocefisso al femminile di Cattelan e quello di Martin Kippenberger, che al posto del solito fisico da modello con pizzetto ha messo se stesso sulla croce nelle sembianze di un ranocchio antropomorfo con tanto di boccale di birra e un uovo tra le mani.
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La pagliuzza qui prende corpo e si materializza alla fine quando il ragazzino mostra alla protagonista coetanea, mancata cresimanda, l’unico vero miracolo che oggi la chiesa cattolica sembra (o sembrava “mutatis mutandis” ai suo massimo vertice) essere in grado di fare. La coda tagliata di una lucertola si muove di moto proprio. Viene in mente, vista la presenza nel film dell’episodio del crocifisso perduto in mare, il tanto discusso crocefisso al femminile di Cattelan e quello di Martin Kippenberger, che al posto del solito fisico da modello con pizzetto ha messo se stesso sulla croce nelle sembianze di un ranocchio antropomorfo con tanto di boccale di birra e un uovo tra le mani. Il passaggio dall’anfibio al rettile poi è breve, come breve è il collegamento al serpente di rame innalzato da Mosè nel deserto, figura del peccato sconfitto da Gesù sulla croce: "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell' uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna" (Giovanni 3:14). La Bibbia è piena di metafore tratte dal mondo degli animali come dei vegetali. Dopo che nella Chiesa cattolica l’attenzione per la natura e l’amore per gli animali sono tornati ad essere una priorità, rimane aperto il problema della trave. Come il corpo celeste del suo capo, quello della Chiesa è e rimane uno solo, anche se ai nostri occhi di osservatori superficiali fuorviati a volte anche da falsi maestri, esso appare diviso. In Italia poi è fin troppo semplice pensare ai colpi di coda delle gerarchie cattoliche, che da quasi vent’anni aspirano a tenere in vita una presenza politica confessionale, ormai diventata minoritaria nel Paese. I giovani pensano ad altro che ad andare in chiesa, che entra nel loro orizzonte di interessi solo quando si adegua al loro livello mentale e ai generi musicali che essi prediligono. La metafora paolina del corpo applicato alla chiesa contemporanea non può certo risolversi nel identificare il suo capo nel Vaticano, per quanto ad esso guardino i potenti del mondo. Potenti che proprio in questi giorni stanno spalancando le porte di una favela brasiliana, opportunamente ripulita dalle truppe d’elite della polizia di Rio, alla visita di papa Francesco. Vasi d’ira e vasi di misericordia si sostengono a vicenda e purtroppo di regola ad andarci si mezzo e ad avere la peggio sono i vasi di coccio di manzoniana memoria. Ma per intravvedere un lieto fine in questo film basterebbe ridimensionare l’importanza che il cattolicesimo, almeno quello più ignorante e bigotto, ha in Italia. Senza distinzione in questo tra nord e sud del Paese.
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riccardo
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martedì 1 maggio 2012
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che percezione!
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Pensate che dallo sguardo del prete sulla strada quando è caduto il crocefisso alla ragazzina Marta e le immagini dopo, per esempio il prete che piange durante il discorso e Marta che sembra voler suicidarsi e la coda di lucertola che si muove ancora io avevo capito che: Marta era stata stuprata dal prete, e che la regista avesse fatto un'enorme ellisse. Che strana percezione.
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pressa catozzo
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giovedì 12 aprile 2012
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sud nord
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Vengo a conoscenza che questa bellisima opera partecipa ai david di donatello. Storia ottimamente narrata. In passato la curia non ne avrebbe concesso la distribuzione, ma fortuna vuole che i tempi passano e qualche cosa cambia. I bambini ci osservano e ci giudicano. Se premiato sarà del tutto meritato.
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rugvito
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lunedì 2 aprile 2012
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tra brutalità e delicatezza
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"Corpo celeste" è un film sospeso tra spiritualià e prosaicità contemporanea. La piccola Marta non ancora contaminata dalla lobotomizzazione perpetrata dai media, è veicolo di riscoperta di una spiritualità più intima e profonda, quasi naturale, che sboccia in un contesto arido in concomitanza con alcuni passaggi chiave dello sviluppo e della crescita della ragazzina. Il contesto è brutto e avvilente, la regista ci mostra infatti una Reggio Calabria segnata dalla speculazione edilizia, restituendoci un ritratto da capitale della prosaicità contemporanea. La bruttezza dei luoghi sembra poi riflettersi nei personaggi, tra cui sono diffiuse: ipocrisia e povertà di spirito oltre ad una certa ignoranza.
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"Corpo celeste" è un film sospeso tra spiritualià e prosaicità contemporanea. La piccola Marta non ancora contaminata dalla lobotomizzazione perpetrata dai media, è veicolo di riscoperta di una spiritualità più intima e profonda, quasi naturale, che sboccia in un contesto arido in concomitanza con alcuni passaggi chiave dello sviluppo e della crescita della ragazzina. Il contesto è brutto e avvilente, la regista ci mostra infatti una Reggio Calabria segnata dalla speculazione edilizia, restituendoci un ritratto da capitale della prosaicità contemporanea. La bruttezza dei luoghi sembra poi riflettersi nei personaggi, tra cui sono diffiuse: ipocrisia e povertà di spirito oltre ad una certa ignoranza. Tutto questo poi acquista un maggior valore nell'economia della tematica se si tiene conto che il luogo più frequentato dalla ragazzina è la parrocchia in cui si tiene il corso di catechismo. Ed è a contatto con la mediocrità di quei personaggi che scaturirà la reazione spontanea e silenziosa di Marta ed il suo accostamento naturale ad un tipo di spiritualità diversa.
La regista riesce a conservare uno sguardo delicato e leggero sulle cose (forse semplicemente muliebre) anche quando esse risultano desolanti. Non si discosta molto dallo sguardo della ragazzina, ne condivide infatti la purezza e un pervasivo ed indistino senso di spiritualità "celeste". Il contrasto tra questa spiritualità ed un certo brutalismo corporale della immagini, è il binomio fondativo del film e l'elemento che lo rende una riuscita e interessante opera prima.
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marica romolini
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martedì 28 febbraio 2012
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un corpo lunare precipitato nel degrado
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Marta ha tredici anni ed è cresciuta in Svizzera. Tornata insieme alla madre e alla sorella a Reggio Calabria, si trova a doversi integrare in una città che, seppur natale, le è terribilmente straniera. Un po' per rispetto del cursus honorum, un po' per fare amicizia, inizia a frequentare le lezioni di preparazione alla Cresima della parrocchia. Ma il mondo che le si spalanca è qui ancora più spiazzante: don Mario si preoccupa unicamente di riscuotere affitti e consensi elettorali, per fuggire ben lontano da uno squallore che non si perita certo di riscattare; la catechista Santa, di lui segretamente infatuata, sembra proprio aver eletto la nuova arrivata a comodo capro espiatorio delle sue frustrazioni; il torvo sagrestano compie con straniante naturalezza una strage d'innocenti (gli amanti dei gatti sono avvisati: una scena a dir poco spezzacuore!).
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Marta ha tredici anni ed è cresciuta in Svizzera. Tornata insieme alla madre e alla sorella a Reggio Calabria, si trova a doversi integrare in una città che, seppur natale, le è terribilmente straniera. Un po' per rispetto del cursus honorum, un po' per fare amicizia, inizia a frequentare le lezioni di preparazione alla Cresima della parrocchia. Ma il mondo che le si spalanca è qui ancora più spiazzante: don Mario si preoccupa unicamente di riscuotere affitti e consensi elettorali, per fuggire ben lontano da uno squallore che non si perita certo di riscattare; la catechista Santa, di lui segretamente infatuata, sembra proprio aver eletto la nuova arrivata a comodo capro espiatorio delle sue frustrazioni; il torvo sagrestano compie con straniante naturalezza una strage d'innocenti (gli amanti dei gatti sono avvisati: una scena a dir poco spezzacuore!). In una Chiesa collusa con la peggior politica, strumentalizzata a fini di carriera o quanto meno spettacolarizzata (quiz di religione alla Chi vuol essere milionario?, Alleluia da stacchetto tv, sale trucco, applausi di platea accompagnano le cresimande nel loro grottesco reality show), Marta è l'unica a chiedere/si un senso. È un corpo celeste, quasi creatura lunare smarrita in una realtà estranea che pure tenta tenacemente di decifrare, sospesa tra infanzia e adolescenza, in un limbo di indefinitezza sessuale. Un corpo che muta e che, tra lo spaesamento delle prime mestruazioni e il desiderio di reggiseni più grandi, pone esso stesso delle domande. Ma fuori il degrado – non dell'eccesso ma dell'ignorante mediocrità – non può rispondere a chi interroga con curiosità spregiudicata: è solo rumore. Alice Rohrwacher sceglie infatti di debuttare (Corpo celeste è il suo primo, magistrale, lungometraggio) senza ricorrere ad alcuna colonna sonora. La forza del film sta tutta nel taglio delicatamente indagatore dei primi piani, nella credibilità dei dialoghi (superbi gli attori, professionisti e non), nell'adozione del punto di vista di Marta, che spiega l'alone caricaturale che certa critica ha imputato ai personaggi (l'iperacidità della sorella maggiore o l'incolto attivismo di Santa che sfiora l'ebetismo). L'intento non è polemico: vi è anzi una sorta di «ritrosia antiretorica» che affida il narrato a una lunga «soggettiva libera indiretta» (R. Menarini) e che si autoregola con limitazioni simil-Dogma: macchina rigorosamente a spalla, suoni e non musiche, Super16 al posto del digitale per rendere i dettagli non brutalmente visibili ma, senza enfasi, percepibili. Perché se i simboli precipitano dall'alto non sono che vuote formule cerimoniali, come quelle che la catechista vuol far recitare a forza a una Marta che esige invece il tempo necessario per vagliarle. Devono piuttosto scaturire dalla realtà, essere cercati in rebus.Ed è infatti su un 'miracolo' di questo sublime d'en bas che si conclude il film: dopo l'abluzione battesimale nel Giordano locale, ecco una coda di lucertola dibattersi, nonostante tutto, in un inesausto amor vitae.
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enrichetti
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lunedì 20 febbraio 2012
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il tatto di marta
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Quanto bisogna allontanarsi dalla chiesa per sfiorre la propria religiosità e cercare la parola di Dio? Se non arriva Cristo a cacciare i mercanti dal tempio, quello che nel frattempo si può fare è andar via da quel tempio. Mentre dentro si prepara lo show, Marta trova e abbraccia una cucciolata di gatti che avevano trovato rifugio nel magazzino della chiesa. La catechista espelle i corpi estranei ammucchiandoli in una busta di plastica e li affida al carnefice che li sbatacchia sul marciapiedi e li getta nella discarica. Marta abbandona lo show e li va a cercare. Lungo la strada viene raccolta dal parroco che la trascina in macchina in un paese abbandonato per recuperare un crocifisso ligneo da una chiesa abbandonata del paese abbandonato.
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Quanto bisogna allontanarsi dalla chiesa per sfiorre la propria religiosità e cercare la parola di Dio? Se non arriva Cristo a cacciare i mercanti dal tempio, quello che nel frattempo si può fare è andar via da quel tempio. Mentre dentro si prepara lo show, Marta trova e abbraccia una cucciolata di gatti che avevano trovato rifugio nel magazzino della chiesa. La catechista espelle i corpi estranei ammucchiandoli in una busta di plastica e li affida al carnefice che li sbatacchia sul marciapiedi e li getta nella discarica. Marta abbandona lo show e li va a cercare. Lungo la strada viene raccolta dal parroco che la trascina in macchina in un paese abbandonato per recuperare un crocifisso ligneo da una chiesa abbandonata del paese abbandonato. Durante il viaggio don Mario si ferma a raccogliere voti per le prossime elezioni e la bambina si trova per la prima volta a contatto con il proprio sangue mestruale. Vicino a Gesù in croce c'è un anziano sacerdote, diverso dai bari che stanno conducendo il rito della cresima in città. Forse lui potrebbe dare la risposta alla domanda di Marta "cosa vuol dire Eli, Eli, lemà sabactàn?" "Signore, Signore, perchè mi hai abbandonato?" Allora Gesù è triste? chiede la bambina. No, risponde il prete, è arrabbiato e folle. Marta accarezza il corpo del Cristo cercando di togliergli di dosso la polvere dell'abbandono: il carrierismo di don Mario; il vuoto ritualismo della catechista innamorata del prete; il bigottismo sadico e narcisistico dei parrocchiani; il potere inquisitorio delle gerarchie. Ma in tutto questo, dov'è Gesù? Nel volo della statua verso il mare.Così Marta lascia la cerimonia, raggiunge la spiaggia immergendosi nelle acque tanto desiderate e lì assiste finalmente al miracolo: la coda di una lucertola, mozzata ma ancora viva. La cresima è compiuta.
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