zibaldino
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sabato 11 febbraio 2012
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lo sguardo di marta
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Il grigio del cemento e dell’abbandono si colora di uno sguardo nuovo. Sono gli occhi di Marta, che alieni ci guidano attraverso i vicoletti dell’Italia profonda. L’Italia della religiosità pagana, humus di ambigui intrecci fra politica e Chiesa. Lo sguardo pulito di chi è capace di stupirsi di fronte alle storture che quotidianamente assumiamo in dosi massicce e con le quali spesso ci rassegniamo a convivere, additando come pazzo chi a testa bassa le combatte nel silenzio del grande circo dell’informazione.
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epidemic
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martedì 31 gennaio 2012
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l'altra faccia della fede
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Una piacevole sorpresa. Una fotografia spietata sull'altro lato della fede, i rituali della comunione e le lacune del catechismo. L'altra faccia della medaglia degli insegnamenti e l'innevitabile connubbio politico. Un film duro e crudo visto da occhi innocenti di una protagonista tanto giovane quanto brava. L'accostamento al recente film "Lourdes" è inevitabile, la differenza che questo è made in Italia. Da vedere
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nigel mansell
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venerdì 25 novembre 2011
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gli occhi di marta sono i nostri occhi
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Gli occhi di Marta sono i nostri occhi, i miei occhi. I miei occhi di preadolescente, dei pomeriggi passati all'oratorio, di mia madre bigotta. Di una religione spiegata in modo ottuso, ignorante e conformista. Marta saprà scegliere la via giusta. Ottimi attori, Marta bravissima, ma anche la catechista, e tutti gli altri che rendono il quadretto familiare e poi il prete... Fotografia che rende benissimo l'idea di una periferia degradata da sud del mondo. Sulla regia non saprei giudicare, in quanto volutamente è invisibile con una camera poco fissa che fa entrare nelle vicende dei personaggi.
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lisa casotti
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mercoledì 23 novembre 2011
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un collage disordinato
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Oh come ci sono rimasta male, oh. Monti, mari e fiumi ho attraverso per riuscire a vedere il Corpo celeste, attratta indifferentemente dalle critiche entusiastiche per questa opera prima e dal tema “mistico” che tanto mi appartiene. Ho ritrovato con gioia gli occhi azzurri di Yle Vianello, già incontrati nella Solitudine dei numeri primi. Occhi grandi che scrutano il mondo restando in silenzio o tutt’al più dicono la verità nella ricerca del Senso. Cercherò di non perdere di vista quegli occhi per vedere dove vanno a finire. Forse sta crescendo un’attrice degna di nota, forse l’hanno già rinchiusa in un ruolo.
Un coro di consensi per la giovane regista, Alice Rohrwacher (sorella minore della più nota, e lei sì bravissima, Alba Rohrwacher) però mi permetto di fare una considerazione.
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Oh come ci sono rimasta male, oh. Monti, mari e fiumi ho attraverso per riuscire a vedere il Corpo celeste, attratta indifferentemente dalle critiche entusiastiche per questa opera prima e dal tema “mistico” che tanto mi appartiene. Ho ritrovato con gioia gli occhi azzurri di Yle Vianello, già incontrati nella Solitudine dei numeri primi. Occhi grandi che scrutano il mondo restando in silenzio o tutt’al più dicono la verità nella ricerca del Senso. Cercherò di non perdere di vista quegli occhi per vedere dove vanno a finire. Forse sta crescendo un’attrice degna di nota, forse l’hanno già rinchiusa in un ruolo.
Un coro di consensi per la giovane regista, Alice Rohrwacher (sorella minore della più nota, e lei sì bravissima, Alba Rohrwacher) però mi permetto di fare una considerazione. Dietro l’apparente semplicità del contesto e della narrazione, il film porta avanti un discorso confuso, una riflessione che coinvolge più piani: il corpo materiale/fisico e il corpo sofferente/umiliato/divino, la religione che oggi fatica a dare risposte, la mercificazione e spettacolarizzazione della fede, ma anche l’incontro intimo con l’umanità del Vangelo; la solitudine di una mamma consumata dal lavoro (e non si capisce bene che fine abbia fatto il padre) e di una donna che si prodiga nell’insegnamento del catechismo e nelle faccende di perpetua per amore (si evince a un certo punto) del parroco, l’arrivismo di questo uomo di chiesa e l’indisponibilità e il distacco del Clero; i giochetti della politica, l’adolescenza annoiata, il rapporto conflittuale tra sorelle (a tal proposito spero che non sia autobiografico); il divino che percorre strade diverse da quelle “canoniche” per manifestarsi nel mondo, e il vero miracolo della vita.
Tutti questi elementi però non si amalgamano, i diversi piani non si intersecano perfettamente, con il risultato di trasmettere un messaggio sfilacciato, un quadro che non riesce a imprimersi dentro, ma rimane un puzzle con dei pezzi mancanti, un collage esplosivo che rimanda ad altro, qualcosa di più alto, certo, di celeste appunto, come nelle intenzioni della regista, che per spiegare il suo film cita il “sovramondo” di Anna Maria Ortense*, qualcosa che aleggia tutt’intorno, ma che non segna nel profondo.
*“… Le leggende e i testi scolastici parlavano dello spazio azzurro e dei corpi celesti come di un sovramondo. Agli abitanti della Terra essi aprivano tacitamente le grandi mappe dei sogni, svegliavano un confuso senso di colpevolezza. Mai avremmo conosciuto da vicino un corpo celeste! Non ne eravamo degni! Invece, su un corpo celeste collocato nello spazio viviamo anche noi: corpo celeste, o oggetto del sovramondo era anche la Terra, una volta sollevato quel cartellino col nome del pianeta Terra. Eravamo quel sovramondo”.
Anna Maria Ortese, Corpo celeste
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cinemania
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venerdì 18 novembre 2011
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le talentuose sorelle rohrwacher
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Il debutto alla regia ci fa conoscere il talento della sorella della più nota (e ottima) attrice Alba. Storia di formazione di Marta,una ragazzina tredicenne che,dopo 10 anni vissuta in Svizzera si ritrova catapultata nel Sud Italia,in un mondo dalle tradizioni arcaiche,e per alcuni versi assurde,a lei del tutto sconosciute. Marta frequenta il catechismo e partecipa attivamente a tutte le attività ecclesiastiche, e suo è lo sguardo su una Chiesa piena di contraddizioni, che lei osserva, registra,ma dove non riuscirà a trovare la sua strada. Gli attori sono tutti bravi,esordienti e non, guidati da un'ottima capacità di regia.
La ragazzina che interpreta Marta ha gli stessi colori e lineamenti simili alle Rohrwacher, quasi sembra una terza sorellina.
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Il debutto alla regia ci fa conoscere il talento della sorella della più nota (e ottima) attrice Alba. Storia di formazione di Marta,una ragazzina tredicenne che,dopo 10 anni vissuta in Svizzera si ritrova catapultata nel Sud Italia,in un mondo dalle tradizioni arcaiche,e per alcuni versi assurde,a lei del tutto sconosciute. Marta frequenta il catechismo e partecipa attivamente a tutte le attività ecclesiastiche, e suo è lo sguardo su una Chiesa piena di contraddizioni, che lei osserva, registra,ma dove non riuscirà a trovare la sua strada. Gli attori sono tutti bravi,esordienti e non, guidati da un'ottima capacità di regia.
La ragazzina che interpreta Marta ha gli stessi colori e lineamenti simili alle Rohrwacher, quasi sembra una terza sorellina. Immensamente brava Pasqualina Scuncia nel ruolo della catechista Santa:non un'attrice ma presa dalla gente comune,che risulta assolutamente ripugnante,quindi vera.
La Rohrwacher ci mostra il mondo ecclesiale italiano con il suo tocco da documentarista ma con un film delicato e poetico. Bellissimo film,per gusti raffinati.
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astromelia
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lunedì 7 novembre 2011
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improponibile
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improponibile,non tanto per la location dove si svolge,forriera di cultura atavica e ancestrale,e consona alla sua tradizione tramandata, ma per le sequenze mai finite,scene interrotte,senza una concatenazione, evidentemente tralasciando particolari dei quali il romanzo penso sia più esaustivo,chia ha dato 5 stelle penso non abbia mai visto i capolavori veri e propri.
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(di camarillo)
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viva_la_vida
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domenica 23 ottobre 2011
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grottesco a parte
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Il debutto della Rohrwacher non fa che confermare le tendenze del cinema contemporaneo italiano. Buone idee, poca arte. Il tema di per sé appare sicuramente interessante, l'ignorante bigottismo di alcune comunità parrocchiali meridionali e i suoi effetti su una tredicenne. Un tema che emerge chiaro e potente dalle grottesche "gesta" dei personaggi, da cui appare nettamente estraniata e disillusa la ragazza. La bambina che balla inconsapevole motivetti a sfondo sessuale assurdamente travestita da "santa", i genitori appagati e soprattutto Santa, il personaggio più riuscito, la classica signorina devota e tuttofare delle parrocchie, appaiono personaggi di un angoscioso dramma vestito di sorrisetti e applausi, eroi ed eroine improvvisati.
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Il debutto della Rohrwacher non fa che confermare le tendenze del cinema contemporaneo italiano. Buone idee, poca arte. Il tema di per sé appare sicuramente interessante, l'ignorante bigottismo di alcune comunità parrocchiali meridionali e i suoi effetti su una tredicenne. Un tema che emerge chiaro e potente dalle grottesche "gesta" dei personaggi, da cui appare nettamente estraniata e disillusa la ragazza. La bambina che balla inconsapevole motivetti a sfondo sessuale assurdamente travestita da "santa", i genitori appagati e soprattutto Santa, il personaggio più riuscito, la classica signorina devota e tuttofare delle parrocchie, appaiono personaggi di un angoscioso dramma vestito di sorrisetti e applausi, eroi ed eroine improvvisati. Le basi per un buon film ci sono tutte, se non fosse per l'inesorabile vizio del cinema italiano contemporaneo di prendere belle storie e farci brutti film. I dialoghi sono superficiali e scontati, le scene si accavallano pesanti, la colonna sonora è inesistente. La storia si nutre di silenzi e gesti, versi di una poesia ormai superata, di un'arte poco interessante. Ben riuscita a tratti è la nota grottesca dei personaggi, la caduta di Santa, il crocifisso in mare. Di simbolico bastava questo. Poi, accantonata la poesia, sarebbe stato necessario pensare al film, ad esempio dando ai personaggi più opportunità per esprimersi, crear loro una vita intorno che non sia solo quella parrocchiale, farli venir fuori e non lasciarli chiusi in silenzi di vaga interpretazione.
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emmah
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venerdì 7 ottobre 2011
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per carità
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Quando sono usciti i titoli di coda mi sono chiesta il motivo per cui una si sveglia la mattina e fa un film brutto e noioso come questo, seconda domanda chi le ha dato i soldi per farlo e poi perchè si è messa a fare la presa diretta se non è capace.Dicono che il cinema italiano è in crisi ma se i nuovi talenti sono questi io direi che sta proprio morendo!Per fortuna non sono andata al cinema a vederlo ma in ogni caso vorrei che mi rimborsassero i 5 euro del noleggio.Non basta far recitare l'attore di Gomorra per credersi all'altezza di Garrone. Riaprite la scuola di cinematografia per la Rohrwacher!!!
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giovanna troisi spagnoli
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mercoledì 28 settembre 2011
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titolo geniale
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Ieri ho visto il film a Parigi, dove abito,all'Istituto di Cultura.
Ho conosciuto la regista, simpatica,intelligente, ha spiegato tante cose del suo lavoro cinematograficocon garbo e semplicità.
L'ho visto molto volentieri ,nell'insieme il film;ho trovato geniali e divertentissime le sequenze del catechismo:le frasi fatte che vogliono dire tutto ed il contrario di tutto,la fede come vanto,la dedizione della catechista, bravissima attrice,le reazioni ,ora compunte, ora annoiate, ora stupite dei cresimandi.Perfetti anche i personaggi dei ragazzi,più veri dei veri.
Una derisione azzeccatissima che ricordava certi film del neorealismo italiano,quelli più salaci. Avrei preferito che il tono rimanesse quello anche per la seconda parte del film,quella piu' seria e drammatica.
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Ieri ho visto il film a Parigi, dove abito,all'Istituto di Cultura.
Ho conosciuto la regista, simpatica,intelligente, ha spiegato tante cose del suo lavoro cinematograficocon garbo e semplicità.
L'ho visto molto volentieri ,nell'insieme il film;ho trovato geniali e divertentissime le sequenze del catechismo:le frasi fatte che vogliono dire tutto ed il contrario di tutto,la fede come vanto,la dedizione della catechista, bravissima attrice,le reazioni ,ora compunte, ora annoiate, ora stupite dei cresimandi.Perfetti anche i personaggi dei ragazzi,più veri dei veri.
Una derisione azzeccatissima che ricordava certi film del neorealismo italiano,quelli più salaci. Avrei preferito che il tono rimanesse quello anche per la seconda parte del film,quella piu' seria e drammatica.Il dramma dell'adolescente che non arriva ad adattarsi alle contraddizioni del profondo sud dell'Italia, si perde.Si perde nei meandri poco credibili ,perchè troppo leggermente accennati, della crisi di fede del parroco,della sua compromissione politica,della disumana crudeltà verso gli animali della catechista e del sacrestano,dell'atteggiamento distante del vescovo,dell'ingenua dabbenaggine di fedeli e cittadini.Troppo e troppo poco ad un tempo per reggere il paragone con la riuscitissima prima parte.
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stefanomaike
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sabato 23 luglio 2011
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speranza
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Il peggio c'è, esiste, lo si intuisce. ma non è il "fare spettacolo" che interessa qui. le pennellate ne mostrano i segni evidenti. lo sgomento è il sentire prevalente. Il Gesù "adattato" al sentire dei tempi (ancora e ancora) degrado culturale da pomeriggio TV, degrado sociale e ambientale che consegue, contaminazioni pesanti in coloro che dovrebbero rappresentare l'apice spirituale della società. Ma la speranza c'è e ce n'è tanta, forse troppa. c'è in quell'angelo purissimo, chino ad accarezzare e "cercare" Gesù. c'è nell'amore di una mamma, c'è persino nel l'incertezza del prete che all'improvviso a compreso (un pò di eccesso lì) c'è soprattutto nel bel finale molto allegorico. Certo c'è un guado da attraversare e anche dei ponti da rompere, ma la vita c'è ancora, viva, vera, guizzante perfino.
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Il peggio c'è, esiste, lo si intuisce. ma non è il "fare spettacolo" che interessa qui. le pennellate ne mostrano i segni evidenti. lo sgomento è il sentire prevalente. Il Gesù "adattato" al sentire dei tempi (ancora e ancora) degrado culturale da pomeriggio TV, degrado sociale e ambientale che consegue, contaminazioni pesanti in coloro che dovrebbero rappresentare l'apice spirituale della società. Ma la speranza c'è e ce n'è tanta, forse troppa. c'è in quell'angelo purissimo, chino ad accarezzare e "cercare" Gesù. c'è nell'amore di una mamma, c'è persino nel l'incertezza del prete che all'improvviso a compreso (un pò di eccesso lì) c'è soprattutto nel bel finale molto allegorico. Certo c'è un guado da attraversare e anche dei ponti da rompere, ma la vita c'è ancora, viva, vera, guizzante perfino. aldilà del guado. Grazie Alice.
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