hidalgo
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domenica 26 giugno 2011
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il diritto alla giustizia e l'amore materno
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Capitano nordista durante la Guerra Civile e ora promettente avvocato, Frederick Aiken deve difendere davanti a un tribunale militare Mary Surratt, proprietaria di una pensione accusata di complicità nell'assassinio di Abramo Lincoln.
Il processo non sarà pulito. Intenso ed avvincente, forte di una sceneggiatura impeccabile e della solida regia di Redford, The Conspirator è uno di quei film che ti "rapiscono" dall'inizio alla fine. La giustizia che diventa inquisizione, la ricerca non del colpevole ma di un colpevole, il processo-farsa dalla sentenza già scritta e l'amore senza confini di una madre per il proprio figlio.
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Capitano nordista durante la Guerra Civile e ora promettente avvocato, Frederick Aiken deve difendere davanti a un tribunale militare Mary Surratt, proprietaria di una pensione accusata di complicità nell'assassinio di Abramo Lincoln.
Il processo non sarà pulito. Intenso ed avvincente, forte di una sceneggiatura impeccabile e della solida regia di Redford, The Conspirator è uno di quei film che ti "rapiscono" dall'inizio alla fine. La giustizia che diventa inquisizione, la ricerca non del colpevole ma di un colpevole, il processo-farsa dalla sentenza già scritta e l'amore senza confini di una madre per il proprio figlio. Robert Redford tocca tanti temi concentrandoli in un uno solo, l'ipocrisia bigotta del "sistema", corrotto e senza scrupoli. La legge è uguale per tutti solo quando lo decidono loro, perchè "in guerra la legge tace." Aiken si ritrova solo contro tutti perchè solo lui si ricorda ancora la differenza tra giustizia e vendetta. Si batte per un processo giusto superando la barriera dell'odio che separa nord e sud e vincendo a sua volta la diffidenza che provava all'inizio lui stesso per la sua cliente. I momenti del processo trasudano ingiustizia suscitando rabbia ma anche commozione per l'amore di Mary Surratt, pronta a morire pur di non "condannare" il figlio. Molto parlato (e bene), recitato benissimo, contro il pregiudizio e la pena di morte, da come si evince dalla straziante scena finale dove l'impiccagione dei cospiratori e dell'innocente Mary diventa uno show con tanto di fotografo pronto ad immortalare l'evento. Da vedere.
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august
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domenica 26 giugno 2011
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un vero capolavoro
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Molto grazie alla bellissima fotografi di Newton Thomas Sigel che ricrea splendidamente ogni particolare della seconda metà del 1800 americano ed una storia forte ed emozionate di James D. Solomon, Robert Redford può scriversi in compagnia di registi come DW Griffith e Clint Eastwoord per te cospirartor. Perfetti tutti gli interpreti da un fanatico e cattivissimo Kevin Kline nel ruolo del segretario alla guerra ad un untuoso Danny Huston in quello del procuratore la vicenda della vendetta legalizzata nella congiura contro Clinton e molto ben raccontata da tutti i punti di vista. Lo scozzese James McAvoy è perfetto nel ruolo del debole eroe e in questa vicenda dove le donne sono vittime Robin Wright Penn interpreta Mary Suart una donna colpevole d’essere sudista e cattolica quindi diversa e vittima scarificare.
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Molto grazie alla bellissima fotografi di Newton Thomas Sigel che ricrea splendidamente ogni particolare della seconda metà del 1800 americano ed una storia forte ed emozionate di James D. Solomon, Robert Redford può scriversi in compagnia di registi come DW Griffith e Clint Eastwoord per te cospirartor. Perfetti tutti gli interpreti da un fanatico e cattivissimo Kevin Kline nel ruolo del segretario alla guerra ad un untuoso Danny Huston in quello del procuratore la vicenda della vendetta legalizzata nella congiura contro Clinton e molto ben raccontata da tutti i punti di vista. Lo scozzese James McAvoy è perfetto nel ruolo del debole eroe e in questa vicenda dove le donne sono vittime Robin Wright Penn interpreta Mary Suart una donna colpevole d’essere sudista e cattolica quindi diversa e vittima scarificare. Un’interpretazione con i fiocchi come quella della figlia Anne dove Evan Rachel Wood mostra di valere tanti diamanti quanto pesa. Molto bravo il ruolo più ambiguo del film quello di Tom Wilkinson attore molto versatile che sembra Lauree Olivier clonato. Bravissima con un tono da commedia Alexis Bledel che interpreta la moglie del protagonista
Robert Fogelberg Rota
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desgi
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lunedì 4 luglio 2011
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la giustizia al di sopra degli uomini
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Un solido legal thriller poco consolatorio che spinge a più di una riflessione sulla natura imperfetta della giustizia. La giustizia che trionfa nel film è quella dello Stato, della "ragion di Stato", una giustizia, quindi, molto diversa da quella degli uomini che è sostanzialmente di natura morale e ideologica. L'interesse maggiore del film consiste, a mio avviso, non tanto nella sottolineatura dello scandalo di una ragione di Stato che per affermarsi non esita a calpestare la verità e i diritti civili, quanto piuttosto nell'avvertimento dell'impossibilità di giudicare i comportamenti morali degli uomini. Il film ha, a ben vedere, due finali: il primo in cui si conclude il processo ai cospiratori, con relativa sentenza di morte, e il secondo in cui si narrano le vicende di un figlio vile che, pur potendo, nulla fa per evitare la condanna della madre.
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Un solido legal thriller poco consolatorio che spinge a più di una riflessione sulla natura imperfetta della giustizia. La giustizia che trionfa nel film è quella dello Stato, della "ragion di Stato", una giustizia, quindi, molto diversa da quella degli uomini che è sostanzialmente di natura morale e ideologica. L'interesse maggiore del film consiste, a mio avviso, non tanto nella sottolineatura dello scandalo di una ragione di Stato che per affermarsi non esita a calpestare la verità e i diritti civili, quanto piuttosto nell'avvertimento dell'impossibilità di giudicare i comportamenti morali degli uomini. Il film ha, a ben vedere, due finali: il primo in cui si conclude il processo ai cospiratori, con relativa sentenza di morte, e il secondo in cui si narrano le vicende di un figlio vile che, pur potendo, nulla fa per evitare la condanna della madre. Questa meschina figura costituisce il vero scandalo della storia perchè la sua colpevolezza, soprattutto morale, nonostante l'autommisione e l'evidenza con cui viene percepita dalla pubblica opinione, non può essere riconosciuta per insufficienza di prove ed è destinata a rimanere impunita. Una ragione di più per riflettere sulla natura tutt'altro che perfetta delle legge che, ben lontana dal regolare e assecondare la giustizia secondo i desideri e le aspirazioni degli uomini, svela in realtà la sua vera vocazione di pieno asservimento allo Stato. Essa, come la politica, non conosce la morale e, proprio come la politica, troppe volte risulta incomprensibile agli uomini.
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laurence316
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venerdì 14 luglio 2017
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silent enime leges inter arma
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Prodotto dall'esordiente American Film Company (TAFC), diretto da Redford (che si giova, e molto, dell'ottima sceneggiatura di Solomon), girato in Georgia, è la storia del processo a Mary Surratt, accusata di cospirazione nell'assassinio di Abraham Lincoln, raccontata prevalentemente attraverso gli occhi di Frederick Aiken, il suo difensore, che prima restio a difendere colei che ritiene colpevole come tutti gli altri, presto si appassiona al caso, e trova profondamente ingiusto il processo di fronte ad un tribunale militare per una civile, che è usata come capro espiatorio al fine di catturare l'unico cospiratore scampato all'arresto, suo figlio John.
Sostenuto da eccellenti interpretazioni da parte dei protagonisti (McAvoy e Wright in testa), The Conspirator è forse il miglior film di Redford regista, che narra di un'ingiustizia, di una sorta di processo-farsa, la cui fine è già stabilita: deve concludersi con l'impiccagione di tutti gli imputati, compresa la vedova Surratt.
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Prodotto dall'esordiente American Film Company (TAFC), diretto da Redford (che si giova, e molto, dell'ottima sceneggiatura di Solomon), girato in Georgia, è la storia del processo a Mary Surratt, accusata di cospirazione nell'assassinio di Abraham Lincoln, raccontata prevalentemente attraverso gli occhi di Frederick Aiken, il suo difensore, che prima restio a difendere colei che ritiene colpevole come tutti gli altri, presto si appassiona al caso, e trova profondamente ingiusto il processo di fronte ad un tribunale militare per una civile, che è usata come capro espiatorio al fine di catturare l'unico cospiratore scampato all'arresto, suo figlio John.
Sostenuto da eccellenti interpretazioni da parte dei protagonisti (McAvoy e Wright in testa), The Conspirator è forse il miglior film di Redford regista, che narra di un'ingiustizia, di una sorta di processo-farsa, la cui fine è già stabilita: deve concludersi con l'impiccagione di tutti gli imputati, compresa la vedova Surratt. Dato il periodo di grande tumulto dovuto all'uccisione, la gente vuole un colpevole contro cui scagliarsi (o almeno è una delle tante scuse dietro le quali si nascondono i detentori del potere). E Aiken, in tutto questo, diventa un emarginato, criticato da tutti, che finisce per convincersi sempre di più dell'innocenza della Surratt, riuscendo ad ottenere anche una richiesta di habeas corpus, dopo la condanna della vedova, che viene però bloccata dal Presidente Johnson (dopotutto, come dice Holt verso la fine del film, "silent enim leges inter arma", in tempo di guerra la legge tace, anche se -Non dovrebbe-, come ribatte giustamente Aigen). Le analogie con la reazione di Washington dopo gli attentati dell'11 settembre sono palesi. Ottima fotografia di Newton Thomas Sigel.
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rum42coah
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domenica 7 agosto 2011
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la "vera" giustizia americana
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Questo film è l”esempio lampante di come debba essere realizzato un film storico:riferimenti al presente,attori superbi,ottima regia e spunti sopra la media.Il fil tratta di un ex soldato ai tempi di guerre(nordista) che finita la guerra,diventa avvocato e il suo primo caso sarà difendere una donna accusata di aver cospirato l”assassinio si Abramo Lincoln.
Il regista premia oscar Robert .Redford struttura un film incentrato su un processo imparziale che vede l”accusa con qualsiasi potere a discapito di una difesa senza mezzi.L”attrice Robin Wright dimostra tutta la sua bravura con una grande interpreazione di Marry Stuart,l”accusata di cospirazione.
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Questo film è l”esempio lampante di come debba essere realizzato un film storico:riferimenti al presente,attori superbi,ottima regia e spunti sopra la media.Il fil tratta di un ex soldato ai tempi di guerre(nordista) che finita la guerra,diventa avvocato e il suo primo caso sarà difendere una donna accusata di aver cospirato l”assassinio si Abramo Lincoln.
Il regista premia oscar Robert .Redford struttura un film incentrato su un processo imparziale che vede l”accusa con qualsiasi potere a discapito di una difesa senza mezzi.L”attrice Robin Wright dimostra tutta la sua bravura con una grande interpreazione di Marry Stuart,l”accusata di cospirazione.Un film che ha molte metafore con il presente,denunciando ottimamente un sistemo giudiziario allo sbando e non più imarziali dove si emettono sentenze soltanto per trovare un colpevole da dare al popolo.Come non pensare a molti terroristi di oggi…Il film è emotivamente forte e pieno di suspense in molti punti,pur essendo un film lungo e non d”azione ma riesce a trasmettere quella grandezza che il regista voleva imprimere a questo film che riguarda più strettamente gli USA.
La fine è atroce e per certi versi inaspettata,ma rispeccha fedelmente l”insegnamento del film sulla giustizia senza diritti uguali per la popolazione e la codardia della gente mascherata dal figlio della donna che arriverà a farla uccidere pur di non dichiararsi colpevole lui,salvo andare in prigione alla fine.
Un film non pesante,ma molto intrigante e interessante da guardare per farsi un idea degli USA di quel tempo che non erano tutto rosa e fiori come molti pensano oggi.
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pepito1948
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martedì 5 luglio 2011
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realpolitik e costituzione
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1865, Nord America. Il Presidente Lincoln viene assassinato durante una rappresentazione teatrale. L’omicida, attore dalle sembianze troppo note per farla franca, è un filo-sudista di nome John Wilkes Booth (novello Bruto, “Sic sempre tyrannis” avrebbe gridato dopo il misfatto), acerrimo nemico dell’Unione e di chi lo rappresenta al massimo vertice, che viene presto rintracciato ed ucciso dall’Esercito in un capannone non troppo lontano. Secondo un piano preordinato, altri 2 alti membri del Governo vengono assaliti dalla stessa banda di cospiratori, ma riescono a cavarsela.
Fin qui informano i comuni libri di storia. Redford, intenzionato a scavare nelle pieghe delle vicende che seguirono e nei risvolti più oscuri che caratterizzarono le dinamiche scatenatesi in occasione dello shock generale che pervase il mondo politico e l’opinione pubblica a seguito all’attentato, affronta un argomento poco conosciuto che mette in forte risalto i limiti e la fragilità del nuovo Stato, alla fine ormai pressoché avvenuta della guerra di Secessione: il processo ai responsabili dell’omicidio.
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1865, Nord America. Il Presidente Lincoln viene assassinato durante una rappresentazione teatrale. L’omicida, attore dalle sembianze troppo note per farla franca, è un filo-sudista di nome John Wilkes Booth (novello Bruto, “Sic sempre tyrannis” avrebbe gridato dopo il misfatto), acerrimo nemico dell’Unione e di chi lo rappresenta al massimo vertice, che viene presto rintracciato ed ucciso dall’Esercito in un capannone non troppo lontano. Secondo un piano preordinato, altri 2 alti membri del Governo vengono assaliti dalla stessa banda di cospiratori, ma riescono a cavarsela.
Fin qui informano i comuni libri di storia. Redford, intenzionato a scavare nelle pieghe delle vicende che seguirono e nei risvolti più oscuri che caratterizzarono le dinamiche scatenatesi in occasione dello shock generale che pervase il mondo politico e l’opinione pubblica a seguito all’attentato, affronta un argomento poco conosciuto che mette in forte risalto i limiti e la fragilità del nuovo Stato, alla fine ormai pressoché avvenuta della guerra di Secessione: il processo ai responsabili dell’omicidio. Oggi diremmo ai “presunti” responsabili, ma in quella vicenda la condanna degli imputati fu il punto d’inizio, più che la conclusione, del processo: il verdetto venne preventivamente deciso per motivi politici, e fu blindato sia stabilendo la sede militare anziché quella civile (anche se le trattative di pace erano praticamente concluse, il che avrebbe dovuto far venire meno la competenza della corte marziale), sia, conseguenzialmente, imbottendo la giuria di ufficiali di provata fede antisudista, chiaramente orientati a far piazza pulita dei cospiratori molto più che a tutelare l’imparzialità del corso del dibattimento.
Protagonista assoluto dell’operazione fu il Ministro della Guerra Stanton, colui che con ferma determinazione manovrò i fili nominando i giudici, vigilando senza sosta sull’andamento processuale, intervenendo sui debordi contingenti dalla linea imposta, e finanche sul contenuto e l’operatività della sentenza ancorché già emanata: l’opinione pubblica doveva essere in ogni caso rassicurata con un’esemplare dimostrazione di “pulizia giudiziaria”, capace di superare dubbi, rancori residui, divisioni, incertezze che l’eliminazione di Lincoln aveva riportato a galla.
Redford ci illustra e ci racconta un processo farsa, vestito apparentemente di forme rituali e di garanzie democratiche come il contraddittorio tra accusa e difesa, ma sostanzialmente animato da spirito di pura vendetta che non ammette deroga. Il Davide della situazione –un giovane, anche se già eroe di guerra, avvocato alla prima prova impegnativa- nulla può contro il sistema Golia, costituito da un potere politico-militare compatto che non lascia spazio ad esiti alternativi a quelli preventivamente decisi. Gli imputati fin dall’inizio non hanno scampo; e non solo i balordi superstiti della banda di Booth, ma anche e soprattutto Mary Surrat, proprietaria della pensione in cui si riunivano i congiurati e madre di uno di essi, fuggito subito dopo l’attentato. Ed è proprio sulla sua figura di donna, nobilmente coraggiosa e decisa ad affrontare il verdetto portandosi dentro una verità “familiare” che forse avrebbe potuto salvarla, che Redford concentra la sua attenzione. La dialettica tra l’avvocatino, inizialmente recalcitrante e poco convinto dell’innocenza della sua assistita, e la donna, pervicacemente decisa a difendere la sua estraneità al complotto con il massimo di fermezza e dignità, è il fulcro su cui si sofferma la macchina da presa, ed è anche la dimensione “limpida” in cui il regista sembra volersi rifugiare nell’ambito di un contesto in cui predomina la forza inesorabile di un potere cieco ad ogni esigenza di equità e di vera giustizia.
Redford, come è noto, non nasconde la sua predilezione per il cinema classico, secondo i tradizionali canoni hollywoodiani (lo schema ricalca “Codice d’onore” di Reiner, anche se il finale, a causa del rispetto dei riferimenti storici, è del tutto diverso). Ci dice fin da subito da che parte stanno il torto e la ragione, l’azione, in gran parte girata in una semplice aula giudiziaria o comunque in interni, si svolge in modo lineare: non si ravvisano guizzi di regia o effetti che impreziosiscano particolarmente le immagini; la rilevanza della vicenda –visto l’interesse del regista per i temi sociali e civili- giustifica la preminenza del contenuto sulla forma, cioè della storia sulle immagini. Così come è chiaro il quesito che sottende l’intero film: in un momento di diffuso pericolo, come quello conseguente all’uccisione della guida suprema di uno Stato di recente nascita ed appena uscito da una devastante guerra fratricida, è ammissibile che ragioni di realpolitik prevalgano sul pieno rispetto delle garanzie costituzionali? Evidentemente la risposta di Redford, come di tanti democratici convinti, è scontata.
The Conspirator appartiene a quel filone “nobile” il cui fine implicito consiste nel coinvolgere lo spettatore direttamente in una vicenda in cui, nel contrasto con le forze ostative, si evidenziano i valori fondamentali che si intendono esaltare (come l’esigenza di un processo giusto tipica di qualsiasi democrazia) senza orpelli o divagazioni narrative o formali. Ed in questo Redford ha pienamente centrato l’obiettivo, grazie anche ad un cast di alto spessore, in cui è doveroso citare, oltre ai due protagonisti, almeno Kevin Kline, perfetto nel delineare il politico calcolatore, freddo e machiavellicamente pronto a tutto pur di arrivare alla meta, e Tom Wilkinson, incisivo come al solito sia pure in una parte di secondo piano.
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molenga
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giovedì 8 settembre 2011
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la democrazia che nasce sul sangue
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robert redford, da sempre artista impegnato del panorama americano, ci ha regalato una pellicola molto interessante sui giorni successivi alla fine della guerra di secessione. l caso è quello di una donna rea di aver ospitato nella propria casa coloro che hanno cospirato con successo contro la vita del presidente Lincoln e dei suoi più importanti collaboratori ;uno dei cospiratori è il figlio della donna, robin wright....ma non si trova, è latitante: naturalmente si tratta di una famiglia sudista. A difenderla un capitano nordista in congedo; naturalmente, benché la donna sia colpevole solo di essere una madre e di avere un albergo, la publis opinio sentirà il dovere di condannarla preventivamente, rendendo inutile il processo.
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robert redford, da sempre artista impegnato del panorama americano, ci ha regalato una pellicola molto interessante sui giorni successivi alla fine della guerra di secessione. l caso è quello di una donna rea di aver ospitato nella propria casa coloro che hanno cospirato con successo contro la vita del presidente Lincoln e dei suoi più importanti collaboratori ;uno dei cospiratori è il figlio della donna, robin wright....ma non si trova, è latitante: naturalmente si tratta di una famiglia sudista. A difenderla un capitano nordista in congedo; naturalmente, benché la donna sia colpevole solo di essere una madre e di avere un albergo, la publis opinio sentirà il dovere di condannarla preventivamente, rendendo inutile il processo.
Ottii gli attori protagonisti McAvoy e Wright e bravi anche gli altri, perfetta la regia di redford ebella la resa dell'epoca, molto asciutta; film di terribile attualità, specialmente pendando che ancora oggi nella più importante democrazia del mondo la pena di morte è ampiamente praticata e che, non molto tempo addietro, quella stessa democrazia si è ritrovata a festeggiare er l'esecuzione del suo nemico numero 1.
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framenne
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mercoledì 14 dicembre 2011
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l'amore patriottico infranto
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Un colonnello nordista alla prese con la difesa di una presunta cospiratrice per l'assassinio del presidente Abramo Lincoln, questa e' la trama dell'ultimo film di Robert Redford.
Il tema e' una storia conosciuta, ma cio' che Redford cerca di spiegare e' la rapida condanna che si cerca dopo un fatto sconvolgente, nascondendo la ricerca di vendetta dietro un falso velo di giustizia. L'avvocato/colonnello, prima riluttante, si appassiona al caso proprio non perche' convinto dell'innocenza dell'imputata, ma perche' vuole che giustizia sia fatta, ovvero che un processo onesto ed imparziale sia portato avanti anche in un momento di piena crisi e caos come quello dopo la morte del presidente degli Stati Uniti.
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Un colonnello nordista alla prese con la difesa di una presunta cospiratrice per l'assassinio del presidente Abramo Lincoln, questa e' la trama dell'ultimo film di Robert Redford.
Il tema e' una storia conosciuta, ma cio' che Redford cerca di spiegare e' la rapida condanna che si cerca dopo un fatto sconvolgente, nascondendo la ricerca di vendetta dietro un falso velo di giustizia. L'avvocato/colonnello, prima riluttante, si appassiona al caso proprio non perche' convinto dell'innocenza dell'imputata, ma perche' vuole che giustizia sia fatta, ovvero che un processo onesto ed imparziale sia portato avanti anche in un momento di piena crisi e caos come quello dopo la morte del presidente degli Stati Uniti.
Un film storico che puo' essere traslato ai giorni nostri, una critica verso i poteri forti e le manipolazioni politiche che insidiano anche le piu' insospettabili grandi democrazie del mondo.
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alessandro di fiore
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giovedì 23 agosto 2012
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un redford maturo e intelligente
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Il fascino irresistibile del migliore cinema civile degli anni settanta rivive in “The conspirator”, di Robert Redford, con James McAvoy, Robin Wright Penn, Kevin Kline, Evan Rachel Wood, Justin Long. Il regista prende spunto dall’assassinio del 16esimo presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln per parlare delle radici della democrazia americana, del potere assoluto di una arrogante pubblica accusa il cui unico intento è quello di trovare un capro espiatorio, in barba prima che alla Costituzione americana, alle più elementari regole di giustizia civile. Tra queste primeggia quella della personalità della responsabilità penale, difesa strenuamente da un ufficiale dell’esercito nordista che veste i panni dell’avvocato destinato a difendere davanti ad un tribunale militare la proprietaria di una pensione in cui prese corpo la cospirazione.
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Il fascino irresistibile del migliore cinema civile degli anni settanta rivive in “The conspirator”, di Robert Redford, con James McAvoy, Robin Wright Penn, Kevin Kline, Evan Rachel Wood, Justin Long. Il regista prende spunto dall’assassinio del 16esimo presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln per parlare delle radici della democrazia americana, del potere assoluto di una arrogante pubblica accusa il cui unico intento è quello di trovare un capro espiatorio, in barba prima che alla Costituzione americana, alle più elementari regole di giustizia civile. Tra queste primeggia quella della personalità della responsabilità penale, difesa strenuamente da un ufficiale dell’esercito nordista che veste i panni dell’avvocato destinato a difendere davanti ad un tribunale militare la proprietaria di una pensione in cui prese corpo la cospirazione. L’unica colpa di questa donna è quella di essere la proprietaria di quel luogo e, soprattutto, di essere la madre di uno dei cospiratori. Il destino beffardo vuole che proprio la colpevolezza del figlio costituisca la prova regina della innocenza della madre. Sicché al dramma sociale destinato a consegnarci un apparato politico ancora acerbo dinanzi alle rivendicazioni di giustizia civile si sovrappone il dramma familiare di un personalissimo rapporto tra madre e figlio. Accurata è l’ambientazione dell’America della seconda metà dell’ottocento, così come accurati e mai banali sono i dialoghi che caratterizzano il contraddittorio nell’aula di giustizia. E’ un Robert Redford maturo e intelligente, quello di questo solido legal thriller, il quale impone una profonda riflessione, attraverso le imperfezioni della giustizia del passato, sulle imperfezioni della giustizia attuale.
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ultimoboyscout
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sabato 5 aprile 2014
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non c'è giustizia se c'è vendetta.
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Democratico di ferro, il buon Robert Redford, racconta uno dei più grandi traumi del popolo americano, l'assassinio di Abraham Lincoln, per dimostrare che oggi come allora nulla è cambiato: quando la sete di vendetta si sostituisce alla giustizia, giustizia non ci potrà mai essere. E la paura viene utilizzata come strumento per controllare e soggiogare i popoli, le opportunità politiche prevaricano la verità e le sentenza sono scritte prima dei processi. Storia e attualità si fondono in un dramma giudiziario cupo, profondo, tutto sommato affascinante ma non del tutto appassionante in cui prevalgono indignazione e messaggi molto liberal e coscienza civile.
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Democratico di ferro, il buon Robert Redford, racconta uno dei più grandi traumi del popolo americano, l'assassinio di Abraham Lincoln, per dimostrare che oggi come allora nulla è cambiato: quando la sete di vendetta si sostituisce alla giustizia, giustizia non ci potrà mai essere. E la paura viene utilizzata come strumento per controllare e soggiogare i popoli, le opportunità politiche prevaricano la verità e le sentenza sono scritte prima dei processi. Storia e attualità si fondono in un dramma giudiziario cupo, profondo, tutto sommato affascinante ma non del tutto appassionante in cui prevalgono indignazione e messaggi molto liberal e coscienza civile. Certo, niente a che vedere col cinema di genere che spopolava negli anni '70, qui lo stile e il linguaggio sono piuttosto inadeguati, non si può rivedere in maniera forzata un fatto ormai più che assodato, ma tanto di cappello a Redford che asseconda il talento dei suoi protagonisti James McAvoy e soprattutto Robin Wright, l'anima vera della pellicola, coperta dalla sua maschera di dignità con ombre di fanatismo. Il regista indaga su uno dei lati meno conosciuti di un capitolo fondamentale della storia americana, sulla prima donna condannata a morte dal governo a stelle e strisce, per dimostrare l'incompatibilità tra l'esercizio della giustizia e populismo. Bella la fotografia, ricca di chiaroscuri con ombre dense e pesanti e squarci di luce improvvisa mai chiarissima, buono il ritmo che impedisce al film di trasformarsi in una mera lezioncina di storia ma per scuotere realmente le coscienze ci vogliono ben altre armi e altro linguaggio.
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