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Marina de Van è una regista a cui non fanno certo difetto l'ermetismo e l'ambiguità . Ma un autore deve scrivere "non per sè ma per gli altri, e soprattutto deve scrivere per l'ultimo della classe", cosa che la De van non fa, visto che alla fine della pellicola restiamo tutti con un grosso punto interrogativo. I nostri ricordi, mentre osserviamo la trasformazione sul corpo della protagonista, vanno alla Metamorfosi di Kafka, con la differenza che da un giorno all'altro la sempre splendida Sophie Marceau si trasforma non in uno scarafaggio ma in una milf ampiamente riciclata e datata come Monica Bellucci, fortunatamente doppiata a dovere come forse si doveva fare già prima nel corso della sua carriera cinematografica. Alzhaimer, schizofrenia, sdoppiamento della personalità, follia pura ? Questi gli interrogativi dello spettatore, non svelati dal finale italiano che ingarbuglia ancor più le cose, in una Lecce barocca dove la protagonista torna per cercare delle risposte. Non le trova , se non nel ricordo di un trauma infantile, un incidente stradale che le ha portato via la sorella e la memoria, spingendola a rubare l'identità della bambina e i suoi ricordi che sfaldano completamente la sua vita reale. Film dall'esasperato integralismo psicologico che comunque val la pena di vedere.
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