Il regista di matrimoni |
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Un film di Marco Bellocchio.
Con Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni.
continua»
Drammatico,
durata 107 min.
- Italia 2006.
- 01 Distribution
uscita venerdì 21 aprile 2006.
MYMONETRO
Il regista di matrimoni
valutazione media:
3,66
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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DAGLI ATRII MUSCOSI, DAI FORI CADENTIdi A.L.Feedback: 0 |
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lunedì 1 maggio 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Il regista di matrimoni” è meno criptico di quanto lasci supporre o meglio lo è nella misura in cui lo sono i sogni, nei quali si riaffacciano deformate, dislocate nello spazio e nel tempo, apparizioni della vita reale: la sintassi onirica attinge al linguaggio lirico/simbolico del mito, attraverso il quale il vissuto sedimentatosi nell’inconscio riemerge in forma magmatica. Allora il punto non è l’esercitazione retorico/critica sulla decodificazione dei numerosissimi dettagli, quanto piuttosto entrare in sintonia con lo stato d’animo di cui la pellicola riesce a essere espressione. Intanto è evidente che Bellocchio, giustamente sfuggente per ciò che concerne se stesso, aspira a far sedere sul lettino dello psicanalista l’Italia intera e “Il regista di matrimoni” non è lontano come appare da “Buongiorno, notte”: lì la liberazione dai padri ingombranti avveniva tramite l’assassinio di Aldo Moro, uno dei politici ispiratori della Prima Repubblica, qui tramite il tradimento del primo grande romanzo della letteratura nazionale, portavoce della borghesia illuminata post-risorgimentale. Infatti l’autore, avviluppato nelle reti della sua fantasticheria, se ne libera sparpagliando per lo spettatore smarrito tanti fili diversi per orientarlo in un labirinto senza uscita, ma la bussola indica una direzione univoca: “ I promessi sposi”. L’intento di prendere parte a una sua nuova riduzione cinematografica spinge una giovane nobildonna infelice, costretta per salvare il patrimonio familiare a un matrimonio d’interessi, ad andare da Cefalù a Roma ad incontrare il grande Maestro Elica, a sua volta alle prese con difficoltà personali: gli confesserà in seguito, quando sarà lui a venire da lei, che la sua vita interiore si è spenta nel momento in cui ha smesso di immaginare ispirandosi alle pagine manzoniane. La loro sarà l’unione spirituale ed erotica, consumata fugacemente nel buio di una cripta, non “da fare”; specularmente Renzo, Lucia, i bravi, il matrimonio voluto e impedito, la monacazione forzata, il desco familiare, il convento, sono tutte situazioni che la claudicante trama del film riproduce ossessivamente in forma tragico/parodica suggerendo che siano filiazione della mente del cineasta in crisi nel tentativo di ribellarsi alla morte in sé della capacità inventiva: in primo luogo dunque una presa di coscienza satirica dello svilimento dell’artista al ruolo di cerimoniere addetto alla celebrazione di riti fasulli e all’idolatria sterile dei “mostri sacri”. “Il regista di matrimoni” è così un recupero dissacrante de “I promessi sposi” ed in tal modo può diventare la chiave di lettura dell’Italia di oggi. Di improvvisazione inconclusa si tratta però: Elica stanco forse si assopisce e nel dormiveglia viaggia e incontra, delegando il ritratto alla sua memoria di cinefilo, anacronisticamente devota ai modelli insuperati di Visconti, Bunuel e Godard. Il volo aereo solitario e la panoramica metaforica sconforta ancora di più della disanima realistica, in quanto, non illusa dall’abito frastornante dell’apparente modernità delle nostre metropoli, fruga sotto le vesti e trova l’anima medievale ed arcaica di un Paese, comandato dai morti e dalle “parrocchie” partitiche, imbalsamato nei propri riti, prigioniero delle proprie sirene, i palazzi antichi, l’arte, il mare, i paesaggi, donne e Madonne, poeti e mandolini, chiese e santi. E siamo nel Bel Paese, dove tutti si dimenticano di programmare gli orologi per domani e si nasce già vecchi.
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