Titolo originale La pianiste.
Drammatico,
durata 129 min.
- Francia 2001.
- Bim Distribuzione
MYMONETROLa pianista
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Rigorosa ed intransigente, Erica è un'insegnante di pianoforte non più giovane che vive insieme all'anziana madre in una squallida e indolente cattività emotiva tra le lezioni private, i saggi al conservatorio e la grigia routine della vita domestica . Le attenzioni e l'interesse sentimentale di un suo allievo solleticano in lei l'istinto malsano di una perversa sessualità che impone al giovane amante il dispotico rituale di una cieca sottomissione, suscitandone la reazione violenta e disgustata fino ad una drammatica resa dei conti. Finale sospeso.
Risultato di una strenua corrispondenza tra le astrazioni di un soggetto di violento realismo psicologico e la precisione chirurgica di una rigorosa messa in scena, l'opera di Haneke scandaglia con la fredda lucidità di uno sguardo impietoso, gli invisibili recessi di una disperazione sociale ed emotiva al di sotto di una superficie di relazioni ordinarie in cui si forma ed emerge l'identità dell'individuo, dove si manifesta chiaro il segno di una disumana insensibilità e l'emergere di un brutale istinto di prevaricazione e di affermazione di sè.
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Rigorosa ed intransigente, Erica è un'insegnante di pianoforte non più giovane che vive insieme all'anziana madre in una squallida e indolente cattività emotiva tra le lezioni private, i saggi al conservatorio e la grigia routine della vita domestica . Le attenzioni e l'interesse sentimentale di un suo allievo solleticano in lei l'istinto malsano di una perversa sessualità che impone al giovane amante il dispotico rituale di una cieca sottomissione, suscitandone la reazione violenta e disgustata fino ad una drammatica resa dei conti. Finale sospeso.
Risultato di una strenua corrispondenza tra le astrazioni di un soggetto di violento realismo psicologico e la precisione chirurgica di una rigorosa messa in scena, l'opera di Haneke scandaglia con la fredda lucidità di uno sguardo impietoso, gli invisibili recessi di una disperazione sociale ed emotiva al di sotto di una superficie di relazioni ordinarie in cui si forma ed emerge l'identità dell'individuo, dove si manifesta chiaro il segno di una disumana insensibilità e l'emergere di un brutale istinto di prevaricazione e di affermazione di sè. Benchè, come tipico della sua filmografia, ci si tenga distanti dalla elaborazione di una qualunque tesi assolutoria (o consolatoria), si assiste comunque alla rappresentazione di uno spaccato sociale (familiare) distonico, dove cova sotterranea e latente la sconcertante degenerazione di un rapporto filiale cui ascrivere, nello spietato meccanismo di una rapporto causale, le inevitabili responsabilità di una personalità malata, incapace di relazionarsi all'altro secondo le modalità di una sana affettività, in grado di mediare tra le istintive pulsioni del desiderio sessuale e la rassicurante normalità delle relazioni sociali. La protagonista (una Isabelle Huppert che tocca i vertici dell'arte recitativa) dichiara con sconcertante candore la sua inadeguatezza affettiva, la sua irredimibile insensibilità e agisce con la fredda e disperata lucidità di un narcisismo patologico che esclude, che nega l'altro fino a considerarlo il mero strumento di un appagamento fisico e psicologico, nel gioco perverso e violento di una reciproca insoddisfazione. Il regista austriaco indaga l'insondabile mistero della complessità umana nella stridente contraddizione tra l'esasperata sensibilità di una razionalità raffinata in grado di cogliere le infinite sfumature di temi musicali e concettuali e la infima bassezza di una personalità gretta, incapace di rinvenire in sè gli strumenti emotivi e psicologici di relazione con l'altro, facendo prevalere la spietata rivendicazione dei propri bisogni nella doppiezza di una immaturità infingarda e vessatoria (i tentativi di svincolarsi dalle ossessive attenzioni materne, la crudele e vendicativa animosità contro la talentuosa allieva, il sadismo ottuso delle pratiche sessuali come sottile forma di coercizione e di ricatto ai danni dell'accondiscendente spasimante).
Opera di indubbia compattezza e rigore formale, si avvale della recitazione misurata e intensa di una straordinaria coppia di attrici: la inossidabile e impassibile maschera di una crudele Annie Girardot e la dolente e disperata pianista di una superlativa Isabelle Huppert vincitrice del premio per la miglior interpretazione femminile al 54º Festival di Cannes. Finalmente un regista che al di là delle sterili masturbazioni cerebrali dei suoi colleghi europei, sa di cosa parla e lo fa con la impietosa efficacia di un pugno ben assestato allo stomaco dello spettatore. Finale sospeso e incompiuto come la violenza repressa di un 'coitus interruptus'. Fredda anatomia della disperazione.
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La guarigione di una pianista repressa dalle proprie perversioni malate attraverso un percorso spiazzante.
Che Michael Haneke sia un regista particolarmente dotato è cosa risaputa, che sia anche piuttosto esplicito e crudo nei contenuti anche, eppure ogni sua opera è una novità assoluta e questo film straordinario non è altro che l’ennesimo tassello che definisce l’immagine di un genio.
Gusto raffinatissimo si mescola a sequenze disgustose e umilianti per la povera protagonista che si trova al centro di questa caratterizzazione di uno dei tanti esempi di individuo che ci si può presentare in una qualsiasi società contemporanea.
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La guarigione di una pianista repressa dalle proprie perversioni malate attraverso un percorso spiazzante.
Che Michael Haneke sia un regista particolarmente dotato è cosa risaputa, che sia anche piuttosto esplicito e crudo nei contenuti anche, eppure ogni sua opera è una novità assoluta e questo film straordinario non è altro che l’ennesimo tassello che definisce l’immagine di un genio.
Gusto raffinatissimo si mescola a sequenze disgustose e umilianti per la povera protagonista che si trova al centro di questa caratterizzazione di uno dei tanti esempi di individuo che ci si può presentare in una qualsiasi società contemporanea. Isabelle Huppert impersona la repressa Erika il cui unico sfogo è il pianoforte e le cui perversioni ribolliscono come carburante esplodendo in piccole oasi di piacere privato, una donna che filtra la vita e che quando le si presenta l’occasione per mettere a frutto ciò che per tutta la vita è stata fantasia prova solo delusione perché quei sogni magici diventano reali in quella sua vita banale e di conseguenza banali anche loro determinando però anche la guarigione della protagonista da tutte le sue inquietudini. Informazioni allo spettatore che più che altro sembrano indizi (il modo di vestire, i comportamenti, le espressioni, alcune reazioni) e musiche dedite alla piena espressione della messinscena fino quasi a giungere alla parodia accompagnando in alcuni casi gli atti più bassi e disgustosi commessi da Erika.
In sostanza stiamo parlando di un racconto onesto sebbene un po’ esagerato e forse troppo esplicito, storia che si dedica a raccontare semplicemente un caso umano – forse più comune di quanto non si voglia ammettere – in questa repressiva società. [-]
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Un film che non ti molla. Cuore e testa, per un solo attico, suscitano molti imbarazzi e paure. Non un film sul "se so", bensì un affresco iperrealista sulla buccia. Parla di carpe e di sangue: un'insegnante di piano. Tuta conservatorio-casa che favorisce la sua pressione arteriosa, madre anziana nascosta sotto la gelida scorza intellettuale.
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Un film che non ti molla. Cuore e testa, per un solo attico, suscitano molti imbarazzi e paure. Non un film sul "se so", bensì un affresco iperrealista sulla buccia. Parla di carpe e di sangue: un'insegnante di piano. Tuta conservatorio-casa che favorisce la sua pressione arteriosa, madre anziana nascosta sotto la gelida scorza intellettuale. La perversione più pura, sì. Il film tratta dell'ennesimo film attraverso cui Haneke tratta dell'ennesimo film. Rappresenta lo scarto, l'apparente equilibrio (Mauro Felice) del mondo dei "benestanti", la "violenza" e il "disagio" che "stanno dentro". Un soggetto pericolosissimo, che spesso rischia di cadere. Ridicolo, si so, tieni grazie: un collante di spirito di sincerità e di spirito di urgenza e di spirito. La Huppert, perfetta partner della donna. Algida, femminile, Lars Von Trier. Un montaggio spezzato, interrotto, una fotografia, lucida per nulla, consolatoria, confezionano uno splendido cappotto. Analisi di un'umanità forse al capolinea.
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Haneke lo psicologo/pornografo non delude mai. Dopo “funny games” prosegue il suo viaggio nei recessi più oscuri (affascinanti?) dell'inconscio sensuale umano.
Sicuramente una grande Huppert, ben supportata dai due co-protagonisti.
Quello che stupisce ancor oggi, nelle critiche e nei commenti, sono le definizioni di “imbarazzo” “scandalo” su questo film, come se non fossimo nel XXI secolo ma all'inizio del XX.
Che ci sarebbe di scandaloso, una donna che ama le fruste e le manette piuttosto che i mazzi di rose e i tramonti romantici? O un rapporto ai limiti del morboso con la madre? Davvero il sesso scandalizza ancora? Il SESSO che è ovunque nella nostra vita reale e virtuale? Ma siate seri!
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Angosciante dramma psicologico, opprimente fin dalla prima scena. Storia di una donna cattivissima (arriva a ferire la sua allieva per impedirle di suonare nel saggio finale) e perversa in conflitto con la madre con il mondo e con se stessa. Il tema potrebbe anche essere interessante ma è trattato con mano molto pesante tanto da diventare grottesco (durante le scene più violente in sala risuonano malcelate risate). Non credo sia necessario dare un giudizio positivo solo perchè si affrontano argomenti difficili. Bisogna saperli anche affrontare!
Voto: 3-
[+] splendido (di fabbiuzzu)[ - ] splendido
[+] boh pu pu (di caiozza )[ - ] boh pu pu
[+] anche no (di chiara fe)[ - ] anche no
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Una premessa: Michael Haneke è un buon regista, ma spesso si ha l` impressione che sprechi il suo talento."La pianista",il suo terzo lungometraggio distribuito in Italia,nasce per disturbare lo spettatore.Non è un film del tutto falso:in qualche modo il regista austriaco cerca realmente di spiegare la psicologia di una donna che in realtà non è mai stata davvero felice.Ma,mentre le scene che vedono i protagonisti suonare sono belle,le immagini che mostrano la Huppert compiere gesti eccessivi possono facilmente apparire come studiate a tavolino.In opere come queste c` è sempre da chiedersi fino a che punto la provocazione è necessaria e dove è gratuita (quindi sgradevole).Forse l` aspetto più interessante del film è proprio rappresentato dal rapporto madre-figlia.
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Una premessa: Michael Haneke è un buon regista, ma spesso si ha l` impressione che sprechi il suo talento."La pianista",il suo terzo lungometraggio distribuito in Italia,nasce per disturbare lo spettatore.Non è un film del tutto falso:in qualche modo il regista austriaco cerca realmente di spiegare la psicologia di una donna che in realtà non è mai stata davvero felice.Ma,mentre le scene che vedono i protagonisti suonare sono belle,le immagini che mostrano la Huppert compiere gesti eccessivi possono facilmente apparire come studiate a tavolino.In opere come queste c` è sempre da chiedersi fino a che punto la provocazione è necessaria e dove è gratuita (quindi sgradevole).Forse l` aspetto più interessante del film è proprio rappresentato dal rapporto madre-figlia.Le altre carta vincente del film sono sicuramente le musiche.Ottimi interpreti:Isabelle Huppertè comunque perfetta,e magnificamente ambigua come sempre (meritata palma d` oro come miglior attrice).Annie Girardot è una conferma.Il giovane Benoit Magimel non è male ma,aver "rubato" il premio a Cannes come miglior attore al gigantesco Michel Piccoli di "Ritorno a casa" è una truffa.Immeritato Gran premio della giuria alla Croisette.Non ci resta che aspettare (sperando)il nuovo lavoro di Haneke:può fare di meglio.
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[+] sorry. non sono d'accordo (di leonardo g.)[ - ] sorry. non sono d'accordo
[+] sei stato perfetto (di mary)[ - ] sei stato perfetto
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Potrebbe essere una tematica non nuova quella scelta da Haneke: l'interpretazione psicoanalitica che vede nell'interiorità di una una donna benestante ma chiusa, rigida e persino perfida a volte, un universo di perversioni represse potrebbe forse apparire scontata e già sentita, per così dire. Non è in effetti il primo film che affronta questo "classico" della psicologia. Ma tra la parte centrale del film e l'epilogo, sono rimasta davvero sorpresa. Il modo di affrontare questo tema è davvero insolito, ho colto numerose sottigliezze psicologiche che in altri film non sono state nemmeno accennate. Alcuni hanno criticato l'eccessiva serie di scene-shock, io non condivido. Il regista ci ha portato in un viaggio attraverso un tunnel di sofferenze umane, estremamente realistiche, che esistono ma che magari non vediamo.
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Potrebbe essere una tematica non nuova quella scelta da Haneke: l'interpretazione psicoanalitica che vede nell'interiorità di una una donna benestante ma chiusa, rigida e persino perfida a volte, un universo di perversioni represse potrebbe forse apparire scontata e già sentita, per così dire. Non è in effetti il primo film che affronta questo "classico" della psicologia. Ma tra la parte centrale del film e l'epilogo, sono rimasta davvero sorpresa. Il modo di affrontare questo tema è davvero insolito, ho colto numerose sottigliezze psicologiche che in altri film non sono state nemmeno accennate. Alcuni hanno criticato l'eccessiva serie di scene-shock, io non condivido. Il regista ci ha portato in un viaggio attraverso un tunnel di sofferenze umane, estremamente realistiche, che esistono ma che magari non vediamo. Se sceglieva di diminuire la quantità di scene-shock, il risultato sarebbe stato di sicuro meno incisivo. Al di là della storia di Erika e Walter e della madre di Erika, c'è anche a mio avviso l'esigenza vera di dire qualcosa alla gente, di fare vedere alla gente quello che alcune persone non vedono o non vogliono vedere ma che ci sono. Solo vedendo e passando attraverso le immagini più racappriccianti si può arrivare a una catarsi. Altro elemento originale del film è il ribaltamento di ruoli che si ha nel finale: se all'inizio è Walter a rappresentare il modello innocente che desidera l'amore puro, ed è Erika quella che ci desta squallore e repulsione, si invertono poi le cose. Walter dice "un uomo non può essere umiliato in questo modo" (o qualcosa del genere) e picchia Erika, arrivando a una sorta di stupro. Erika non si ribella nemmeno in effetti, ma qui si svela la sua impotenza di base. Ed è lei a muovere tristezza nello spetattore. Forse è proprio il suo comportamento dall'inizio alla fine ad essere coerente, mentre quello di Walter non lo è. Chi si sarebbe mai innamorato di Erika? Un ragazzo di 20 anni? Una persona normale? E come poteva innamorarsi di lei per averla vista solo una volta suonare? E' chiaro che qui gli elementi patologici sono due: sia Erika che Walter, il quale non ama Erika, ma è ossessionato da lei. E qui si potrebbero aprire numerosissime interpretazioni a livello psicologico. Le sottigliezze di cui parlavo prima rendono questo film davvero diverso. Che dire ancora, questo film è bellissimo, avvincente e veritiero.
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La pianista è un film che squote indubbiamente.Il regista ha saputo spingersi oltre i limiti "normalmente" consentiti. Gli attori hanno interpretato magistralmente il vissuto perverso di una donna che sconvolta dalla propria situazione famigliare,trascina un uomo nel suo mondo folle di manie e psicosi,il solo modo che conosce per alleviare il suo dolore.
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"La Pianista",più che un film di immagini,è un film di suoni.Haneke,grandioso regista provocatorio quasi quanto Lars Von Trier,firma il suo film meno interessante e forse più lagnoso,chiuso nel perverso cinismo dell'iper-realismo cinefilo e chiuso dall'inossidabile stoccata hanekeniana.La morale dell'indagatrice e suadente storia è la solita:Sfuggire alla realtà non vuol dire rifugiarsi,ma solo crederlo.Come in "Funny Games",Haneke ci mostra l'apparente tranquillità,subito distrutta dalle melodie struggenti che una Huppert,nota positivissima del film,suona con audacia e rigorosa precisione."La Pianista" è un film scandito da una lenta e inesorabile agonia,anestetizzata attraverso atti intimidatori,come lo scavo interiore dei personaggi.
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"La Pianista",più che un film di immagini,è un film di suoni.Haneke,grandioso regista provocatorio quasi quanto Lars Von Trier,firma il suo film meno interessante e forse più lagnoso,chiuso nel perverso cinismo dell'iper-realismo cinefilo e chiuso dall'inossidabile stoccata hanekeniana.La morale dell'indagatrice e suadente storia è la solita:Sfuggire alla realtà non vuol dire rifugiarsi,ma solo crederlo.Come in "Funny Games",Haneke ci mostra l'apparente tranquillità,subito distrutta dalle melodie struggenti che una Huppert,nota positivissima del film,suona con audacia e rigorosa precisione."La Pianista" è un film scandito da una lenta e inesorabile agonia,anestetizzata attraverso atti intimidatori,come lo scavo interiore dei personaggi.Haneke,afflitto dalla sua solita sindrome di preveggenza sul futuro,ambienta in luoghi che richiamano il "Decalogo" di Kieslowski un dramma umano e civile,che riflette sulla condizione dell'uomo e della donna,in un mondo che sembra apparentemente vuoto.Erika insegna pianoforte a Vienna,ma è oppressa da una madre padrona.Per sfuggirle dà libero sfogo alla sua sessualità repressa frequentando sale porno e peep show e praticando sadomasochismi e vouyerismi vari.L'incontro con il suo allievo Walter,lei cerca solo un amore sessuale,mentre il ragazzo vuole vivere una vita normale.La violenterà dopo un rifiuto d'amore,malmenandola più volte.Quando Erika trova Walter qualcosa in lei cambia.Non sente più il desiderio di andare in porno sale e in peep show,ma tenta di instaurare un rapporto di sesso con il ragazzo.In un meccanismo di colpi bassi e ossessioni psichiche,Haneke si trova a suo agio.Meno gli spetattori,che attenti e scrutatori,trovano vari difetti nell'opera,fino ora inattaccabile.Primo:Lo stile macchiettistico del regista si disperde per tutto il film e si nota in alcune scene,povere di altro.Secondo:Il film vorrebbe farci sentire sporchi,ma è in realtà un inossidabile formato della vita,strano e irrecevibile che non dà emozioni nè sussulti.Terzo:L'ambientazione fredda e scostante.La seduzione diventa simbolo di dominio e simbolo di potere,con la violenza come unico reclamo dall'omologazione alla civiltà e all'omologazione dal potere.Anche le storie d'amore normali non possono esistere.Un altro grande difetto del film sta nel calcare troppo la mano su alcuni aspetti tralasciandone altri,anche importanti.Ero intenzionato a dare "Mediocre" a questo film,una vera delusione,per uno che ha amato "Il tempo dei lupi","Funny Games" e anche "Il nastro bianco".Ma il finale di questa opera lo fa arrivare in pieno alla sufficenza.Dopo che Walter(dopo averla violentata) la rifiuta,Erika si accoltella e gira per la città,grondante di sangue.Finale in stile tragedia greca,lontano però dalle costrinzioni da "Medea",il film non è il capolavoro che dicono,ma conferma nella sua trasgressione assoluta il grande talento del suo regista e la grande possibilità che ha per sfondare in pieno.Il film è tratto dal dimenticabile romanzo di Elfriede Jelinek,omonimo.Rispetto al libro assume più vigore nella figura della protagonista,e assume un senso di distacco dalla realtà ancora più forte.Per concludere,Haneke continua un discorso unitario.Torna e ritorna sulla violenza,sull'ossessione,sul sesso,sulla manipolazione con cadenza quasi annuale,e ogni volta che torna ci sorprende.Stavolta,la sorpresa,è stata in negativo.
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"La Pianiste" di Haneke è un grande film. Il regista dei già validi "Funny
Games" e "Storie" dimostra ancora una volta la sua coerenza registica e la
sua grande esperienza narrativa, dirigendo un film forte e scorretto; dove
si uniscono ossessioni e paranoie tipiche della condizione dell'uomo
moderno. Che Haneke sia un teorico del cinema lo si è ampiamente visto nei
suoi precedenti film. Le sue riflessioni sulla violenza e sull' "apparente
normalità" sono un suo frequente leit motiv
A mio avviso in "la Pianiste", Haneke fa un ulteriore salto di qualità
concedendo ancora più maturità a ciò che è narrato. Inutile negare
l'incapacità di rimanere indifferenti al suo cinema così rigoroso, ai suoi
modi di rappresentare , più che la violenza, la deflagrazione interiore di
una coppia di "amanti".
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"La Pianiste" di Haneke è un grande film. Il regista dei già validi "Funny
Games" e "Storie" dimostra ancora una volta la sua coerenza registica e la
sua grande esperienza narrativa, dirigendo un film forte e scorretto; dove
si uniscono ossessioni e paranoie tipiche della condizione dell'uomo
moderno. Che Haneke sia un teorico del cinema lo si è ampiamente visto nei
suoi precedenti film. Le sue riflessioni sulla violenza e sull' "apparente
normalità" sono un suo frequente leit motiv
A mio avviso in "la Pianiste", Haneke fa un ulteriore salto di qualità
concedendo ancora più maturità a ciò che è narrato. Inutile negare
l'incapacità di rimanere indifferenti al suo cinema così rigoroso, ai suoi
modi di rappresentare , più che la violenza, la deflagrazione interiore di
una coppia di "amanti".
Così, per esempio, nella bellissima scena della stanzina del palazzo
dell'hockey o quella ancora più splendida del rapporto consumato tra i due ,
Haneke non molla la macchina da presa e, nella prima scena, c'è un piano
sequenza diciamo quasi più "movimentato", nella seconda invece il regista
austriaco si sofferma sui loro volti e lascia fuori campo sia il ragazzo che
dopo fugge, che la madre rinchiusa dentro lo stanzino.
Si tratta di un film pieno di idee e complesso dal punto di vista tematico,
sia per i riferimenti letterari che per le piacevoli digressioni "poetiche"
sul linguaggio musicale. La complessità di questo dramma che rimanda anche
al cinema di Bergman (la scena dell'auto punizione con il rasoio mi ha
ricordato "Sussurri e grida") nasce proprio da questo dramma morale, dove
trionfano il "non visto" e i volti in primo piano dei protagonisti.
E' indubbio che Haneke sia uno dei registi (spero di conoscerne altri a dire
il vero, lo spazio non mi manca) più coerenti e originali del cinema
moderno. "Funny Games" resta un capolavoro insuperabile, per temi, idee,
innovazione teoriche. "Storie" indubbiamente rimane impresso come un'
interessante riflessione visiva e come un saggio delle enormi capacità
registiche di Haneke. "La pianiste" è forse il film più maturo come
narrazione, ma forse , in questo senso, meno "forte" come impatto e come
provocazione verso il pubblico.
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