Mi commuovo ogni volta per la bellezza senza spiegazione di questo film. La Roma del '600 , in cui riecheggiano le note di Frescobaldi suonate al clavicembalo dal cardinale, la promiscuità fra i ragazzi di vita e i principi romani che è sì sfruttamento ma anche l'unico possibile contatto umano e affettivo fra le caste imparagonabili; promiscuità fra le classi, nelle bettole, fra uomini, donne,ragazzini, che diventa l'humus ineludibile per la nascita di opere d'arte che per inspiegabile miracolo riescono a trasformare gli equivoci sentimenti e azioni umane in bellezza struggente e sublime.
Ma esiste un limite invalicabile che permette l' "ascesa" dei reietti solo in forma istintivamente "estetica", mai come reale azione politica e sociale; la tragedia del film è che non è nemmeno colpa degli aristocratici ma della intrinseca fragilità e debolezza degli ultimi i quali possono esistere solamente come succubi totali, quindi abbrutiti e inconsapevoli, o altrimenti come liberati ed evoluti spiritualmente tramite il contatto anche promiscuo con le classi alte ma privi di reale peso e status sociale quindi inevitabilmente accecati dall' "assoluto" della loro intuizione estetica che diventa l'unica cosa di cui sono realmente padroni.
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Mi commuovo ogni volta per la bellezza senza spiegazione di questo film. La Roma del '600 , in cui riecheggiano le note di Frescobaldi suonate al clavicembalo dal cardinale, la promiscuità fra i ragazzi di vita e i principi romani che è sì sfruttamento ma anche l'unico possibile contatto umano e affettivo fra le caste imparagonabili; promiscuità fra le classi, nelle bettole, fra uomini, donne,ragazzini, che diventa l'humus ineludibile per la nascita di opere d'arte che per inspiegabile miracolo riescono a trasformare gli equivoci sentimenti e azioni umane in bellezza struggente e sublime.
Ma esiste un limite invalicabile che permette l' "ascesa" dei reietti solo in forma istintivamente "estetica", mai come reale azione politica e sociale; la tragedia del film è che non è nemmeno colpa degli aristocratici ma della intrinseca fragilità e debolezza degli ultimi i quali possono esistere solamente come succubi totali, quindi abbrutiti e inconsapevoli, o altrimenti come liberati ed evoluti spiritualmente tramite il contatto anche promiscuo con le classi alte ma privi di reale peso e status sociale quindi inevitabilmente accecati dall' "assoluto" della loro intuizione estetica che diventa l'unica cosa di cui sono realmente padroni. Senza status sociale ma contemporaneamente evoluti spiritualmente pensano ingenuamente di poter anche "agire" e "giudicare" da uomini liberi ma le amarissime conseguenze delle loro sprovvedute azioni di subalterni accecati dalla libertà li riporteranno bruscamente a cercare la protezione dei loro padroni chiudendo così la loro parabola esistenziale che si esaurirà proprio perché un suo proseguimento avrebbe significato solamente l'accettazione di una subalternità ormai non più sostenibile. E Caravaggio si spegne ricordando l'unico autentico momento di libertà e di amore della sua vita. Da vedere e rivedere per tutta la vita.
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