Salò o le 120 giornate di Sodoma |
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Un film di Pier Paolo Pasolini.
Con Caterina Boratto, Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Elsa De Giorgi.
continua»
Drammatico,
durata 116 min.
- Italia, Francia 1975.
- Cineteca di Bologna
uscita lunedì 2 novembre 2015.
- VM 18 -
MYMONETRO
Salò o le 120 giornate di Sodoma
valutazione media:
3,41
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una tortura, per chi lo guarda e per chi lo recitadi Paolo SalvaroFeedback: 8581 | altri commenti e recensioni di Paolo Salvaro |
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martedì 6 novembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Premesso che Pasolini doveva aver senz'altro due palle d'acciaio per uscirsene nel 1975 con un film di questo tipo, gliene si deve dar atto. E' recitato malissimo e spesso si è stati costretti a ricorrere al doppiaggio, causando sbalzi sonori notevoli ed irritanti, ma niente (almeno credo) irrita lo spettatore come il vedere quei quattro tranquilli e liberi di continuare a fare ciò che vogliono. Può anche essere che Pasolini volesse dare chissà quali significati profondi a questa pellicola, riferendosi all'abuso di potere in generale o in particolare a quello nazista, o all'incontrollabilità delle pulsioni umane, ma se il risultato finale voleva davvero essere questo allora avrebbe fatto meglio ad accantonare il progetto fin dall'inizio. Gli spettatori vengono torturati dall'inizio alla fine esattamente come i ragazzi e le ragazze del film, costretti ad assistere ad un orrore senza fine, senza nemmeno il più piccolo barlume di speranza finale che ci induca a pensare che i quattro aguzzini verrano presto puniti per le loro malefatte, come ci si aspetterebbe da un film di questo tipo. Probabilmente Pasolini non è quel tipo di regista al quale importa molto di quelle che saranno le reazioni del pubblico, altrimenti non sarebbe diventato il personaggio che conosciamo oggi, ma avrebbe dovuto essere ben conscio anche lui dell'esistenza di un limite che (piaccia o no) esiste eccome artisticamente e generalmente parlando. Questo film oltrepassa tutte le frontiere della perversione e dell'eccentricità umana, non si pone il minimo freno e quando che colui che lo sta guardando si è ormai adattato a tanto orrore e desidera ardentemente più di ogni altra cosa il veder puniti quei quattro folli (magari con un'improvvisa ribellione notturna o per un bombardamento improvviso visto che siamo in piena seconda guerra mondiale, sebbene Pasolini scelga una strada molto diversa e particolare per rappresentarla) si trova davanti ad un finale incomprensibile: due ragazzi che ballano a ritmo di una melodia che esce dalla radio della magione mentre fuori da quella casa si stanno consumando atrocità inverosimili. Il lieto fine non è obbligatorio, anzi talvolta è deludente, ma in questo caso sarebbe stato quasi necessario darci una piccola soddisfazione finale.
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