La noire de... |
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Un film di Ousmane Sembene.
Con Mbissine Thérèse Diop, Anne-Marie Jelinek, Robert Fontaine, Momar Nar Sene, Ibrahima Boy
Drammatico,
- Senegal, Francia 1966.
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Il colonialismo tra le mura di casa (1)di enrico omodeo salèFeedback: |
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martedì 19 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Questo film introduce l’Africa nel circuito cinematografico mondiale. Tale avvenimento è una data nella storia del cinema” Paulin Soumanou Vieyra Tratto da una novella di Voltaïque, ispirata a sua volta da un articolo di cronaca nera apparso su Nice-Matin, La noire de.. è il primo lungometraggio di finzione girato da un africano. La sua durata in realtà sta al confine tra un mediometraggio e un lungometraggio, tuttavia la sceneggiatura era stata pensata per una lunghezza di circa 90’, poi tagliata dalla produzione con l’accordo dell’autore: “all’origine il film doveva durare 90’con delle scene a colori e altre in bianco e nero. In seguito a difficoltà amministrative con il Centro Nazionale di Cinematografia (carte professionali che non possedevo), l’ho ridotto a 55’ tagliando le scene a colori. Esse descrivevano le idee idilliache che Diouana aveva della Francia. Comunque sia, la versione attuale mi soddisfa perché quella da 90’ sarebbe stata appesantita da alcune lungaggini”, racconta l’autore. Non è ancora un film interamente africano (la lingua è il francese, buona parte dell’ambientazione si svolge in Costa Azzurra), ma parte della produzione (la neonata Domireew), i tecnici, la musica e metà degli attori sono africani. Girato in 35mm bianco e nero nel 1966, ha una durata di 55’ (ma circolano versioni da 60’). STRUTTURA Il film è composto da due parti ben distinte, una ad Antibes e l’altra a Dakar, che si concatenano nella messa in scena. Non vengono rispettate le unità di tempo, luogo e azione. Il personaggio centrale della domestica fornisce però una continuità drammatica alla vicenda, quindi la struttura del film è comunque lineare. Tre flashback, due con stacchi secchi e uno con dissolvenza, descrivono la vita a Dakar della protagonista: nel primo cerca lavoro, va al “mercato delle domestiche” e viene scelta dalla padrona. Nel secondo annuncia al suo ragazzo che partirà per la Francia, mettendosi a camminare sul monumento ai caduti. Nel terzo parla a letto con il fidanzato, prima della partenza. Questi stacchi temporali permettono, così come in Guelwaar, di inquadrare con più precisione la psicologia del personaggio. Sono ricordi felici della vita recente a Dakar, con il suo fidanzato, che rendono ancora più insopportabile la solitudine nel presente. Lo sviluppo della narrazione interseca sintagmi ambientati nella capitale senegalese - presente all’inizio, alla fine e durante i flashback - e la casa di Antibes. E’interessante notare che a Dakar le scene sono girate esclusivamente in esterni, simbolo di libertà, mentre ad Antibes si svolgono quasi esclusivamente in interni, simbolo di oppressione. L’audio non è registrato in presa diretta: gli attori (non professionisti) sono doppiati e la voce di Diouana non è di Thérèse M’Bissine Diop, bensì di Toto Bissainthe, un’attrice di mestiere. TEMATICHE L’INCOMPRENSIONE COLONIALE: “In questo film denuncio tre cose: il neocolonialismo (mi chiedo, perché la tratta degli schiavi continua ancor oggi?), la nuova classe africana composta generalmente da burocrati e una certa forma di assistenza tecnica”.
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