enrico omodeo salè
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mercoledì 20 gennaio 2010
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il colonialismo tra le mura di casa (2)
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Unico film dell’autore dove i bianchi sono gli autentici protagonisti dell’azione, “La Noire de..” si fonda su un’idea principale: l’oppressione della domestica africana non deriva dalla condizione di donna delle pulizie, considerata come un fatto, ma da un rapporto sociale: la pauperizzazione relativa dei suoi padroni, che abbandonano i privilegi di cooperanti (in Senegal) per ridivenire dei semplici salariati (in Francia)”.
Questo elemento modifica lo spirito di Diouana, che a Dakar si trovava bene, in una condizione tutto sommato privilegiata rispetto alle sue coetanee. Ad Antibes si ritrova sola (a Dakar c’era un cuoco), i lavori si concentrano (oltre alla cura dei bambini deve badare alla pulizia della casa, fare la spesa, cucinare…), la chiusura con l’esterno la rende triste e passiva (a Dakar usciva con il fidanzato e frequentava i familiari).
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Unico film dell’autore dove i bianchi sono gli autentici protagonisti dell’azione, “La Noire de..” si fonda su un’idea principale: l’oppressione della domestica africana non deriva dalla condizione di donna delle pulizie, considerata come un fatto, ma da un rapporto sociale: la pauperizzazione relativa dei suoi padroni, che abbandonano i privilegi di cooperanti (in Senegal) per ridivenire dei semplici salariati (in Francia)”.
Questo elemento modifica lo spirito di Diouana, che a Dakar si trovava bene, in una condizione tutto sommato privilegiata rispetto alle sue coetanee. Ad Antibes si ritrova sola (a Dakar c’era un cuoco), i lavori si concentrano (oltre alla cura dei bambini deve badare alla pulizia della casa, fare la spesa, cucinare…), la chiusura con l’esterno la rende triste e passiva (a Dakar usciva con il fidanzato e frequentava i familiari). Il potere della padrona (Anne-Marie Jelinek) diventa dunque totale: ed è l’odio nei confronti di quest’ultima una delle principali cause del suicidio: “lei non può dire no, ma allo stesso tempo si trova in un mondo che la rifiuta. E’ rifiutata dalla sola famiglia che ha, il suo padrone e la sua padrona”.
Il marito, interpretato da Robert Fontaine (che ritroveremo in Emitaï), lascia alla compagna il compito di gestire gli affari di casa e il rapporto con Diouana. E’ apatico, dorme spesso, ma cerca di mostrarsi comprensivo e rispettoso nei confronti della domestica, senza comprendere che il suo problema è la solitudine: “cos’hai Diouana, sei malata? Vuoi la tua paga?”. Il comportamento del padrone cela una inconscia attrazione sessuale, percepita dalla moglie, che a causa di ciò diventa ancora più aggressiva.
Da rimarcare che la coppia di padroni resterà sempre anonima (“madame” et “monsieur”).
L’ANTICOLONIALISMO LINGUISTICO IN VIA DI REALIZZAZIONE:
Diouana è analfabeta. Ma comprende e parla il francese. Smette progressivamente di dialogare con “Monsieur”, “Madame” e i bambini perché “si sente in clausura dentro un universo di interdizione. Rimugina sola il suo malessere, estremizzando la sua posizione di rifiuto”.
Appena giunta in Francia, “Monsieur” la accompagna a casa in macchina. I due compiono un tragitto che va dal porto di Marsiglia all’appartamento di Antibes. Il panorama della Costa Azzurra farà pronunciare a Diouana le uniche parole positive di tutto il film: “E’ bella la Francia!” dirà sorridente. Dopo questo incipit le scene ad Antibes si svolgono esclusivamente nell’appartamento: qui comincia il mutismo della protagonista.
La progressiva perdita di fiducia e di speranza è rappresentata dai suoi pensieri e dalle rare parole che pronuncia.
“Oui monsieur, oui madame” dice all’inizio, poi non parla più. Comincia a fare a sé stessa delle domande: “non sono venuta per questo”, “com’è la gente qui?”, “le porte qui sono sempre chiuse”, “dove sono i bambini?”, “non sono una cuoca, né una domestica”. In più viene trattata come un fenomeno da baraccone dagli amici di famiglia riuniti a cena: un signore le tasta le guance e chiede il permesso di baciarla perché: “non ho mai baciato una negra in vita mia”. Il razzismo è palese quando gli ospiti chiedono alla moglie:
- Parla francese?
- No.
- Comprende?
- Se vuole…
- Come un animale…però cucina molto bene.
Diouana in voce off dirà con odio: “comprendo tutto”. “Madame” diventa sempre più aggressiva e le ripete continuamente: “qui non è l’Africa”.
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enrico omodeo salè
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martedì 19 gennaio 2010
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il colonialismo tra le mura di casa (1)
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“Questo film introduce l’Africa nel circuito cinematografico mondiale. Tale avvenimento è una data nella storia del cinema” Paulin Soumanou Vieyra
Tratto da una novella di Voltaïque, ispirata a sua volta da un articolo di cronaca nera apparso su Nice-Matin, La noire de.. è il primo lungometraggio di finzione girato da un africano. La sua durata in realtà sta al confine tra un mediometraggio e un lungometraggio, tuttavia la sceneggiatura era stata pensata per una lunghezza di circa 90’, poi tagliata dalla produzione con l’accordo dell’autore: “all’origine il film doveva durare 90’con delle scene a colori e altre in bianco e nero. In seguito a difficoltà amministrative con il Centro Nazionale di Cinematografia (carte professionali che non possedevo), l’ho ridotto a 55’ tagliando le scene a colori.
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“Questo film introduce l’Africa nel circuito cinematografico mondiale. Tale avvenimento è una data nella storia del cinema” Paulin Soumanou Vieyra
Tratto da una novella di Voltaïque, ispirata a sua volta da un articolo di cronaca nera apparso su Nice-Matin, La noire de.. è il primo lungometraggio di finzione girato da un africano. La sua durata in realtà sta al confine tra un mediometraggio e un lungometraggio, tuttavia la sceneggiatura era stata pensata per una lunghezza di circa 90’, poi tagliata dalla produzione con l’accordo dell’autore: “all’origine il film doveva durare 90’con delle scene a colori e altre in bianco e nero. In seguito a difficoltà amministrative con il Centro Nazionale di Cinematografia (carte professionali che non possedevo), l’ho ridotto a 55’ tagliando le scene a colori. Esse descrivevano le idee idilliache che Diouana aveva della Francia. Comunque sia, la versione attuale mi soddisfa perché quella da 90’ sarebbe stata appesantita da alcune lungaggini”, racconta l’autore.
Non è ancora un film interamente africano (la lingua è il francese, buona parte dell’ambientazione si svolge in Costa Azzurra), ma parte della produzione (la neonata Domireew), i tecnici, la musica e metà degli attori sono africani. Girato in 35mm bianco e nero nel 1966, ha una durata di 55’ (ma circolano versioni da 60’).
STRUTTURA
Il film è composto da due parti ben distinte, una ad Antibes e l’altra a Dakar, che si concatenano nella messa in scena. Non vengono rispettate le unità di tempo, luogo e azione. Il personaggio centrale della domestica fornisce però una continuità drammatica alla vicenda, quindi la struttura del film è comunque lineare.
Tre flashback, due con stacchi secchi e uno con dissolvenza, descrivono la vita a Dakar della protagonista: nel primo cerca lavoro, va al “mercato delle domestiche” e viene scelta dalla padrona. Nel secondo annuncia al suo ragazzo che partirà per la Francia, mettendosi a camminare sul monumento ai caduti. Nel terzo parla a letto con il fidanzato, prima della partenza.
Questi stacchi temporali permettono, così come in Guelwaar, di inquadrare con più precisione la psicologia del personaggio. Sono ricordi felici della vita recente a Dakar, con il suo fidanzato, che rendono ancora più insopportabile la solitudine nel presente.
Lo sviluppo della narrazione interseca sintagmi ambientati nella capitale senegalese - presente all’inizio, alla fine e durante i flashback - e la casa di Antibes. E’interessante notare che a Dakar le scene sono girate esclusivamente in esterni, simbolo di libertà, mentre ad Antibes si svolgono quasi esclusivamente in interni, simbolo di oppressione.
L’audio non è registrato in presa diretta: gli attori (non professionisti) sono doppiati e la voce di Diouana non è di Thérèse M’Bissine Diop, bensì di Toto Bissainthe, un’attrice di mestiere.
TEMATICHE
L’INCOMPRENSIONE COLONIALE:
“In questo film denuncio tre cose: il neocolonialismo (mi chiedo, perché la tratta degli schiavi continua ancor oggi?), la nuova classe africana composta generalmente da burocrati e una certa forma di assistenza tecnica”.
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