mondolariano
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martedì 3 maggio 2011
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il freddo del disincanto
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Pochi film sanno trasmettere un sensazione di tristezza come questo. La storia viene presentata in tutto il suo squallore, spalmata nero su bianco (è proprio il caso di dirlo) sulla grigia realtà del muro di Berlino. Il complotto politico di quegli anni, il terrore e il totale disincanto nei confronti della vita farebbero patire i brividi di freddo a chiunque. Viene davvero dal freddo questa povera spia solitaria, che costituisce l’anti-James Bond per eccellenza: un grande Richard Burton che non si fa dimenticare.
Appesantita da un passo lento e da una trama complessa che altrove potrebbero annoiare (mentre qui sono l’essenza stessa della vicenda), la storia procede compatta fino al drammatico finale, dove la logica cinica del criminale si scontra finalmente con la scelta di morire come un essere umano.
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Pochi film sanno trasmettere un sensazione di tristezza come questo. La storia viene presentata in tutto il suo squallore, spalmata nero su bianco (è proprio il caso di dirlo) sulla grigia realtà del muro di Berlino. Il complotto politico di quegli anni, il terrore e il totale disincanto nei confronti della vita farebbero patire i brividi di freddo a chiunque. Viene davvero dal freddo questa povera spia solitaria, che costituisce l’anti-James Bond per eccellenza: un grande Richard Burton che non si fa dimenticare.
Appesantita da un passo lento e da una trama complessa che altrove potrebbero annoiare (mentre qui sono l’essenza stessa della vicenda), la storia procede compatta fino al drammatico finale, dove la logica cinica del criminale si scontra finalmente con la scelta di morire come un essere umano.
Sconsigliato per chi soffre di depressione.
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elgatoloco
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lunedì 31 agosto 2015
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film eccezionale
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MArtin Ritt regista e John Le Carré fonte letteraria sono di per sé una garanzia, si può dire, per un film come questo. Eccelso, però, anche Richard Burton, in una delle sue grandi interpretazioni: in Burton , che qui ci dà tutte le dimensioni dell'attore(depresso, umiliato e offeso, iroso, ironico, "selvaggio"e mi sono limitato a quelle più estreme)troviamo tutto il campionario dell'attore vero, la capacità di dirci tutto in breve, ossia nelle due ore(meno, invero)di un film. Ma tutta l'ambiguità del mondo spionistico(non solo nell'epoca della guerra fredda, però, un punto cui fare attenzione!), già magistralmente detta nei libri di Le Carré(l'anti-Jan Fleming, meglio l'anti-Bond, dato che Smiley, qui solo accennato, è un "filosofo", un"moralista"à la LaRochefoucauld, diremmo, non un"eroe"da romanzi e film di consumo)è qui espressa in modo geniale, senza cedere alle sirene illusorie dello"spettacolo".
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MArtin Ritt regista e John Le Carré fonte letteraria sono di per sé una garanzia, si può dire, per un film come questo. Eccelso, però, anche Richard Burton, in una delle sue grandi interpretazioni: in Burton , che qui ci dà tutte le dimensioni dell'attore(depresso, umiliato e offeso, iroso, ironico, "selvaggio"e mi sono limitato a quelle più estreme)troviamo tutto il campionario dell'attore vero, la capacità di dirci tutto in breve, ossia nelle due ore(meno, invero)di un film. Ma tutta l'ambiguità del mondo spionistico(non solo nell'epoca della guerra fredda, però, un punto cui fare attenzione!), già magistralmente detta nei libri di Le Carré(l'anti-Jan Fleming, meglio l'anti-Bond, dato che Smiley, qui solo accennato, è un "filosofo", un"moralista"à la LaRochefoucauld, diremmo, non un"eroe"da romanzi e film di consumo)è qui espressa in modo geniale, senza cedere alle sirene illusorie dello"spettacolo". Un bianco e nero fulminante, inquietante ad ogni sequenza, che cic interroga continuamente su noi, sulla storia, sul"non ritorno"(?)di certe problematiche. Certo, il numero di guerre"apertamente dichiarate"e sotterranee, militari e invece "solo spionistiche"susseguitesi dopo la"Mitica"caduta del"MUro"dimostra che nulla, in realtà , è cambiato in maniera sostanziale, che tutto"torna anche peggio di prima". Con una "intelligentemente romantica"soluzione finale del film, che è il contrario di un"happy end", proponendoci senza inutile retorica il dramma della ragione("di Stato") versus i sentimenti. El Gato
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