Penultimo film diretto dall’inglese Charles Crichton, che dopo quest’opera aspetterà quasi un quarto di secolo prima di dirigere la successiva, la divertente commedia “Un pesce di nome Wanda” che sarà l’ultima pellicola per Crichton, nonché quella di maggior successo.
“Il terzo segreto” è invece un giallo molto ben scritto e diretto in modo suggestivo da Crichton, che punta su atmosfere cupe e su un impianto psicologico della trama che funziona perfettamente creando mistero ed incertezza che accompagnano la pellicola fino in fondo. Questo mix permette al regista britannico di realizzare numerose scene ad alta tensione in cui Crichton è bravissimo a creare un perfetto effetto thrilling.
L’evoluzione degli eventi rende la storia sempre più interessante, accendendo la curiosità dello spettatore che è portato a seguire il film con crescente attenzione: il finale prevede anche una sorpresa non del tutto imprevedibile, ma comunque certamente apprezzabile.
Il ruolo del protagonista è ben ricoperto da Stephen Boyd, attore che viene ricordato per il ruolo del cattivo Messala nel “Ben Hur” di William Wyler. L’altro ruolo chiave della pellicola è affidato all’attrice bambina Pamela Franklin, qui quattordicenne ma già famosa per ruoli di primo piano in importanti pellicole come “Suspense” di Jack Clayton e “Il leone” di Jack Cardiff; la performance della giovane interprete è di grande effetto ed anche per questo il suo personaggio è forse quello che resta maggiormente impresso. Negli altri ruoli di rilievo ci sono altri attori di grande fama come Jack Hawkins e Richard Attenborough, che sebbene vedano abbiano delle parti sacrificate in poche scene, lasciano comunque il segno con prove molto intense e vibranti. C’è poi l’australiana Diane Cilento, unica attrice non britannica del cast con un ruolo in bell’evidenza.
Si ricordano infine le partecipazioni di Nigel Davenport, in una parte inspiegabilmente davvero minuscola, e dell’allora trentenne Judi Dench, al suo esordio sul grande schermo.
I dialoghi sono forse un po’ farraginosi ed il ritmo della narrazione ne risente risultando lento e pesante a tratti; tuttavia l’opera nel complesso si mantiene interessante e godibile.
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