Titolo originale | Three Quatrains and a Farewell |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 65 minuti |
Regia di | Fariborz Kamkari |
Attori | Elettra Falzetti, Manuela Cossu, Fabio Massimo Falzetti, Daniela Belletti . |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,61 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 21 ottobre 2018
Roma: sette personaggi alle prese con un'adolescente inquieta che sta muovendo i primi passi nel mondo.
CONSIGLIATO NÌ
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La giovane Elettra, di 12 anni, ha perso da poco la nonna. Non si riesce a spiegare la scomparsa della donna che lei pensa di vedere ancora fuori al suo bar preferito. Chiede quindi aiuto a tutti gli adulti che conosce, facendo loro domande sulla morte e sul paradiso. Ognuno risponde a modo proprio ma nessuno le riesce a dare le certezze che vorrebbe. Anche gli adulti cominciano però a riflettere: dalla razionalità dei genitori, alla religiosità della sorella della nonna, alla spiritualità della zia.
Il regista Fariborz Kamkari sceglie una metodologia di ripresa molto originale per provare a cogliere tutte le sfumature dei suoi personaggi quando si affrontano tematiche così delicate: si attacca letteralmente a loro.
La camera è fissata sui loro corpi, ad inquadrare tutte le increspature del viso, le espressioni di sconcerto, dolore e sollievo. Questo porta ad un immediato coinvolgimento di chi guarda nelle dinamiche dei dialoghi tra i protagonisti, costretti ad un’impresa attoriale non tra le più facili. Non sono infatti permessi errori e sulle loro parole e sui loro gesti si costruiscono le fondamenta stesse del film, senza nessun altro elemento di contorno.
Sorprende quindi, in questa circostanza, la naturalezza della giovane protagonista Elettra Falzetti, che, tra trovate abbastanza inquietanti e momenti di comprensibile smarrimento, si muove come un piccolo detective che cerca di capire cosa ne è stato dell’adorata nonna. Le facce di chi incontra mantengono questo tono da dialogo leggero, quotidiano, famigliare, così da non sembrare quasi scritto. Le domande che escono fuori dalle conversazioni sono quelle che ogni bambino si porrebbe in circostanze simili e la difficoltà degli adulti è quella che tutti hanno provato nel dover riflettere sul senso più ampio della vita.
A questa semplicità si aggiungono però dei momenti di stacco, quasi come a voler dividere le varie parti del flusso del discorso, che il regista affida a delle poesie in quartine. Il risultato è ovviamente suggestivo e prova a dare aria alle immagini fisse, alla lunga, asfissianti sui protagonisti. L’insieme delle due cose appare comunque un po’ forzato, come se si avesse paura di lasciar andare il film verso una deriva e lo si volesse rinchiudere dentro una costruzione ben architettata. Sarebbe servita più sospensione, attimi dal respiro diverso e non così calibrati. Rimane comunque un esperimento ardito, sia per il tema che per la messa in scena, che avrebbe necessitato solo di un maggiore equilibrio ed esperienza.