Anno | 2008 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Agnès Jaoui |
Attori | Jamel Debbouze, Agnès Jaoui, Pascale Arbillot, Jean-Pierre Bacri, Guillaume De Tonquedec Frédéric Pierrot, Mimouna Hadji, Florence Loiret-Caille, Laurent Jarroir, Anne Werner, Jean-Claude Baudracco, Luc Palun, Marc Betton, Bernard Nissile, Alain Bouscary. |
Tag | Da vedere 2008 |
MYmonetro | 3,21 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 7 giugno 2010
Femminista appassionata e da poco entrata in politica, Agathe Villanova torna nella sua casa d'infanzia per aiutare la sorella a sistemare gli affari della madre deceduta un anno prima.
CONSIGLIATO SÌ
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Agathe Villanova è una femminista da poco scesa in politica. Un meeting la costringe a raggiungere il Sud della Francia e a soggiornare a casa della sorella Florence e di suo marito. Le due donne devono anche fare i conti con la recente scomparsa della madre. Intanto Karim, il figlio della domestica di Florence, e il suo amico Michel Ronsard hanno deciso di fare una serie di documentari sulle donne di successo e vorrebbero cominciare proprio da Agathe. Senza immaginare cosa l'aspetta, Agathe accetta.
Il terzo lungometraggio di Agnès Joui, Parlez-moi de la pluie (Let it rain) , ha un primo enorme pregio: si scarta dal precedente esattamente come il secondo si scartava dal primo. Indubbiamente meno brillante del "Gusto degli altri", meno vibrante di "Così fan tutti", non smette di indagare la differenza tra la percezione di sé e il punto di vista altrui né cambia tema o motivo ma restringe drasticamente l'obiettivo, si spoglia di alcune sofisticherie, si addentra senza sconti nella ricerca della comicità della vita vera, quella che nasce dalla scomodità, dall'errore, dalla crisi ("Parlez-moi de la pluie et non pas du beau temps", canta Brassens).
Agnès Jaoui e Jean-Pierre Bacri, accovacciati a terra, un poco storditi, che si perdono (o si trovano) ad interrogarsi sulla formica che trasporta un peso intollerabile per la propria corporatura, è l'immagine che meglio rende, forse, l'approdo di un cinema che ha nell'urgenza e nel peso delle parole e nella compresenza di due grandi attori/autori tutto quel che gli serve per esistere e resistere.
I loro corpi comici si svelano qui oltre il già noto: perennemente fuori posto lui, destinato a venir malamente smascherato in ogni piccola omissione, e sconfitta lei, determinata a mantenere un saldo controllo del suo essere e del suo fare e destinata a venir travolta dagli eventi e dagli affetti, si confermano grandi vittime e piccoli carnefici l'uno dell'altro; degli altri.
Talentuosa commediografa (si vede dai finali), regista fedele al piano sequenza, la Jaoui qui monta con la musica e scrive con un inchiostro diverso, meno sociologico e più sentimentale, che non è detto faccia sorridere o commuovere per forza (de gustibus, appunto) ma che le siamo tanto grati di aver testato, confermando una curiosità creativa e un'allergia agli stereotipi assai rare. Spiace soltanto che non abbia affilato la lama maggiormente sul personaggio di Agathe, dal quale poteva nascere uno straordinario Castella al contrario. Forse l'autrice è allergica anche al narcisismo, forse quel che c'è basta e avanza per dire di nuovo, in un terzo modo, che l'indipendenza femminile ha sempre il suo prezzo da pagare.
"Parlez-moi de la pluie" : la valse-hésitation d'Agnès Jaoui, entre vagabondage et apologue On a envie de se laisser aller, comme Agnès Jaoui et Jean-Pierre Bacri quand ils ont écrit Parlez-moi de la pluie. Troisième de leurs scénarios à être mis en scène par Agnès Jaoui, ce film s'écarte un peu des sentiers parcourus dans Le Goût des autres (2000) et Comme une image (2004).