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Jean Renoir

Jean Renoir è un attore francese, regista, scrittore, sceneggiatore, è nato il 15 settembre 1894 a Parigi (Francia) ed è morto il 12 febbraio 1979 all'età di 84 anni a Los Angeles, California (USA).
Nel 1975 ha ricevuto il premio speciale al Premio Oscar.

Zola trasportato sul grande schermo

A cura di a cura della redazione

Figlio del pittore Auguste, e stretto parente di altri personaggi della storia del cinema: Pierre (attore), Claude (operatore), Marguerite (montatrice). È uno dei registi più interessanti e originali, soprattutto per le opere create attorno agli anni trenta. Autore di oltre trenta film, non ha disdegnato di figurare in alcuni di essi anche come attore e con parti di protagonista. Il suo primo lungometraggio risale al 1924 (La fille de l'eau); ma di tutto il periodo muto si ricordano soprattutto Nana (1926), tratto dal romanzo di Zola, e La petite Marzoande d'allumettes (1928), ispirato a Hans Christian Andersen, nei quali peraltro a un già vivo e originale senso di introspezione psicologica si sovrappone un gusto decorativo e simbolistico forse eccessivo e che risente delle mode espressionistiche allora in voga.
Col suo primo film sonoro (La Chienne, 1931) inizia un periodo particolarmente fecondo dell'arte di Renoir. La sua attenzione si concentra sul mondo contemporaneo: una società che gli appare divisa in classi fra di loro incompatibili. Appoggiandosi a una psicologia di impianto verista e non di rado niverberante di echi naturalistici alla Zola, R. dimostra in questo periodo una spiccata predilezione per drammi che documentano i conflitti della società francese soprattutto sul piano etico. La morale della borghesia, una morale sfatta, astratta, ipocrita, non si adatta alle classi popolari, schiette e spontanee. E quando le regole della morale borghese interferiscono nella vita delle classi popolari fatalmente si provoca una reazione spontanea e per lo più violenta da cui scaturisce il dramma. Il tema del contrasto fra le classi domina quasi tutte le opere di tutto il periodo prebellico dell'arte di R., non solo nei film di ambientazione contemporanea (oltre a La Chienne, per esempio, Boudu sauvé des eaux, Toni, Le cnime de M. Lange, La vie est à nous, Les bas fonds, La béte humaine), ma anche in opere come La Marseillaise, un film storico che dà della Rivoluzione Francese una interpretazione appunto classista, e anche in La grande illusione, il film sulla guerra 1914-18 in cui l'intonazione pacifista è sorretta dal concetto che il contrasto di classe è superiore a quello che la guerra scava fra gli esponenti della borghesia dei paesi fra loro in guerra.
Sono del resto questi in Francia gli anni del Fronte Popolare e delle speranze che esso aveva fatto nascere fra gli intellettuali francesi e che le delusioni della guerra di Spagna avevano solo parzialmente attenuato nei mesi precedenti allo scoppio della seconda guerra mondiale. Molti dei film di R. di questo periodo risentono da vicino di questo clima. Alla guerra di Spagna R. diede un suo contributo scrivendo il commento dell'edizione francese del documentario Terne d'Espagne, 1937, di Joris Ivens. (Il testo della versione inglese fu scritto da Ernest Hemingway). Proprio alla vigilia della guerra R. dà quello che sul piano formale può essere considerato il suo capolavoro: La règle du jeu (1939). Qui il contrasto oggettivo fra le classi è sparito: esiste solo una contrapposizione tra il mondo dell'alta borghesia e quello dei servi, che si muove però su binari paralleli, perché questi ultimi riproducono i vizi e i difetti dei padroni, secondo una tradizione che, attraverso Mirabeau, risale a Beaumachais (al quale La règle du jeu è liberamente ispirata). In questo film l'origine del dramma non è dato più da una interferenza tra i costumi di classi diverse, ma dalla presenza, in un mondo omogeneo e rispettoso delle proprie regole, di un individuo che pretende di vivere secondo i principi di una vera morale. Molti critici hanno visto in questo film che ritraeva piuttosto realisticamente la condizione in cui si trovava la borghesia francese, il segno premonitore della catastrofe verso cui la Francia stava andando incontro. Sul piano formale l'opera di R. resta incomparabile per il modo in cui vi è condotta l'introspezione dei personaggi e per la minuziosa e complessa costruzione delle scene, le quali sono per lo più raccontate con abbondanza di movimenti di macchina, cosicchè lo spettatore ha l'impressione di vivere quasi dall'interno la vicenda. Inoltre in questo modo l'alternarsi dei diversi piani di ripresa assume un ritmo addolcito, senza bruschi salti, e naturalmente preparato dallo stesso evolversi della scena. Nel 1940 Renoir era in Italia dove si apprestava a girare una Tosca che avrebbe dovuto essere, secondo i propositi dell'autore, una grande sinfonia sulla Roma barocca. Ma Renoir potè girare solo la prima scena del film (che fu poi terminato, piuttosto mediocremente, dal suo aiuto Kock) perché l'entrata dell'Italia in guerra lo costrinse a trasferirsi negli USA, dove dal 1940 al 1946 girò cinque film, uno solo dei quali, L'uomo del sud, è completamente all'altezza della sua fama, anche se gli altri hanno per conto loro una dignità ben superiore al livello medio dei film che Hollywood produceva in quel periodo. Rientrato in Europa, R. stentò a trovare finanziamenti per dei nuovi film. Nel 1950 realizza finalmente in India Il fiume; nel 1952 torna in Italia per girare La carrozza d'oro con Anna Magnani, che sembrava dovesse essere in qualche modo la ripresa del progetto su Tosca ma che in parte deluse le attese. Infine tornò in Francia e dal 1954 al 1961 diresse ancora cinque film tutti di elevato valore spettacolare e nei quali spesso cercò di appoggiarsi più alla sua vena comica (di cui aveva dato degli eccellenti esempi in Boudu, Une partie de campagne) che a quella drammatica.
Tuttavia questi film risentono molto dei compromessi che R. si è dovuto imporre per trovare un accordo coi produttori e si sente che in essi è andata perduta quella verve polemica che era stata una delle spine dorsali delle opere del suo periodo migliore. Dal 1961 R., nonostante sia indiscutibilmente uno dei "grandi" del cinema mondiale, cerca invano finanziamenti per i suoi nuovi progetti. La mancanza di lavoro nei teatri di posa lo ha indotto a scrivere una biografia di suo padre e nel 1966 ha annunciato l'intenzione di scrivere un romanzo.

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