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Al personaggio più insulso del film è lasciato l'onore di dire la frase che più rappresenta (o dovrebbe rappresentare) questo film: la diciannovenne Penelope nel bel mezzo di una cena con il suo attempato e disgustoso compagno per far colpo esclama "LA RABBIA GENERA SOLO ALTRA RABBIA". Il film infatti non è altro che una escalation di rabbia e livore secondo un climax innescato dalla irritante e irascibile protagonista e da qualche pazzo che la segue nelle sue "eroiche" imprese. La critica al "sistema" di questa signora (che ha grosse colpe, ma pochi sensi di colpa) non è per nulla documentata, è cieca, sorda e si basa su luoghi comuni e nel suo evolversi calpesta con certo sadismo altri individui altrettanto se non più indifesi, deboli e degni di compassione. Si arriva infine al classico "farsi giustizia da se" dei film western, ma qui in un modo talmente sconclusionato che si cade nel ridicolo con la assurda scena di chiusura (perlatro molte altre scene sono ridicole in questo film pseudodrammatico). Se il film avesse voluto identificare questo disgustoso modus operandi della protagonista con la attuale presidenza americana di Trump probabilmente ce lo avrebbe fatto capire in altro modo prendendone chiaramente le distanze. E allora sarebbe stato encomiabile. Invece la scenografia gioca su bassi livelli e turpiloqui a profusione e fa dire l'unica frase che ha un senso nel film (LA RABBIA GENERA SOLO ALTRA RABBIA) al personaggio più stupido del film, come dire che non è la posizione del regista. Anni luce lontano da Mississipi Burning - le radici dell'odio (che fra l'altro vedeva la più convincente partecipazione della McDormand), questa storia lascia attoniti su quanto possa risultare sconclusionato certo film d'autore.
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