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1950, Alan Turing viene arrestato per atti osceni e viene interrogato da un agente di polizia. Comincia cosi a raccontare la propria storia e di come fu assegnato ad un operazione top secret: decriptare il codice nazista Enigma, e conoscere le mosse dei tedeschi in anticipo per poter vincere la guerra.
Sullo sfondo della seconda Guerra Mondiale ecco un altro stralcio di quegli infiniti tragici anni. Stavolta si narra di tale Alan Turing, futuro inventore del computer (uno dei tanti!). Un uomo dal comportamento asociale ma geniale matematico capace di vedere dove gli altri non vedono ma incosistente nei rapporti umani nonchè disadattato gay ai tempi in cui ciò era reato. Morten Tyldum confeziona un opera di tutto rispetto incentrata sul personaggio di Turing sorretto alla grande da questo Benedict Cumberbatch già divino nel ruolo di Sherlock. Con una sceneggiatura classica e lineare ma al tempo stesso pulita e senza falle il regista si sofferma più sul lato umano del protagonista e sulla sua mente complicata tanto quanto il codice da decifrare, le difficoltà con il suo gruppo di lavoro verranno risolte dall'intervento di un abile donna esperta di cruciverbi capace di toccare l'animo "cibernetico" del genio e istruendolo nelle relazioni umane fondamentali per il raggiungimento del proprio scopo. The Imitation Game non presenta novità autoriali e questo è un punto debole ma si tiene al classico imitando schemi già visti in "The Beautiful Mind". Come nel film di Ron Howard anche qui il ruolo della donna diviene fondamentale per i rapporti sociali del protagonista culminando in un matrimonio farsa. L'elogio più grande va riservato al già citato Cumberbatch autore di una prova d'attore magistrale che primeggia sul restante cast adombrato dalla sua performance. The Imitation Game non è un capolavoro, non finirò mai di dirlo, e le dieci statuette a cui è candidato sono davvero troppe, ma va apprezzato per ciò che di buono ci può dare in un anno cinematografico davvero avaro di buone cose.
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