Un film è prima di tutto, come ogni progetto immaginativo, comunicazione. L'abilità del regista nel farci entrare nel suo pensiero è ciò che determina a mio avviso la riuscita di un film. Ogni film viene compreso in rapporto a ciò che siamo. Per comprendere ciò che l'altro ci vuole comunicare dobbiamo basarci su delle precomprensioni nostre, per poi, eventualmente, modificarle.
Questo è un film sicuramente di difficile lettura, ed è facile trovarci un senso personale. Ma forse proprio questa ambiguità significativa rende ancora più seducente questo film. "Cosa ci vuoi dire Lars?". E' questa la domanda costante che lo spettatore si pone fruendo di questa esperienza cinematografica, sicuramente fuori dalle righe. Ma il suo essere oltre i limiti non è semplicemente per via della sua manifestazione di immoralità o di presunta irrazionalità: questo film va oltre prima e soprattutto perchè non può esonerarti dall'avere un rapporto diretto e costante con il pensiero del regista. Lars dialoga, in modo suo, esplicitando cose e velandone altre. Sicuramente conosce i modi per giocare con la nostra emotività: ci porta, prima di iniziare a parlare, in uno stato emotivo simile al suo, ci porta, prima di iniziare il discorso, in casa sua.
Forse l'unico critica che posso muovere è sul prodotto del suo pensiero, tenendo in considerazione che rimane comunque un punto di vista.
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