RAFFAELLA GIANCRISTOFARO
Al cinema di oggi mancano tanto le star donne, mentre di ragazzoni bravi, belli e fieri straboccano gli schermi, le attrici di carisma e talento sono a rischio d’estinzione. Maggie Gyllenhaal marcia spedita come un treno in corsa in direzione opposta. Ventenne di spicco del cinema off Hollywood, e attrice a suo agio nella moda (vedi la glamourissima campagna per Miu Miu). Criminal di Gregory Jacobs ne conferma la capacità di scegliere ruoli accattivanti, curiosi, mai banali. Qui è la sorella di un abile truffatore (John C. Reilly) che, in coppia con un’altra mano lesta (Diego Luna), prepara un imbroglio micidiale a un miliardario (Peter Mullan). Impossibile contare di più, per non rovinare la sorpresa. Un film in stile Hollywood 70, remake dell’argentino Nove regmne, prodotto da Clooney e Soderbergh, che l’avevano già scritturata in Confessioni di una mente pericolosa per la parte di Debbie, compagna di stanza di Drew Banymore. Difficile trovare oggi un’attrice che abbia frequentato così assiduamente il cinema indie: quello di John Waters (era la satanista di A morte Hollywood), Alex Cox (Revengers Tragedy), John Sayles (Casa de los Babys) e Spike Jonze (Il ladro di orchidee). Newyorkese del Lower East Side, classe 1977, laurea alla Columbia in religioni e letterature orientali, famiglia di intellettuali, credo liberal: la madre, Naomi Foner, produttrice e sceneggiatrice, è stata nominata all’Oscar e ha vinto un Golden Globe nell’88 per la sceneggiatura di Vivere in fuga di Sidney Lumet; l’anno scorso, nel suo Strip Search della Hbo, con Ellen Barkin e Glenn Close, Maggie era una studentessa americana accusata di attività terroristiche in Cina. Al padre Stephen, regista, deve il debutto in Waterland - Memorie d’amore, con Jeremy Irons ed Ethan Hawke (1992). E ancora: l’anno dopo, è sul set del suo A Dangerous Woman, con Debra Winger e Barbara Hershey, inedito da noi. Mentre il successivo Homegrown è passato in Tv come Erba nostrana: nel cast, oltre a Billy Bob Thomton, Jamie Lee Curtis, c’erano pure Maggie e Jake, di tre anni più piccolo. C’è molto da chiacchierare sulla coppia di fratelli più eccentrica dai tempi di Warren Beatty e Shirley MacLaine. Lei non frequenta il teen movie decorticato (a parte l’inenarrabile Donnie Darko, di cui Jake è protagonista). La vera rivelazione è la sua sorprendente segretaria masochista in Secretary di Steven Shainberg, per promuovere il quale ha posato per “Playboy”. Una mazzata al perbenismo americano. E una pioggia di premi della critica, più una nomination ai Golden Globe. Niente male per una che ha come nume tutelare Gena Rowlands e uno sguardo penetrante al punto tale da mettere in soggezione, forse unica traccia dell’eredità svedese evocata dal cognome. Dopo quel film, il teatro: è Alice, la spogliarellista, in Closer. Nella pellicola di Nichols quel ruolo è di Natalie Portman, che per inciso è una delle fiamme del fratello Jake, oltre a Scarlett Johansson e, ancor prima, Kirsten Dunst (presentatagli da Maggie durante le riprese di Mona Lisa Smile, il suo film più melenso). E poi, sempre sul palco, Homebody/Kabul di Tony Kushner, in cui interpreta un’ingIese alla ricerca della madre scomparsa in Afghanistan. Il suo fidanzato è anche lui attore: Peter Sarsgaard, visto in Boys Don’t Ciy, e presto in Kinsey, nonché coprotagonista, proprio con Jake, anche nel nuovo film di Sam Mendes, Jarhead. Mai rivalità più virtuosa, insomma, tra fratelli. Tra i suoi film che vedremo, oltre all’indi- pendente Shall Not Want di Laurie Collyer (dov’è una giovane madre fuori di prigione), la commedia Happy Endings di Don Roos (The Opposite of Sex, Bounce) con Lisa Kudrow, evento dell’ultimo Sundance. La grossa scommessa, però, è Stranger Than Fiction di Marc Forster. Potrebbe essere il salto verso il grande pubblico. E per togliersi, a ventott’anni, lo sfizio di essere anche una star.
Da Film Tv, n. 8, 2005