Stampate nella memoria questo nome, Catalina. Ma soprattutto la sua faccia da madonna colombiana, i suoi occhi scurissimi, la leggerezza con cui occupa lo schermo. E l'intensità, la bravura, lo splendore. Ricordatevene al momento giusto, a febbraio, quando verrà assegnato l'Oscar per la migliore attrice.
Catalina di cognome fa Sandino Moreno. Già ha vinto l'Orso d'oro a Berlino ed è stata laureata dal Film festival di Seattle. Ha sedotto il Sundance film festival. Ha incantato Deauville. Adesso la candidatura all'Oscar. Tutto grazie a un solo ruolo e a un solo film, Maria full of grace, Maria piena di grazia, che arriva in Italia il 19 novembre ed è considerato tra gli imperdibili della stagione. Perché è un film splendidamente scritto e girato, tra Colombia e New York, da Joshua Marston, un esordiente che s'era messo in testa di raccontare le «mule», le ragazze che per 5 mila dollari si imbottiscono di eroina e rischiano la vita per contrabbandarla nei paesi ricchi.
Chi sono? Perché lo fanno? A rispondere c'è, praticamente in scena per tutto il film, la faccia luminosa della ventritreenne Catalina. Che di mule non sapeva niente, essendo nata a Bogotà, certo, ma da buona famiglia (madre patologa, padre veterinario) e avendo dunque frequentato un borghesissimo college, ben lontano dalla povertà da cui vengono le mule come Maria. La produzione aveva già inutilmente fatto il provino a 800 ragazze tra Bogotà e New York, passando per Quito e Miami. «Eravamo sul punto di posticipare l'inizio delle riprese quando ho ricevuto l'ennesima cassetta dalla Colombia» racconta Marston, «Catalina era la prima. Ed era Maria: somigliava al personaggio che avevo creato, si muoveva come lei, aveva una freschezza meravigliosa».
Arruolata all'istante. Poi per due settimane ha lavorato in un roseto industriale: Maria, la mula, era addetta a togliere le spine alle rose. Lei, la studentessa bene col pallino dei recitare, le tagliava. Ma uguale era l'aria mefitica per via degli anticrittogamici («Certi giorni avevamo tutti gli occhi rossi»), uguali i ritmi imposti dal caposquadra, il divieto di andare in bagno, i pochi soldi, il futuro squallido. «Ho capito perfettamente perché Maria ha scelto di scappare» spiega Catalina a chi le chiede cos'abbia in comune con il personaggio.
Difatti anche lei, a modo suo, è scappata. Finite le riprese, ha fatto la stessa scelta di Maria nel film: rimanere a New York. S'è iscritta a un corso di recitazione, ha trovato un agente, ha avuto un piccolo ingaggio a teatro per una commedia in cui è convinta di aver «recitato malissimo».
Non va mai in televisione (due sole apparizioni degne di nota, da gennaio a oggi). Non dà interviste. Legge tutti i copioni che le arrivano. E aspetta. Un ruolo drammatico? Una commedia? Di certo «non un ingaggio da Latin girl», da bellona tutta curve e bikini. Perché le curve le avrebbe anche, Catalina, ma di intelligenza ne ha ancora di più.
Da Panorama, 11 novembre 2004