Anno | 2025 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 52 minuti |
Regia di | Emanuele Mercurio |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 24 gennaio 2025
Un documentario che esplora forza mentale e passione attraverso una storia di rinascita, di quelle che solo lo sport sa regalare.
CONSIGLIATO SÌ
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Le discese ardite e le risalite. Simone "Tartana" Fabbri va
in bicicletta, da sempre. Senza paura. È ciclista e meccanico di
mountain bike: monta, smonta, aggiusta tutto quello che abbia
due ruote e un manubrio. Un giorno, però, da aggiustare si è
trovato ad essere lui.
"E' stata una mezz'ora pesantissima. Perché il medico, con
delicatezza ma con onestà, mi ha dovuto mettere sul piatto quello
che c'era". Simone da qualche tempo sentiva degli strani ronzii.
Un paio di volte si era sentito girare la testa, delle perdite di
equilibrio. Una risonanza, e il medico che gli dice: "Dobbiamo
intervenire presto, perché abbiamo visto qualcosa...". E qui, la
voce di Simone si ferma. "...Qualcosa che in un paio d'anni ti
porta via". La cosa si chiama glioma al cervello. Un tumore
maligno.
Ma Simone non si arrende. Dopo due delicate operazioni
alla testa, decide di non darla vinta al male. E partecipa ad
Ironman, un triathlon estremo, che definire impegnativo è poco.
Ma che è anche un grande evento umano, prima ancora che
sportivo.
Una storia vera, quella di Simone "Tartana" Fabbri, che pedala, nuota e corre contro le paure, e contro il tumore con cui lotta. Una storia di resilienza, tenacia, speranza.
È difficile raccontare il momento in cui ti trovi a tu per tu
con la morte, con l'idea che possa finire tutto, in retta. È difficile
raccontarlo in un film di finzione: ed è ancora più difficile
raccontarlo, quando è tutto vero. Il film Tutta una questione di
testa racconta una storia vera. Una caduta vertiginosa nel
dramma e la risalita, tenace. Una storia di resilienza, se si volesse
usare una parola di moda. Una storia di tigna, di amore per la
vita, di speranza. Se si volessero usare parole più semplici, ma
forse più vere.
Dentro questa storia ci porta lui stesso, Simone Fabbri, 45
anni, romagnolo di Forlimpopoli, sorriso accattivante. Simone -
"Tartana", un soprannome che gli viene dal nonno - è sposato
con Sara, ha un figlio diciottenne e una passione immensa per la
bicicletta. È commissario tecnico della nazionale italiana di
Downhill, disciplina che si corre in mountain bike, su strade
sterrate e in montagna.
Simone è uno sportivo, con una vitalità immensa,
un'allegria che non si arrende, gli occhi che brillano. Brillano
anche quando ti racconta che, tre settimane dopo l'intervento alla
testa, nel freddo di dicembre se ne è andato a correre, per dieci
chilometri. Non si arrende. Nemmeno quando arriva la seconda
botta: è necessario un secondo intervento, undici mesi dopo il
primo. Neppure quando arriva la terza:un crisi epilettica, venuta
fuori dal nulla, imprevedibile e incontrollabile come sono le crisi
epilettiche. Una bomba sempre innescata, che ti può anche
bloccare la vita.
E invece no. Simone non si arrende. E decide, anzi, di
affrontare la sfida più impensabile: fare l'Ironman, una forma di
triathlon, molto più lunga e difficile del triathlon olimpico. Si
tratta di fare quasi quattro chilometri a nuoto, 180 in bici e poi, di
corsa, la distanza classica della maratona: 42 chilometri.
Ironman è una disciplina che esige una preparazione
intensa, una scommessa con se stessi, con la sofferenza fisica.
Non è solo una corsa, è una sfida con se stessi. Esiste da molti
anni, in tutti i continenti: vi partecipano uomini, donne, famiglie
intere. Nel 2022 Cristina Nuti è stata la prima donna affetta da
sclerosi multipla a completarla: lo scorso anno, la ha affrontata
Marco Dolfin, medico chirurgo in carrozzina dopo un incidente
motociclistico.
Simone l'ha fatta. Si è preparato nuotando in mare,
d'inverno, correndo nelle strade di campagna, andando in bici. E
si è raccontato in questo docufilm, prodotto da Endu canne,
portale con 50mila iscritti appassionati di triathlon, e realizzato in
collaborazione con Ironman Italy Emilia-Romagna, che
organizza il più grande evento Ironman al mondo.
Difficile immaginare che cosa sia, quali sensazioni diano,
quei seimila partecipanti tutti uguali, con le mute, che si gettano
nel mare gelido. Ti vengono in mente i lemming, i roditori che,
secondo un (falso) documentario Disney, si gettavano in mare
dalle scogliere, in massa. Oppure i grandi eventi rock, con
migliaia di persone che sembrano celebrare, insieme, la
grandezza della vita, oltre che quella della musica, come
Glastonsbury.
Non sapevo niente di questa corsa, non sapevo niente delle
mille storie delle persone che la fanno. Non sapevo niente della
storia di Simone Fabbri. E ora ho negli occhi le immagini di una
meravigliosa follia collettiva.
Le immagini del documentario - diretto da Emanuele
Mercurio, con la coregia del dop Luca Carton - sono curate, il
montaggio di Elisa Cantelli è attento. La costruzione
drammaturgica c'è, con i momenti di sconforto, i crampi, la
paura di non farcela. La maratona da affrontare, quando i muscoli
non si sbloccano, le contratture non si allentano, i crampi non ti
mollano, le gambe non rispondono più. Ma soprattutto, quello
che rimane nella memoria è il sorriso di Simone, la sua fiducia
incrollabile. In se stesso, nello sport, nella vita che ancora ci
attende.