Titolo originale | Der Kuss des Grashüpfers |
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Germania, Lussemburgo, Italia |
Durata | 128 minuti |
Regia di | Elmar Imanov |
Attori | Lenn Kudrjawizki, Michael Hanemann, Sophie Mousel, Adolf El Assal, Al Ginter Doina Komissarov, Vakho Chachanidze, Philipp Franck, Michael Stange, Rasim Jafarov. |
Uscita | giovedì 1 maggio 2025 |
Distribuzione | Trent Film |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
|
Ultimo aggiornamento giovedì 24 aprile 2025
Una riflessione intima e surreale sulla perdita, scandagliando il rapporto padre - figlio attraverso una narrazione che unisce leggerezza e malinconia.
CONSIGLIATO SÌ
|
Bernard, scrittore di mezza età in crisi creativa, ha un complicato rapporto con il padre e una relazione sentimentale alla deriva con Agata. Chiuso tanto al mondo esterno quanto a quello dei suoi sentimenti, Bernard trova conforto solamente nella pecora che tiene in casa e che abbraccia quando dorme. Un'aggressione subita dal padre e la conseguente scoperta che l'uomo soffre di un cancro in fase terminale sconvolgono ulteriormente la vita di Bernard, facendolo precipitare in una realtà sempre più condizionata da incontri ed eventi surreali.
L'opera seconda del regista azero Elmar Imanov, presentata nel corso del Festival di Berlino, racconta con toni da realismo magico l'odissea esistenziale di un uomo incapace di liberarsi dei fantasma della sua educazione.
Già nel precedente lavoro di Imanov, End of Season, vincitore del premio FIPRESCI al Festival di Rotterdam nel 2019 e da noi rimasto inedito, il dramma silenzioso di una famiglia apriva a un'analisi sociologica e metaforica della vita contemporanea nell'ex repubblica sovietica dell'Azerbaigian e nella sua capitale Baku, sottolineando la condizione alienata e straniata dei personaggi. Nel passaggio dalla terra d'origine alla Germania, paese dove lo stesso Imanov è emigrato ancora da bambino all'inizio degli anni '90 (e dove poi si è laureato in una scuola di cinema), il dramma trascolora nella riflessione metafisica e psicanalitica, mentre il realismo della messinscena si apre senza indugi al magico e al surreale.
I luoghi nei quali si svolge la vicenda del protagonista Bernard (interpretato con fredda determinazione dall'attore russo Lenn Kudrjawizki), il suo appartamento, la metropolitana, i locali in cui si rifugia, sono una chiara raffigurazione di una condizione esistenziale bloccata, traumatizzata: sono asettici, essenziali, privi di vita. Come l'anima di Bernard, che non inventa più, non ricambia l'amore che riceve ed è immerso in una perenne malinconia. L'artificiosità delle scenografie e i toni monocordi della fotografia tolgono respiro alla rappresentazione e creano voluti effetti di contrasto quando all'interno delle inquadrature, in maniera del tutto inattesa ma stranamente naturale, compaiono elementi assurdi: la pecora come animale domestico, ovviamente, ma anche le tante apparizioni della cavalletta del titolo, a volte quasi con derive cronenberghiane. Dove finisce dunque la realtà fenomenologica e dove comincia l'immaginazione del protagonista, o meglio le proiezioni del suo inconscio?
Il bacio della cavalletta porta progressivamente lo spettatore in una dimensione enigmatica, a tratti quasi comica nella sua impassibilità depressa, tra un vicino di casa che sfida la gravità e il tempo, poliziotti indifferenti, figure di contorno iperattive e in generale un paesaggio umano devitalizzato. Il riferimento a Cronenberg non è del tutto gratuito, perché il mestiere di scrittore di Bernard avvicina le sue allucinazioni alle creature de Il pasto nudo, in un ideale collegamento con Queer di Guadagnino per quanto con toni e temi opposti. Se là, infatti, il fulcro del film è il desiderio del protagonista, qui è la sua incapacità di reagire all'incontro con la morte, il vuoto, il silenzio.
La forza della messinscena di Imanov sta proprio nel contrasto culturale tra le sue origini azere (con il naturale richiamo a evidenti simbolismi poetici) e la sua assimilazione nel mondo tedesco, in cui la visione alienata delle relazioni sociali scolora nell'ironia e nella quieta disperazione (qualcosa di simile a quanto visto qualche anno fa in I'm Your Man di Maria Schrader). Il limite è forse l'arbitrarietà di un simile approccio, la paradossale facilità nel creare un cinema che prende in contropiede lo spettatore ma non sa mettere in discussione il proprio sistema di rappresentazione, assimilando il sogno e la realtà, la lettura psicanalitica di base (tutto in fondo nasce dal fantasma desiderato e temuto della morte del padre di Bernard, o da una delusione sentimentale) e passaggi più disturbanti, a cominciare dal continuo ritorno di Bernard nelle viscere della metropolitana, quasi in una raffigurazione materiale del bloccaggio simbolico.
In altre parole, nonostante l'evidente ambizione Imanov non è né Buñuel né Lynch, ma con il suo film strano e straniante ha saputo creare un immaginario credibile e catturare lo spettatore al suo interno: a patto di stare al gioco ed entrare in sintonia con lo stato catatonico del suo protagonista.
La gente non riesce più ad affrontare la tristezza, gli dice il suo editore, ma non è certo questo il problema di Bernard (Lenn Kudrjawizki): il suo mondo galleggia su una sospensione emotiva che oscilla tra l'amore disfunzionale per la sua donna, Agata (Sophie Mousel), e la dipendenza (an)affettiva dal padre, Carlos (Michael Hanemann). Ancorata a Fiete, la pecora che tiene in casa, la realtà di Bernard [...] Vai alla recensione »