figliounico
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giovedì 4 maggio 2023
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sprofondati nel brodo primordiale
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La prima mezz’ora lascia ben sperare. L’atmosfera straniante, la realtà urbana distopica e degradata all’eccesso che contrasta con la musica leggera della colonna sonora, le scene ispirate al grottesco alternate a quelle di tono drammatico, la grande interpretazione di Phoenix, calato in un personaggio, patetico e comico al contempo, che richiama alla mente quello straordinario di Joker, tutto concorre in una sintesi perfetta a creare l’aspettativa di un capolavoro. In sala di montaggio non ha, però, purtroppo, funzionato qualcosa. Aster non ha tagliato le scene superflue e così un film che avrebbe potuto esprimersi al meglio in circa due ore ne dura una in più. Ad un certo punto nel mezzo del boschetto dove si allestisce uno spettacolo teatrale, che si combina malamente con un film d’animazione tipo Loving Vincent, diventa insopprimibile lo sbadiglio che involontariamente sanziona un’opera che avrebbe meritato un entusiastico applauso se fosse continuata sviluppando in modo coerente e visionario il promettente inizio.
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La prima mezz’ora lascia ben sperare. L’atmosfera straniante, la realtà urbana distopica e degradata all’eccesso che contrasta con la musica leggera della colonna sonora, le scene ispirate al grottesco alternate a quelle di tono drammatico, la grande interpretazione di Phoenix, calato in un personaggio, patetico e comico al contempo, che richiama alla mente quello straordinario di Joker, tutto concorre in una sintesi perfetta a creare l’aspettativa di un capolavoro. In sala di montaggio non ha, però, purtroppo, funzionato qualcosa. Aster non ha tagliato le scene superflue e così un film che avrebbe potuto esprimersi al meglio in circa due ore ne dura una in più. Ad un certo punto nel mezzo del boschetto dove si allestisce uno spettacolo teatrale, che si combina malamente con un film d’animazione tipo Loving Vincent, diventa insopprimibile lo sbadiglio che involontariamente sanziona un’opera che avrebbe meritato un entusiastico applauso se fosse continuata sviluppando in modo coerente e visionario il promettente inizio. Il tema centrale si può riassumere nel rapporto patologico ed angustiante con la madre padrona nella circolarità di una vita che nasce, sogna e muore nel grembo materno, passando attraverso una serie di metafore del liquido amniotico, dalla lotta col gemello fantasma in una vasca da bagno alla fuga in barchetta in una piscina coperta da una volta artificiale che ricorda quella di The Truman show. In alcune scene i dialoghi sono esasperatamente lunghi e contorti, ma Aster, ancora purtroppo, per lui e per noi spettatori, non è Bergman ed il parlato eccessivo diluisce la tensione in un brodo primordiale e smorza l’attenzione invitando alla pennica, complice la comoda poltrona e lo spettacolo pomeridiano.
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imperior max
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mercoledì 3 maggio 2023
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quando la paura è dentro di noi sin dalla nascita e prende svariate forme con gli anni.
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E dopo Nope di Peele e The Northman di Eggers anche il nostro Ari Arister è in careggiata col suo terzo film, BEAU HA PAURA con Joaquin Phoenix. Beau, un uomo di mezz’età con i più alti complessi al mondo, deve andare a trovare sua madre della quale prova tanto amore quanto esserne timorato. Nel farlo affronterà un viaggio man mano sempre più surreale, distorto e grottesco.
Stavolta è un film impegnativo dato che parla tanto di metafore, immagini, figure allegoriche, situazioni non proprio normali, ma significative e rimandi al classicismo greco come il complesso di Edipo o la tragedia di Medea. Anche un po’ di Dante nella struttura. Eppure la narrazione ha una bella linea retta, fuorviata alla lunga solo poche volte per entrare nella testa del protagonista.
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E dopo Nope di Peele e The Northman di Eggers anche il nostro Ari Arister è in careggiata col suo terzo film, BEAU HA PAURA con Joaquin Phoenix. Beau, un uomo di mezz’età con i più alti complessi al mondo, deve andare a trovare sua madre della quale prova tanto amore quanto esserne timorato. Nel farlo affronterà un viaggio man mano sempre più surreale, distorto e grottesco.
Stavolta è un film impegnativo dato che parla tanto di metafore, immagini, figure allegoriche, situazioni non proprio normali, ma significative e rimandi al classicismo greco come il complesso di Edipo o la tragedia di Medea. Anche un po’ di Dante nella struttura. Eppure la narrazione ha una bella linea retta, fuorviata alla lunga solo poche volte per entrare nella testa del protagonista. Qui Phoenix è fenomenale, espressivo sempre, anche quando sta’ immobile e in silenzio per lunghi istanti a non fare niente. La regia è molto quadrata, si prende i suoi tempi, gioca di silenzi e rumori roboanti, di inquadrature in prima e terza persona e un montaggio col giusto ritmo con momenti di tensione pura. Le parti oniriche in animazione sono belle girate. Le musiche sono in gran parte diegetiche e ben azzeccate. Non è un horror o un film che fa’ paura, ma piuttosto è un dramma grottesco e surreale con sfumature ad alti picchi di terrore. Come se a furia di stare a vedere sempre un uomo che è pieno di paure ed insicurezze si finisce per provarle con lui. Almeno una decina di scene rimarranno ceralaccate nella memoria.
Le tre ore possono sembrare spaventosamente lunghe, ma le tante cose narrate e la morbosa curiosità di sapere chi fossero i suoi genitori, se la sua condizione fisica-mentale sia veramente quella che è e a capire di più sul suo passato terranno incollati allo schermo. D’altronde parla di amore distorto e mancato, di sensi di colpa, paure che hanno tutti che prendono forma, di ricordi e sogni infranti, ma anche di morte in un certo senso e di castrazione mentale.
Sarà divisivo, dato che soprattutto nel finale lo spettatore avrà libera interpretazione, esattamente come voleva il regista. Un po’ come un Garland o Aronofsky. Stavolta merita veramente una visione, se non tre.
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ergo
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mercoledì 3 maggio 2023
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ho paura per beau, che sparirà dalla sale presto.
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Lasciate perdere ogni aspettativa dopo aver apprezzato Midsommar.
Sottoprodotto pretenzioso inutilmente prolisso che vorrebbe spacciarsi per neuro-seduta visionaria da affliggere al suo protagonista, quando in realtà causa inutile afflizione sbadigliante ai soli spettatori, ogni tanto ridestati da qualche spauracchio che richiama gli albori horror del regista.
Non per nulla è l'ampliamento digressivo di un cortometraggio: (mal)funziona come una serie di quadretti/livelli metaforici in serie in cui cimentare il povero Beau, che sembra capirci meno di tutti e piuttosto che (far)emergere, sprofonda sempre più nelle sue ansie e sensi di colpa decennali.
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Lasciate perdere ogni aspettativa dopo aver apprezzato Midsommar.
Sottoprodotto pretenzioso inutilmente prolisso che vorrebbe spacciarsi per neuro-seduta visionaria da affliggere al suo protagonista, quando in realtà causa inutile afflizione sbadigliante ai soli spettatori, ogni tanto ridestati da qualche spauracchio che richiama gli albori horror del regista.
Non per nulla è l'ampliamento digressivo di un cortometraggio: (mal)funziona come una serie di quadretti/livelli metaforici in serie in cui cimentare il povero Beau, che sembra capirci meno di tutti e piuttosto che (far)emergere, sprofonda sempre più nelle sue ansie e sensi di colpa decennali.
Non è grottesco, quindi non diverte... non è psichedelico, quindi non stordisce... è solo uno sbrorolato apologo da ricamare attorno totem e tabù stravisti, tipo teatrino terapeutico, poco dinamico e molto ridondante attorno quei trequattro concetti in croce (rapporto edipico, ansie da prestazione, rimozione patriarcale, disadattamento sociale, complesso d'ingratitudine, etc). Certe cose vanno fatte fare di mestiere a registi scandinavi con un quindicesimo del budget.
Phoenix sprecato per una parte (giustamente) inebetita.
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maramaldo
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domenica 30 aprile 2023
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ari non è cresciuto
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Appena uscito sono accorso a vederlo. Mi son detto, ci sarà stata una maturazione nel promettente trentunenne di Hereditary, qualche evoluzione interessante. Mi son trovato un novellino che la mena più del dovuto per mostrare quant'è bravo. Ed é questo che mi fa rabbia, perchè Ari Aster è bravo, molto bravo, non lo dico solo io. Inventiva fresca e ricca, approccio a tanti spunti consapevole e pensoso. Tecnica raffinata, gradevole postmoderno che non trascura pittorico e design, effetti sofisticati.
Non mi rassegno a come "ragazzi" di talento, come ad es. Julius Avery, si riducano a fare gli intellettuali, uno dileggia religione innocua, l'altro s'impiccia di politica.
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Appena uscito sono accorso a vederlo. Mi son detto, ci sarà stata una maturazione nel promettente trentunenne di Hereditary, qualche evoluzione interessante. Mi son trovato un novellino che la mena più del dovuto per mostrare quant'è bravo. Ed é questo che mi fa rabbia, perchè Ari Aster è bravo, molto bravo, non lo dico solo io. Inventiva fresca e ricca, approccio a tanti spunti consapevole e pensoso. Tecnica raffinata, gradevole postmoderno che non trascura pittorico e design, effetti sofisticati.
Non mi rassegno a come "ragazzi" di talento, come ad es. Julius Avery, si riducano a fare gli intellettuali, uno dileggia religione innocua, l'altro s'impiccia di politica. Qui abbiamo un'immersione in psicanaliserie che non interessano più a nessuno. Tra poco a chi si decide di far nascere verrà risparmiata la dipendenza dal collegamento viscerale.
Indignazione per la scena di sesso e tralascio la "precauzione". Non ne posso più che la si faccia finire a disgusto. Da rimpiangere i bacchettoni di una volta che scorciavano la scena terminando in dissolvenza. Lasciavano immaginare chissà quali godurie.
Taglia, Ari, accorcia, riduci, accenna e basta: conciso è bello. Lo smarrimento nel bosco, quasi un'ora. Quel teatrino, 3/4 minuti bastavano.
Conclusione del film? Non saprei. Qualcuno mi ha scosso delicatamente, sussurrandomi: è finito, andiamo.
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