
Anno | 2022 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 73 minuti |
Regia di | Ethan Coen |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | 3,10 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 23 maggio 2022
Vita, canzoni, esibizioni e contraddizioni di Jerry Lee Lewis, re del rock protagonista del primo film in solitaria di Ethan Coen.
CONSIGLIATO SÌ
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Un viaggio nella musica e nella vita di una delle più grandi star della musica americana: Jerry Lee Lewis. Dal re del rock 'n' roll negli anni '50, con hit come "Great Balls of Fire" e "Whole Lotta Shakin' Goin' On", alla svolta country negli anni '60 e '70, il cantante della Louisiana, nato nel 1935 e oggi ancora vivo nonostante un infarto che lo ha colpito nel 2020, indiavolato al pianoforte e instancabile animale da palcoscenico, ha costruito una carriera all'insegna dell'eccesso, con gli scandali nella vita privata pareggiati da costante, quasi ossessiva attrazione per lo show.
Al primo lavoro da "solista", Ethan Coen rende omaggio a un mostro sacro del rock mettendo in mostra il lato oscuro di un artista nevrotico e fuori controllo, capace di convogliare la sua inquietudine sui tasti di un pianoforte.
Dice bene lo stesso Jerry Lee Lewis quando, in uno dei tantissimi materiali di repertorio recuperati nel film, dichiara di non avere ancora capito la differenza tra un «pianista» e un «suonatore di pianoforte»: lui, Jerry Lee, musicista autodidatta, seduto al piano fin dall'età di 8 anni per almeno sei o sette ore al giorno, ha sempre suonato con un'istintività che non ha mai avuto il tempo di soffermarsi sulle sfumature e sulle possibili, infinite potenzialità del suo talento. La sua musica prima rock 'n' roll e poi country, figlia del gospel e della tradizione R&B, ha saputo trascinare le folle per decenni e nella sua euforia alla lunga quasi insostenibile ha colto un bisogno collettivo di esaltazione e uno privato di liberazione dai propri fantasmi. Nel suo montaggio serrato di appena un'ora e dieci minuti, Ethan Coen insiste sulla ripetitività dei riff delle canzoni di Jerry Lee Lewis, sulla fisicità scattante e isterica dello showman, sulla naturalezza di un sound che esce dalle dita del suo autore, così come dal suo cuore, e pare sfogare un'ansia e un'inquietudine senza nome. Nel film si fanno rapidi accenni alle tante controversie della vita privata di Jerry Lee Lewis - i sette matrimoni, uno dei quali con la cugina tredicenne; il colpo di pistola sparato contro il suo bassista, poi sopravvissuto; l'arresto per aver detto di voler sparare a Elvis; la morte di due figli - come se in realtà toccasse agli show al pianoforte, alle giacche tolte con foga, agli sgabelli scagliato via, ai tasti colpiti con le dita come martelli, se non con un gomito o un tacco di stivale, riassumere l'essenza del personaggio, la sua rabbia solo in parte incanalata.
Come dice il sottotitolo del film, preso in prestito da una canzone dello stesso Jerry Lee Lewis, il centro di tutto è il «trouble in mind», il problema psichico evidente in ogni mossa, ogni gesto, ogni canzone intonata subito dopo la precedente... Molti momenti mostrati dal film hanno qualcosa di impressionante: un duetto in tv con Tom Jones, che lascia a bocca aperta per l'energia e la forza animalesca di entrambi gli interpreti; i filmati televisivi anni '60, con il pubblico sudato e affannato che circonda e quasi travolge Jerry Lee Lewis; le esibizioni live in piena isteria rock 'n' roll anni '50, già esaltate nel biopic di fine anni '80 diretto da Jim McBride, Great Balls of Fire (1989), con Dennis Quaid nei panni dei Lewis. Sul palco circondato dai suoi musicisti, seduto di tre-quarti al pianoforte, mentre canta guardando il pubblico come un pazzo scatenato - e molto meno nelle interviste, dove viene fuori l'animo aggressivo e arrogante del ragazzo del sud che al primo produttore con cui lavorò disse che sarebbe diventato una star - Jerry Lee Lewis svetta dunque come un Dio del rock, alla pari di Chuck Berry, di Elvis e di tutti gli altri mostri sacri ai quali è sopravvissuto. Oltre c'è un mondo di oscurità e violenza, che tocca proprio al rock rendere solo una possibilità, o al massimo un ricordo.