Non è facile raccontare la vera storia di un uomo siciliano per bene; di un uomo che intendeva e viveva la politica come strumento e mezzo per promuovere il la dignità, la civiltà e il progresso dei propri concittadini; di un uomo che per ideologia, credo e onestà sacrificò parecchio, arrivando al punto di tenere testa ai potenti del luogo, ai “colleghi”, al suo stesso partito.
Non è facile, ma Giovanni Virgilio con il suo talento e la sua passione è riuscito nella difficile impresa.
“I racconti della domenica” è indubbiamente il suo film più riuscito e più emozionante.
Come già accaduto ne “La bugia bianca”, il regista siciliano racconta uno spaccato di storia moderna attraverso le vicende e gli occhi di una persona.
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Non è facile raccontare la vera storia di un uomo siciliano per bene; di un uomo che intendeva e viveva la politica come strumento e mezzo per promuovere il la dignità, la civiltà e il progresso dei propri concittadini; di un uomo che per ideologia, credo e onestà sacrificò parecchio, arrivando al punto di tenere testa ai potenti del luogo, ai “colleghi”, al suo stesso partito.
Non è facile, ma Giovanni Virgilio con il suo talento e la sua passione è riuscito nella difficile impresa.
“I racconti della domenica” è indubbiamente il suo film più riuscito e più emozionante.
Come già accaduto ne “La bugia bianca”, il regista siciliano racconta uno spaccato di storia moderna attraverso le vicende e gli occhi di una persona. La pellicola diventa così non solo strumento di narrazione ma anche documento e diapositiva di un periodo storico-sociale specifico. In questo caso, la Sicilia del dopoguerra, contesa dal Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.
Il film si può dividere in due parti, che prescindono dalla convenzionale segmentazione cineastica di primo e secondo tempo.
La prima parte tocca le vette più alte e artistiche dell’intera vicenda. Attraverso gli occhi del protagonista da bambino si narrano i disagi, le bruttezze, le ingiustizie dell’epoca.
La regia è classica. Cinematograficamente, richiama l’eccellenza e la maestria di Tornatore, di Benigni e di tutto quel filone realistico-magico che negli anni Novanta ha ridato al cinema italiano il suo prestigio. Trama e sequenze, inoltre, sembrano richiamare la grande letteratura teatrale e novellistica siciliana di fine Ottocento e inizio Novecento: Martoglio, Pirandello, De Roberto in particolare.
Se la fotografia non tocca le vette eccelse del precedente film (“Malarazza”) la sceneggiatura, la colonna sonora, il montaggio, la location sono i veri grandi punti di forza dell’opera. In particolar modo, nella prima parte, dove il sorriso, l’umorismo pirandelliano e la “commedia” propri del mondo siciliano si fondono con la “tragedia” della Storia.
La seconda parte è certamente la più ideologica, la più impegnata e un po' più statica. Sono i dialoghi a dare corpo e riflessione al soggetto. La politica diventa il vero antagonista. L’uomo diventa l’eroe. Solitario, quasi vittima, a tratti martire.
In tutto ciò, è Alessio Vassallo a brillare di una luce immensa. L’attore palermitano, noto anche per i suoi ruoli montalbaniani, mostra ancora una volta il suo immenso carisma e la grande capacità attoriale. Un’interpretazione straordinaria di un artista che – è evidente – ha portato sul set tutto il suo amore per la sua terra e tutto il suo impegno e la sua passione politica. Tra l’attore e il suo personaggio le distanze erano evidentemente minime.
In conclusione, il film è l’opera più completa, più complessa e più riuscita di Giovanni Virgilio. È una concertazione riuscita di sentimenti, pensieri e speranze: quelli propri di una regione; quelli propri di un regista, il cui augurio è di continuare a narrare e a emozionare con la passione, maestria e realismo-magico profusi in questa pellicola.
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