mauridal
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martedì 12 novembre 2019
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la scelta di martin
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Siamo negli Stati Uniti nel periodo tra il dopo guerra e gli anni sessanta ,momento cruciale della storia degli USA . Quando un regista , decide di affrontare un tema a sfondo storico politico come è in questo film , allora possiamo aspettarci tante scelte narrative , di denuncia o un docufilm o altro ancora , ma quando il regista è un grande autore del cinema contemporaneo come è Scorsese, possiamo solo accettare la sua scelta di raccontare la storia di un uomo , il killer di tanti omicidi di mafia amico della famiglia italo americana dei Bufalino implicata in tante vicende ,anche quella dell’omicidio di Jimmy Hoffa sindacalista .
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Siamo negli Stati Uniti nel periodo tra il dopo guerra e gli anni sessanta ,momento cruciale della storia degli USA . Quando un regista , decide di affrontare un tema a sfondo storico politico come è in questo film , allora possiamo aspettarci tante scelte narrative , di denuncia o un docufilm o altro ancora , ma quando il regista è un grande autore del cinema contemporaneo come è Scorsese, possiamo solo accettare la sua scelta di raccontare la storia di un uomo , il killer di tanti omicidi di mafia amico della famiglia italo americana dei Bufalino implicata in tante vicende ,anche quella dell’omicidio di Jimmy Hoffa sindacalista . La vera scelta di Martin Scorsese è dunque raccontare l’uomo che uccise Jimmy Hoffa , Frank Sheeran. Perché questa scelta. In fondo è un semisconosciuto killer irlandese al soldo e protetto dalle famiglie di mafia . Dunque interessa proprio la storia di Frank .Un sicario senza scrupoli veterano della seconda guerra ,che uccide persone su ordine del capo . Dunque qui interviene la autorialità del regista Scorsese che ci presenta un uomo che diventa grande amico del sindacalista Hoffa ne segue la carriera , lo protegge addirittura dai nemici interni ed esterni ,conosce e fraternizza con i propri familiari, la moglie e i figli di Hoffa, insomma diviene nel tempo uomo fidato su cui poter contare sempre e ovunque. Durante tutta la lunga narrazione particolareggiata della vita dei due amici Frank e Jimmy , viene però accennata anche la presenza di tanto in tanto degli altri buoni amici di Frank ovvero Russell Bufalino , ‘Tony Pro’ Provenzano ed altri a cui Frank deve tutto se non la vera sopravvivenza. Dunque infine perché Frank ci interessa tanto. Tanto da diventare il vero protagonista del film l’irlandese, così come ha scelto Martin Scorsese .Forse perché, a quest’uomo viene ordinato di uccidere il suo vero amico . Frank su ordine della potente mafia deve uccidere l’amico Jimmy a capo della altrettanto potente organizzazione sindacale dei trasporti ,per motivi di poteri in conflitto e Frank l’irlandese deve solo accettare senza discutere ed eseguire l’ordine. E così che il film con un certo coraggio continua a narrare la visione cruda e spietata del potere che sia mafioso o sia legale, dello stato o dell’ anti stato quando si decide la fine di un uomo è così dev’essere ( battuta detta da Bufalino a Frank) , quella fine si compirà. Nel film si accenna anche agli anni dei Kennedy e si intravvede l’ombra della mafia nella decisione di assassinare JFK poiché il sindacato di Hoffa aveva partecipato ad eleggere Kennedy alla presidenza USA . Dopotutto Frank non può opporsi a niente ed eseguirà l’omicidio senza avvertire l’amico della sentenza di morte a suo carico . Un dramma che non scalfisce l’animo di Frank ,in quel momento, ma con uno spericolato trascorrere del tempo lo ritroviamo sopravvissuto a tutti gli altri da vecchio su una sedia a rotelle ricoverato in clinica che quasi in punto di morte vuole confessare e dolersi di tutto quello che ha commesso .Dunque una scelta quella di Scorsese di entrare nella mente e nell’animo di uno spietato killer e raccontarne le azioni senza giudicarne apertamente le colpe, i rimorsi i pentimenti . Un film che segna un punto fermo nella cinematografia ,ma anche nella vita artistica di Scorsese che non a caso ha voluto riunire , forse per l’ultima volta insieme , l’amico Bob De Niro ,( magistrale n ei panni di Frank) , un grande Al Pacino ( nei panni di Jimmy Hoffa) un grande vecchio come Joe Pesci ( nei panni di Russ Bufalino )e tutti gli altri Harvey Keitel (Angelo Bruno),Bobby Cannavale: (Felix ‘Skinny Razor’ DiTullio), Anna Paquin (Peggy Sheeran), Stephen Graham (Anthony ‘Tony Pro’ Provenzano), direi molto più che attori veri amici di Martin Scorsese che hanno partecipato a questa avventura , realizzando un film che già a dispetto di molti, ha tutto il diritto di entrare nella storia del cinema .
( mauridal) .
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lucio di loreto
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martedì 3 dicembre 2019
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il canto del cigno dei bravi ragazzi
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Martin Scorsese riesce in qualcosa di non preventivabile: chiudere il cerchio della propria e magnifica filmografia gangster, incentrata su storie mafiose, criminali e italo americane, iniziata nei sobborghi di Mean Streets e praticata da giovani e sbandati malviventi, chi in giacca e cravatta e chi maldestro senza arte né parte, divenuta feroce, spietata e organizzata in Quei Bravi Ragazzi, fino ad assumere sembianze raffinate e da alto borgo in Casinò! Lo fa nel modo più sopraffino che possa esserci, raccontando in più di tre ore la nascita, l’evoluzione ma soprattutto la caduta di un classico “soldato” a libro paga, evitando stavolta di far trasparire violenza, sangue ed efferatezza ma facendo emergere per la prima volta in carriera il profondo dell’animo di ogni soggetto implicato, che sia il boss decisionale, un misurato Joe Pesci al rientro dopo nove anni, il colluso sindacalista ricco di verve e disposto a tutto pur di egemonizzare politicamente, un pimpante Jimmy Hoffa/Pacino, oppure l’ex combattente di guerra freddo e spietato, promosso ora sicario dai capi, il Frank Sheeran di Robert De Niro, tornato finalmente al servizio del suo mentore in modo superlativo! Il canto del cigno sui generis arriva nella fase finale della vita cinematografica e non di tutti i suoi protagonisti, che siano registi o attori; per questo motivo Scorsese racconta in modo sobrio la storia che portò alla morte e sparizione di un personaggio politico pubblico e famoso al pari di Elvis, come ci suggerisce il copione, da parte di colui che ne diventerà la guardia del corpo più affidabile, tanto da prenderne cuore e affetti, anche da parte dei propri familiari, figlia in primis ed interpretata splendidamente da Anna Paquin, tra le tante comparse d’elite, l’unica che perciò arriverà a capire gli imperscrutabili segreti interiori di suo padre, fino ad abbandonarlo.
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Martin Scorsese riesce in qualcosa di non preventivabile: chiudere il cerchio della propria e magnifica filmografia gangster, incentrata su storie mafiose, criminali e italo americane, iniziata nei sobborghi di Mean Streets e praticata da giovani e sbandati malviventi, chi in giacca e cravatta e chi maldestro senza arte né parte, divenuta feroce, spietata e organizzata in Quei Bravi Ragazzi, fino ad assumere sembianze raffinate e da alto borgo in Casinò! Lo fa nel modo più sopraffino che possa esserci, raccontando in più di tre ore la nascita, l’evoluzione ma soprattutto la caduta di un classico “soldato” a libro paga, evitando stavolta di far trasparire violenza, sangue ed efferatezza ma facendo emergere per la prima volta in carriera il profondo dell’animo di ogni soggetto implicato, che sia il boss decisionale, un misurato Joe Pesci al rientro dopo nove anni, il colluso sindacalista ricco di verve e disposto a tutto pur di egemonizzare politicamente, un pimpante Jimmy Hoffa/Pacino, oppure l’ex combattente di guerra freddo e spietato, promosso ora sicario dai capi, il Frank Sheeran di Robert De Niro, tornato finalmente al servizio del suo mentore in modo superlativo! Il canto del cigno sui generis arriva nella fase finale della vita cinematografica e non di tutti i suoi protagonisti, che siano registi o attori; per questo motivo Scorsese racconta in modo sobrio la storia che portò alla morte e sparizione di un personaggio politico pubblico e famoso al pari di Elvis, come ci suggerisce il copione, da parte di colui che ne diventerà la guardia del corpo più affidabile, tanto da prenderne cuore e affetti, anche da parte dei propri familiari, figlia in primis ed interpretata splendidamente da Anna Paquin, tra le tante comparse d’elite, l’unica che perciò arriverà a capire gli imperscrutabili segreti interiori di suo padre, fino ad abbandonarlo. D’altronde il messaggio della pellicola è chiaro sin dall’inizio, quando il marchio di fabbrica del regista, uno spettacolare piano in sequenza rallentato che ha fatto storia nei suoi film, viene proiettato non in una scena da attack mode ma bensì in una calma e tranquilla casa riposo, posto dove l’Irishman terminerà in solitudine la propria esistenza! Ad aiutarlo alla fotografia un maestro come Rodrigo Prieto, con Scorsese pure in Silence, che mantiene nei tre frame della pellicola – investitura, missione e vecchiaia – una luce accesa il giusto, al pari di una colonna sonora mai così poco invadente rispetto ai suoi lungometraggi, permettendo così di dare maggior risalto agli importantissimi dialoghi e ai numerosi dettagli della macchina da presa nei primi piani, alternati ai campi medi, utili ad esaltare gli umori dei tre protagonisti principali, a rendersi conto dei luoghi frequentati, da bar tutti whiskey e bistecche a locali di classe fino a mega hotel per autocelebrazioni, e ad ammirare i meravigliosi effetti speciali di ringiovanimento, costati alla produzione budget record mai visti col regista newyorkese a dirigere! Pure Steven Zaillian si adatta ai diktat di Scorsese e al libro di Charles Brandt, scrivendo a differenza dei dialoghi ovviamente feroci di Gangs of New York, una sceneggiatura pacata e rispettosa in ogni dove, permettendo di conoscere le sfaccettature dei personaggi in modo progressivo e circostanziale. Se De Niro annuisce il più delle volte, dimostrandosi fedele al boss che gli ha cambiato la vita, lasciandoci solo immaginare gli ovvi dibattiti interiori del suo animo, esplodendo esclusivamente per convincere il suo amico Jimmy a cambiare registro o ad implorare il perdono da sua figlia e lo stesso Russell Bufalino di Joe Pesci è ironia della sorte quieto, riflessivo e imperturbabile per la prima volta con Scorsese proprio quando al vertice di una catena di comando, è Al Pacino l’unico al quale viene concesso l’onore di replicare il suo acting gagliardo e grintoso che lo ha reso celebre. Il suo Hoffa è infatti sopra tutto e tutti, non accetta ritardi e fa comizi ovunque, fuori e dentro i tribunali o appena uscito dal carcere, e se ne frega se la sua personalità eccessiva lo spinga lontano dalle grazie di Tony Pro, Angelo Bruno, Skinny Razor o Frank Fitz, eccellenti camei di Stephen Graham, Harvey Keitel e Bobby Cannavale. Anche qui, però, il suo sentirsi immune ad ogni attacco e il non capire la propria fine vengono trattati da Scorsese in modo magistrale, innalzando una inconsueta fiducia da sentimento maschile, virile e intimo, impulsi ed emozioni sconosciuti in questo terribile mondo da lui trattato in quasi 50 anni, e che gli saranno fatali, al pari dei Nicky Santoro e Tommy DeVito del passato! Il gioco di sguardi che Frank riversa su Russell dopo il dialogo con Jimmy, un velato omaggio al Padrino, allorquando Mike abbraccia Fredo sentenziandone però la morte con l’occhiata ad Al Neri, e il disperato tentativo di redimere il suo amico, evitandone l’esecuzione, sono una novità assoluta ed inaspettata, che ci lasciano un romanticismo e una malinconia mai viste nelle precedenti opere gangster di Scorsese, un canto del cigno insperato che porteremo nel cuore!
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savatore
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lunedì 13 gennaio 2020
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scorsese non sbaglia un colpo
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L'eterno Martin Scorsese ci propone un film ambizioso, curato nei minimi particolari (dai dettagli dei costumi a quelli dei volti ringiovaniti dei protagonisti) e lo fa servendosi delle icone assolute dei gangster movies : Al Pacino, Robert de Niro e Joe Pesci che in oltre tre ore di pellicola ci illustrano un'epopea di storia americana legata a mafia e sindacato. Grazie all'assoluta abilità con la macchina da presa di Scorsese, da una storia monumentale e incalzante, da una carismatica interpretazione di Al Pacino nei panni del potentissimo sindacalista Jimmy Hoffa, quest'opera testamentaria non solo rappresenta l'apice del cinema Hollywoodiano degli ultimi tempi, ma è già un cult capostipite dell'intero genere.
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L'eterno Martin Scorsese ci propone un film ambizioso, curato nei minimi particolari (dai dettagli dei costumi a quelli dei volti ringiovaniti dei protagonisti) e lo fa servendosi delle icone assolute dei gangster movies : Al Pacino, Robert de Niro e Joe Pesci che in oltre tre ore di pellicola ci illustrano un'epopea di storia americana legata a mafia e sindacato. Grazie all'assoluta abilità con la macchina da presa di Scorsese, da una storia monumentale e incalzante, da una carismatica interpretazione di Al Pacino nei panni del potentissimo sindacalista Jimmy Hoffa, quest'opera testamentaria non solo rappresenta l'apice del cinema Hollywoodiano degli ultimi tempi, ma è già un cult capostipite dell'intero genere. Con questo CAPOLAVORO,Scorsese,Al Pacino e Pesci si collocano di diritto nell'Olimpo del Cinema Mondiale.
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felicity
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mercoledì 29 gennaio 2020
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emoziona in un modo che spaventa
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The Irishman è un gigantesco, colossale, sepolcrale finale di partita. Una fluviale narrazione punteggiata da matrimoni e battesimi girati al ralenti, messi in scena come momenti onirici e allucinati, ma che si rivela un funerale interminabile in cui ci si incrocia in attesa del proprio turno. Una seduta spiritica in cui i pochi sopravvissuti sono ombre, uomini-fantasma prigionieri del loro passato.
Probabilmente il film sulla criminalità organizzata meno sentimentale di Scorsese, e per questo più intenso. A Scorsese non interessano i fatti, non gli sono mai interessati, ma i sentimenti. The Irishman è pieno di riferimenti ai suoi film precedenti, ma alla fine ci porta in un altrove nuovo e potente.
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The Irishman è un gigantesco, colossale, sepolcrale finale di partita. Una fluviale narrazione punteggiata da matrimoni e battesimi girati al ralenti, messi in scena come momenti onirici e allucinati, ma che si rivela un funerale interminabile in cui ci si incrocia in attesa del proprio turno. Una seduta spiritica in cui i pochi sopravvissuti sono ombre, uomini-fantasma prigionieri del loro passato.
Probabilmente il film sulla criminalità organizzata meno sentimentale di Scorsese, e per questo più intenso. A Scorsese non interessano i fatti, non gli sono mai interessati, ma i sentimenti. The Irishman è pieno di riferimenti ai suoi film precedenti, ma alla fine ci porta in un altrove nuovo e potente.
E' una storia vasta, turbolenta e triste, che affronta un ampio arco di storia dal 1950 ai primi anni 2000, in un complesso intreccio di vita e morte.
The Irishman è la storia dei suoi personaggi, ma anche quella di un’era. Raccontata in modo dettagliato, meticoloso, piena di riferimenti alla cronaca reale come non è mai capitato.
Il film è un vero esempio di cinema di qualità, grazie alle sue carrellate sinuose, al montaggio fluido e agli ambienti e costumi, che evocano un’America e un regno cinematografico ormai svanito.
The Irishman è il classico film che diventa più bello ogni volta che si riguarda, pur colpendo alla prima visione, probabilmente è il film di gangstar più toccante della storia del cinema.
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kleber
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mercoledì 13 novembre 2019
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film gangster definitivo
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Film gangster che si presenta come definitivo, ciò detto non solo come iperbole del recensore entusiasta; le tre ore e mezza sottotitolate senza interruzione ci immergono in una narrazione impeccabile e coinvolgente, che l’assenza di doppiaggio ci consegna intatta. Regalandoci anche il cameo della breve conversazione a viva voce fra Pesci e De Niro nel loro reminiscente e commovente italiano.
Specialmente gli attori, che ormai erano relegati dall’anagrafe ai ruoli senili, grazie un uso magistrale e artisticamente corretto della tecnologia digitale che ne ringiovanisce i volti di 40 anni senza alterarne la “maschera” attoriale, agiscono in un prolungamento del mito, finora sinonimo di sbiadite rimpatriate finalizzate a residuali incassi.
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Film gangster che si presenta come definitivo, ciò detto non solo come iperbole del recensore entusiasta; le tre ore e mezza sottotitolate senza interruzione ci immergono in una narrazione impeccabile e coinvolgente, che l’assenza di doppiaggio ci consegna intatta. Regalandoci anche il cameo della breve conversazione a viva voce fra Pesci e De Niro nel loro reminiscente e commovente italiano.
Specialmente gli attori, che ormai erano relegati dall’anagrafe ai ruoli senili, grazie un uso magistrale e artisticamente corretto della tecnologia digitale che ne ringiovanisce i volti di 40 anni senza alterarne la “maschera” attoriale, agiscono in un prolungamento del mito, finora sinonimo di sbiadite rimpatriate finalizzate a residuali incassi. Nulla di tutto questo, Il film è una reunion di glorie del genere, nella piena maturità professionale, ai quali la tecnologia digitale restituisce il fisico dei "migliori anni". Finora impossibile in altre arti, possibile oggicon una tecnologia finalmente utilizzata non per transformers o calamari pirateschi ma per un virtuoso prolungamento del meglio. Da non perdere per amanti del genere gangster italo americanio (a dispetto del titolo) diretto e interpretato da miti assoluti. E ovviamente anche da tutti gli amanti del cinema. Per quanto mi riguarda dopo la cantonata di Jocker e di altre tristi prime visioni, mi sono riconciliato con la sala. Da solo questo film ha già salvato la stagione.; se anche tutti gli altri film della season 2019-2020 fossero al livello di “Le ragazze di Wall Street - Business is Business”, beh grazie al capolavoro “The Irishman”… sarebbe comunque una stagione da ricordare.
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nicolò scialfa
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domenica 1 dicembre 2019
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tutto il cinema di scorsese in tre ore e mezza
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Martin Scorsese, dal libro di Charles Brandt. Trio favoloso Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci. Harvey Keitel di rinforzo. Vita di Frank Sheeran, da lui stesso raccontata alla fine della vita, veterano della seconda guerra mondiale e poi killer della mafia. Quei bravi ragazzi, Casinò e tutta la visione americana di Scorsese del mondo di sopra e del mondo di sotto, condensati in 210 minuti. Nostalgia, fine di un’epoca, trasformazione continua della realtà. La storia degli Stati Uniti degli ultimi settant’anni raccontata in modo eccellente, senza fronzoli, dall’assassinio Kennedy alla scomparsa di Jimmy Hoffa. Complicità tra organizzazioni criminali, sindacati, politica. Momenti di cinema allo stato puro.
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Martin Scorsese, dal libro di Charles Brandt. Trio favoloso Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci. Harvey Keitel di rinforzo. Vita di Frank Sheeran, da lui stesso raccontata alla fine della vita, veterano della seconda guerra mondiale e poi killer della mafia. Quei bravi ragazzi, Casinò e tutta la visione americana di Scorsese del mondo di sopra e del mondo di sotto, condensati in 210 minuti. Nostalgia, fine di un’epoca, trasformazione continua della realtà. La storia degli Stati Uniti degli ultimi settant’anni raccontata in modo eccellente, senza fronzoli, dall’assassinio Kennedy alla scomparsa di Jimmy Hoffa. Complicità tra organizzazioni criminali, sindacati, politica. Momenti di cinema allo stato puro. Recitazione talmente rigorosa dei mostri sacri da apparire a tratti commovente, come se appartenesse ad un mondo perduto. Figli giudicanti, riflessione sulla condizione senile, scomode e terribili verità sulla famiglia Kennedy, frantumazione del sogno americano, triste meditazione sull’inesorabilità del tempo che passa. Tutto è destinato all’oblio. Elegia malinconica sontuosa. Film memorabile. Inutili polemiche su cosa sia cinema e cosa non lo sia, non mi appassionano e non mi vedono schierato per incapacità tecnica. Posso soltanto rilevare come il massimo risultato del cinema ”alla Scorsese” venga finanziato dalla moderna Netflix che in parte decreta la morte del cinema alla Scorsese… ma questa è un’altra storia.
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