Selfie |
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Un film di Agostino Ferrente.
Con Alessandro Antonelli, Pietro Orlando
Documentario,
Ratings: Kids+13,
durata 78 min.
- Francia, Italia 2019.
- Cinecittà Luce
uscita giovedì 30 maggio 2019.
MYMONETRO
Selfie
valutazione media:
3,71
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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A Napoli vite e sogni si raccontano con il telefonino
di Emiliano Morreale La Repubblica
Per andare oltre le scorciatoie e gli stereotipi nel raccontare Napoli, il documentario di Agostino Ferrente è un ottimo antidoto. Presentato a Berlino qualche mese fa, alla stessa edizione in cui era presente La paranza dei bambini di Giovannesi, la distanza tra i due film non poteva essere più grande. Quello tratto da Saviano era un corretto film di genere, che cercava il più possibile di essere rispettoso. Ma Ferrente (che già aveva inventato un dispositivo per raccontare storie di giovani napoletani in Le cose belle) compie un ribaltamento di prospettiva. Alessandro, cresciuto senza il padre e garzone in un bar, e Pietro, figlio di un pizzaiolo e aspirante parrucchiere, sono due ragazzi come tanti, e si filmano in un'estate che passano insieme nel quartiere. Ispirato a un volumetto di Maurizio Braucci, il libro ha sullo sfondo l'omicidio di Davide Bifolco, adolescente del rione Traiano ucciso da un carabiniere perché scambiato per un criminale in fuga. Una specie di monito e di simbolo, una vicenda che ha sconvolto le vite degli abitanti del rione. Non si parla di camorra, dunque, ma della vita quotidiana di alcuni ragazzi. E decisiva è la scelta di dare a loro stessi la telecamera, anzi il telefonino, e di farli filmare. Diventano loro le guide in quel mondo, ma la cosa importante è che Ferrente non pretende di aver raggiunto in questo modo una verità immediata. Anzi, la scelta implica una serie di problemi, perché il loro sguardo non può essere "puro": è formato dai media (e dai social media), da musiche e film, e il film suggerisce quanto sia complicata un'autorappresentazione. La maniera di guardarsi da parte di questi ragazzi è altrettanto istruttiva di ciò che loro guardano. In fondo la pratica del filmarsi e del condividere narcisisticamente la propria vita non è per loro così rivoluzionaria come sarebbe stata 20 anni fa. Ma il fatto di diventare registi in qualche modo li responsabilizza, anche nei rapporti col loro mondo, e ne nasce un'intensità imprevista. A quel punto, anche le parti dedicate al crimine hanno una forza nuova: l'intervista a un giovane spacciatore con la voce camuffata in una sauna, o le scene in cui i ragazzi sparano per gioco: arrivano le musiche e il ralenti, ma subito uno dei due "registi" contesta l'altro per ciò che mostra. La realtà, le persone, sono complicati, e il selfie del titolo si ribalta nel suo contrario.
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