dan
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lunedì 10 giugno 2019
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ma perchè ?
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Visto. Nulla da eccepire sulla qualità recitativa degli attori e della regia, che stimo entrambi. Ma mi sono interrogato sulla necessità di un film come questo. Proprio per la totale aderenza ai colloqui dei personaggi nei vari documentari già visti e visibili in rete....Ho letto una recensione che lo colloca tra i film di gangster. Ed in effetti....quello è. Vicino al film 'Escobar il fascino del male'...proprio per il rischio di rendere fascinoso quel fenomeno malavitoso-culturale che è la mafia. Forse non è molto posto in risalto, visto anche l'assenza di reazioni in tal senso, il fatto che siamo ancora troppo vicini alle cronache raccontate.
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Visto. Nulla da eccepire sulla qualità recitativa degli attori e della regia, che stimo entrambi. Ma mi sono interrogato sulla necessità di un film come questo. Proprio per la totale aderenza ai colloqui dei personaggi nei vari documentari già visti e visibili in rete....Ho letto una recensione che lo colloca tra i film di gangster. Ed in effetti....quello è. Vicino al film 'Escobar il fascino del male'...proprio per il rischio di rendere fascinoso quel fenomeno malavitoso-culturale che è la mafia. Forse non è molto posto in risalto, visto anche l'assenza di reazioni in tal senso, il fatto che siamo ancora troppo vicini alle cronache raccontate...tanto che i giovani collaboratori di Falcone e Borsellino sgomitano ancora nei loro posti di lavoro; mentre ancora qualche mafioso muore o deve ancora morire "nel suo letto"!
Si...il regista fa pronunciare a Falcone ...smettiamola col concetto di vecchia e nuova mafia...; termina il film con l'azione omicida di Buscetta...ma sento ammorbidito il legame con la finalità di denuncia (che mi aspetterei da Bellocchio) circa il concetto che ...il traditore...può anche essere Buscetta o Calò, ma in un coacervo di traditori, interni ad entrambi i sistemi stato-mafia.
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flora tolfo
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lunedì 10 giugno 2019
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da vedere assolutamente
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Film bellissimo da vedere assolutamente. Gli attori sono tutti bravi ma Favino giganteggia su tutti con un'interpretazione straordinaria che conferma le sue eccezionali doti di attore. Sono andata a vedere il film quasi controvoglia, invece ho gustato tutte le seguenze che riproducono perfettamente la Sicilia degli anni ottanta. Favino è completamente dentro al personaggio e ogni espressione del volto fa capire i sentimenti che deve aver provato Buscetta durante il calvario della sua esistenza. Bellocchio e Favino da Oscar, però vivendo in Italia non avranno il completo riconoscimento che meritano. Bravissimi.
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franca
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venerdì 7 giugno 2019
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stupendo......
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maramaldo
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martedì 4 giugno 2019
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un italiano vero
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Il Traditore. L'han visto così a Cannes e hanno applaudito. Per chi mette a nudo criticità che non siano di casa loro i francesi non frenano l'entusiasmo. Quanto a Favino, speriamo che non si monti la testa dopo questa memorabile prestazione. Come Don Masino, potrebbe fuggire in America per non farsi accoppare dalla mediocrità dei suoi connazionali macchiettari. Azione e abiezione, folklore e spettacolo, necessari e sufficienti per condurvi al multisala.
I "don" Bellocchio ve li fa vivere, abilità (e bravura di tutti gli attori nel loro meglio) nel caratterizzare, effetto di studio e lunga convivenza mentale con tali personaggi. Visti da due prospettive: una, puntata sull'individuo con il suo odio e le sue paure; l'altra sull'insieme di una genia di immaturi, torvi e sanguinari, stipati in quei gabbioni da zoo, insulti e schiamazzi da stadio.
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Il Traditore. L'han visto così a Cannes e hanno applaudito. Per chi mette a nudo criticità che non siano di casa loro i francesi non frenano l'entusiasmo. Quanto a Favino, speriamo che non si monti la testa dopo questa memorabile prestazione. Come Don Masino, potrebbe fuggire in America per non farsi accoppare dalla mediocrità dei suoi connazionali macchiettari. Azione e abiezione, folklore e spettacolo, necessari e sufficienti per condurvi al multisala.
I "don" Bellocchio ve li fa vivere, abilità (e bravura di tutti gli attori nel loro meglio) nel caratterizzare, effetto di studio e lunga convivenza mentale con tali personaggi. Visti da due prospettive: una, puntata sull'individuo con il suo odio e le sue paure; l'altra sull'insieme di una genia di immaturi, torvi e sanguinari, stipati in quei gabbioni da zoo, insulti e schiamazzi da stadio. Tra questi Bellocchio ritiene e configura emblematico Totò Riina (Nicola Calì). Tenebre nella coscienza, attaccato a pregiudizi rusticani che considera valori. Il tipo giusto per rappresentare il fenomeno criminale e confrontarsi con lo Stato. E lo Stato esiste, almeno nei suoi servitori, uniformi e sbiaditi. Chi siede sullo scranno più alto per amministrare giustizia e distribuire ergastoli è un paziente moderatore di sproloqui e chiassate. Lo stesso Giovanni Falcone, pur nei tocchi agiografici, non va oltre l'intelligenza e l'intuito umano.
Non ha uno spessore Buscetta, non altro che un "fimminaru" (il donnaiolo di una volta). Un "italiano vero", comunque. Per più versi ricorda Giacomo Casanova e non soltanto per l'interesse per le donne. Gaglioffi, peripezie e pericoli, prigioni e evasioni, protezioni e sovvenzioni opache, uno morì sulla propria poltrona, l'altro sul proprio letto. Non basta, pur essendoci un abisso (il veneziano spaventosamente erudito, il palermitano con le elementari) entrambi col vezzo di scribacchiare per raccontarsi e di filosofare sui casi loro. Dovete, pertanto, sorbirvi la diatriba su chi è o non è "uomo d'onore", oziosa, proprio adesso che il concetto di onore è sempre più nebuloso.
Masino può sembrare in qualche maniera una vittima di qualcosa che non è facile definire. Fateci caso, nel '68 aveva 40 anni, già ripulito, aveva viaggiato, non uno stupido. Avrebbe potuto vedere più di un film di Bellocchio, trarne riflessioni, suggerimenti. Invece, è stato abbandonato alla sua devianza in un'epoca in cui pullulavano i maitres à penser, oggi rifugiati in tre o quattro nella riserva indiana dei talk show.
C'è un monito, una lezione? Da Bellocchio dovete aspettarveli.
Forse c'è anche un equivoco. Spesso i moralizzatori confondono chi rappresenta lo Stato con coloro che detengono il potere. Certo, in buona misura coincidono, ma sempre di meno. Sfuggirebbe quel "senso dello Stato" che richiede esclusivamente un profilo etico. C'è chi rimane irretito nella dimensione mentale prima ancor che ideologica della critica del "politico".
E così, verso la fine, compare una faccia di civetta risecchita, vi scruta impassibile. E' lui, Belzebù il baciatore.
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[+] senso di stato e potere -
(di angelitas)
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lbavassano
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domenica 2 giugno 2019
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non mi ha convinto però
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Avrebbe giovato, a mio parere, una più stretta focalizzazione sul personaggio, sulle sue ombre, sulle sue ossessioni e rimorsi, e sogni, e paure, che pure sono disseminate nel film, ma la minuziosa ricostruzione cronachistica ne indebolisce la forza drammaturgica e visionaria. Così come straordinarie possibilità avrebbe potuto offrire il rapporto con Giovanni Falcone, con il giudice e l'uomo. Mi rendo conto che è un punto di vista sbagliato, quello del film che avremmo voluto vedere, ma non posso dimenticare che Marco Bellocchio è il regista di "Buongiorno, notte", opera che ci ha insegnato come la cronaca italiana, la più tragica, possa divenire altro.
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Avrebbe giovato, a mio parere, una più stretta focalizzazione sul personaggio, sulle sue ombre, sulle sue ossessioni e rimorsi, e sogni, e paure, che pure sono disseminate nel film, ma la minuziosa ricostruzione cronachistica ne indebolisce la forza drammaturgica e visionaria. Così come straordinarie possibilità avrebbe potuto offrire il rapporto con Giovanni Falcone, con il giudice e l'uomo. Mi rendo conto che è un punto di vista sbagliato, quello del film che avremmo voluto vedere, ma non posso dimenticare che Marco Bellocchio è il regista di "Buongiorno, notte", opera che ci ha insegnato come la cronaca italiana, la più tragica, possa divenire altro.
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vanessa zarastro
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sabato 1 giugno 2019
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una storia italiana
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“Il traditore” è un bel film asciutto, privo di retorica. Il rischio che poteva correre il regista alle prese con questo tema era quello di mostrare una sicilianità ridondante, fatto che non ci è stato, e non è stato sfruttato in senso folcloristico. Il film si apre con la scena della festa di Santa Rosalia a bordo mare, con le splendide immagini dei fuochi d’artificio. Tutto lì.
Difficile scrivere de “Il traditore” dopo che è stato osannato al 72mo Festival di Cannes – 13 minuti di applauso ma nessun premio – e di cui tutti i critici hanno parlato bene. La storia dovrebbe esser nota a tutti perché è quella della lotta alla mafia – o meglio a Cosa Nostra -, del primo pentito, o meglio collaboratore di giustizia, Tommaso Buscetta (magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino) e del brutale assassinio - la strage di Capaci con la moglie e due uomini di scorta - del giudice Giovanni Falcone (interpretato ds Fausto Russo Alesi), negli anni ‘80 e ’90.
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“Il traditore” è un bel film asciutto, privo di retorica. Il rischio che poteva correre il regista alle prese con questo tema era quello di mostrare una sicilianità ridondante, fatto che non ci è stato, e non è stato sfruttato in senso folcloristico. Il film si apre con la scena della festa di Santa Rosalia a bordo mare, con le splendide immagini dei fuochi d’artificio. Tutto lì.
Difficile scrivere de “Il traditore” dopo che è stato osannato al 72mo Festival di Cannes – 13 minuti di applauso ma nessun premio – e di cui tutti i critici hanno parlato bene. La storia dovrebbe esser nota a tutti perché è quella della lotta alla mafia – o meglio a Cosa Nostra -, del primo pentito, o meglio collaboratore di giustizia, Tommaso Buscetta (magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino) e del brutale assassinio - la strage di Capaci con la moglie e due uomini di scorta - del giudice Giovanni Falcone (interpretato ds Fausto Russo Alesi), negli anni ‘80 e ’90.
Essendo stato già condannato per reati minori, Buscetta era scappato dall’Italia e viveva a Rio de Janeiro, essendo Maria Cristina, la sua ultima moglie (la terza) brasiliana (interpretata da Maria Fernanda Candido). A Rio viveva in un villone con una vista strepitosa sulla Baia (quella che era piaciuta tanto anche a Le Corbusier nel 1936…). A differenza degli altri mafiosi, Buscetta amava la bella vita e le donne, era molto esigente sul vestiario che si faceva rigorosamente cucire dal sarto su misura. Quindi la sua immagine è molto lontana dall’iconografia classica del mafioso con la coppola in testa.
Ma quando si intensificano le lotte interne tra cosche mafiose – la pace saltata tra Corleonesi e Palermitani dall'omicidio di Stefano Bontate, detto il principe di Villagrazia, del 1981 in poi – con le stragi commissionate da Riina, Buscetta sarà raggiunto a Rio, arrestato dai federali e fatto rientrare a Palermo. Lì lo aspetta il giudice Giovanni Falcone con il quale, dopo una iniziale titubanza, inizia a collaborare. Nel frattempo moglie e figli sono protetti, dopo essere stati portati negli Stati Uniti in una località segreta. Le confessioni di Tommaso Buscetta porteranno a stilare un verbale di più di 450 pagine che sarà di base per una serie di incarcerazioni.
Il lungo lavoro quotidiano farà nascere un rapporto tra giudice e inquisito, che però ci tiene ad affermare che non è “un pentito” poiché una volta “Cosa nostra” era un’affiliazione che difendeva i poveri e aveva rispetto per i deboli (mogli e figli). Secondo lui, quindi, sono stati i Riina (Nicola Calì) e i Calò (interpretato da Fabrizio Ferracane) a modificarla facendola diventare un’associazione violenta e spietata. Quindi non è lui il traditore, ma sono gli altri che hanno tradito i veri valori del clan.
Nella descrizione di Bellocchio, il giudice Falcone sembrava estremamente consapevole del rischio che stava correndo per iniziato questa battaglia e aver preso di petto la mafia. Sembravano entrambi destinati a non poter morire nel proprio letto, si trattava solo di capire chi dei due sarebbe sopravvissuto all’altro.
Maria Falcone, sorella del giudice, ricorda ciò che le confidò il pentito in un incontro avvenuto dopo la strage di Capaci: «Qualcuno diceva che eravamo amici, ma non è vero. Magari lo fosse stato. Tra noi c’è sempre stato di mezzo un tavolo, io da una parte e lui dall’altra. Però sentivo il rispetto che mi portava, e ho sempre portato rispetto a lui: al giudice e all’uomo».
Così si arriverà al Maxiprocesso del 1986 per crimini di mafia, tra cui omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa e altri, che finirà solo nel 1992. Il regista ha rappresentato il processo in chiave grottesca con tutti gli imputati mafiosi (475) in gabbia nell’aula bunker), ed anche il confronto tra Buscetta e il viscido Pippo Calò – che tra gli altri per vendetta ha ucciso anche i due figli di Buscetta - entrambi blindati e protetti da vetro anti-proiettile. Si rimane con il fiato in gola, senza parole, pensando solo all’arduo compito del giudice che deve gestire il processo.
Bravi tutti gli attori, ma sicuramente Piefrancesco Favino avrebbe meritato il premio del miglior attore al Festival di Cannes, molto di più di Antonio Banderas. Un’interpretazione perfetta, senza ammiccamenti, in tre lingue. Si dice che Favino sia andato perfino in Brasile per imparare un po’ di portoghese.Al suo fianco troviamo un altro esponente della lotta alla mafia, interpretato da Luigi Lo Cascio nei panni di Salvatore Contorno, che assieme a Buscetta ha reso possibile il Maxiprocesso.
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venerdì 31 maggio 2019
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spettacolare
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Inizialmente Poco propensa alla visione perché mi aspettavo una sorta di film stravisti sulla mafia, mi sono dovuta ricredere assolutamente per la precisione di certi dialoghi anche quelli all’apparenza meno importanti, per l’evidenza che Bellocchio ha rivolto al rapporto tra Buscetta e Falcone che contrariamente a quanto scritto da qualche critico e sebbene all’apparenza poco in evidenza se ne riconosce assolutamente l’emergere dell’empatia tra i due personaggi. La maestria di Favino nella recitazione sicuramente ben studiata è sicuramente coinvolgente e intensa riportando fedelmente Buscetta, ha attirato la mia estrema e il silenzio degli spettatori in sala durante tutta la lunga visione del film.
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gianluca dozza
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venerdì 31 maggio 2019
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un traditore a cannes
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Non ha conquistato premi dalla giuria,ma sicuramente quelli del popolo sì. Trattasi de “Il traditore”,ultima opera del regista Marco Bellocchio, capace ancora di commuovere e stupire con la crudezza della messinscena della realtà. Alla veneranda età di quasi 80 anni si è buttato a capofitto nella ricostruzione di Tommaso Buscetta, primo grande pentito di mafia e confidente di Giovanni Falcone, il quale grazie alle informazioni date da Buscetta riuscì a risalire all’origine di Cosa Nostra, prima di essere ucciso da quest’ultima il 23 maggio 1992 a Capaci. La stessa data di uscita del film, in concomitanza con l’anniversario della strage, non è casuale, semmai un omaggio al sacrificio del magistrato siciliano.
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Non ha conquistato premi dalla giuria,ma sicuramente quelli del popolo sì. Trattasi de “Il traditore”,ultima opera del regista Marco Bellocchio, capace ancora di commuovere e stupire con la crudezza della messinscena della realtà. Alla veneranda età di quasi 80 anni si è buttato a capofitto nella ricostruzione di Tommaso Buscetta, primo grande pentito di mafia e confidente di Giovanni Falcone, il quale grazie alle informazioni date da Buscetta riuscì a risalire all’origine di Cosa Nostra, prima di essere ucciso da quest’ultima il 23 maggio 1992 a Capaci. La stessa data di uscita del film, in concomitanza con l’anniversario della strage, non è casuale, semmai un omaggio al sacrificio del magistrato siciliano. Accolto con un quarto d’ora di applausi sulla Croisette, il film si presenta come un romanzo aperto su Cosa Nostra in tutte le sue sfaccettature. Nella sua compattezza (rappresentato dal campo e controcampo tra i suonatori di tamburi e la villa dove sono riunite le famiglie in occasione della festa di Santa Rosalia, il 4 settembre 1980, nella scena di apertura del film), e nella sua sete di vendetta al momento dello sfaldamento (rappresentato dall’uccisione dei parenti e dei figli di Buscetta al momento della decisione di collaborazione di quest’ultimo con la giustizia). Lo stesso Buscetta, interpretato da un incredibile Pierfrancesco Favino, si mostra in tutte le sue contraddizioni e soprattutto, nel suo orgoglio di non accettazione di essere un pentito (come dichiarerà più volte nel corso del film) e che anzi, semmai è Cosa Nostra ad aver tradito i valori da quando ha preso il comando Riina. Un “soldato semplice” (come egli stesso si definisce), all’interno della piramide di Cosa Nostra che diventa un confessato all’intermo del confessionale di una Chiesa, quale sembra essere l’ufficio di Falcone. Un riferimento relgioso non casuale,poichè il film ripercorre numerose tematiche già viste ne “L’ora di religione”, uno su tutti quello della fede cristiana, rappresentata dalla cantilena dei rosari durante i funerali e dallo stesso crocifisso al collo di Buscetta. E nel confessionale,Falcone sembra quasi assumere il ruolo di prete e consigliere del peccatore Buscetta, il quale confessa i suoi peccati al giudice-prelato. Il film, inoltre, ripercorre il cosmpolitismo di Buscetta (non a caso soprannominato “il boss dei due mondi”), prima con la sua latitanza in Brasile (con conseguente arresto ed estradizione), e poi a New York e in Florida, dove morirà dimenticato da tutti e rinnegato dalla sua stessa famiglia (specialmente dalla sorella, che rinnegherà apertamente il nome Buscetta, rappresentato anche al passaggio in auto dell’ ex boss per le strade di Palermo al ritmo dei tamburi, ad indicare la perdita di fiducia in Buscetta e del suo tradimento). La ricotruzione fedele dei luoghi ci fa immedesimare nella Palermo di quegli anni, coadiuvata anche dalla fotografia che illumina i primi piani dei personaggi, lasciando appositamente sfocato qunado si “emarginano” dal contesto e lasciando la luce su Buscetta, che è il vero protagonista della storia, anche nel suo volto umano di padre (come nella scena all’interno di Villa Borghese, dove scoppia in lacrime ricordando i figli ammazzati, sollevando la tematica cristiana del “Mea culpa”, presente anche in “Delitto e castigo”di Dostoevskij), oltre che di grande tombeur de femmes, come si evince dalla scena di passione con una prostituta in carcere all’Ucciardone di Palermo. Ma Buscetta è anche un marito innamorato della sua Cristina e della famiglia (la scena dell’elicottero,dove Buscetta viene torturato per dire i nomi dei procuratori della droga e il raccordo di quinta che va sulla moglie,prossima a cadere in mare e la telefonata dal carcere ne sono due esempi cruciali). Ma più di tutto, l’ affresco su Buscetta è un affresco sulla contrapposizione tra uomo e mafioso, tra la maschera del boss sicuro e carismatico e l’uomo collaboratore di giustizia, denigrato a più riprese durante le deposizioni nei processi. Un’indagine sociologica che abbraccia numerosi campi, a partire da quello degli attori sociali di Goffman. In effetti, Buscetta non è altro che il risultato di un lavoro certosino sul suo ruolo di attore sociale sia all’interno di Cosa Nostra che come collaboratore, passando per padre,marito,conquistatore. Inoltre, è la rappresentazione shakespeariana dell’eterno confitto amletico dell’uomo con la sua esistenza e con il fare il conto con il suo passato, con una rievocazione dei fantasmi al proprio interno che ritorna e colpisce come una coltellata al petto, così come la crudezza degli omicidi. La mano sapiente di Bellocchio dirige con sicurezza (senza autoritarismi), questo romanzo popolare che parla di mafia, ma senza entrarci dentro, mantenendo un ritmo denso e -paradossalmente-,rapido,grazie ad una sceneggiatura che scorre lungo i 148 minuti di proiezione del film come un fiume in piena, in un vortice di pathos e crudezza, sapendo rendere comprensibile alla lettura di tutti un personaggio come Don Masino,alias Tommaso Buscetta.
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renata
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venerdì 31 maggio 2019
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comunque, da vedere.
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Favino strepitoso, da Oscar!!!
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gramignana
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venerdì 31 maggio 2019
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anche i film sono opere d'arte
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ho deciso di vedere questo film perche' racconta la nostra storia anche se cruda e dolorosa. E' un film che andrebbe fatto vedere ai ragazzi delle scuole come educazione civica. un grazie al regista , agli attori e tutti coloro che hanno lavorato per questo film . ho sempre sostenuto che i film sono delle opere d'arte , questo in particolare.
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