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albert
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lunedì 27 gennaio 2025
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chi sono i violenti?
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ll primo lungometraggio di Ly colpisce nel segno. Siamo in una delle tante banlieue parigine dove la violenza è di casa. L'esordiente regista ci mostra inizialmente i festeggiamenti per la vittoria dei mondiali, dove i francesi per una volta si sono sentiti un unico popolo. È un inizio illusorio, poiché dopo ci vengono mostrati tre poliziotti, uno alle prime armi, uno dai metodi decisi, quasi brutali e il terzo accondiscendente verso il comportamento di quest'ultimo. Sembra che si possa delineare un film sulla violenza di questi ultimi due contrastata dal buon senso del neopoliziotto, invece no. Tutto si ribalta, a partire dal furto di un leocino, appartenente al più influente tra gli zingari, da parte di Issa, un bambino di colore.
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ll primo lungometraggio di Ly colpisce nel segno. Siamo in una delle tante banlieue parigine dove la violenza è di casa. L'esordiente regista ci mostra inizialmente i festeggiamenti per la vittoria dei mondiali, dove i francesi per una volta si sono sentiti un unico popolo. È un inizio illusorio, poiché dopo ci vengono mostrati tre poliziotti, uno alle prime armi, uno dai metodi decisi, quasi brutali e il terzo accondiscendente verso il comportamento di quest'ultimo. Sembra che si possa delineare un film sulla violenza di questi ultimi due contrastata dal buon senso del neopoliziotto, invece no. Tutto si ribalta, a partire dal furto di un leocino, appartenente al più influente tra gli zingari, da parte di Issa, un bambino di colore. Da qui in poi è un divampare di violenza che vede coinvolti gli zingari, adulti di colore, i poliziotti, filmati da un drone di un ragazzino, e i ragazzini di colore. Quando i poliziotti vogliono catturare Issa, lui fa di tutto per scappare aizzando gli altri ragazzini alla rivolta, finché Gwenda, frustrato e stressato spara un proiettile di gomma in faccia a Issa, filmato dal drone. Per recuperare il filmato, i poliziotti si rivolgono al "sindaco", un boss della zona, e a Salah, un capo religioso. Ottenuto il filmato, verso la fine i poliziotti vengono brutalmente attaccati da bambini e adolescenti di colore, aizzati da Issa, che riempiono di botte persino il sindaco, feriscono gravemente Chris, distruggono la macchina dei poliziotti giunti in soccorso con una violenza inarrestabile. Issa è come una divinità vendicatrice con un viso che esprime odio totale, tanto che anche Ruiz dovrà ricredersi rispetto ai propri metodi morbidi. Il film è quindi sempre un crescendo fino a che non compare una frase di Hugo a commento finale. La violenza genera violenza e se non interviene l'educazione o l'insegnamento degli adulti, le nuove generazioni saranno violente come non mai. A parte qualche parte più convenzionale, il film è girato molto bene con movimenti della mdp studiati e accurati. Anche le scene più concitate risultano verosimili e per questo va fatto un plauso al regista. Il cast è totalmente adeguato ai ruoli che deve svolgere.
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francesco2
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domenica 21 luglio 2024
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sopravvalutato
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Due parole sui "Miserabili", che ho avuto occasione di vedere in TV un poco di tempo fa. Anche se metto tre stelle, non condivido l'entusiasmo con cui è stato accolto. La premessa della Cappi sui tre film non si concretizza in un taglio innovativo sul piano sostanziale -il poliziotto più buono che viene confrontato a quelli cattivi, evitando questo si' eccessi di manicheismo- né su quello formale, dove le nuove modalità di "ripresa" della realtà -il drone, come anche smartphone e c avrebbero potuto dare luogo ad una riflessione più interessante. Da sottolinare, semmai, certe figure come l'uomo che spiega il valore di certi animali in determinate culture.
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Due parole sui "Miserabili", che ho avuto occasione di vedere in TV un poco di tempo fa. Anche se metto tre stelle, non condivido l'entusiasmo con cui è stato accolto. La premessa della Cappi sui tre film non si concretizza in un taglio innovativo sul piano sostanziale -il poliziotto più buono che viene confrontato a quelli cattivi, evitando questo si' eccessi di manicheismo- né su quello formale, dove le nuove modalità di "ripresa" della realtà -il drone, come anche smartphone e c avrebbero potuto dare luogo ad una riflessione più interessante. Da sottolinare, semmai, certe figure come l'uomo che spiega il valore di certi animali in determinate culture. Nel lontanisimo '95, quando ero ragazzo, il film "L'odio", di cui mai sono stato particolare fan aveva almeno introdotto maggiori innovazioni, nei contenuti e nel linguaggio filmico. Certo, si era meno smaliziati, e si aveva più diffcilmente accesso a quello che avveniva lontano" da noi.
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belliteam
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lunedì 14 febbraio 2022
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uno spaccato della periferia parigina
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I Miserabili, si apre con una immagine festante, una veduta degli Champs Elisee' stracolmi di bandiere bianco rosdo blu, x la vittoria nel campionato del mondo di calcio, e si chiude (senza fare alcuno spoil) con una frase che poi e' uno spunto x riflettere di Victor Hugo.
In mezzo, la vita dura della periferia parigina, con le bande di ragazzini, piccoli teppisti di strada, gli Imam, gli agenti che dettano "le leggi";
Sara' un furto di un piccolo leoncino, a dare il via ad una catena di violenza, odio, scontri, che scaturiranno in un finale di tensione dal ritmo incalzante.
Un film "vero", a tratti crudo, con il linguaggio colorito delle banlieu parigine, da vedere.
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I Miserabili, si apre con una immagine festante, una veduta degli Champs Elisee' stracolmi di bandiere bianco rosdo blu, x la vittoria nel campionato del mondo di calcio, e si chiude (senza fare alcuno spoil) con una frase che poi e' uno spunto x riflettere di Victor Hugo.
In mezzo, la vita dura della periferia parigina, con le bande di ragazzini, piccoli teppisti di strada, gli Imam, gli agenti che dettano "le leggi";
Sara' un furto di un piccolo leoncino, a dare il via ad una catena di violenza, odio, scontri, che scaturiranno in un finale di tensione dal ritmo incalzante.
Un film "vero", a tratti crudo, con il linguaggio colorito delle banlieu parigine, da vedere.
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mr.rizzus
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venerdì 26 febbraio 2021
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mr.rizzus
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domenica 14 febbraio 2021
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mr.rizzus
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venerdì 12 febbraio 2021
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sergio dal maso
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venerdì 8 gennaio 2021
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il nuovo odio
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"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo."
Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005
Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées.
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"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo."
Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005
Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées. È un fiume in piena. Sciami di ragazzini di tutte le etnie festeggiano euforici sventolando i colori nazionali e cantando La Marsigliese. La Francia ha vinto i mondiali.
Stacco. Titolo di testa.
L’azione si sposta nella degradata periferia parigina, trascinando lo spettatore nella dura quotidianità delle banlieue che circondano la capitale francese. Dell’iniziale sentimento popolare di fratellanza non è rimasto nulla.
Una squadra di tre poliziotti speciali delle BAC (Brigade Anti-Criminalitè) pattuglia il quartiere di Montfermeil. È una polveriera a cielo aperto, fatta di enormi palazzoni fatiscenti, in cui convivono da decenni comunità di arabi magrebini e neri subsahariani, in un equilibrio sempre precario, reso possibile dalla silente collaborazione della gendarmeria con discutibili organizzazioni musulmane e gruppi malavitosi, tutti interessati a mantenere una parvenza di pace sociale.
La maggior parte dei ragazzini cresce nell’emarginazione, tra spaccio e prostituzione, senza prospettive, spesso senza frequentare la scuola. Tra questi i due piccoli protagonisti della storia: Issa, ribelle e ladruncolo, e l’occhialuto Buzz, che con il suo drone osserva dall’alto la vita del quartiere.
Tra gli agenti in perlustrazione c’è un nuovo arrivato, Stephane, il cui sguardo, scosso e turbato, accompagnerà lo spettatore per tutto il film. Il caposquadra Chris è un bianco, razzista e prepotente; il suo braccio destro è invece il silenzioso Gwada, nero e cresciuto nelle banlieue.
Il primo giorno di lavoro di Stephane è choccante, una sorta di rito di iniziazione in cui, oltre alla violenza e alla miseria del quartiere, ne conoscerà i vari microcosmi: dal proselitismo dei Fratelli Musulmani, guidati dall’ex jihadista Salah, ora kebabbaro, ai traffici della banda del sedicente “sindaco”, passando per gli irascibili rom del Circo Zeffirelli.
La tensione che cova sotterranea fin dalle prime scene aumenta progressivamente, fino ad esplodere nel durissimo e cruento finale. Se la prima parte è più conoscitiva, dai toni quasi documentaristici, due eventi spiazzanti e imprevedibili fanno “precipitare” la storia in un thriller adrenalinico, in una corsa contro il tempo per evitare la catastrofe.
La disperata ricerca del leoncino rubato dal circo e della scheda del drone che ha ripreso gli scontri sono solo i detonatori di un disagio sociale che ribolle già nelle generazioni più giovani. Il controcanto allo sguardo smarrito di Stephane è infatti quello dei ragazzini, fatto di rabbia e di odio. Non c’è innocenza nello sguardo di Issa e dei suoi compagni. La loro è un’infanzia tradita, violata in modo irrimediabile. Colpisce più di tutto l’assenza degli adulti, oltre che delle istituzioni, preoccupate solo di reprimere e controllare la rabbia delle periferie.
A venticinque anni dall’uscita de L’odio di Mathieu Kassovitz, film che ha segnato un’epoca, I miserabili riprende e aggiorna le stesse tematiche. Ma se allora i protagonisti erano giovani-adulti, oggi sono ragazzini, poco più che bambini. Una generazione dopo, l’incendio dell’odio non solo è divampato ancora di più, adesso inizia già dai giovanissimi.
Il capolavoro di Ladj Ly, giovane regista originario del Mali ma cresciuto proprio a Montfermeil, è un pugno nello stomaco per la verità che trasuda, per l’urgenza di raccontare vita vissuta. L’impatto visivo ed emotivo è enorme. Il montaggio serrato e le riprese palpitanti con la macchina da presa a spalla, sempre dentro l’azione, tallonando i personaggi, restituiscono immagini vive, pulsanti, perfettamente complementari a quelle asettiche del drone, il cui occhio riprende dall’alto gli eventi come se il quartiere fosse una prigione all’aperto, dalla quale non si può scappare.
I personaggi sono ben definiti anche dal punto di vista psicologico, i protagonisti acquistano spessore col passare del tempo. Ladj Ly è molto attento a raccontare la complessità delle banlieue, senza giudicare nessuno: non ci sono buoni né cattivi, nemmeno tra i poliziotti. Il confine tra vittime e carnefici è molto labile.
Miserabili non sono i personaggi ma la quotidianità in cui sono costretti a vivere, una miserabilità quotidiana che parte dalla mancanza di prospettive, dal fallimento di un sistema sociale che non permette l’integrazione degli immigrati, neanche di quelli di terza o quarta generazione.
Una società che rinuncia all’integrazione e crea ghetti come Montfermeil è destinata alla decadenza, non ha futuro. E l’amarezza maggiore è che l’inclusione sociale non è un’utopia, è sempre possibile, perché come ricorda il monito finale di Victor Hugo “non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”.
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(di vivaelleon)
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sergio dal maso
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giovedì 7 gennaio 2021
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il nuovo odio
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"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo."
Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005
Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées.
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"Smettetela di chiamarli giovani, sono della feccia, delle canaglie. Ribadisco e lo firmo."
Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno durante la rivolta delle banlieue nel 2005
Una folla colorata e straripante si riversa sulle Champs-Élysées. È un fiume in piena. Sciami di ragazzini di tutte le etnie festeggiano euforici sventolando i colori nazionali e cantando La Marsigliese. La Francia ha vinto i mondiali.
Stacco. Titolo di testa.
L’azione si sposta nella degradata periferia parigina, trascinando lo spettatore nella dura quotidianità delle banlieue che circondano la capitale francese. Dell’iniziale sentimento popolare di fratellanza non è rimasto nulla.
Una squadra di tre poliziotti speciali delle BAC (Brigade Anti-Criminalitè) pattuglia il quartiere di Montfermeil. È una polveriera a cielo aperto, fatta di enormi palazzoni fatiscenti, in cui convivono da decenni comunità di arabi magrebini e neri subsahariani, in un equilibrio sempre precario, reso possibile dalla silente collaborazione della gendarmeria con discutibili organizzazioni musulmane e gruppi malavitosi, tutti interessati a mantenere una parvenza di pace sociale.
La maggior parte dei ragazzini cresce nell’emarginazione, tra spaccio e prostituzione, senza prospettive, spesso senza frequentare la scuola. Tra questi i due piccoli protagonisti della storia: Issa, ribelle e ladruncolo, e l’occhialuto Buzz, che con il suo drone osserva dall’alto la vita del quartiere.
Tra gli agenti in perlustrazione c’è un nuovo arrivato, Stephane, il cui sguardo, scosso e turbato, accompagnerà lo spettatore per tutto il film. Il caposquadra Chris è un bianco, razzista e prepotente; il suo braccio destro è invece il silenzioso Gwada, nero e cresciuto nelle banlieue.
Il primo giorno di lavoro di Stephane è choccante, una sorta di rito di iniziazione in cui, oltre alla violenza e alla miseria del quartiere, ne conoscerà i vari microcosmi: dal proselitismo dei Fratelli Musulmani, guidati dall’ex jihadista Salah, ora kebabbaro, ai traffici della banda del sedicente “sindaco”, passando per gli irascibili rom del Circo Zeffirelli.
La tensione che cova sotterranea fin dalle prime scene aumenta progressivamente, fino ad esplodere nel durissimo e cruento finale. Se la prima parte è più conoscitiva, dai toni quasi documentaristici, due eventi spiazzanti e imprevedibili fanno “precipitare” la storia in un thriller adrenalinico, in una corsa contro il tempo per evitare la catastrofe.
La disperata ricerca del leoncino rubato dal circo e della scheda del drone che ha ripreso gli scontri sono solo i detonatori di un disagio sociale che ribolle già nelle generazioni più giovani. Il controcanto allo sguardo smarrito di Stephane è infatti quello dei ragazzini, fatto di rabbia e di odio. Non c’è innocenza nello sguardo di Issa e dei suoi compagni. La loro è un’infanzia tradita, violata in modo irrimediabile. Colpisce più di tutto l’assenza degli adulti, oltre che delle istituzioni, preoccupate solo di reprimere e controllare la rabbia delle periferie.
A venticinque anni dall’uscita de L’odio di Mathieu Kassovitz, film che ha segnato un’epoca, I miserabili riprende e aggiorna le stesse tematiche. Ma se allora i protagonisti erano giovani-adulti, oggi sono ragazzini, poco più che bambini. Una generazione dopo, l’incendio dell’odio non solo è divampato ancora di più, adesso inizia già dai giovanissimi.
Il capolavoro di Ladj Ly, giovane regista originario del Mali ma cresciuto proprio a Montfermeil, è un pugno nello stomaco per la verità che trasuda, per l’urgenza di raccontare vita vissuta. L’impatto visivo ed emotivo è enorme. Il montaggio serrato e le riprese palpitanti con la macchina da presa a spalla, sempre dentro l’azione, tallonando i personaggi, restituiscono immagini vive, pulsanti, perfettamente complementari a quelle asettiche del drone, il cui occhio riprende dall’alto gli eventi come se il quartiere fosse una prigione all’aperto, dalla quale non si può scappare.
I personaggi sono ben definiti anche dal punto di vista psicologico, i protagonisti acquistano spessore col passare del tempo. Ladj Ly è molto attento a raccontare la complessità delle banlieue, senza giudicare nessuno: non ci sono buoni né cattivi, nemmeno tra i poliziotti. Il confine tra vittime e carnefici è molto labile.
Miserabili non sono i personaggi ma la quotidianità in cui sono costretti a vivere, una miserabilità quotidiana che parte dalla mancanza di prospettive, dal fallimento di un sistema sociale che non permette l’integrazione degli immigrati, neanche di quelli di terza o quarta generazione.
Una società che rinuncia all’integrazione e crea ghetti come Montfermeil è destinata alla decadenza, non ha futuro. E l’amarezza maggiore è che l’inclusione sociale non è un’utopia, è sempre possibile, perché come ricorda il monito finale di Victor Hugo “non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”.
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enzo70
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lunedì 23 novembre 2020
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ottimo film con i fatti per denunciare la realtà
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Non c’è traccia di Valjean, Colette e Javert in questo bellissimo film girato nei nuovi bassifondi di Parigi, i grandi quartieri delle periferie della capitale francese, dove il colore e la religione sono solo diverse declinazioni del disagio sociale. Ruiz è uno sbirro e viene aggiunto ad una pattuglia di due agenti che si muovono a loro agio nella miseria, esercitando la violenza come contromisura alla violenza. Una guerra di tutti contro tutti, in cui singoli episodi, il furto di un cucciolo di un leone da parte di un ragazzino. Ma violenza chiama violenza e allora un ragazzino sparato da un poliziotto, le minacce di non parlare, la compulsiva ricerca di un drone e poi l’epilogo durissimo in cui i tre poliziotti vengono aggrediti da una gang di ragazzini in un enorme palazzo di periferia che diventa il Vietnam della polizia francese.
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Non c’è traccia di Valjean, Colette e Javert in questo bellissimo film girato nei nuovi bassifondi di Parigi, i grandi quartieri delle periferie della capitale francese, dove il colore e la religione sono solo diverse declinazioni del disagio sociale. Ruiz è uno sbirro e viene aggiunto ad una pattuglia di due agenti che si muovono a loro agio nella miseria, esercitando la violenza come contromisura alla violenza. Una guerra di tutti contro tutti, in cui singoli episodi, il furto di un cucciolo di un leone da parte di un ragazzino. Ma violenza chiama violenza e allora un ragazzino sparato da un poliziotto, le minacce di non parlare, la compulsiva ricerca di un drone e poi l’epilogo durissimo in cui i tre poliziotti vengono aggrediti da una gang di ragazzini in un enorme palazzo di periferia che diventa il Vietnam della polizia francese. I Miserabili non è classificabile come un film di denuncia, in quanto la teoria dell’accusa è nei fatti che vengono raccontati in maniera semplice, senza arringhe. Non c’è difesa, non c’è accusa, solo degrado raccontato con grande intelligenza e sensibilità da Ladj Ly.
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cifer73
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giovedì 6 agosto 2020
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malessere delle periferie... di ieri e di oggi
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Il film indubbiamente mi è piaciuto... sia come girato che come interpretato... non vorrei dire stupidaggini ma mi ha ricordato molto "l'odio" di Kassovitz... anche quello mostrava le periferie... ed il malessere che le pervade... oggi come 30 anni fa.
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