mirkomovie
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venerdì 3 novembre 2017
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di mirko gancitano - esordio che sa di conferma - voto 8
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Un triller italiano che mai mi sarei aspettato di vedere . Tra le ambizioni personali di un ispettore e la mente contorta di chi pesca ossessivamente il medesimo pesce, si crea la formula perfetta per un giallo ad altissima tensione. Il tutto orbita intorno alla scomparsa di una ragazza. Questo basta per descrivere la trama, Il resto è da vedere. Perfetta, e direi al solito, l'interpretazione di Toni Servillo che si conferma di fatto come uno dei migliori attori del bel paese. Sceneggiatura chiara e Regia minuziosa quella di Donato Carrisi, in cui i messaggi e la storia arrivano in maniera contorta e allo stesso tempo diretta e 'potente'. La storia inizia con la fine e con un gioco dettato dal triangolo vogel ( TServillo), Jean reno (psichiatra) e del professor Martini si arriva alla fine, dunque al punto iniziale della proiezione dove tutto finalmente prende forma e dove la verità risulta tutt'altro che svelata in anticipo.
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Un triller italiano che mai mi sarei aspettato di vedere . Tra le ambizioni personali di un ispettore e la mente contorta di chi pesca ossessivamente il medesimo pesce, si crea la formula perfetta per un giallo ad altissima tensione. Il tutto orbita intorno alla scomparsa di una ragazza. Questo basta per descrivere la trama, Il resto è da vedere. Perfetta, e direi al solito, l'interpretazione di Toni Servillo che si conferma di fatto come uno dei migliori attori del bel paese. Sceneggiatura chiara e Regia minuziosa quella di Donato Carrisi, in cui i messaggi e la storia arrivano in maniera contorta e allo stesso tempo diretta e 'potente'. La storia inizia con la fine e con un gioco dettato dal triangolo vogel ( TServillo), Jean reno (psichiatra) e del professor Martini si arriva alla fine, dunque al punto iniziale della proiezione dove tutto finalmente prende forma e dove la verità risulta tutt'altro che svelata in anticipo. MG
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valterchiappa
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giovedì 2 novembre 2017
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donato carrisi e la fabbrica del delitto
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Il giallo piace. Il giallo funziona. Da sempre è il genere che tiene in piedi le sorti dell’editoria: offre una sfida intellettuale a chi vuole semplicemente cimentarsi nella soluzione di un enigma, apre le porte a chi vuole indagare fra i recessi più oscuri della mente, dà le ali a chi vuole planare in un ambiente suggestivo, che siano malinconiche periferie o brumose campagne. Ma piace soprattutto agli scrittori: l’inevitabile affezione che nasce verso i suoi personaggi fortemente caratterizzati è la premessa per una redditizia serialità; ma si può ambire a raggiungere chi non ama la pagina, se si immaginano da subito le parole traposte su uno schermo televisivo o cinematografico.
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Il giallo piace. Il giallo funziona. Da sempre è il genere che tiene in piedi le sorti dell’editoria: offre una sfida intellettuale a chi vuole semplicemente cimentarsi nella soluzione di un enigma, apre le porte a chi vuole indagare fra i recessi più oscuri della mente, dà le ali a chi vuole planare in un ambiente suggestivo, che siano malinconiche periferie o brumose campagne. Ma piace soprattutto agli scrittori: l’inevitabile affezione che nasce verso i suoi personaggi fortemente caratterizzati è la premessa per una redditizia serialità; ma si può ambire a raggiungere chi non ama la pagina, se si immaginano da subito le parole traposte su uno schermo televisivo o cinematografico.
Donato Carrisi, uno dei giallisti di maggior successo del nostro panorama letterario (il suo romanzo d’esordio, “Il suggeritore”, ha superato il milione di copie) non si è fatto pregare e, forte della sua esperienza di sceneggiatore, si è messo personalmente dietro alla macchina da presa, portando nelle sale il suo “La ragazza nella nebbia”.
I produttori hanno intravisto il business e gli hanno messo a disposizione un cast di altissimo livello: dal “Divo” nostrano, Toni Servillo ad uno d’oltralpe, Jean Reno; da una signora del palcoscenico come Galatea Ranzi, ad attrici di consolidato mestiere come Michela Cescon e Lucrezia Guidone; per concludere in bellezza con i magnetici Alessio Boni e Lorenzo Richelmy.
Così Carrisi è partito a dirigere il suo film così come scrive i suoi libri: assemblando gli ingredienti di una ricetta di sicura riuscita. La location, come in molti classici del genere, è un non-luogo, un immaginario paesino isolato fra le montagne; a completare la scenografia, oltre la nebbia del titolo, una spruzzata di neve che, come insegnano gli scandinavi, funziona sempre. L’ambientazione, coerentemente, è in un non-tempo, dove i pregiudizi dei sospettosi abitanti ristagnano immutabili.
Nel classico presepe ha collocato le classiche statuine: una vittima candida ed innocente fra personaggi dalla mente contorta e dal passato pieno di ombre, disegnati per attirare sospetti. E poi i naturali protagonisti di questo mondo manicheo: da una parte il Male, che agisce secondo le sue perverse dinamiche (sempre le stesse in verità), ben note al regista grazie agli studi di criminologia; a combatterlo (o forse no) il poliziotto.
Non è vero, come dice una battuta del film, che “la storia la fa il cattivo”: il giallo lo fa l’investigatore; è lui, con la sua forte caratterizzazione, a rimanere nella mente o nel cuore del pubblico. In questo caso Carrisi costruisce un personaggio ambiguo, infrangendo uno dei dogmi del giallo: il suo detective non cerca necessariamente la verità, bensì una soluzione che possa appagare l’opinione pubblica. Perché la verità non è importante, fosse anche il nome di un assassino, in un mondo dove tutto è finzione (nella ricetta d’altronde non poteva mancare la spezia di un messaggio di critica ai mali del nostro tempo).
Alla fine la confezione del prodotto, diretto ad una fascia media, è accurata. Tutti fanno bene il loro lavoro e i valori tecnici sono elevati, in particolar modo la fotografia. Ma tutto sa di mestiere, di confezione appunto. Gli attori, comunque bravi, non sono da meno: Toni Servillo ripropone per il suo pubblico l’usuale repertorio di espressioni impassibili, alzate di sopracciglia, movimenti della bocca, che ormai costituiscono il marchio di fabbrica di un interprete sempre più monocorde. Galatea Ranzi, gravata da un personaggio posticcio nella sua letterarietà, è quanto mai impostata. Il solo Alessio Boni riesce a dare vibrazioni alle tortuosità del suo ruolo.
In tanta levigatezza nella trasposizione filmica è paradossalmente la trama a risultare sfilacciata. Il flusso che porta alla rivelazione finale si perde in mille rivoli ciechi, gli eventi si succedono senza solidità d’impianto; i processi mentali del colpevole sono nebulosi; i colpi di scena non sono poi tali. Insomma tutti gli ingredienti di un piatto che dovrebbe farsi apprezzare per i sapori forti sono diluiti in un brodo di cottura troppo lasco.
“La ragazza nella nebbia” risulta alla fine proprio come un romanzo giallo: capace di vendere molte copie, buono per trascorrere un po’ di tempo in maniera piacevole. Ma inadatto a figurare sugli scaffali di una biblioteca.
Voto: 6
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tatianamicaelatruffa
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giovedì 2 novembre 2017
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nella nebbia
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Ci troviamo ad Avechot, sperduto paesino di montagna che non esiste, ed in effetti qui cominciano le prime dissonanze: ci si immagina un paesino francese di confine, ma le inflessioni dialettali, talvolta molto marcate, sono ondivaghe, e passano appunto, dal francese, al tipico accento del nord est italico. Si fa riferimento alla tv nazionale, ma mai nulla richiama prettamente all'Italia. Nebbia, appunto, il filo conduttore. I fatti, gli unici, sono questi: la giovane Anna Lou, adolescente figlia di una famiglia devota ad una sorta di non meglio precisata setta religiosa - creazionista, antiabortista, contraria al sesso fuori dal matrimonio - una sera, poco prima di Natale, esce per recarsi ad un incontro nel luogo di culto, e, semplicemente, scompare.
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Ci troviamo ad Avechot, sperduto paesino di montagna che non esiste, ed in effetti qui cominciano le prime dissonanze: ci si immagina un paesino francese di confine, ma le inflessioni dialettali, talvolta molto marcate, sono ondivaghe, e passano appunto, dal francese, al tipico accento del nord est italico. Si fa riferimento alla tv nazionale, ma mai nulla richiama prettamente all'Italia. Nebbia, appunto, il filo conduttore. I fatti, gli unici, sono questi: la giovane Anna Lou, adolescente figlia di una famiglia devota ad una sorta di non meglio precisata setta religiosa - creazionista, antiabortista, contraria al sesso fuori dal matrimonio - una sera, poco prima di Natale, esce per recarsi ad un incontro nel luogo di culto, e, semplicemente, scompare. "La ragazza nella nebbia" - tratto dall'omonimo romanzo di Donato Carrisi, qua al suo esordio come regista - ci incolla subito allo schermo in un pericoloso bilico, più che mai nebbioso, fra quali siano i fatti, quali le supposizioni, e quale peso abbiano gli uni e le altre. Per esempio, il colpevole, è colui che ha commesso il fatto, o colui che viene accusato, sul quale tutte le prove si affollano? Inquadrature superbe, colonna sonora semplicemente idonea ed azzeccata, ma il vero fiore all'occhiello, è la recitazione: Toni Servillo - nei panni dell'agente Vogel, schiavo del potere mediatico - Alessio Boni - ovvero il Professor Loris Martini, appena giunto ad Avechot - e Jean Reno - lo psichiatra Augusto Flores - danno uno spessore al film, tale da far trascorrere due ore di ininterrotta e piacevolissima tensione. Giunti al finale, però, con le luci che si riaccendono in sala, la nebbia, attraverso la quale torna avevamo imparato a vedere, torna ad infittirsi: e ci si accorge che manca la storia. Il mattino successivo, ancora ci si scopre ad interrogarsi su come siano andati realmente i fatti. Che fosse questa la reale intenzione dell'autore/regista Carrisi?
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pier71
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giovedì 2 novembre 2017
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cinema non pervenuto
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Se già La ragazza del lago di Andrea Molaioli stentava ad avere un senso cinematografico, qui siamo proprio in una puntata dei R.I.S.
Perché queste operazioni non le pilotano da subito in tv? Sarebbe buona televisione! Ma cinema proprio no.
Vista la fantasia attendiamo La Ragazza della Palude.
P.s. Alessio Boni sembra sempre imbarazzante solo a me?
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roberta
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giovedì 2 novembre 2017
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ottimo
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UN CAST DI ATTORI BRVISSIMI!!!!!!!!!!!!!!!!! UN FILM CHE TI COINVOLGE E SORPRENDE FINO ALLA FINE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!VE LO CONSIGLIO
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giovedì 2 novembre 2017
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ottimo
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il cast: attori bravissimi, trama meglio di hitchock, dificile che io arrivi a non capire chi è l'assasino...invece qui fino all'ultimo...VE LO CONSIGLIO VIVAMENTE
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viperagentile
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giovedì 2 novembre 2017
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prolisso e contorto
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Paola Casella ha interpretato il pensiero di molti; ieri sera, uscendo dal cinema e più tardi al Panino Giusto, ho avuto modo di ascoltare i commenti dei miei amici e di altri spettatori che erano al tavolo vicino: da "una bufala" a "troppo contorto"; c'era anche molta perplessità circa l'autore dell'omicidio perché ben due personaggi sono coinvolti e non si capisce se si tratta di un assassino seriale o no. Quella di Paola Casella è una bella e puntuale dissertazione su un film che un abile regista avrebbe potuto trasformare in un capolavoro. Mi viene da dire "ogni ofelé g'ha il so mestè".
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francesco
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mercoledì 1 novembre 2017
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film di genere molto riuscito
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Incentrato attorno alla scomparsa di una giovane ragazza in un paesino di montagna, il film sviluppa il tema della costruzione di un romanzo, letterario così come televisivo, e dei meccanismi che servono per farlo risultare convincente al pubblico. In questo c'è da una parte la presa in giro della tv che vuole utilizzare le disgrazie altrui per raggiungere picchi di share, dall'altra c'è la rappresentazione dello scrittore che costruisce il proprio romanzo nero. In entrambi i casi si tratta di creare e caratterizzare la figura del cattivo, del male. Il film è quindi anche una riflessione sulla sottile linea che separa il bene dal male, il lecito da l'illecito, la fiducia dal dubbio, la vanità dalla follia.
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Incentrato attorno alla scomparsa di una giovane ragazza in un paesino di montagna, il film sviluppa il tema della costruzione di un romanzo, letterario così come televisivo, e dei meccanismi che servono per farlo risultare convincente al pubblico. In questo c'è da una parte la presa in giro della tv che vuole utilizzare le disgrazie altrui per raggiungere picchi di share, dall'altra c'è la rappresentazione dello scrittore che costruisce il proprio romanzo nero. In entrambi i casi si tratta di creare e caratterizzare la figura del cattivo, del male. Il film è quindi anche una riflessione sulla sottile linea che separa il bene dal male, il lecito da l'illecito, la fiducia dal dubbio, la vanità dalla follia. Con una narrazione in crescendo il regista avvolge nella nebbia tutti i personaggi e riesce a mischiare il ruolo della vittima a quello del carnefice. La violenza non si vede ma si percepisce in maniera sempre più forte. Il tutto è reso convincente anche dalla prova fornita dai tre attori principali, che sviluppano i propri personaggi secondo uno stile di recitazione molto diverso, quello sopra le righe e teatrale di Toni Servillo, il cui ruolo da protagonista è stato fortemente voluto dal regista, quello minimale e carismatico di Jean Reno, e quello ambiguo di Alessio Boni che regge e forse supera il confronto con i suoi due importanti colleghi. Infine il film è pieno di citazioni o spunti cinematografici, ad esempio il ragazzo che riprende con la telecamera rimanda ad American Beauty, i poliziotti molto locali ricordano quelli di Fargo, e molte altre. Il film è stato una piacevole sorpresa perché non è un genere dove di solito il cinema italiano eccelle. Invece risulta essere convincente, ben scritto e ben diretto.
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ninopellino
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mercoledì 1 novembre 2017
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convincente esordio del regista carrisi
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Ottima prova all'esordio da parte del regista Donato Carrisi in una trama caratterizzata da un buon livello interpretativo da parte di tre grandi attori del Cinema contemporaneo, ossia Toni Servillo, Alessio Boni e Jean Reno, nonché da una trama sospesa in una sorta di continuo e fascinoso mistero ed infine, da citare, una seneggiatura ed un tipo di ambientazione particolarmente suggestive ed ispirate. Il film sebbene scorre in maniera lenta (soprattutto nel primo tempo), in realtà non appare mai noioso, ma anzi più si avvicendano le varie situazioni e più si infittisce il mistero sulla improvvisa scomparsa di una ragazzina dai capelli rossi nel paese di Avechot.
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Ottima prova all'esordio da parte del regista Donato Carrisi in una trama caratterizzata da un buon livello interpretativo da parte di tre grandi attori del Cinema contemporaneo, ossia Toni Servillo, Alessio Boni e Jean Reno, nonché da una trama sospesa in una sorta di continuo e fascinoso mistero ed infine, da citare, una seneggiatura ed un tipo di ambientazione particolarmente suggestive ed ispirate. Il film sebbene scorre in maniera lenta (soprattutto nel primo tempo), in realtà non appare mai noioso, ma anzi più si avvicendano le varie situazioni e più si infittisce il mistero sulla improvvisa scomparsa di una ragazzina dai capelli rossi nel paese di Avechot. Il finale è costituito da una serie di colpi di scena che ci rilevano la verità dei fatti, proprio come un preciso meccanismo ad orologeria, nel quale possiamo finalmente capire che, nel corso dell'intera trama, nessun tassello sia stato messo a caso. Pellicola dal fascino inglese. Su tutti primeggia, a livello di recitazione, un grande Alessio Boni.
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francesco
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mercoledì 1 novembre 2017
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il film è bellissimo, la critica modesta
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Non mi trovo per nulla con questa critica. Il film è molto bello, ti avvolge nella trama, cresce in intensità, diventa sempre più cupo, allarga via via l'inquietudine attraverso i personaggi. Lo racconta come un film di genere dove i personaggi sono perfettamente descritti. Non non ho trovato nulla di imperfetto in questo film, ma anzi qualcosa che non vedevo da tempo. Coplimenti.
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