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feliciar
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lunedì 1 maggio 2017
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il diritto di esistere
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Il diritto di contare è un film entusiasmante.
Parla di due cose fantastiche: delle tre donne afro-americano che hanno partecipato al programma NASA e dei viaggi nello spazio.
Dentro c'è tutto: la Virginia segregazionista degli anni '60, Kennedy, il reverendo King, la competizione USA-URSS per lo spazio, i "" computer-colored"" che verificavano i calcoli degli ingegneri.
Era il metodo NASA: matematici di colore verificavano i calcoli. IBM era di là da venire, c'erano i negri a fare da computer, non uomini o donne ma, macchine colorate, separate dai bianchi, nei bagni, nelle scuole, nelle chiese e, finanche, nella macchina del caffè.
Kennedy non aveva ancora presentato il Civil Rights Act.
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Il diritto di contare è un film entusiasmante.
Parla di due cose fantastiche: delle tre donne afro-americano che hanno partecipato al programma NASA e dei viaggi nello spazio.
Dentro c'è tutto: la Virginia segregazionista degli anni '60, Kennedy, il reverendo King, la competizione USA-URSS per lo spazio, i "" computer-colored"" che verificavano i calcoli degli ingegneri.
Era il metodo NASA: matematici di colore verificavano i calcoli. IBM era di là da venire, c'erano i negri a fare da computer, non uomini o donne ma, macchine colorate, separate dai bianchi, nei bagni, nelle scuole, nelle chiese e, finanche, nella macchina del caffè.
Kennedy non aveva ancora presentato il Civil Rights Act.
Ma le tre signore erano scienziate, non macchine di colore e, alla fine, la spuntarono.
La storia è vera: sono state le prime donne di colore ad accedere ad un programma NASA: Katherine verificò la traiettoria del colonnello Glenn, il primo a girare intorno alla Terra. Il colonnello disse che non si sarebbe imbarcato, senza i suoi calcoli: in pratica, aprì la strada allo sbarco sulla Luna.
Le fu riconosciuto il talento.
Le altre, pure, si affermarono e, pare impossibile in anni bui ed in ambienti maschili.
Noi non sapiamo se fu il bisogno di sopravanzare i Russi o la pressione per i diritti civili ma, accadde il miracolo e si accettò che l'intelligenza fosse democratica, senza colore, sesso, razza o religione.
l film è affascinante, intreccia storie personali e documenti di archivio, chiunque abbia visitato il KSC a Cape Canaveral ( evitando Disneyland), resta a bocca aperta. La base Nasa è un grandioso monumento alla scienza e all'ardire umano.
Il viaggio nello spazio è l'avventura piu' grande dell'umanità e God bless America per avere consentito a queste donne di dare il proprio contributo alla storia.
Un'ultima nota: la signora Katherine ( classe 1918) è, oggi, in vita.
Evidentemente, la Scienza la ha fatto bene.
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tom51
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domenica 16 aprile 2017
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deludente !
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Storia abbastanza scontata e raccontata male, il tutto è molto romanzato sullo stile di "12 anni schiavo" (il top della bruttezza). non capisco perchè si debbano rappresentare i neri d'america in un modo totalmente avulso dalla realtà, poco credibile e quasi ridicolo in certi casi....quanto siamo lontani dai fasti de "il colore viola" !!!! brave comunque le protagoniste, Costner assolutamente incapace !!!!
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torredipisa
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mercoledì 5 aprile 2017
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un film piacevole ma semplicione
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La vicenda raccontata nel film è quella 'classica' della segregazione razziale americana. Sappiamo tutti la vergogna ed il degrado morale ai quali una nazione libera e democratica come gli Stati Uniti d'America si è esposta fino ancora ai giorni d'oggi, nei confronti di una classe sociale che ha avuto come colpa solo quella di essere stata 'importata' come schiava dall'Africa per arricchire l'economia di quella nazione.
Il nero ha dunque, come unica possibilità di essere accettato, quella di essere eccezionale ogni oltre misura.
Quindi nientemeno che formidabili ragazze di colore talenti di matematica.
Ma il film le pone in una prospettiva quasi buffonesca.
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La vicenda raccontata nel film è quella 'classica' della segregazione razziale americana. Sappiamo tutti la vergogna ed il degrado morale ai quali una nazione libera e democratica come gli Stati Uniti d'America si è esposta fino ancora ai giorni d'oggi, nei confronti di una classe sociale che ha avuto come colpa solo quella di essere stata 'importata' come schiava dall'Africa per arricchire l'economia di quella nazione.
Il nero ha dunque, come unica possibilità di essere accettato, quella di essere eccezionale ogni oltre misura.
Quindi nientemeno che formidabili ragazze di colore talenti di matematica.
Ma il film le pone in una prospettiva quasi buffonesca. Risolvere calcoli matematici in pochi attimi, magari sedute in bagno,
e nello stesso momento in cui John Glenn sta per partire per un viaggio orbitale ed attende proprio la conferma delle
coordinate di rientro, tutto in tempi ed in modi irreali, come se quasi la matematica fosse sconosciuta alla razza bianca e
solo miracolosamente rivelata a quella negra come una quasi forma di riscatto divino nei confronti di una razza
sfortunata e vilipesa dalla storia. Un calcolatore IBM vienne programmato grazie ad un libriccino (linguaggio FORTRAN) sottratto in biblioteca
senza nessuna conoscenza della complessa manualistica di base hardware di quella macchina, ma sempre grazie
ad una fantastica ed irreale capacità innata di una sola donna...
Io ho programmato negli anni 60 questo tipo di macchine e vi garantisco che ci voleva altro che un libretto di istruzioni ed
altro che pochi minuti.
Insomma la vicenda, per quanto realmente accaduta, è qui posta in veste circense e le povere ragazze di colore appaiono piu come
animali ammaestrati che come persone di grande cultura tecnica come invece esse sono state realmente.
Un film godibile e piacevole (tutto sommato) per tutto il resto...
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gianleo67
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giovedì 30 marzo 2017
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black women, white chalks
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Impiegate presso la NASA come calcolatrici umane nel programma Mercury, le tre amiche e matematiche di colore Katherine, Dorothy e Mary vivono e lavorano in un clima di pesanti discriminazioni sessiste e razziste nella Virginia dei primi anni 60. Dotate ciascuna di un talento particolare, di una ferrea volontà e spirito di adattamento alle mansioni richieste, le tre ragazze si faranno strada contribuendo in modo determinante al successo di una missione fondamentale per il programma spaziale americano e per colmare il gap tecnologico e geopolitico con l'odiata controparte sovietica. Dalle parti della retorica eroistica di Apollo 13 e dei toni ironicamente agiografici delle lotte per i diritti civili di un cinema liberal politicamente corretto, questa storia esemplare di orgoglio e riscatto di donne nere doppiamente discriminate agita la sua bandierina sul confine periglioso che separa il fronte interno di un'America alle prese con gli anticorpi alle contraddizioni della propria storia e quello esterno di una supremazia organizzativa messa in crisi dal volo orbitale di Gagarin in anticipo di un anno sul proprio ruolino di marcia.
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Impiegate presso la NASA come calcolatrici umane nel programma Mercury, le tre amiche e matematiche di colore Katherine, Dorothy e Mary vivono e lavorano in un clima di pesanti discriminazioni sessiste e razziste nella Virginia dei primi anni 60. Dotate ciascuna di un talento particolare, di una ferrea volontà e spirito di adattamento alle mansioni richieste, le tre ragazze si faranno strada contribuendo in modo determinante al successo di una missione fondamentale per il programma spaziale americano e per colmare il gap tecnologico e geopolitico con l'odiata controparte sovietica. Dalle parti della retorica eroistica di Apollo 13 e dei toni ironicamente agiografici delle lotte per i diritti civili di un cinema liberal politicamente corretto, questa storia esemplare di orgoglio e riscatto di donne nere doppiamente discriminate agita la sua bandierina sul confine periglioso che separa il fronte interno di un'America alle prese con gli anticorpi alle contraddizioni della propria storia e quello esterno di una supremazia organizzativa messa in crisi dal volo orbitale di Gagarin in anticipo di un anno sul proprio ruolino di marcia. Quello che ne esce è un cinema di genere che riesce a sfruttare bene i suoi 127 minuti di metraggio per un calcolato countdown alla conquista dei 400 km yankee sulle nostre teste, alternando con sagacia un montaggio che ripartisce responsabilità e successi delle tre protagoniste quali impavide antesignane di un pionieristico campo di ricerca (la matematica computazionale, l'ingegneria aerospaziale, la meccanica orbitale), propugnandone le relative cause tanto in ambito lavorativo quanto sul piano dell'autonomia sociale (tutte madri, mogli, donne in carriera e...con la pigmentazione meno adatta al particolare luogo e momento storico). Se lo schematismo narrativo ed il chiaro intento didascalico possono togliere credibilità ad un'operazione piaciona come questa, sono la leggerezza del registro, l'attendibilità dell'ambientazione e la verve degli interpreti (pure teutonici 'pezzi grossi' come Kostner e Dunst sono relegati in secondo piano rispetto alle tre bravissime primedonne) a conferire al film smalto ed energia sufficienti a dimostrare per l'ennesima volta la tesi di una supremazia nazionalistica di un Paese che basa le sue chances di successo sulla qualità dei suoi uomini e sulla infallibilità della sua organizzazione: al primo contribuisce più la statistica, al secondo la Storia. Particolarmente abile nell'imbastire una dramedy brillante e divertente sullo snodo cruciale di un riscatto di genere (a quando la trasposizione cinematografica della esaltante avventura delle calcolatrici umane dell'Harem di Pickering?) e di razza come paradigmi di una nazione che progredisce dall'interno per affermarsi all'esterno, il giovane e semisconosciuto Melfi mette in primo piano quelle figure nascoste (da qui il titolo originale) che agiscono nell'ombra per dare lustro alla storia di un popolo, guadagnandosi la meritata ribalta di 3 nomination agli Oscar, 2 ai Globe ed 1 ai BAFTA proprio in un momento di curiosa inversione di tendenza della politica americana arroccata sulle retrograde posizioni protezionistiche e xenofobe del suo platinato ed egocentrico comandante in capo. Interpreti principali e secondari tutti abilmente in parte e spassosissimo commento musicale di Zimmer&C. a sottolineare gli intermezzi semiseri di una intolleranza etnica vissuta con leggerezza.
They'll call it a mystery But we're gonna call it victory We'll be writing history It's gon' be victory
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lunedì 27 marzo 2017
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essere donna, essere intelligente, essere nera
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L'incontenibile passione per la scienza e la conoscenza superano la brutalità di chi subisce le discriminazioni di una società sessista e razzista. Sullo sfondo una comunità scientifica della NASA indifferente e cinicamente utilitarista. I chilometri di corsa per andare ogni giorno nel bagno delle donne di colore e poi tornare in tempo per consegnare perfetti calcoli astronomici metafora della condizione umiliante imposta da una sadica concezione del lavoro. Dimenticate dalla storia americana (come milioni di altre persone di colore) e riabilitate dalla volontà dell'ex presidente Obama di rendere omaggio al popolo invisibile di cittadini straordinari che hanno contribuito alla crescita scientifica (e conseguentemente socio-economica degli USA), le tre scienziate di colore sono la voce narrante di una femminilità impegnata, ostinata, curiosa, tollerante con i propri detrattori.
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L'incontenibile passione per la scienza e la conoscenza superano la brutalità di chi subisce le discriminazioni di una società sessista e razzista. Sullo sfondo una comunità scientifica della NASA indifferente e cinicamente utilitarista. I chilometri di corsa per andare ogni giorno nel bagno delle donne di colore e poi tornare in tempo per consegnare perfetti calcoli astronomici metafora della condizione umiliante imposta da una sadica concezione del lavoro. Dimenticate dalla storia americana (come milioni di altre persone di colore) e riabilitate dalla volontà dell'ex presidente Obama di rendere omaggio al popolo invisibile di cittadini straordinari che hanno contribuito alla crescita scientifica (e conseguentemente socio-economica degli USA), le tre scienziate di colore sono la voce narrante di una femminilità impegnata, ostinata, curiosa, tollerante con i propri detrattori. L'intelligenza che prende il sopravvento sul potenziale rancore ed espande la consapevolezza che lottare per ciò in cui si crede è il motore per affermare la dignità umana. Se nella storia americana essere neri ha significato sofferenza, questa condizione è stata ancora più dolorosa per le donne intelligenti, incredule dinanzi alla barbarie razzista, tenaci nel difendere la propria identità scientifica, morbide nella coltivazione dei propri sogni.
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loland10
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lunedì 20 marzo 2017
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'donne...nascoste'
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“Il diritto di contare” (Hidden Figures, 2016) è il terzo lungometraggio del regista-sceneggiatore di Brooklyn Theodore Melfi.
Raccontare l’America, raccontare il sogno, raccontare la Nasa, raccontare la vittoria.
Nel film di Theodore Melfi tutto appare (anzi è) ammantato da un prato verde, tutto è disegnato con un arcobaleno all’orizzonte, tutto è ricostruito con vestale leggerezza: con ossimori uniformi verso il buono e riuscito, verso il sorriso e l’entusiasmo in un Paese pieno di ottimismo e di pienezza: tutto contro i ‘bastardi’ al di là del muro per essere quelli che sorpassano ma soprattutto avere il piedistallo sotto i piedi.
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“Il diritto di contare” (Hidden Figures, 2016) è il terzo lungometraggio del regista-sceneggiatore di Brooklyn Theodore Melfi.
Raccontare l’America, raccontare il sogno, raccontare la Nasa, raccontare la vittoria.
Nel film di Theodore Melfi tutto appare (anzi è) ammantato da un prato verde, tutto è disegnato con un arcobaleno all’orizzonte, tutto è ricostruito con vestale leggerezza: con ossimori uniformi verso il buono e riuscito, verso il sorriso e l’entusiasmo in un Paese pieno di ottimismo e di pienezza: tutto contro i ‘bastardi’ al di là del muro per essere quelli che sorpassano ma soprattutto avere il piedistallo sotto i piedi.
La pellicola racconta la storia (vera) della scienziata afroamericana Katherine Joshon che collaborò con la NASA nei calcoli matematici e fisici per i lanci spaziali e diverse missioni orbitali. Cape Canaveral e il suo centro studi diventarono l’inizio di una parità ancora lontana. Il colore della pelle era ancora limite invalicabile per ristoranti, scuole, servizi e centri di lavoro.
Le ‘figure nascoste’ (dalla traduzione del titolo in originale) sono già lì ma non vogliamo o riusciamo a vederle, sono linee di contorno che possono stare in prima fila e in grado di reggere l’impatto di un mondo che va oltre l’atmosfera. Si nascondono bene ma si danno da fare per non arginare la voglia di parità, di giustizia e di diritti. Il gioco narrativo è molto ‘politically correct’ con piacimento e autocompiacimento, oltre quello che fa intersecare i vari personaggi
Homo sapiens. In questo caso il sessismo e il razzismo sfidano ogni pregiudizio per una ‘donna’ tenace, forte e di intuizione sopra la media. Geniale il modo di rapportarsi con la parte maschile del film.
Intensa, ironica, irremovibile e istrionica: Katherine non si ferma mai neanche davanti ad un cestino da svuotare o un bagno da raggiungere. E con Dorothy Vaughan e Mary Jackson si rompono le uova nel paniere e i sistema di difesa ‘maschili’.
Diritti senza sosta, ecco quello che le donne sognano da quel (lontano) 1961. E il colore della pelle inizia a non contare più
Donne e diritti, donne e intelligenze, ne(g)re e barriere, razze e uguaglianze. Le (ne)g(re) (come si dice nel film) chiedono libertà di pensiero e vera giustizia.
Epoco prima di essere lanciato nello spazio (missione Mercury-Atlas 6) l’astronauta John Glenn chiede espressamente l’aiuto di Katherine: solo lei riesce a convincere(lo) che lo spazio non faceva più paura.
Ne(g)ra: brutto termine quando l’uomo classifica(va) e mette(va) le differenze già nel linguaggio. Martin Luther King è lì in quell’America ottimista, sognante ma ancora tremendamente divisa.
Il film ha il merito (non da poco) di raccontare una storia ‘nascosta’ che riesce a farsi spazio, che sgomita con rispetto e che entra piano nelle aule giudiziarie. Una storia minima che è grande. Katherine Johnson ha sicuramente guardato ciò a lei dedicato e, soprattutto, ha visto (e toccato con mano) quello che è successo negli ultimi sessant’anni (tra l’altro ha ottenuto il 16 novembre 2015 la Medaglia Presidenziale della Libertà dall’ex Presidente Obama).
Film forse convenzionale, facile appeal e piacevolmente familiare ma, ha dalla sua una viva forza rigeneratrice e un’(auto)ironia tipicamente da commedia. Viene evitato il retrò/sentimentale) e la retorica da lezione (comunque vedere i cartelli pro J.F. Kennedy e il suo volto presidenziale doma il ‘sogno’ americano meglio di tante banalità e disarma i muri post-moderni di oggi).
Tarajì P. Henson (Katherine) riesce a reggere il personaggio; Kevin Costner (Al Harrison) mastica amaro il chey gum del (suo) sogno di ieri.
Musica e ambientazione d’epoca sono sagacemente ammiccanti; tra Pharrell Williams e Hans Zimmer con Benjamin Wallfisch la colonna sonora arriva a destinazione.
Regia comoda e lineare: ondeggiare sopra i fatti senza respiri di burrasca.
Voto: 7+/10.
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sergiolino63
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domenica 19 marzo 2017
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il diritto di contare....in tutti i sensi!
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Negli anni 60, in piena guerrra fredda, USA e URSS si contendevano le conquiste nello Spazio e la NASA aveva bisogno dei migliori cervelli del Paese, a prescindere dal colore della pelle, in un'epoca dove molti Stati americani erano ancora assurdamente segregazionisti. Tra questi cervelli della NASA tre ragazze di colore laureate in matematica riescono, tra mille difficoltà pratiche, ad emergere ed a sviluppare calcoli matematici complessi e necessari per mandare in orbita il primo americano, in un'epoca in cui il genere umano poteva ancora competere con i primi grandi elaboratori elettronici dell'IBM, sicuramente velocissimi, ma non ancora completamente affidabili.
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Negli anni 60, in piena guerrra fredda, USA e URSS si contendevano le conquiste nello Spazio e la NASA aveva bisogno dei migliori cervelli del Paese, a prescindere dal colore della pelle, in un'epoca dove molti Stati americani erano ancora assurdamente segregazionisti. Tra questi cervelli della NASA tre ragazze di colore laureate in matematica riescono, tra mille difficoltà pratiche, ad emergere ed a sviluppare calcoli matematici complessi e necessari per mandare in orbita il primo americano, in un'epoca in cui il genere umano poteva ancora competere con i primi grandi elaboratori elettronici dell'IBM, sicuramente velocissimi, ma non ancora completamente affidabili. Ragazze che, se da un lato non potevano non essere (ancorchè freddamente e malincuore) apprezzate per le loro capacità dai colleghi e superiori bianchi, dall'altro non potevano godere dei più elementari diritti, come usare i servizi igienici dei bianchi, attingere alla caffettiera di questi oppure frequentare particolari corsi di specializzazione. Ma il capo della Nasa (Interpretato da un grande Kevin Costner) farà in modo che almeno all'interno della NASA certe barriere vengano meno, e che le nostre eroine di colore, dotate di una grande tenacia oltre che di qualità intellettive superiori alla media, abbiano, in tutti i sensi, IL DIRITTO DI CONTARE!!! Un film emozionante, toccante e divertente al tempo stesso! Magari non un capolovoro assoluto ma 4 stelle non gliele leva nessuno!
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emanuele1968
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domenica 19 marzo 2017
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welcome to america?
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Bello, la cosa che mi colpiva di più erano i bagni ed il bus, in un'america "democratica alla propria maniera", ma il mondo va cosi, le discrimminazioni ci sono in tutto il mondo, non anno nè tempo nè età purtroppo, il mondo è bello perchè avariato, cosi dicono. Bella la lotta di cafoneria e intelligenza.
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vanessa zarastro
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venerdì 17 marzo 2017
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doppia emancipazione
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Il film è tratto dalla storia vera di tre donne che hanno lavorato alla NASA all’inizio degli anni ’60. Basato sul libro Hidden Figures: The Story of the Afro-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterley, Il diritto di contarenarra la storia di Katherine Johnson, genio della matematica, che tracciò le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11 che portò il primo uomo americano nello spazio.
Ambientato nel periodo della “guerra fredda”, subito dopo che i russi lanciarono il primo satellite artificiale nello spazio Sputnik 1 con Jurij Gagarin (il 4 ottobre 1957), scattò un’enorme competitività degli scienziati americani.
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Il film è tratto dalla storia vera di tre donne che hanno lavorato alla NASA all’inizio degli anni ’60. Basato sul libro Hidden Figures: The Story of the Afro-American Women Who Helped Win the Space Race di Margot Lee Shetterley, Il diritto di contarenarra la storia di Katherine Johnson, genio della matematica, che tracciò le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11 che portò il primo uomo americano nello spazio.
Ambientato nel periodo della “guerra fredda”, subito dopo che i russi lanciarono il primo satellite artificiale nello spazio Sputnik 1 con Jurij Gagarin (il 4 ottobre 1957), scattò un’enorme competitività degli scienziati americani. A Langley Hampston in Virginia, tre donne nere fanno parte di un gruppo di “calcolatrici donne di colore” che lavorano segregate nell’ala ovest del campo. Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monàe) sono tre di queste donne che, intelligenti e determinate, lotteranno per ottenere il riconoscimento delle loro capacità in tre settori diversi. Alla fine otterranno il giusto e meritato risultato: Dorothy diventerà un’esperta di computer (siamo ai primissimi IBM), Mary Jackson diventerà la prima laureata afro-americana in ingegneria aereo-spaziale e Kahterine otterrà finalmente di poter firmare i rapporti del lavoro svolto, oltre alla soddisfazione che lo stesso astronauta John Glen, nel 1962, si fiderà esclusivamente dei suoi calcoli.
Impressionante è costatare che ai tempi di John Kennedy nel 1962, esistessero ancora Stati segregazionisti con i servizi differenziati (toilette, autobus, bar, …) ma perfino nelle scuole e nelle biblioteche dove si presume lavorino persone con visuali più aperte – nella cultura così come nel sociale.
Basato sulla figura di Robert C. Gilruth, Hal Harrison (interpretato da Kevin Kostner), il capo del Space Task Group al Langley Research Center, avrà il merito di guardare alla capacità di affrontare e condurre la ricerca scientifica delle persone, a prescindere dal loro genere e dal colore della pelle.
Il film è un prodotto molto americano, convenzionale e ottimista, ma la metafora dell’emancipazione femminile è narrata con humor. Molto bello e intelligente è il discorso che fa Mary Jackson al giudice che deve deliberare sulla sua eventuale accettazione nell’esclusiva scuola segregazionista. Il ritmo della musica con famosi pezzi jazz (da Herbie Hancock a Miles Davis) ben accompagna il ritmo incalzante del film che si vede volentieri.
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[+] solo due stelle?
(di sergiolino63)
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rubio93
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giovedì 16 marzo 2017
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corsa allo spazio e lotta per i diritti civili
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Il diritto di contare è un film del 2016, diretto da Theodore Melfi, uscito nelle sale statunitensi il 25 dicembre 2016 e dall'8 marzo 2017 nelle sale italiane. E' stato candidato a tre premi Oscar, miglior film, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale.
Come recita il titolo originale Hidden Figures, ovvero figure nascoste, la vicenda, ispirata a fatti realmente accaduti, narra di alcune personalità che, benchè abbiano compiuto grandi passi avanti nell'evoluzione della conoscenza umana, la storia ha lasciato un pò in disparte.
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Il diritto di contare è un film del 2016, diretto da Theodore Melfi, uscito nelle sale statunitensi il 25 dicembre 2016 e dall'8 marzo 2017 nelle sale italiane. E' stato candidato a tre premi Oscar, miglior film, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale.
Come recita il titolo originale Hidden Figures, ovvero figure nascoste, la vicenda, ispirata a fatti realmente accaduti, narra di alcune personalità che, benchè abbiano compiuto grandi passi avanti nell'evoluzione della conoscenza umana, la storia ha lasciato un pò in disparte.
Siamo negli anni della guerra fredda, dove la lotta per due visioni opposte del mondo non si svolge sul suolo terrestre con soldati e carrarmati, ma nella corsa alla conquista dello spazio, attreverso calcoli, complesse equazioni e soprattutto grandi menti. Gli autori, però non si limitano a questo; in tale contesto intrecciano le lotte intestine e le proteste degli afroamericani per la conquista dei diritti civili, il loro disagio nei confronti di una nazione che fatica ad accettare il diverso colore della pelle. Un disagio che deve essere affrontato anche dalle donne, colpite ancor di più dagli atteggiamenti sessisisti, che rendeno la loro posizione più precaria e discriminata rispetto a quella degli uomini.
I personaggi principali sono tre: Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monàe). Esse fanno parte di un gruppo della Nasa, addetto ai calcoli, ma per il quale lavoro ricevono solo un minimo merito, se non addirittura nessuno.
Grazie, però, all'evoluzione delle circostanze, ma soprattutto per merito di loro stesse, ciascuna di esse attreverso un proprio percorso, fatto di intraprendenza e ad anche di sacrifici, sfonderà le barriere dei pregiudizi, sia legati al colore della loro pelle che al loro sesso. Grazie al loro talento e capacità professionali si faranno spazio nel mondo della scienza aerospaziale.
Il film inequivocabilmente di sapore politico e sociale, riesce a dimostrare, portando in primo piano l'esperienza di queste tre grandi donne, quanto poco importa, anzi per niente, il colore della pelle o l'essere maschio o femmina, nell'evoluzione della razza umana. Sostanzialmente dice allo spettatore, senza esagerare e senza darsi troppe arie, che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina.
Inoltre, il film, in questo suo trattare di tematiche politiche, razziste e sessiste, trova un ambito e un punto d'approccio originale, riuscendo anche narrare abilmente la storia di queste tre donne, le cui esperienze verrano ora ricordate in tutto il mondo.
Una narrazione drammatica, se si guarda alla cornice più ampia, quella delle marce antisegregazioniste e dei distanti conflitti coi sovietici. Ma è anche una storia narrata con leggerezza ed ironia, le cui critiche a determinate questioni sono quisitamente sottili.
La solida scenaggiatura sociale, che anche grazie alle brillanti interpretazioni delle protagoniste, raggiunge una sua validità storica nell'ambito cinematografico e rende il film uno di quelli che verrebbe eti
chettato come impengnato, senza però divenire per questo pesante e lento.
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