unaditorino
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martedì 24 ottobre 2017
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deludente
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Trama poco realistica, dialoghi forzati e al limite del ridicolo. Recitazione pessima, la protagonista ha la stessa espressione per tutto il film. Mi dispiace per Fabrizio Gifuni, in questo film ne esce male anche lui. Al regista per caso piace Chet Baker? Scena in auto: Massimo guida, al suo fianco c'è Francesca, di sottofondo c'è un pezzo languido e piacevole di jazz, scena apprezzabile. Francesca scende dall'auto, saluta Massimo e sale in casa. Suo padre è nel letto, non può muoversi a causa di una frattura, ha un breve dialogo con la figlia e la scena si conclude con lui che le chiede di mettere su un cd di Chet Baker... Non è un po' troppo Altra scena, Massimo e Francesca sono invitati a una festa data da un loro ricco cliente.
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Trama poco realistica, dialoghi forzati e al limite del ridicolo. Recitazione pessima, la protagonista ha la stessa espressione per tutto il film. Mi dispiace per Fabrizio Gifuni, in questo film ne esce male anche lui. Al regista per caso piace Chet Baker? Scena in auto: Massimo guida, al suo fianco c'è Francesca, di sottofondo c'è un pezzo languido e piacevole di jazz, scena apprezzabile. Francesca scende dall'auto, saluta Massimo e sale in casa. Suo padre è nel letto, non può muoversi a causa di una frattura, ha un breve dialogo con la figlia e la scena si conclude con lui che le chiede di mettere su un cd di Chet Baker... Non è un po' troppo Altra scena, Massimo e Francesca sono invitati a una festa data da un loro ricco cliente. Il cliente ubriaco dice a Massimo di invidiarlo perché si vede che è un professionista e un uomo che ha avuto nella vita qualcuno che abbia creduto in lui. La festa finisce e Massimo e Francesca si ritrovano soli in una piazza a parlare del passato di lei e della sua scelta di tornare a vivere in Francia lasciando i genitori che non l'hanno mai fatta sentire apprezzata... Ripeto, non è un po' troppo? Riguardo alla trama penso che sia inverosimile e con un finale incredibilmente banale. Pessimo film.
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valterchiappa
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martedì 24 ottobre 2017
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dare casa alla passione
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Può la passione sovvertire le nostre vite? Seppure l’abbiamo riposta rinunciandovi, nel difficile lavoro quotidiano di cercare un possibile equilibrio, siamo capaci di tacitarla per sempre? Sono le domande che Paolo Franchi si e ci pone nel raccontare la storia d’amore di “Dove non ho mai abitato”.
Manfredi, famoso architetto torinese (Giulio Brogi), ha un infortunio che lo allontana dal lavoro. La figlia Francesca (Emmanuelle Devos), trasferitasi a Parigi da vent’anni, si trattiene per assisterlo. Il padre, che le rinfaccia continuamente di aver abbandonato la professione ed il suo talento, la coinvolge suo malgrado nel progetto di una villa per due ricchi sposini (Fausto Cabra e Giulia Michelini), affiancandola al suo più fidato collaboratore, Massimo (Fabrizio Gifuni), con grande disappunto di quest’ultimo.
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Può la passione sovvertire le nostre vite? Seppure l’abbiamo riposta rinunciandovi, nel difficile lavoro quotidiano di cercare un possibile equilibrio, siamo capaci di tacitarla per sempre? Sono le domande che Paolo Franchi si e ci pone nel raccontare la storia d’amore di “Dove non ho mai abitato”.
Manfredi, famoso architetto torinese (Giulio Brogi), ha un infortunio che lo allontana dal lavoro. La figlia Francesca (Emmanuelle Devos), trasferitasi a Parigi da vent’anni, si trattiene per assisterlo. Il padre, che le rinfaccia continuamente di aver abbandonato la professione ed il suo talento, la coinvolge suo malgrado nel progetto di una villa per due ricchi sposini (Fausto Cabra e Giulia Michelini), affiancandola al suo più fidato collaboratore, Massimo (Fabrizio Gifuni), con grande disappunto di quest’ultimo.
I due hanno seguito diverse strade verso la stessa meta. Francesca è fuggita dalla passione per l’architettura e per la vita e si è sepolta in un convenzionale matrimonio senza amore con il ricchissimo Benoit (Hippolyte Girardot), mite e comprensivo. Massimo ha congelato la passione e si è rinchiuso nel suo lavoro, nascondendosi dietro le mura sicure della sua spocchiosa competenza. Con i clienti non trova empatia. Con la compagna Silvia (Isabella Briganti) ha una relazione cui concede uno spazio temporalmente e affettivamente limitato. Progetta case per gli altri, mentre la sua è ancora ingombra degli scatoloni del trasloco.
Inutile dire che, nonostante le difese che entrambi provano ad erigere, scoccherà la scintilla dell’amore. Ma non è questo che importa nel racconto di Franchi, bensì le sue conseguenze.
La passione è un ospite scomodo, ci mette a nudo, scopre i nostri limiti, ci impone di affrontarla, vuole dominare, togliendoci la sicurezza del controllo. È un avversario difficile, che spesso è più comodo evitare, o rinchiudere, come in un progetto, in uno spazio perfettamente delimitato. Ma è uno scontro che non si può evitare: la passione prima o poi si presenta ed attende le nostre risposte.
Franchi inserisce la vicenda in un contesto alto-borghese, con le sue naturali rigidezze, disegna ambientazioni sobrie ed eleganti, le dipinge con luci tenui: tutto costruisce la prigione in cui si vorrebbe ingabbiare il sentimento. Ma al contempo dirige dall’interno il flusso contrario, cercando l’ineffabile nei volti dei protagonisti, inseguiti costantemente dall’obiettivo. È su quei visi, grazie alla bravura degli attori, che si svolge il tema della narrazione, che la passione trova il suo schermo: la chiara pelle della Devos si illumina man mano di una luce nuova, i muscoli facciali si distendono, scaldati da un calore che dilegua l’usuale algida postura. Gli occhi di Gifuni invece scintillano, trapassando il cupo della folta barba, lampi che emergono da un mondo oscurato ma ancora lucente.
Nel suo narrare Franchi non perde comunque mai la misura. L’emergere dell’amore non è mai un’esplosione, ma un sottile raggio caldo che pervade gli animi e poi i corpi, concretizzandosi, con un’inattesa carica erotica, nel gioco di due mani che si cercano o di dita che scorrono su una camicia di seta. Ulteriore merito del regista sta nel conferire ad una storia semplice nella sua essenza, non banali derivazioni di carattere psicologico, puntando l’attenzione particolarmente sugli influssi genitoriali, rendendo così la sua trama sottile variegata ed accogliente.
Ognuno di noi, uscito dalla sala, pungolato dalle domande di Paolo Franchi, potrà riflettere sulle sue scelte. Magari con rimpianto, se abbiamo ospitato la passione solo nella casa dove non abbiamo mai abitato. Ma nulla potrà cancellare che chi ce l’avrà donata ha aperto per sempre nelle nostre mura una stanza di vetro, da cui la luce può entrare senza ostacoli. Una stanza da dove, fosse anche per una sola sera, abbiamo guardato il cielo.
Voto: 7.5
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ros
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martedì 24 ottobre 2017
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a chi si chiede il rimborso del biglietto?
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Il film tra i più insulsi che io abbia mai visto, mi sono quasi vergognata ad essere tra il pubblico.
Un'accozzaglia di stereotipi, luoghi comuni, sembrava di guardare una fiction.
Salvo solo lo stile degli arredi e gli occhiali da sole di Francesca.
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donnapa
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mercoledì 18 ottobre 2017
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io ti vedo ,tu ami questo lavoro
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Penso che questo film mi resterà nel cuore, attori bravissimi,scelti bene per interpretare i loro personaggi,anche per aspetto fisico.Recitazione sublime. La storia potrebbe sembrare banale ma è stata raccontata bene e con eleganza.Regista e attori fanno vivere con partecipazione i sentimenti che raccontano,anche le musiche appropiate e piacevoli.
Secondo me, da non perdere.
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vincenzoambriola
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lunedì 16 ottobre 2017
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una storia prevedibile, scialba
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Una storia di architetti: padre, madre, figlia, allievo prediletto. Una storia di reticenze, di silenzi, di rancori, di sofferenze. Una storia prevedibile, scialba, poco interessante. Un film recitato malissimo,con dialoghi spesso soffiati e sussurrati, inadeguati e poco espressivi.
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flyanto
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lunedì 16 ottobre 2017
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una'attrazione che scatena una crisi profonda
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"Dove non ho mai Abitato" è un film intimistico che racconta la crisi esistenziale e sentimentale che i due protagonisti stanno vivendo e che scaturisce al loro incontro ed alla loro conseguente frequentazione. Francesca (Emanuelle Devos) è la figlia di un famoso ed ormai anziano architetto (Giulio Brogi) che ritorna a trovare, non senza rancori da entrambe le parti, a Torino dopo il suo trasferimento e vita coniugale a Parigi. Qui, in seguito alla rottura del femore del padre, la donna deve protrarre la sua permanenza torinese e prendere parte, anch'ella come ex-architetto, senza troppo entusiasmo ma accontentando il volere del genitore, al progetto della ristrutturazione di una villa fuori città di due coniugi facoltosi, insieme all'elemento di spicco dello studio paterno, l'architetto Massimo (Fabrizio Gifun).
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"Dove non ho mai Abitato" è un film intimistico che racconta la crisi esistenziale e sentimentale che i due protagonisti stanno vivendo e che scaturisce al loro incontro ed alla loro conseguente frequentazione. Francesca (Emanuelle Devos) è la figlia di un famoso ed ormai anziano architetto (Giulio Brogi) che ritorna a trovare, non senza rancori da entrambe le parti, a Torino dopo il suo trasferimento e vita coniugale a Parigi. Qui, in seguito alla rottura del femore del padre, la donna deve protrarre la sua permanenza torinese e prendere parte, anch'ella come ex-architetto, senza troppo entusiasmo ma accontentando il volere del genitore, al progetto della ristrutturazione di una villa fuori città di due coniugi facoltosi, insieme all'elemento di spicco dello studio paterno, l'architetto Massimo (Fabrizio Gifun). Dopo un' iniziale diffidenza da parte di entrambi, nonchè la loro reciproca scarsa voglia di collaborare, i due personaggi iniziano a frequentarsi quotidianamente al fine di portare avanti il proprio lavoro e piano piano si accorgono di andare d'accordo più del previsto ed, anzi, di capirsi più profondamente di quanto sperassero. Ciò porterà entrambi a riflettere sulle proprie esistenze e relazioni sentimentali, venendone a scoprire la scarsa soddisfazione e la possibilità di una più allettante alternativa. E l'avvicinamento tra loro risulterà più che naturale.....
Una storia comune, per nulla eccezionale ma quanto mai vera e che potrebbe capitare ad ogni individuo, che il regista Paolo Franchi riesce bene a portare sullo schermo, raccontandone l'evoluzione, le paure ed i timori provati dai protagonisti e la loro reciproca e potente attrazione. Ma invece di scadere nel mélo più drammatico, il film mantiene una sua dignità e soprattutto, appunto, racconta una vicenda reale e sentimentale che è ben lungi dall'essere, ripeto, eccessivamente romantica e sdolcinata tanto che il suo finale risulta quanto mai azzeccato e plausibile. Ottimi, inoltre, entrambi gli attori, la Devos e Gifuni, che sono affiancati da un altrettanto rimarchevole e burbero Giulio Brogi. Insomma, la pellicola è perfettamente equilibrata in ogni sua parte (regia, evoluzione della storia, recitazione, dialoghi ed
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emanuele1968
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domenica 15 ottobre 2017
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bello ma triste
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Grazie all'ottobrata romana bellissima serata con clima primaverile, aria di festa sui volti delle persone. Stranamente sala del film più piena del solito, e questo già fa ben sperare, clienti over 50, il film e molto bello e raffinato però triste, molti si riconosceranno in questa storia sia in ambito lavorativo che di coppia, un film che lascia un po così, uno specchio di vita passata che ci si portiamo dentro, resterà solamente una esperienza extraconiugale, non dovrebbe succedere ma nella vita può succedere, poi generalmente si sta sempre insieme, ma le conseguenze nell'intimo sono note.
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tiz
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giovedì 12 ottobre 2017
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commovente e struggente
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Fantastico film. Ho avuto il privilegio di vederlo in una anteprima a torino. Attori da brivido. Storia d'amore delicata e profonda piena di echi dolci e malinconici. Regia sublime. Un film che ti porti dentro e ti commuove profondamente. Da vedere.
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