maurizio.meres
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sabato 27 maggio 2017
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una bellissima scoperta "roberto de paolis"
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Si entra nel film in punta di piedi per non disturbare i bellissimi dialoghi e soprattutto gli sguardi di un realistico impressionate,l'intensità sprigionata dall'andamento lento ma profondo della sceneggiatura proietta lo spettatore ad una riflessione di che cosa la vita può offrire,siamo nell'estrema periferia di una Roma abbandonata tra un campo rom e la quotidianità di un complesso di palazzi dove si vive alla giornata,tra furti e spaccio,la vita per alcuni scorre via senza accorgersi,quasi rassegnati,attraverso la parrocchia alcuni giovani tentano di uscire dal nulla,ma rimangono intrappolati in un confronto reciproco,chiuso dalle innumerevoli contraddizione di una chiesa ancora retrograda.
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Si entra nel film in punta di piedi per non disturbare i bellissimi dialoghi e soprattutto gli sguardi di un realistico impressionate,l'intensità sprigionata dall'andamento lento ma profondo della sceneggiatura proietta lo spettatore ad una riflessione di che cosa la vita può offrire,siamo nell'estrema periferia di una Roma abbandonata tra un campo rom e la quotidianità di un complesso di palazzi dove si vive alla giornata,tra furti e spaccio,la vita per alcuni scorre via senza accorgersi,quasi rassegnati,attraverso la parrocchia alcuni giovani tentano di uscire dal nulla,ma rimangono intrappolati in un confronto reciproco,chiuso dalle innumerevoli contraddizione di una chiesa ancora retrograda.
Due ragazzi in tutto questo poco più che adolescenti ,riescono ad innamorarsi,i loro cuori sono puri perché l'amore diventa l'essenza dell'anima nel riscoprire quello che siamo,lui specialmente troppo integrato in un ambiente dove la violenza,l'odio,e l'assenza di una stabilità economica portano il ragazzo in un tunnel senza via d'uscita,lei succube di una madre che fa della fede cristiana l'unico scopo di vita,senza accorgersi di avere una figlia,bisognosa,di essere capita in una dimensione attuale dove tutto diventa un ostacolo per una crescita socialmente onesta.
Il regista Roberto De Paolis alla sua prima opera cinematografica,è veramente straordinario,non tralascia nulla, accortissimo nella stesura dei dialoghi perfettamente in simbiosi con le inquadrature dei primi piani,la presa diretta del film diventa essenziale per l'ambientazione voluta,direi perfetta soprattutto per i tagli scena.
Consiglio di vedere questo film,perché si vive veramente tutto ciò che accade,in una riflessione personale sul concetto di vita,le differenze sociali,non economiche che si ripercuotono su tutta l'esistenza di una persona,l'abbandono istituzionale,l'ignoranza di capire,è un odio razziale ,sia per colpa di una mancata integrazione,ma soprattutto di una fallimentare gestione istituzionale di aver sottovalutato negli anni il fenomeno,affidando la gestione ad un certo tipo di persone senza scrupoli.
Veramente un bel film.
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vanessa zarastro
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venerdì 2 giugno 2017
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come si vive a tor sapienza
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Cuori Puri è un bel film, intenso e ben scritto, girato con la camera a mano e con grandi camminate riprese da dietro. Peccato però che ci sia una base così terribilmente qualunquista. Certo si può essere politically uncorrect, ma qui sembra che non ci siano buoni e cattivi perché sono tutti cattivi, in modo tale che diventa triste e il fondo amaro. Perfino Stefano (uno strepitoso Simone Liberati), il protagonista, che ha ancora qualche straccio di moralismo, alla fine cederà, pressato dalle esigenze economiche.
Siamo nella periferia sud est di Roma, la zona più turbolenta. Stefano è il guardiano di un parcheggio di un centro commerciale, confinante con un campo rom, che deve proteggere prevalentemente dagli zingari.
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Cuori Puri è un bel film, intenso e ben scritto, girato con la camera a mano e con grandi camminate riprese da dietro. Peccato però che ci sia una base così terribilmente qualunquista. Certo si può essere politically uncorrect, ma qui sembra che non ci siano buoni e cattivi perché sono tutti cattivi, in modo tale che diventa triste e il fondo amaro. Perfino Stefano (uno strepitoso Simone Liberati), il protagonista, che ha ancora qualche straccio di moralismo, alla fine cederà, pressato dalle esigenze economiche.
Siamo nella periferia sud est di Roma, la zona più turbolenta. Stefano è il guardiano di un parcheggio di un centro commerciale, confinante con un campo rom, che deve proteggere prevalentemente dagli zingari. Ma chi sono i veri ladri? Agnese (Selene Caramazza), la ragazzina viziata la cui mamma le sequestra il cellulare o Lele, lo spacciatore di Tor Sapienza che ruba assieme a Stefano i soldi al negozio del cingalese di frutta e verdura? E gli zingari? In tale contesto la famosa “guerra tra poveri” ha il sopravvento: lo straniero e l’italiano diventano i “diversi” contrapposti in una marginalità ai limiti della disperazione.
Tra Stefano e Agnese c’è una forte attrazione e, nonostante le differenze, nasce una relazione. Ma sarà una vera storia d’amore quella tra Agnese e Stefano? Lei è desiderosa di sessualità, mentre la madre la vorrebbe vergine fino al matrimonio, lui è un frustrato in cerca di comprensione e affetto. I nostri Romeo e Giulietta sono di due diversi ceti sociali. I genitori di Stefano, più o meno nullafacenti, sono indebitati con tutti e hanno due anni di arretrati sull’affitto di casa (infatti saranno sfrattati e finiranno in una roulotte prestata di fronte a casa). La mamma di Agnese (Barbora Bulova) è benestante e frequenta la chiesa del simpatico don Luca (l’unica figura sorridente e veramente simpatica). Bigotta e sessuofobica si dà al volontariato in modo quasi fondamentalista, spingendo la figlia a fare il voto di “cuore puro” e cioè di castità fino al matrimonio (ma una volta non era implicito nel cattolicesimo?). Le figlie di donne così, molto spesso trasgrediscono le regole, solo per punire le madri.
Stefano e Agnese sono molto giovani ma già pressati dalle circostanze della vita e il loro incontro è un po’ maldestro, i loro baci sono leggermente goffi e impacciati proprio come quelli degli adolescenti. Timidezze, incertezze, e molti silenzi.
Cuori Puri, opera prima di Roberto De Paolis, è stato presentato in anteprima al “Quinzaine del Réalisateurs” del Festival di Cannes 2017. Alcuni critici lo osannano come una risposta italiana ai Dardennes e a Ken Loach.
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gianleo67
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martedì 26 settembre 2017
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agnese di dio
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Agnese e Stefano si conoscono per caso: lei ruba un telefono cellulare in un centro commerciale, lui la lascia andare dopo averla inseguita. Quando si reincontrano Stefano fa il custode del parcheggio avendo perso il lavoro all'interno del centro commerciale, lei è impegnata con la madre come volontaria di un gruppo cattolico nel vicino campo Rom. La loro tormentata storia d'amore deve superare le difficoltà del carattere di lui ed il voto di castità della devozione di lei. La nouvelle vogue minimalista del cinema d'autore italiano torna a confrontarsi con il naturalismo dell'ambientazione suburbana, la scottante attualità di contingenti tematiche sociali e l'accorato intimismo di un turbamento esistenziale sospeso tra slanci ideali e pulsioni dell'istinto.
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Agnese e Stefano si conoscono per caso: lei ruba un telefono cellulare in un centro commerciale, lui la lascia andare dopo averla inseguita. Quando si reincontrano Stefano fa il custode del parcheggio avendo perso il lavoro all'interno del centro commerciale, lei è impegnata con la madre come volontaria di un gruppo cattolico nel vicino campo Rom. La loro tormentata storia d'amore deve superare le difficoltà del carattere di lui ed il voto di castità della devozione di lei. La nouvelle vogue minimalista del cinema d'autore italiano torna a confrontarsi con il naturalismo dell'ambientazione suburbana, la scottante attualità di contingenti tematiche sociali e l'accorato intimismo di un turbamento esistenziale sospeso tra slanci ideali e pulsioni dell'istinto. Niente di male quindi se siamo dalle parti di un progetto che ripercorre i modelli collaudati del racconto di formazione alla Giovannesi (Alì ha gli occhi azzurri, Fiore) se questi sono declinati attraverso una profondità di scrittura che sa calare l'astrazione del livello simbolico (l'aspirazione a valori più elevati) nella concretezza di una realtà umana che deve confrontarsi con le difficoltà della vita, facendo emergere le contraddizioni di una dialettica degli opposti che trova nei turbamenti dello spirito e nei sussulti della carne la sua mirabile sintesi. Nel parallelo ideale di due realtà emblematiche che sembrano ricapitolare altrettanti spaccati sociali (la figlia già grande ancora accudita dalla madre single, il figlio andato via di casa costretto ad accudire genitori economicamente indigenti), come nella liturgia laica di un messaggio evangelico che traccia i contorni parabolici del racconto, il rischio di un didascalismo che viene saggiamente contenuto entro il rigore naturalista della messa in scena, nello stare attaccati all'umanità di personaggi ed alla verosimiglianza di situazioni che non chiamano mai in causa il divino, che indicano la strada del possibile, che vibrano della struggente elegia della vita vissuta. La disoccupazione, il pregiudizio razziale, l'emergenza abitativa, l'impoverimento, il degrado delle periferie, la violenza sulle donne da una parte, come pure il rifugio della fede, la carità cristiana, gli obblighi della morale dall'altro, smettono quindi di essere i luoghi comuni di una retorica della modernità per trasformarsi nel contraltare necessario di uno scenario urbano di indiscutibile verità: il luogo ideale, ma anche possibile, entro cui calare una vicenda di mutua assistenza sentimentale che renda attuale e credibile il significato di un percorso spitituale più elevato. Bella l'immagine di un crocefisso tolto dal muro: il rispetto evangelico per l'altro nella manifestazione di un gesto che sembra contraddire la fede; al contrario, la vanità civettuola di un anello indossato non corrisponde al suggello fideistico di una promessa di castità difficile da mantenere. Il rispetto delle regole e le contraddizioni della fede in un amore che vuole rimanere puro ma ha bisogno del corpo dell'altro, che pretende il rispetto di se' ma si vuole donare, che contempla il sacrificio come momento reale di superamento di una regola divina che vuole trasfigurarsi nella verità dell'uomo. Il film si apre con l'affannato riconoscersi di anime braccate e si chiude magnificamente con la rabbiosa consolazione di un abbraccio d'amore. Prova di maturità per i due bravi protagonisti e solito ruolo da 'Cuore Sacro' per la madre monacale di Barbora Bobulova. Nomination alla Caméra d'or del Festival di Cannes, tre candidature ai Nastri d'argento e possibile rappresentante per l'Italia ai prossimi Academy Awards.
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flyanto
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mercoledì 31 maggio 2017
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due anime fortemente ostacolate
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Opera prima del regista Roberto De Paolis, "Cuori Puri" è la storia di due ragazzi della periferia romana che, incontratisi occasionalmente un giorno in seguito ad uno spiacevole inconveniente, si innamorano iniziando una relazione fortemente ostacolata dalla madre di lei e dalla situazione difficile in cui si trova il ragazzo. I due giovani, infatti, più lontani, per ciò che concerne la propria formazione, non potrebbero essere: la ragazza è figlia di una madre bigotta e molto seguace dei principi della Chiesa cattolica, il ragazzo ha un passato difficile, svariati problemi sul lavoro come guardia di sicurezza in un parcheggio accanto ad un campo nomadi e con due genitori in condizioni economiche molto disagiate.
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Opera prima del regista Roberto De Paolis, "Cuori Puri" è la storia di due ragazzi della periferia romana che, incontratisi occasionalmente un giorno in seguito ad uno spiacevole inconveniente, si innamorano iniziando una relazione fortemente ostacolata dalla madre di lei e dalla situazione difficile in cui si trova il ragazzo. I due giovani, infatti, più lontani, per ciò che concerne la propria formazione, non potrebbero essere: la ragazza è figlia di una madre bigotta e molto seguace dei principi della Chiesa cattolica, il ragazzo ha un passato difficile, svariati problemi sul lavoro come guardia di sicurezza in un parcheggio accanto ad un campo nomadi e con due genitori in condizioni economiche molto disagiate. All'inizio la loro relazione amorosa verrà tenuta nascosta dalla coppia ma fino ad un certo punto e ciò causerà loro non pochi problemi a cui, soprattutto la giovane, non saprà reagire adeguatamente.
Roberto De Paolis dirige un'opera molto toccante e cruda allo stesso tempo, con un giusto ritmo che scandisce perfettamente gli eventi che lentamente si evolvono sino alla deflagrazione massima e riuscendo in maniera profonda e precisa a rappresentare le due differenti nature o, meglio, situazioni in cui i due protagonisti vivono. I loro caratteri e modi di essere vengono scoperti e descritti in maniera dolcemente dosata facendo sì che lo spettatore comprenda le loro problematiche e vi si immedesimi quasi di persona..I due giovani, infatti, sono due individui semplici e buoni , appunto, puri di carattere e di cuore ma fortemente ostacolati da complicanze esterne più grandi di loro o, comunque, assai difficili da superare ed abbattere.
Il film risulta perfettamente riuscito e, considerando che è un'opera prima, ciò acquista maggior valore, ma il suo successo è dovuto anche a Selene Caramazza e Simone Liberati, i due giovani interpreti, che mirabilmente danno corpo ai loro personaggi, rendendoli credibili e quanto mai veri.
Decisamente consigliabile.
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fabiofeli
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domenica 30 luglio 2017
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t'hanno 'mparato a rubba'?
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Agnese (Selene Caramazza) alle soglie dei 18 anni frequenta la parrocchia, dove Don Luca (Stefano Fresi, piuttosto pacato e molto diverso dal personaggio esagitato del chimico lavapiatti inventore di nuove “smart drugs” in Smetto quando voglio di Sydney Sibilia) spiega il valore dell’amore per Cristo e del sacrifico che, secondo lui, chiede ai giovani la castità e la verginità. E’ un messaggio troppo alto e difficile da seguire per ragazzi che sbocciano alla vita e si immaginano protagonisti di un rapporto amoroso. Agnese ha un gendarme in casa, una madre borghese piuttosto bigotta ed impegnata in una organizzazione cattolica che si occupa dei Rom (Barbora Bobulova); costei la sorveglia e non le permette di avere un cellulare, immaginando chissà quali peccati e relazioni pericolose possa originare.
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Agnese (Selene Caramazza) alle soglie dei 18 anni frequenta la parrocchia, dove Don Luca (Stefano Fresi, piuttosto pacato e molto diverso dal personaggio esagitato del chimico lavapiatti inventore di nuove “smart drugs” in Smetto quando voglio di Sydney Sibilia) spiega il valore dell’amore per Cristo e del sacrifico che, secondo lui, chiede ai giovani la castità e la verginità. E’ un messaggio troppo alto e difficile da seguire per ragazzi che sbocciano alla vita e si immaginano protagonisti di un rapporto amoroso. Agnese ha un gendarme in casa, una madre borghese piuttosto bigotta ed impegnata in una organizzazione cattolica che si occupa dei Rom (Barbora Bobulova); costei la sorveglia e non le permette di avere un cellulare, immaginando chissà quali peccati e relazioni pericolose possa originare. Agnese il cellulare lo ruba in un negozio e scappa, ma il sorvegliante, Stefano (Simone Liberati), la raggiunge; Stefano cede alla preghiera disperata di Agnese di non rovinarla e la lascia andare. L’effetto immediato è che il giovane viene “declassato” e passa a sorvegliare un posteggio di auto diviso da una rete da un insediamento Rom. Inutile dire che Agnese, al seguito della madre nel lavoro con i Rom, incontra di nuovo Stefano e nasce una storia tra i due che produrrà effetti drammatici …
Qualcuno lo ha definito un film sulle periferie romane. Forse; ma la drammaticità della vita di alcuni personaggi non evidenzia abbastanza le tensioni e il mal di vivere nelle periferie; sono accennati, certamente, il problema dello spaccio di stupefacenti e del taglieggio dei negozi di immigrati, ed anche la difficoltà di rapporto con le comunità Rom, ma tutto gira in una atmosfera ovattata, pur tra scoppi di litigi, insulti e minacce. Da un lato il personaggio di Agnese, una gattina morta oppressa dalla madre che non esita a rubare e a infrangere il diktat della verginità, salvo poi cercare di incolpare qualcuno di uno stupro mai subito (e chi se non un Rom?). Dall’altro lato il personaggio a tutto tondo di Stefano, un ragazzo maturo che cerca di lavorare per mantenersi e di aiutare i genitori sfrattati; nonostante i pregiudizi nei confronti dei Rom capisce che un bambino ha bisogno di giocare a pallone nel parcheggio che sorveglia, anche se rischia di nuovo di perdere il lavoro. Quando lo perde si piega agli amici malavitosi, ma solo per sopravvivere. Tutto sommato la recitazione a tutto tondo di Simone Liberati traina un’opera prima osannata da molti commentatori, ma tutto sommato un po’ troppo lineare, troppo “pulita”, come un teorema scritto a tavolino. Non è inquadrabile nel filone duro delle periferie degradate che già ha collezionato film buoni e meno buoni come Non essere cattivo, Suburra, o la bella favola Lo chiamavano Jeeg Robot. Come esempio di una periferia romana disperata viene da citare un film più vero, il recente Il più grande sogno di Michele Vannucci, nel quale i personaggi recitano la loro vita con risultati sorprendenti. Cuori puri raggiunge un livello comunque discreto e ci si augura una seconda opera di De Paolis più matura, meno costruita e ragionata.
Valutazione ***
FabioFeli
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carlosantoni
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giovedì 25 maggio 2017
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cuori puri perché consapevoli
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La purezza di cuore di cui ci parla De Paolis nel suo bellissimo film, non è qualcosa che abbia a che fare con una specie di eugenetica morale, di attaccamento al formalismo di precetti religiosi, ma al contrario con il confronto anche aspro con l'altro, e con la continua, incessante, assunzione di responsabilità che ne discende. I giovani protagonisti vivono in un mondo degradato, nel quale la violenza quotidiana si presenta sotto molteplici aspetti, ed è così pervasiva da risultare "normale". Famiglie sfrattate perché insolventi verso il padrone di casa, comunità Rom detenite in piccoli campi di concentramento, insensibili a qualsiasi prospettiva d'integrazione e a loro volta violente, spacciatori che non hanno remore neppure nei confronti di "regazzini" dodicenni, rapinatori di piccoli commercianti extracomunitari.
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La purezza di cuore di cui ci parla De Paolis nel suo bellissimo film, non è qualcosa che abbia a che fare con una specie di eugenetica morale, di attaccamento al formalismo di precetti religiosi, ma al contrario con il confronto anche aspro con l'altro, e con la continua, incessante, assunzione di responsabilità che ne discende. I giovani protagonisti vivono in un mondo degradato, nel quale la violenza quotidiana si presenta sotto molteplici aspetti, ed è così pervasiva da risultare "normale". Famiglie sfrattate perché insolventi verso il padrone di casa, comunità Rom detenite in piccoli campi di concentramento, insensibili a qualsiasi prospettiva d'integrazione e a loro volta violente, spacciatori che non hanno remore neppure nei confronti di "regazzini" dodicenni, rapinatori di piccoli commercianti extracomunitari... Su tutto questo s'innesta, quasi come contraltare, la scellerata violenza morale di una madre, cattolica bigotta, sulla figlia, la cui massima ambizione secondo lei dovrebbe essere quella di giungere vergine al matrimonio. Così, mentre il prete della parrocchia mostra di saper svolgere il suo ruolo di indottrinatore con conoscenza e capacità dialettica (insomma, proprio come la Chiesa gattopardescamente ha sempre fatto, sa adattarsi ai tempi con disinvoltura, come quando per spiegare il concetto della retta via da seguire, paragona Gesù a un tom-tom), la madre, classina cattolica borghese e bigotta allo stesso tempo, terrorizzata da tutti ciò che nella figlia diciottenne possa essere manifestazione dicrescita e scoperta, in primis la pulsione amorosa e l'attrazione sessuale, reprime la figlia fino a cercare di farne una specie di bonsai della cristianità. La cosa non le riesce, perché la figlia, così come Stefano, il co-protagonista, guardiano di un posteggio e figlio di "poracci", mantengono la loro autonomia di giudizio, anche nei momenti più drammatici, anche se per loro non è a costo zero: per questo di Agnese e Stefano si puù ben dire che abbiano cuori puri.
Trovo ottima la regia, la sceneggiatura solida e ammirabile nella sua crudezza (e nella sua dolcezza: come nella breve scena di Stefano seduto col babbo e la mamma a consumare una pastasciutta) e la fotografia, con una mdp sempre a spalla, sempre mobile, umorale, nervosa, sempre incollata sui volti e gli sguardi massimamente espressivi dei due bravissimi giovani attori. Il finale è aperto, né avrebbe potuto essere altrimenti.
Assolutamente da vedere.
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emanuele1968
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domenica 28 maggio 2017
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tanti spunti di riflessione
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Bello, molto intelligente, tanti spunti di riflessione. Non si sa mai se dire la verità alle persone, questo film fa riaffiorare se non ugualmente situazioni vissute, e lascia un pò così, tra il mettere sul piatto le ipocrisie, e il forse se stavo in silenzio sarebbe stato meglio? metti che se si dica anche la verità, anche vero che si umiglia nell'intimo la persona, se potessi tornare indietro nel passato starei zitto, ma non si può, fa parte degli "errori" della vita. Ultimamente mi vergogno ha dire come stanno le situazioni degli altri, e sto in silenzio, coattamente cambio posto e cerco di inserirmi in contesti che ritengo validi per la mia persona, tanto e inutile, le persone non le cambi, lasciale nel loro brodo e buonanotte.
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Bello, molto intelligente, tanti spunti di riflessione. Non si sa mai se dire la verità alle persone, questo film fa riaffiorare se non ugualmente situazioni vissute, e lascia un pò così, tra il mettere sul piatto le ipocrisie, e il forse se stavo in silenzio sarebbe stato meglio? metti che se si dica anche la verità, anche vero che si umiglia nell'intimo la persona, se potessi tornare indietro nel passato starei zitto, ma non si può, fa parte degli "errori" della vita. Ultimamente mi vergogno ha dire come stanno le situazioni degli altri, e sto in silenzio, coattamente cambio posto e cerco di inserirmi in contesti che ritengo validi per la mia persona, tanto e inutile, le persone non le cambi, lasciale nel loro brodo e buonanotte. Un film di altissimo livello, forse un pò pesantino.
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franziskaraha
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martedì 6 giugno 2017
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un film "vero". ottimo esordio di de paolis.
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Cuori Puri è un ottimo esordio alla regia di Roberto De Paolis, incluso in un filone narrativo che, in Italia, sta dando ottimi frutti.
Al fianco di attori che confermano la loro bravura, come Edoardo Pesce, Stefano Fresi e e Barbora Bobulova, c'è uno straordinario Simone Liberati.
Il personaggio di Stefano è quello di un "angelo caduto" nell'Inferno della periferia romana (Tor Sapienza), luogo spietato dove è difficile preservare la purezza che contraddistingue il suo animo, caratteristica destinata ad emergere nonostante l'ambiente crudele cerchi, in tutti i modi, di strappargliela.
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Cuori Puri è un ottimo esordio alla regia di Roberto De Paolis, incluso in un filone narrativo che, in Italia, sta dando ottimi frutti.
Al fianco di attori che confermano la loro bravura, come Edoardo Pesce, Stefano Fresi e e Barbora Bobulova, c'è uno straordinario Simone Liberati.
Il personaggio di Stefano è quello di un "angelo caduto" nell'Inferno della periferia romana (Tor Sapienza), luogo spietato dove è difficile preservare la purezza che contraddistingue il suo animo, caratteristica destinata ad emergere nonostante l'ambiente crudele cerchi, in tutti i modi, di strappargliela.
Il destino fa incontrare Stefano e Agnese (Selene Caramazza), una ragazza semplice e delicata. Come lui, ha un amino puro di cui però non si accorge.
Infatti, è soffocata dalla volontà di una madre autoritaria la cui vita si fonda sul fanatimo religioso che impone alla figlia, perennemente turbata dai sensi di colpa.
In base agli insegnamenti ricevuti, Agnese non riesce ad accorgersi che la purezza non si riduce alla repressione degli istinti sessuali proposti, con ridondanza, quali tentazioni demoniache.
Dunque l'incontro con Stefano rappresenta per lei una via d'uscita da una realtà che non le appartiene. Sensi di colpa e ribellione inducono una maturazione psicologica del personaggio il quale, altrimenti, sarebbe apparso statico. Al contrario, l'evuluzione di Agnese convince e si attua in una corsa che le permette di fuggire dalla vita e, allo stesso tempo, di scontrarsi con essa.
L'elemento della corsa si rivela una soluzione efficace, in grado di conferire dinamismo alle sequenze.
Questo film mostra il talento di De Paolis, per certi versi ancora acerbo, e di Simone Liberati.
Stefano è così vero che continua a vivere anche quando le luci della sala si sono spente, complici un'interpretazione magistrale dell'attore e la capacità del regista di sfruttare, attraverso le giuste inquadrature, la forza espressiva del suo sguardo e del suo corpo.
Se ci si ferma ad una lettura superficiale, la trama ripropone il topos del "ragazzaccio" innamorato della "fanciulla". Invece, Cuori Puri va ben oltre: alla dolcezza dell'amore fanno da sfondo i drammi delle periferie, tra emarginazione sociale e criminalità, di fronte ai quali il Cielo rimane muto ed indifferente.
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ugnos
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domenica 28 maggio 2017
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cuori puri, basta che si ami
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E’ nelle sale Cuori Puri, pellicola selezionata dalla Quinzaine de Rèalisateursalla settantesima edizione del festival di Cannes. La regia è firmata da Roberto de Paolis, al suo esordio dietro la macchina da presa, e il cast è formato da Selene Caramazza, Simone Liberati, Barbora Bobulova,Stefano Fresi, Edoardo Pesce.
E’ una calda estate a Tor Sapienza e Agnese e Stefano si incontrano per la prima volta. Agnese ha diciotto anni, Stefano venticinque. Sullo sfondo della periferia romana i due ragazzi saranno rapiti da una profonda attrazione, motore trainante che darà loro energia affinché possano, almeno un po’, cercare di capire per cosa vale la pena lottare nella vita.
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E’ nelle sale Cuori Puri, pellicola selezionata dalla Quinzaine de Rèalisateursalla settantesima edizione del festival di Cannes. La regia è firmata da Roberto de Paolis, al suo esordio dietro la macchina da presa, e il cast è formato da Selene Caramazza, Simone Liberati, Barbora Bobulova,Stefano Fresi, Edoardo Pesce.
E’ una calda estate a Tor Sapienza e Agnese e Stefano si incontrano per la prima volta. Agnese ha diciotto anni, Stefano venticinque. Sullo sfondo della periferia romana i due ragazzi saranno rapiti da una profonda attrazione, motore trainante che darà loro energia affinché possano, almeno un po’, cercare di capire per cosa vale la pena lottare nella vita.
Abbiamo due realtà che formano l’intero contesto filmico. Da una parte una periferia difficile, una come tante dei giorni nostri. Povertà, contrasti sociali, razzismo. E dall’altra un contesto intimo, personale. Il mondo di Agnese fatto d’amore per Dio e allo stesso tempo inquietudine, indotta per lo più da una madre (Bobulova), che non fa altro che spingerla verso una visione ferrea e convenzionale della fede, in particolare si noti il veto materno sul vincolo della castità fino al matrimonio. E il mondo di Stefano che cerca di rigare dritto, di non mettersi nei guai, di amare qualcuno realmente, ma che, vista la mancanza impellente di denaro della sua famiglia, è costretto a duellare contro lo spettro del passato: Racimolare soldi con il crimine.
Agnese e Stefano si mostrano come personaggi molto diversi tra loro. Agnese è una ragazza semplice, molto legata alla madre e devota alla chiesa, tant’è vero che passa le sue giornate a seguire le iniziative di Don Luca (Fresi). Stefano è un ragazzo dal passato turbolento, la famiglia è sempre al verde, e lui fatica a mantenersi stretto un lavoro serio. La differenza tra i due si presenta però solo in apparenza. Entrambi condividono un presente fatto di continue domande, ardui contrasti interiori, cosa bisogna fare per restare in equilibrio? Per mantenersi vivi dove il disagio sociale si taglia a fette, fare del bene per gli altri? Accontentare quest’ultimi? O abbandonarsi liberamente a quello che, dal profondo, si desidera?
De Paolis cattura, servendosi di una scrittura che rasenta la perfezione, a volte bisogna pure sbottonarsi un po’, lo spettatore. Il ritmo della sceneggiatura è una dote di non poco conto quando ci si affaccia a tematiche così complesse. Tra atmosfere alla Caligari e silenzi che ricordano quelli della Vitti di Antonioni, il film va dritto al cuore, ogni forma di riflessione, collegamento ad un tema o ad un altro, è qualcosa che può avvenire meramente a posteriori. Durante la visione si surclassa, si trattiene il respiro, e si vive come i protagonisti. In definitiva la grandezza del film sembra concretizzarsi nella forza deflagrante delle emozioni e dei sentimenti, che non può far altro che svuotare di senso ogni dietrologia, ogni cieco interesse, e salire sul palcoscenico della vita
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francescacorallo
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domenica 18 giugno 2017
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barriere fuori e dentro noi
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Storia dell'incontro fra due ragazzi alla periferia di Roma, lui alle prese con una vita difficile ed un lavoro ingrato... La difesa del parcheggio di un supermercato assediato da un campo rom, con a fare da trincea solo una fragile rete facilmente penetrabile e vecchi fili spinati a segnare confini ormai privi di senso; lei, diciottenne ingabbiata dalle catene carezzevoli di una madre religiosa ed ossessiva che la tratta da dodicenne sequestrandole il telefonino, simbolo della sua vita autonoma lontana da lei. Proprio il telefonino è il cupido della vicenda, un fragile filo che abbatte le distanze e le ricrea, in un continuo spezzare e ricostruire barriere... Tra i due ragazzi come la comunità rom e gli "altri" con quelle reti che continuamente vengono travalicare e rialzate ad impedire l'inevitabile.
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Storia dell'incontro fra due ragazzi alla periferia di Roma, lui alle prese con una vita difficile ed un lavoro ingrato... La difesa del parcheggio di un supermercato assediato da un campo rom, con a fare da trincea solo una fragile rete facilmente penetrabile e vecchi fili spinati a segnare confini ormai privi di senso; lei, diciottenne ingabbiata dalle catene carezzevoli di una madre religiosa ed ossessiva che la tratta da dodicenne sequestrandole il telefonino, simbolo della sua vita autonoma lontana da lei. Proprio il telefonino è il cupido della vicenda, un fragile filo che abbatte le distanze e le ricrea, in un continuo spezzare e ricostruire barriere... Tra i due ragazzi come la comunità rom e gli "altri" con quelle reti che continuamente vengono travalicare e rialzate ad impedire l'inevitabile... E fra i due ragazzi naturalmente avviene "irreparabile" paventato tanto dalla madre, spaventata probabilmente dai fantasmi del suo passato... La barriera si spezza in modo crudamente e fisicamente realistico e l'integrazione può avvenire fra due cuori "puri" che hanno imparato ad accettare le reciproche differenze.
Bel film, con dialoghi realistici e due giovani e bravi protagonisti che sanno emozionare e far entrare lo spettatore nelle loro vicende.
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